venerdì 25 luglio 2014

Il ruolo dei cattolici in politica e la riforma dello Stato in Italia



Gli interventi di Papa Francesco sulla sfera pubblica e sociale. Intervista con padre Francesco Occhetta, gesuita, scrittore di Civiltà Cattolica, esperto e studioso di Dottrina Sociale della Chiesa

(a cura di Luca CollodiPapa Francesco più volte tocca questioni della sfera pubblica. Dal lavoro, alla corruzione, alla criminalità organizzata. Con quali effetti?
Il Papa sta risvegliando le coscienze. Sta parlando alle persone semplici e alla società, più che alle dimensioni Istituzionali e politiche. Chiede di organizzarsi nella società. Le nuove culture politiche, nuovi uomini e donne, devono riemergere non tanto dal ceto politicoit, dove cresce grano e zizzania.  Ecco, allora, che il Papa sta seminando nel terreno della società. Risveglia le coscienze. Dice che la corruzione è un male che va guarito. Chiede di assumersi le proprie responsabilità. Chiede alla gerarchia, ai preti, di non gestire i problemi concreti, ma di accompagnare i processi e i discernimenti dei laici in politica. Chiede, sui grandi temi internazionali, sulla pace, sulla giustizia, sul lavoro, di allearsi anche con chi non crede”. 
Padre Occhetta, con Francesco sta cambiando il ruolo dei cattolici in politica ?
“Direi di no. Il Papa sta portando avanti la linea che ha trovato nella Chiesa, di responsabilità per formare laici. Li ha invitati più volte a impegnarsi. Sta parlando, come dicevo, forse più alle società che alle Istituzioni. Tra l’altro, il Papa appartiene ad un contesto sociale, come quello dell’America Latina , importante, dove i conflitti sociali, la forbice sociale tra ceti diversi, è forte. Dove se non si proteggono le persone che non hanno voce, l’azione politica diventa inefficace e anche pericolosa, chiudendosi a difesa del potere. Il Papa è molto sensibile a questo”. 
La crisi della ricerca di Dio quanto può danneggiare la gestione del bene comune in una società moderna come la nostra ?
“La crisi della ricerca di Dio non ci aiuta ad avere un orizzonte comune e delle priorità. Quando una persona crede nel Signore, un Dio che si incarna, che cosa deve fare? Dovrebbe incarnare le sue intenzionalità. Vivere come Lui ha vissuto. Perdonare, gestire la pace e i conflitti, attraversare il mondo testimoniando verità e chiedendo molta verità anche all’interno della propria coscienza. L’esperienza di Dio aiuta una società a vivere. Non è vero che non ci sia esperienza di Dio nella politica. Il problema è che si è sempre più in minoranza, perché ci sono molti poteri che, oggettivamente, soffocano questo tipo di ricerca. Perché? Va ad ostacolare molti poteri forti”. 
Padre Occhetta, ha ancora senso in Italia parlare di cattolicesimo democratico e liberale? Il laicato cattolico sembra scomparso dalla vita politica nazionale?
“Questo è’ un grande tema. Se per cattolicesimo democratico noi intendiamo l’attenzione che il mondo cattolico ha nell’occuparsi di democrazia, credo che questa dimensione sia ancora molto viva, anche se non appare nei media. C’è nei territori, in mezzo alla società civile. Forse appare poco a livello nazionale. A mio giudizio, questa è una tradizione che ha costruito, tra l’altro, tutti i principi della Costituzione italiana ed è ancora nella nostra coscienza, nella nostra cultura. 
L’unità politica dei cattolici è tramontata in modo definitivo?
