venerdì 9 maggio 2014

Care suore americane...


Di seguito l’articolo di commento di Costanza  apparso su Il Foglio di ieri, sulla vicenda delle suore americane della Lcwr (Leadership Conference of Women Religious), e del nuovo richiamo del cardinal Muller. Le suore, seppur  commissariate dal 2012  (accusate di femminismo radicale, posizioni antitetiche al Magistero, disobbedienza, negazione della centralità dell’eucaristia, promozione dell’aborto, dell’omosessualità e del sacerdozio femminile)hanno continuato a esprimersi pubblicamente contro i vescovi e contro Roma.   
lcwr2

di Costanza Miriano
Care suore americane, siate più ambiziose per favore! Abbiate più fantasia, puntate più in alto. Smettetela di cercare di assomigliare agli uomini, rendetevi conto di quale bellezza vi è stata regalata (anzi, magari non la mortificate con i tailleurini: se dovete rifiutare l’abito tiratevi un po’ a lucido, sennò scoprite la meraviglia di vestirvi come vuole il vostro ordine, solo per gli occhi del vostro Sposo).
Noi donne siamo diverse. Io per esempio ora sto scrivendo questo pezzo mentre parlo con quattro figli: di curva nord (pardon, sud) all’Olimpico, del meraviglioso uso di Whatsapp per lo scambio dei compiti, e di merende e rose e ciabatte da mare e capelli tagliati con le forbici da pollo. Nel frattempo sfoglio Edith Stein e penso alla cena. Un uomo impazzirebbe. Io mi limito a sperare che lo Spirito Santo sia generoso, e mi ispiri qualche idea decente senza costringermi a scegliere tra articolo penoso e cena moscia. D’altra parte, come dice Madeleine Delbrel, le donne hanno una speciale amicizia con lo Spirito Santo, le donne soffiano dove vogliono, non amano la regola. Delle tre persone della Trinità il maschile è in rapporto ontico col Verbo, il femminile con lo Spirito, per parlare difficile.
Posso capire chi chiede che la dignità femminile non venga mortificata, ma non che le femmine vogliano essere maschi. Tanto meno se ad avere un sogno che vola così basso sono suore, che lo sguardo in alto lo dovrebbero puntare per vocazione. La donna è la nemica numero uno del serpente, lo dice la Bibbia, e ha una “particolare sensibilità per il bene e una inimicizia per ciò che è meschino e volgare, per evitare di venire travolta dalla vita istintiva”, lo dice un dottore della Chiesa (Edith Stein: sono riuscita a ritrovarla la frase, nonostante il delirio casalingo), mettendo in guardia le donne dal consegnarsi totalmente alla loro emotività.
Alla donna viene affidata la vita, di tutti: Dio affida l’umanità alla donna, scrive San Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem, e cosa c’è di più importante della vita? Per questo spesso preferiamo non perdere troppo tempo con i Consigli di amministrazione e le Consulte e le Commissioni e i posti poco fecondi. Noi maneggiamo il tesoro più grande, la vita. La vita biologica e la vita tout court, le persone. Non possiamo perdere tempo con le etichette, ci interessa il contenuto.
Un tempo, per secoli forse, abbiamo dovuto lottare contro la nostra inclinazione naturale a perderci nel regalarci a quelli che ci sono affidati. Oggi, però, oggi che abbiamo saldamente occupato il terreno sul quale appoggiarci per essere di sostegno ad altri, non possiamo dimenticare che l’unica cosa che ci fa veramente felici è dare la vita. La vita biologica ai nostri figli, la vita e basta, in qualsiasi modo diamo sostegno a qualcuno, soprattutto i più deboli. Una suora può essere feconda in moltissimi modi, ma una suora che per esempio non veda l’orrore dell’aborto e lo chiami diritto è una suora doppiamente sterile, invece che essere doppiamente feconda come può esserlo una donna che non è votata solo alla sua famiglia, ma a tutti i piccoli e deboli che incontra.lcwr
E infine l’obbedienza. Una suora disobbediente, disobbediente alla Chiesa come alcune delle americane, è una contraddizione in termini, è una condannata all’infelicità senza appello. Non è libera di fare ciò che vuole, perché comunque ha i vincoli del suo ordine, ma non ha la custodia dell’obbedienza, che è una garanzia di fecondità. L’obbedienza è la parola più offensiva alle orecchie dei contemporanei, che credono di potersi completamente autodeterminare (vedi teorie del gender) e pensano di essere funzionanti. Come se l’uomo non fosse fatto di fango, come se l’uomo si reggesse da solo. Noi cristiani invece pensiamo che fondamentalmente il nostro meccanismo è inceppato, che siamo stortignaccoli, bacati, fallati (trovate voi la parola che io devo andare a cucinare). È per questo che l’obbedienza a un Padre che ci ama alla follia – e che per i cattolici si esprime attraverso la voce della Chiesa, unica garanzia che quello in cui crediamo non è un parto della nostra fantasia – per noi non è qualcosa che costringe, non è una fregatura, non è un impedimento, ma un sostegno, e l’unica speranza che abbiamo di riuscire a funzionare meglio.

*
Kasper senza freni Ora diventa imbarazzante
di Matteo Matzuzzi
A due mesi e mezzo di distanza dal concistoro straordinario di febbraio in cui ha presentato ai porporati convenuti a Roma una lunghissima relazione di preparazione al Sinodo sulla famiglia del prossimo ottobre, il cardinale Walter Kasper continua a esternare sul tema, nonostante l'irritazione per nulla celata dovuta alla fuga di notizie che aveva portato qualche mezzo di informazione a rendere pubblico il testo del suo ampio discorso.

