venerdì 29 agosto 2014

La legge del Padre e la legge del Figlio



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di padre Giovanni Cavalcoli
Un conto sono le norme di una persona sana e un conto sono le regole che deve seguire un malato per guarire. L’etica cristiana sintetizza le due legislazioni perchè si riferisce a soggetti che sul piano spirituale stanno recuperando la salute, ma sono tuttora affetti dal male, per cui devono seguire le regole del medico, se non vogliono morire.
Gli studi di medicina comportano tre trattati: la fisiologia, che espone le funzioni normali dell’organismo; la patologia, che descrive la malattie; e la terapia, che insegna le cure. Il patologico si riconosce e si valuta facendo riferimento al fisiologico, ossia al normale. Una volta considerato il patologico, si fa intervenire la terapia al fine di togliere il patologico e di ricondurre il malato alla salute.
Ora, nel campo della morale cristiana, il Padre celeste è il fisiologo, Mosè è il patologo e il Figlio
Gesù Cristo è il medico. Il Padre detta la legge della salute; Mosè mostra indirettamente la malattia dettando una legge che il malato con le sue sole forze non riesce a praticare. Gesù invece con la sua grazia ci guarisce in quanto ci rende capaci di obbedire alla legge.
Ci sono però due cose in più, che differenziano la cura dell’anima da quella del corpo. Mentre infatti qui tutto il problema è quello di riportare il soggetto alla salute facendo leva sulle risorse sane che gli restano, e prevedendo che un giorno il soggetto morirà senza che il medico possa farci nulla, nel caso della cura dell’anima, il Padre, – e questa è la prima cosa – dopo aver reso consapevole l’uomo mediante Mosè in che cosa pecca, vuole dal Figlio non solo che guarisca l’umanità dal peccato, ma – e questa è la seconda cosa – che la faccia risorgere dalla morte e la conduca ad una condizione di vita, cioè la vita eterna dei figli di Dio ad immagine del Figlio, vita che è superiore a quella che corrispondeva allo stato di salute iniziale ed originario della natura innocente nell’Eden, prima del peccato originale.
Il Padre celeste, creando l’uomo, è stato l’“inventore”, se così possiamo dire, l’ideatore, il progettatore, il divino “ingegnere”, l’istitutore e il legislatore della natura umana nel suo normale e perfetto funzionamento. Questa divina e meravigliosa istituzione è descritta nel racconto della creazione dei nostri progenitori nel Genesi. Lì vediamo la condotta correttamente funzionante dell’umanità così come è stata originariamente voluta e regolata dal sommo Ingegnere, Artista e Fisiologo, il Padre celeste.
La questione della salute dell’anima, da un punto di vista cristiano, è più complessa di quella del corpo nella vita presente. Qui la fisiologia, per quanto presenti la normalità delle funzioni vitali e le condizioni della salute fisica, fa sempre riferimento a una natura fragile e corruttibile.
Invece la prospettiva della salute dell’anima si pone su tre piani: in primo luogo la Bibbia ci parla della condizione edenica, ossia dello stato di innocenza, voluto dal Padre, che comporta non solo una piena salute fisica e spirituale, ma anche doni divini preternaturali, come l’immortalità, l’impassibilità, il pieno dominio dello spirito sul corpo e sul mondo e l’amicizia con il Dio Uno, dato che il Dio Trino sarà rivelato solo da Cristo.
In secondo luogo, abbiamo la prospettiva di perfezione morale compatibile con lo stato di natura decaduta dopo il peccato originale. I doni preternaturali sono perduti, l’uomo tende al peccato, è vittima dell’ignoranza, sono presenti la sofferenza e la morte, difficile è il dominio dello spirito sul corpo e sulla natura, problematico il rapporto con Dio.
Nell’Antico Testamento Dio ha permesso che l’uomo sperimentasse con certezza la sua incapacità di adempiere alla legge senza il suo soccorso, tollerando nel contempo una condotta morale non pienamente all’altezza di ciò che aveva progettato all’inizio, come per esempio la poligamia, il divorzio, i figli che scontano le pene dei padri, la schiavitù, la pena del taglione o la distruzione totale dei nemici (hèrem). Il decalogo mosaico, più che essere una medicina, è una diagnosi della malattia. Indica ciò che bisognerebbe fare, ma l’uomo peccatore non ce la fa. Si attende il Messia.
Restano comunque certamente nell’uomo alcune risorse positive della ragione e della volontà, che già consentono una certa giustizia nell’uomo dell’antica legge, per esempio i profeti, ma occorre la grazia sanante di Cristo per la remissione dei peccati, per correggere gradualmente ed efficacemente le cattive tendenze, e per sopportare i mali della vita.
La piena salute dell’anima quaggiù non esiste. La regola morale è quindi quella che guida un malato, che resta malato, alla guarigione. L’ideale è quello del malato che si attiene scrupolosamente alle prescrizioni del medico, che qui è Cristo.
Con l’avvento di Cristo, le norme per il malato, quindi, non sono le stesse che regolavano i nostri progenitori prima del peccato, e non sono neppure quelle che tollerano la malattia, come nella legge mosaica, ma si riferiscono ad una prassi terapeutica efficace, della quale non c’era bisogno nello stato edenico.
