giovedì 31 luglio 2014

Un cristiano ucciso ogni 5 minuti

Cristiani  uccisi: più di 105mila all'annoLa strage taciuta: un cristiano ucciso ogni 5 minuti
di Massimo Introvigne

Il 4 aprile 2014, nella sua omelia di Santa Marta, Papa Francesco ha affermato: «Oso dire che forse ci sono tanti o più martiri adesso che nei primi tempi, perché a questa società mondana, a questa società un po’ tranquilla, che non vuole i problemi, dicono la verità, annunziano Gesù Cristo: ma c’è la pena di morte o il carcere per avere il Vangelo a casa, per insegnare il Catechismo, oggi, in alcune parti! Mi diceva un cattolico di questi Paesi che loro non possono pregare insieme. È vietato! Soltanto si può pregare soli e nascosti. Ma loro vogliono celebrare l’Eucaristia e come fanno? Fanno una festa di compleanno, fanno finta di celebrare il compleanno e lì fanno l’Eucaristia, prima della festa. E quando vedono che arrivano i poliziotti, subito nascondono tutto e continuano con la festa. Poi, quando se ne vanno, finiscono l’Eucaristia. Così devono fare, perché è vietato pregare insieme. Oggi».
Papa Francesco ha ricordato oltre venti volte, in meno di un anno e mezzo di pontificato, i cristiani perseguitati oggi nel mondo. Chissà perché, non è la parte del suo magistero su cui i grandi media insistono di più, anche se Francesco ha cercato di attirare l'attenzione su questo tema più di ogni altro Pontefice precedente e certamente più di qualunque leader politico mondiale. I capisaldi del magistero di Papa Francesco sui cristiani perseguitati sono quattro. Esaminiamoli insieme, perché ci dicono molte cose sia sui cristiani che oggi, non solo metaforicamente, tornano sulla croce in molte parti del mondo, sia sul perché l'Occidente tace.
Primo: «ci sono più martiri cristiani oggi che nei primi secoli della Chiesa». Il vero tempo dei martiri è il nostro. Era già un grande tema di san Giovanni Paolo II (1920-2005), il quale invitava a non dimenticare mai i martiri dl XX secolo, a partire dai cristiani uccisi da quel comunismo che conosceva così bene. Che ci siano più martiri nel nostro tempo che durante le persecuzioni romane è un dato di fatto supportato dalle statistiche. Il maggiore istituto di statistica mondiale sulle religioni è l’americano Center for Study of Global Christianity, diretto fino alla sua morte nel 2011 da David B. Barrett (1927-2011) e oggi dal professor Todd M. Johnson, che Papa Francesco ha ricevuto qualche mese fa. Nel 2000 l'Istituto volle contare i cristiani uccisi per la loro fede da Gesù Cristo alla fine del secolo XX.  Barrett concluse che le vittime cristiane nei primi due millenni erano state circa 70 milioni, di cui 45 milioni concentrate nel solo secolo XX. Il XX secolo da solo ha ucciso più cristiani di tutti gli altri secoli messi insieme.
Secondo insegnamento di Papa Francesco: i cristiani continuano a essere la minoranza più perseguitata oggi nel mondo. Anche questo è un dato statistico. Barrett e Johnson ci dicono che anche nel XXI secolo i cristiani rappresentano oltre il 75% delle persone perseguitate a causa della loro fede. È giusto parlare anche di altre minoranze perseguitate ieri e oggi (lo stesso Papa Francesco ha chiesto perdono per la complicità di cattolici nella persecuzione degli ebrei o dei pentecostali), ma diventa ipocrita se si dimentica la minoranza più grande e più perseguitata: i cristiani e, tra i cristiani, i cattolici. E i morti continuano a essere tanti. C'è una battaglia mediatica sulla cifra fornita da Johnson di 105.000 cristiani uccisi all'anno, un morto ogni cinque minuti. Soprattutto la Bbc è scesa in campo per contestare questa cifra, e anche studiosi seri, ma non specialisti di queste statistiche, come il mio amico e grande sociologo Rodney Stark la contestano. 
Molti però di quelli che criticano Johnson considerano discutibile soprattutto il suo uso della parola “martiri”. Anch'io penso che non sia appropriata, perché nella tradizione religiosa un martire è una persona che offre la sua vita esplicitamente per la fede. Se un villaggio cristiano è distrutto perché cristiano, non sappiamo se gli abitanti uccisi, posti di fronte alla scelta, avrebbero preferito morire piuttosto che rinnegare il cristianesimo. Ma questo non toglie che sono stati uccisi perché cristiani, non perché il nome del loro villaggio non era simpatico agli assassini. È anche opportuno precisare che una buona metà dei 105.000 morti annuali di Johnson sono uccisi in conflitti tribali africani, talora da assassini che nominalmente si dichiarano anche loro cristiani, perché si rifiutano di arruolarsi nelle milizie che combattono efferate guerre civili come quella del Congo. Ma Johnson include nel suo conteggio quanti motivano il rifiuto per ragioni di coscienza cristiane: anche loro sono uccisi per la loro fede, ancorché per motivazioni diverse da chi muore in Nigeria, Cina, Iraq o in Corea del Nord.
