giovedì 31 luglio 2014

Apostoli della necro-ideologia


di Tommaso Scandroglio

Fare pressing. É questa una delle strategie vincenti che mette in campo il fronte pro-choice sui principi non negoziabili. Beppino Englaro ottenne il permesso di far morire di fame e di sete sua figlia da un giudice, dopo che sei suoi colleghi gli dissero di no. I Radicali, il giorno seguente  alla mazzata ricevuta dal referendum perso sulla legge 40, iniziarono a bussare alle porte dei tribunali di mezza Italia per vedere abrogata questa legge manu iudicis e ci sono riusciti. Poi un esempio fresco fresco. La Consulta apre all’eterologa e i sostenitori del figlio in provetta non si danno ai pazzi festeggiamenti ma si dicono: “Non basta. Ora vogliamo l’eterologa senza confini e guai se il Parlamento o il Governo vogliono mettere dei paletti”. Altro che strategia cattolica. Vi ricordate la famosa intervista rilasciata da un altissimo prelato all’indomani della vittoria referendaria sulla legge 40? Diceva più o meno così: abbiamo vinto sulla provetta ma non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello mettere in discussione la legge 194 sull’aborto.
Fare pressing dunque, stare con il fiato sul collo dell’avversario. Un saggio di questa tattica ci viene da un articolo a firma di Umberto Veronesi sulla Stampa pubblicato qualche giorno fa che tocca temi quali il caso stamina, la fecondazione eterologa e l’eutanasia. Facciamo opera di carotaggio. L’illustre oncologo butta nell’inceneritore qualche quintalata di leggi e di tradizione giuridica quando dichiara dopo poche righe: “Io penso che non è con le leggi che si possono guarire le persone o tutelare la loro salute”. Affermazione scolpita nel marmo della scienza che fa un po’ a pugni ad esempio con le normative che riguardano i protocolli clinici, il consenso informato, la responsabilità civile e penale del medico, i controlli sui farmaci ad opera dell’Aifa che è ente pubblico e sugli alimenti e su chi confeziona o vende gli stessi, i trattamenti sanitari obbligatori, i fenomeni di epidemia e pandemia e relativi vaccini, gli standard di sicurezza sui luoghi di lavoro e nella circolazione stradale e quelli attinenti alla costruzione di edifici (compresi gli stessi ospedali), i criteri per accedere alla professione medica, la tutela della salubrità dell’ambiente. E ci fermiamo qui per non ammorbare l’attenzione del lettore.
Dunque per Veronesi le leggi si devono astenere dal disciplinare la materia “salute e cure”. E a cosa servono allora le norme dello Stato per uno come lui che fa il medico? “E’ con le leggi che si dovrebbe garantire la libertà di scelta – tiene a precisare il nostro – hanno sbagliato i legislatori a vietare la fecondazione eterologa ed ora sbaglia il Ministero della Salute a frenarla con le briglie delle mancate linee guida. […] Obbligare e proibire è inutile se nessun provvedimento tutela la libertà del medico di agire secondo scienza e coscienza da un lato e la libertà del cittadino di curarsi o non curarsi, dall’altro”. Insomma in ambito clinico la suprema lex dovrebbe essere quella del “vietato vietare” caro ai sessantottini. L’unica norma legittima sarebbe quella che dicesse a medico e paziente: “fate come credete”. Ergo de-legittimazione totale, deregulation senza se e senza ma, libertà no limits.
E’ quello a cui puntavano i Radicali nel referendum del 1981 in merito alla legge 194 che volevano venisse completamente abrogata. E’ in fondo lo spirito che anima l’art. 4 della stessa legge che entro il 90° giorno permette di abortire sempre e comunque.Veronesi in fondo vuole una regola per non avere regole. Poi il frontman del diritto a morire tira in ballo la proposta di iniziativa popolare sull’eutanasia lamentandosi che è ormai quasi un anno che è stata depositata: “Il Parlamento ignora la questioni che riguardano il diritto di decidere”. Aggiunge infine che la parola “eutanasia” è stata equivocata ed è quindi meglio sostituirla con “libera scelta”: “la parola ‘scelta’ è un punto cruciale perché mette il diritto di morire sullo stesso piano degli altri diritti delle persona universalmente riconosciuti”. Peccato che per il nostro ordinamento la vita è un bene indisponibile e che abbia già da parecchi decenni legiferato sul tema e dunque non abbia per nulla ignorato la materia (vedasi tra gli altri gli artt. 575, 579, 580 cp e 5 cc).
Dunque lo Stato italiano ha già fatto la sua scelta ed ha scelto la vita. Per questo motivo il “diritto” a morire nel Bel Paese non esiste proprio e anzi l’effetto morte è considerato un reato se procurato da terzi con o senza il consenso della futura salma. E in merito alla scelta e al diritto di decidere, unico aspetto secondo Veronesi che la legge dovrebbe tutelare in campo medico, spesso si evoca l’art. 32 della Costituzione che al secondo comma così recita: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Ma al di là delle interpretazioni fuorvianti che la giurisprudenza ha prodotto su questo articolo nelle ultime decadi, l’art. 32 non dice: “Hai il diritto di rifiutare le cure anche quelle salvavita”, bensì impone allo Stato di non mettere le mani sulle persone senza loro consenso. E’ uno stop imposto al medico, non un via libera per il cittadino all’eutanasia. Pare che sia la stessa cosa, ma così non è. Nella Costituzione sono elencati alcuni ben individuati principi valoriali positivi: diritto alla vita, alle cure, all’educazione, al lavoro, etc. Di certo non ci può essere il diritto alle cure ed anche il diritto al rifiuto delle cure. Il diritto alla vita e il “diritto” alla morte o alla malattia.
La Costituzione ha fatto una scelta tra i beni da tutelare giuridicamente e non ci può essere tutto e il contrario di tutto. L’art. 32, nato come gli altri articoli all’indomani delle barbarie della Seconda Guerra Mondiale tra cui le sperimentazioni sugli ebrei, cristiani, zingari, persone omosessuali e malati psichici, dice semplicemente che non si può sottoporre ad esperimenti chi non vuole. Ma queste argomentazioni per i fan della necro-ideologia sono presto ridotte a meri sofismi sotto lo schiacciasassi del pressing a tutto campo.