martedì 22 luglio 2014

Ci vogliamo provare?


MonetNinfee

La realtà dipinta


di Paolo Pugni
Visitiamo la mostra degli impressionisti offerti dal Quai d’Orsay a Roma, entro al Vittoriano, la macchina da scrivere per intenderci, e il percorso ci porta dalle opere precedenti al periodo considerato fino agli albori del decostruttivismo.
Ammiro alcune opere, altre le osservo perplesso.
Mi fermo davanti ad un quadro dipinto di una decina d’anni prima che Monet e amici lanciassero il loro movimento di pittura emotiva. Rappresenta un curato di campagna, di quella campagna francese che illumina molti romanzi, mentre parla, fa catechismo dice il titolo, con tre vispi ragazzetti. Gusto i particolari.
Si avvicina una ragazza, resta così estasiata che afferma ad alta voce, rivolta a me: “sembra una fotografia!”.
Ecco, questo fa riflettere: che cosa c’entra la pittura con la fotografia? C’è che abbiamo voglia di realtà. L’arte ci affascina quando parla della realtà, non dei sogni –o deliri- dell’artista. Quella roba lì è importante sì, ma è altra cosa.
L’arte per me deve parlare di ciò che è vero, bello, giusto: o ingiusto, ma perché poi di giustizia si parla.
Tollero, anzi per la verità amo, gli impressionisti perché in fin dei conti dalla realtà non si discostano, la narrano come la vedono, ma sotto il velo leggero la realtà c’è.
Se perdiamo questo contatto con la verità, tutto diventa lecito. Anche il cavallo che dipinge tele e che qualche sprovveduto compera per centinaia di migliaia di euro.
Perdiamo il lume della ragione. Spalanchiamo l’anima ad ogni assurdità che ci predispone ad accettare ogni perversione contro natura.
Perché fai presto a dire che ogni cosa che esiste è buona: è così che mi ha apostrofato una persona con la quale in rete discutevo su gender e adozioni. “Fattene una ragione, c’è. Quindi va bene”.
Uno sragionamento pericoloso perché se basta che una cosa esista per essere buona, per essere giusta, per essere accettata, allora fate molta attenzione voi che affermate “O si accetta la realtà o non la si accetta. Si può scegliere di non accettare l’evidenza”. Perché anche la pedofilia, lo stupro, la violenza sulle donne, gli omicidi, la mafia, la corruzione, la mantide che magia il maschio, l’animale carnivoro e molte altre nefandezze sono realtà, ma il fatto di essere evidenza non le rende giuste o buone, le rende solo presenti. Non credo che il solo fatto di essere determini ciò che è bene e ciò che è male, né lo può fare la statistica o la volontà dell’uomo.
Non se ne esce se non risaliamo insieme d’un passo la collina dell’ideologia: o ci diamo un metro per giudicare o nulla è giudicabile.
Se è solo la scelta che determina il bene e il male, allora devo accettare che tutto è bene, anche quello che non mi piace. Se invece ci sono cose che ripugnano, devo chiedermi perché ripugnano, in virtù di cosa, e scoprire quella verità immutabile che sta sotto e tutto determina.
Che sta dentro la realtà ma che non è la realtà, è il suo senso.
Ci vogliamo provare?