Terzo: Papa Francesco insegna che non basta contare i nostri morti, occorre chiedersi sempre perché ci perseguitano. In un’altra omelia di Santa Marta, il 4 marzo 2014, con il suo tipico linguaggio il Papa aveva definito la vita cristiana «un’insalata con l’olio della persecuzione». Ci perseguitano perché diciamo la verità, perché annunciamo un Vangelo che a vario titolo dà fastidio ai poteri forti e ai violenti di questo mondo, dai fondamentalisti musulmani al comunismo nordcoreano e alla dittatura del relativismo in Occidente. La solidarietà con i fratelli perseguitati è il punto di partenza, ma il punto di arrivo è la critica delle ideologie che li mettono a morte. È perché non vuole arrivare a questa critica che l'Occidente politico e mediatico così spesso nasconde le proporzioni dei genocidi dei cristiani.
E qui veniamo al quarto punto. Lo stesso Papa Francesco non dimentica mai di ricordare che noi cristiani siamo perseguitati anche in Occidente, da una dittatura del «pensiero unico» che discrimina e anche uccide chi non vi si conforma. Nel 2013 il Papa ha dedicato un piccolo ciclo di omelie di Santa Marta al tema del nuovo totalitarismo, al pensiero debole che si fa pensiero unico e impedisce ai cristiani di parlare, ispirandosi al romanzo Il padrone del mondo del pastore anglicano, figlio dell'Arcivescovo di Canterbury, convertito al cattolicesimo e divenuto sacerdote cattolico Robert Hugh Benson (1871-1914). Il 18 novembre 2013 il Pontefice ha paragonato lo scenario descritto da Benson con riferimento ai nostri tempi all'episodio biblico dei Maccabei, quando «il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico». È quello, ha spiegato il Papa, che oggi si chiama il nuovo ordine mondiale, che però la Bibbia chiama «abominio di devastazione» e adorazione di idoli imposti dai più forti.
«Questo succede anche oggi?» si è chiesto il Pontefice. E ha risposto: «Sì». Nel brano del Primo Libro dei Maccabei si legge che «se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte», perché il re si era venduto ai nemici di Dio. «E questo», afferma il Papa, «l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi». Anche oggi i cristiani rischiano la prigione o peggio se si rifiutano di negoziare la loro identità. Il Pontefice ha dunque citato Il padrone del mondo. Il romanzo, ha detto Francesco, denuncia giustamente «quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia», uno spirito che minaccia la Chiesa ancora oggi. Infatti, ci sono ancora nella Chiesa, e sono tanti, coloro che pensano che «dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente». Poi purtroppo «segue la storia»: la Bibbia mostra, per chi invece resta fedele, «le condanne a morte, i sacrifici umani». Sbaglia chi pensa che siano cose di un passato remoto. «Ma voi», ha chiesto il Papa, «pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono». 
Ogni riferimento all'aborto e all’eutanasia non è casuale. Ma la persecuzione è più generale. Sempre a Santa Marta il 29 novembre Francesco ha affermato che «il pensiero debole», cioè l'articolazione filosofica del relativismo, pretende oggi di diventare «pensiero unico». L'espressione «Io penso come mi piace» è presentata come elemento di libertà, ma è esattamente il suo contrario: è espressione dello «spirito del mondo, che non ci vuole popolo: ci vuole massa, senza pensiero, senza libertà». Il 28 novembre, ancora a Santa Marta, il Papa aveva mostrato quali sono le tremende conseguenze del relativismo che diventa «pensiero unico», collegandole all'azione del demonio nei tempi ultimi e alludendo di nuovo al romanzo «Il padrone del mondo», laddove ci mostra l'azione dei poteri forti manovrati dall'Anticristo negli ultimi giorni.  Attenzione, ha detto il Pontefice: questo non riguarda solo chi vive in pochi Paesi totalitari, riguarda tutti noi. «I cristiani che soffrono tempi di persecuzioni, tempi di divieto di adorazione, sono una profezia di quello che accadrà a tutti».