sabato 30 agosto 2014

"Solo Dio può riprendere la vera via della rivoluzione"



Un intenso colloquio intorno alla 'Evangelii Gaudium' è andato in scena al Meeting di Rimini. Protagonisti il card. Bassetti e il prof. Carriquiry

Al centro del Meeting di Rimini ci sono anche le sfide dell’Evangelii Gaudium. Venerdì mattina l’Arcivescovo di Perugia e Vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, il card. Gualtiero Bassetti, e il Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, Guzmán Carriquiry, hanno messo a tema quello che, come ha ricordato introducendo Roberto Fontolan, può essere definito il manifesto della lettura che l’attuale pontefice dà della fede. “L’Evangelii Gaudium è la riproposizione missionaria di Cristo verso l’uomo. Ma qual è l’uomo verso cui andare?”, si è domandato il card. Bassetti. “È l’uomo così com’è e non come dovrebbe essere”.
Un documento quindi in cui traspare la centralità autentica del soggetto, ben diversa da quella portata avanti dall’umanesimo laico e profano, che alla religione di un Dio che si fa uomo aveva opposto  un uomo che si fa Dio. Questa concezione aveva rappresentato una sfida importante per il Concilio, di cui Bassetti ha più volte ricordato l’importanza, indicando il Pontificato di Francesco come testimonianza viva dei frutti maturati durante i cinquant’anni che ci separano da quell’evento capitale per la storia della Chiesa. “Se noi ci allontaniamo da Cristo ci allontaniamo dal nostro destino”, ha continuato Bassetti, e il rapporto con il prossimo non è altro che segno di questo rapporto con Dio. Per questo ha invitato a “non voltarci dall’altra parte di fronte alla sconfitta dell’uomo”, di fronte ai più poveri, ai più deboli. Di fronte a quelle periferie esistenziali verso le quali il Papa invita ad andare e che il titolo del Meeting di quest’anno ha voluto riprendere.
E, come già aveva sottolineato padre Pizzaballa nell’incontro di apertura della manifestazione, anche Bassetti ha voluto ricordare che il cristiano può guardare senza paura a questa sconfitta, a queste periferie, grazie alla consapevolezza che viene dalla fede. “Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede”. E questa è la sfida che porta con sé l’Evangelii Gaudium, all’interno della quale emerge la coscienza dei “tempi delicati che si stanno vivendo e con i quali non si può far a meno di confrontarsi”.  Grandi sono anche le provocazioni che in questo pontificato giungono dall’America Latina: l’elezione al soglio di Pietro di “questo suo figlio prediletto ha portato la periferia al centro”.  San Giovanni Paolo II l’aveva chiamato il “continente della speranza” e anche oggi esso si presenta a noi uomini dell’Europa come segno di speranza. Cosa è rimasto dell’Europa di San Paolo e di Sant’Agostino, di San Benedetto e di San Francesco? La testimonianza di fede che arriva con forza dall’America Latina esorta noi, abitanti del continente che è stato la culla del pensiero cristiano e occidentale, a riscoprirci alla luce del vangelo.
Dopo aver posto in evidenza i tre punti su cui oggi l’uomo e la società sono chiamati a misurarsi con serietà, la famiglia, il lavoro e la migrazione, Bassetti ha sottolineato che “la missione della Chiesa coincide con la conversione pastorale, che altro non è se non l’esercizio materno della Chiesa stessa”. Il Cardinale ha voluto concludere con un messaggio ai giovani, riprendendo quanto il Papa aveva pronunciato in occasione del suo ultimo viaggio in Corea: “costruite una Chiesa versatile e creativa. Giovani guardate lontano, non fermatevi a razzolare nei pollai, come la gallina che si fa grande della conquista di un verme”. “Cosa sta dicendo lo Spirito di Dio alle Chiese attraverso la testimonianza del Papa?”, Guzmán Carriquiry afferma che per rispondere a questa domanda bisogna lasciarsi guidare proprio dalle parole dell’Evangelii Gaudium. Con un riferimento particolare all’America Latina, Carriquiry ha sottolineato che ogni suo abitante dovrebbe sentirsi interpellato dalle prime parole di questo documento, dove Francesco invita tutti, qualsiasi sia la situazione in cui si ci si trovi, a rinnovare il proprio incontro con Cristo. “Anche quando si rivolge ai vescovi il Papa comincia col domandarsi cosa ne sia oggi della fede. Tutti noi battezzati siamo chiamati a ricominciare da Cristo ed occorre prima di tutto una conversione personale”.
Accanto a questa conversione personale, come già il cardinal Bassetti anche il professor Carriquiry ha richiamato  alla necessità di una conversione pastorale, cioè di “una Chiesa che da conservatrice diventi missionaria, che esca verso le periferie geografiche ed esistenziali”.  La Chiesa oggi pare l’unica che possa rispondere al bisogno degli ultimi, perché “dopo il fallimento della rivoluzione senza Dio, solo Dio può riprendere la vera via della rivoluzione”. Una realtà che spaventa in quanto talvolta, ha concluso Carriquiry, “Dio ci mette davanti a delle sfide che sembrano sproporzionate. Tuttavia, Egli  non ci lascia mai senza strumenti”.
A. Minghetti