Non si tratta però di leggi assolute, come sono quelle della fisiologia edenica e di quel che di essa resta in questa vita. Come quelle mosaiche per lo stato di natura decaduta, sono leggi di emergenza, ma ne contengono anche altre che si riferiscono all’escatologia, ossia al progetto finale del Padre.
Il livello massimo della salute, anima e corpo, infatti, è un altro: è quello escatologico, ossia quello che si raggiunge dopo la morte, alla futura resurrezione gloriosa, se durante la vita presente il malato ha portato avanti diligentemente la cura. Solo a questa condizione, in punto di morte, sarà completamente guarito nell’anima, benchè il corpo giaccia nel sepolcro. Ma alla resurrezione futura il malato, ormai guarito, riprenderà la vita corporea: tale è la speranza cristiana, onde ricostituire la naturale unità sostanziale della persona nella eterna felicità.
La cura che ci offre Cristo comporta dunque due aspetti: uno è il recupero graduale, sempre imperfetto nella vita presente, mediante la grazia sanante, delle qualità morali edeniche, esclusi i doni preternaturali; e l’altro è la grazia elevante che ci rende figli di Dio, una condizione di vita superiore a quella edenica, perché con la grazia elevante c’è la prospettiva della comunione col Dio Trinitario, cosa che non era prevista nello stato edenico.
L’opera di Cristo dunque non è la pura e semplice restaurazione dell’Eden, perché in questo vi furono dei valori che a livello escatologico saranno abbandonati perché inutili, come l’alimentazione del corpo, il matrimonio con la relativa riproduzione della specie e la colonizzazione della terra. Ma al posto di questi valori ormai superati per sempre, risponderà in pienezza la vita soprannaturale dei figli di Dio, che inizia fin da quaggiù con l’appartenenza alla Chiesa.
Con l’avvento del peccato, la legge del Padre introduce una modifica nel destino dell’uomo: se prima la prospettiva era in fin dei conti semplicemente il conseguimento del fine ultimo naturale, sia pur arricchito di doni preternaturali, con l’opera di Cristo il fine diventa soprannaturale come partecipazione alla figliolanza del Figlio, passando attraverso lo stadio intermedio della legge mosaica dei dieci comandamenti, la quale propone, come ho già detto, un ideale di perfezione per la natura decaduta, senza peraltro garantire le forze morali per metterla in pratica. Diciamo tra parentesi che, come osserva S.Tommaso ed è ribadito dalla Chiesa, il decalogo contiene i precetti della legge morale naturale adatta alle condizioni di natura decaduta.
Se la legge del Padre modificata dalla prospettiva escatologica appare dunque valida per l’eternità, la legge di Cristo, in quanto normativa per malati che devono guarire, è certamente come quella di Mosè una legge di quaggiù, una legge contingente e di emergenza, funzionale al nostro stato di malattia, legge che avrà adempiuto al suo compito quando saremo guariti. E’ un po’ come uno che abbia un braccio ingessato: deve tenere il gesso finchè la frattura non si sia composta. Ma è ovvio che chi ha un braccio sano non ha bisogno dell’ingessatura. Ma la legge di Cristo è anche un progetto di vita per i “figli della resurrezione”.
Invece le pratiche ascetiche della vita presente (mortificazioni, preghiere, penitenze, purificazioni, voti, rinunce, fatiche, astinenze, austerità) sono medicine da usare finchè si è guariti, ma ovviamente esse sono da abbandonare una volta ottenuta la guarigione, per raggiungere la vita dei risorti.
Così, se alla resurrezione non vi sarà più la rinuncia alla carne per salvare lo spirito, non per questo saremo degli spiriti disincarnati privi dl rapporto col nostro corpo maschile o femminile; se non vi sarà più la riproduzione della specie, non per questo mancherà la reciprocità uomo-donna, che è finalizzata anche al perfezionamento reciproco; se non ci sarà più bisogno dell’alimentazione che ripara a periodici bisogni dell’organismo, non per questo verranno meno la convivialità e socialità umane.
Se non saranno più necessarie le fatiche per sottomettere la natura, non per questo mancherà il domino e il godimento della stessa natura; se non sarà più necessaria la medicina, non per questo mancherà la salute; se non ci saranno più poveri da soccorrere, non per questo mancherà la comunione fraterna; se non sarà più necessario il rimedio all’ignoranza e all’errore, non per questo mancherà il sapere e la sapienza; se non saranno più necessarie le punizioni o le guerre, non per questo mancherà la giustizia; se non saranno più necessarie le pratiche religiose per riacquistare la comunione con Dio, non per questo sarà assente la stessa comunione con Dio.
Da ciò vediamo come la legge fondamentale e costitutiva dell’uomo resta quella genesiaca del Padre, che assegna il fine naturale, benchè poi Egli, subito dopo il peccato, per mezzo del Figlio, dopo aver tollerato il periodo mosaico, abbia apportato alcune modifiche al progetto originale per indirizzarci ad un destino superiore a quello stesso dell’Eden.
Il Figlio dal canto suo è venuto per consentire di rispettare la legge del Padre, quella legge che sotto Mosè non si riusciva a praticare e, se per ordine del Padre Gesù ha aggiunto una nuova legge, quella escatologica del Vangelo, lo ha fatto non solo per restaurare e perfezionare l’opera del Padre, ma anche per condurre l’uomo, istruito dalla nuova legge, alla vita degli figli di Dio, superiore alla condizione stessa della vita edenica.