Davanti alle obiezioni alle sue tesi, sollevate anche da confratelli cardinali tra cui Caffarra, Brandmüller, De Paolis e Müller, il teologo cresciuto alla scuola di Tubinga ha sempre replicato, a differenza di chi (sul fronte opposto) ha scelto prudentemente di centellinare gli interventi pubblici per non rendere palese una spaccatura tra i cardinali. Nei suoi interventi, Kasper ha ribattutto punto su punto, spesso sottolineando esplicitamente – quasi fosse una sorta di copertura – lo stretto legame che ha con il Papa regnante, il quale in almeno due circostanze l'ha lodato pubblicamente. L'ha ricordato lo stesso porporato, un paio di giorni fa, durante una tappa del suo tour negli Stati Uniti per la promozione del libro "Misericordia": pochi giorni dopo l'Angelus in cui Bergoglio definì Kasper "un buon teologo", un "anziano porporato – sono parole del presidente emerito del Pontificio consiglio per l'Unità dei cristiani – andò dal Pontefice dicendogli che in questo libro ci sono eresie. Il Papa sorrise, aggiungendo che questa cosa entra da un orecchio ed esce dall'altro". Tra i bersagli preferiti di Kasper c'è il connazionale Gerhard Ludwig Müller, che da mesi va illustrando - in qualità di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e quindi di custode dell'ortodossia cattolica – una posizione antitetica a quella kasperiana riguardo la questione divisiva e centrale del riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati. 
In America, Kasper è tornato a spiegare perché ai divorziati risposati vada concessa la comunione. Sono stati due i momenti centrali della tappa americana, il dibattito alla Fordham University di New York e la lunghissima intervista concessa al magazine Commonweal. E in entrambe le occasioni le sue parole hanno fatto discutere. Innanzitutto, lasciando per un attimo da parte i contenuti del suo libro, Kasper ha preso le difese di suor Elizabeth Johnson, che della Fordham University è teologa e di cui si è parlato nei giorni scorsi per via delle suore "eretiche" americane bacchettate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. La Johnson è finita nel mirino della commissione dottrinale dei vescovi americani – presieduta non da un falco conservatore, ma dal moderato cardinale Donald Wuerl – per aver pubblicato nel 2007 il libro "The Quest for the Living God" (La ricerca del Dio vivente) giudicato in contrasto con "l'autentica dottrina cattolica".

Una condanna dura, quella formulata all'opera di suor Elizabeth, che – a parere dei vescovi statunitensi – nonostante il successo sugli scaffali e le varie onorificenze, "mina completamente il Vangelo e la fede di coloro che credono in esso". Sono sette i punti che la commissione aveva contestato nella formulazione del giudizio critico sul libro: dalla vicinanza allo "scetticismo illuministico kantiano" alla negazione della trascendenza di Dio, dai dubbi sulla "rivelazione completa e definitiva di Gesù come Signore e Salvatore" alla negazione "dell'unicità di Cristo come Verbo incarnato". Infine, dalle pagine di Johnson emergerebbe perfino una "visione panteistica". Ecco perché, ha spiegato il 30 aprile scorso il cardinale Müller, la decisione della Lcwr di assegnare a lei il più ambito premio dell'anno rappresenta una "provocazione non solo alla Santa Sede". 
Per Kasper invece si tratta di questioni di poco conto, che si risolveranno: "Non è una tragedia", ha detto. Dopotutto, ha ricordato il porporato tedesco, "anche San Tommaso d'Aquino fu criticato, quindi Elizabeth Johnson è in buona compagnia". Teologa che Kasper ha ribadito di "stimare molto". Semmai, se proprio qualcosa si deve dire anche in rapporto al duro monito del Sant'Uffizio alle suore americane, è un suggerimento perché il dicastero guidato da Müller "cambi un po' la sua mentalità". Troppo rigida e poco aperta a quella misericordia perennemente invocata dal teologo già allievo di Hans Küng. Dialogare, insomma, perché questo "è il modo normale di fare le cose nella chiesa. Io sono per il dialogo e il dialogo presuppone posizioni differenti. La Chiesa non è un'unità monolitica". 
Nell'ampia intervista a Commoweal, Kasper torna a elencare i motivi per cui a suo giudizio sia necessario imprimere una svolta alla questione dei divorziati risposati, riaccostandoli all'eucarestia. Non servirebbero stravolgimenti dottrinali, anche perché – ricorda il porporato – "Benedetto XVI ha già detto che questi cattolici possono ricevere la comunione spirituale. E comunione spirituale significa essere uniti con Cristo. Ma se siamo uniti con Cristo, non possiamo essere in una situazione di peccato grave". Ergo, prosegue Kasper, "se questi possono ricevere la comunione spirituale, perché non possono ricevere anche la comunione sacramentale?". Se "essere in comunione spirituale con Cristo significa che Dio ha perdonato", non si comprende perché "la Chiesa non sia in grado anch'essa di perdonare". Si creerebbe una pericolosa "opposizione tra Dio e la Chiesa, e questo sarebbe un grande problema".

Ad avviso del porporato tedesco, è scontato che qualcosa dovrà cambiare nella prassi pastorale cattolica riguardo la famiglia: "Non riesco a pensare a una situazione in cui un essere umano possa cadere in un buco senza via d'uscita. Spesso egli non può tornare al primo matrimonio. Se questo è possibile, ci dovrebbe essere una riconciliazione con la moglie o con il marito, ma spesso questo non è possibile". L'assoluzione, ha spiegato ancora Kasper, "è possibile. Misericordia significa che Dio dà a tutti coloro che si convertono e si pentono una nuova possibilità".