“E’ tramontato il contesto sociale che aveva permesso quel tipo di unità. Le grandi ideologie, quella comunista da una parte, quella liberale che non proteggeva i più deboli dall’altra, non ci sono più. Diciamo che la tradizione cattolica ha dovuto organizzarsi per collocarsi nel mezzo e gestire tutta quell’area moderata, tutt’ora esistente in Italia. Oggi, quei presupposti non ci sono più. E’ tutto più liquido e noi cattolici, pur nel rispetto della Dottrina sociale, rischiamo di dividerci nella bipartizione anche tecnica del sistema, che tra l’altro ha bipartito anche le diocesi e le parrocchie. Il problema è invece prepararsi al pre-politico e al pre-partitico. Abbiamo bisogno di ritrovarci. Il punto è che nel Paese ci sono pochi luoghi che permettono di fare ciò. Secondo me, ed è la riflessione che sta partendo anche nella Chiesa italiana, bisogna ripensare a questi luoghi per offrire formazione e preparare uomini e donne a prendersi responsabilità pubbliche”. 
Di fatto, la politica sembra nascondere valori e principi. Si preferisce pensare ad una società leggera e cercare facili consensi per soddisfare l’opinione pubblica. E’ la genesi del nuovo potere?
“La verità è che si sono spostati i centri di potere e la politica non è più la prima a gestirli. Da una parte è schiacciata dal mondo della finanza, a partire da questo liberalismo che ha distrutto i mercati, i risparmi di tanta povera gente con la globalizzazione. E comanda, perché una grande industria globale oggi può influire più della decisione di un governo negli Stati. Dall’altra parte, invece, c’è tutta una nuova istanza che sta sorgendo dalla società civile. Si chiede alla politica di governare più umanamente molti processi e molti temi che la stessa politica non era ancora pronta a gestire. Pensiamo ai temi sociali, ai temi antropologici, ai temi culturali. Alla nuova filosofia che entra dall’America, a tutto il discorso del post-umano. Direi, che la tecnicizzazione della politica, la sua mediatizzazione e privatizzazione, sono temi che hanno impedito i ricambi nella stessa politica. Con la chiusura ad oligopolio dei partiti. I partiti non permettono che vi si acceda dalla società civile con persone legittimate dal popolo stesso. Ho l’impressione che i partiti, tutti, gestiscano il loro potere chiudendosi in un recinto autoreferenziale, con un premio interno che non rappresenta, spesso, il desiderio di ciò che vuole la gente”. 
Padre Occhetta, al centro dei lavori parlamentari c’è la riforma dello Stato. C’è il rischio di farlo secondo interessi particolari di singoli o di gruppi di potere? Oggi la democrazia in Italia corre qualche rischio ?
“Dipende molto da come definiamo la democrazia. Io direi di no. Però bisogna richiamare la classe dirigente ad avere un alto senso dello Stato e prediligere il bene comune. Che non è la somma dei beni particolari dei singoli partiti o delle singole forze presenti, ma è il prodotto per costruire il bene comune. Ritengo che l’Italia abbia bisogno di riforme. Di snellire le procedure. Di ridurre i costi, di politici che testimonino quello che credono, anche nella forma di vita, stando in mezzo al popolo. Diciamo che tra i ‘segreti’ che la Dottrina sociale della Chiesa può offrire nello spazio pubblico, ci sono quei principi intramontabili della sussidiarietà, dell’uguaglianza, della libertà, su cui bisogna scommettere. Per questo, vorrei concludere con un appello. Secondo me, ed è una grande intuizione del Parlamento italiano, la riforma del Terzo Settore che privilegerà tantissime persone che non hanno lavoro e soprattutto le classi medio-basse, deve essere appoggiata. Potrà cambiare il tipo di economia. Come cattolici , se privilegiamo l’economia civile, i rapporti nella società possono cambiare e la possibilità che i cittadini entrino ad occupare spazi che la politica non riesce più a gestire è alta. Lo Stato, però, deve fare un passo indietro, defiscalizzando e permettendo l’iniziativa privata dei cittadini che possano redistribuire i redditi sui territori. Ciò è importantissimo che si faccia, per far nascere nuove politiche dei territori e politiche sociali. E far rinascere anche la speranza. Perché l’Italia manca di questo”.
Radio Vaticana