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Cristiani e musulmani: un incontro che è molto più di un "dialogo"

La testimonianza del professore egiziano Wael Farouq, uno dei volti più noti del Meeting di Rimini

Da alcuni anni è uno dei volti più noti ed apprezzati del Meeting di Rimini. Docente presso l’Università Americana del Cairo e visiting professor di lingua araba presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Wael Farouq è stato uno dei fondatori del Meeting del Cairo, di cui è vicepresidente.
A Milano, Farouq anima il progetto SWAP (Share With All People), un think tank di giovani italo-egiziani, con cui quest’anno ha dato vita alla mostra Egitto. Quando i valori prendono vita, conclusasi oggi al Meeting di Rimini, che documenta le storie degli eroi della “primavera” di piazza Tahrir.
Quel processo iniziato quasi quattro anni fa, passando per la breve e controversa parentesi del governo dei Fratelli Musulmani, sta iniziando soltanto adesso a dare i suoi frutti. C’è tuttavia ancora molto da fare, ha dichiarato il professor Farouq a ZENIT, ricordando che l’aspetto più luminoso di questi anni in Egitto non è il cambiamento politico ma il cambiamento dei cuori.
Professor Farouq, come ha conosciuto la realtà del Meeting di Rimini e qual è il più grande insegnamento che ne ha tratto?
Conobbi il Meeting svariati anni fa grazie a uno studente che faceva il dottorato con me all’Università del Cairo. Lo trovai da subito un’iniziativa straordinaria e mi colpì in particolare la grande generosità di queste migliaia di giovani volontari che ogni estate sacrificano parte del tempo delle loro vacanze, pagandosi viaggio, vitto e alloggio per svolgere un servizio molto bello ma anche molto impegnativo, in cui non chiedono nulla per se stessi ma danno l’anima per gli altri. Se parli di questa realtà a chi non è mai venuto in Fiera non ti crede nessuno! È stato anche l’esempio di questi ragazzi che mi ha spinto a tornare più volte negli anni successivi. Così nacque la mia amicizia con queste persone meravigliose che, per amore, fanno cose grandi.
Come è nata l’idea della mostra che avete allestito quest’anno al Meeting?
All’università si è formato un gruppo di studenti di origine egiziana ma tutti nati in Italia: la prima di loro mi aveva seguito al Meeting del 2011, poi, iscrivendosi alla Cattolica, aveva scoperto che ero tra i suoi professori e volle conoscermi. Era rimasta colpita dall’idea di un Egitto unito: musulmani, cattolici, ortodossi, tutti a cooperare per il futuro del loro paese. Alcune di quelle ragazze avevano il velo e si erano sempre sentite isolate rispetto alla società italiana: spiegai loro che ciò che indossavano non doveva essere un ostacolo ma un vantaggio, di cui loro non si erano accorte perché avevano paura.
Un giorno una di loro rimase sconvolta dall’immagine di una bambina di 8-10 crivellata dai proiettili durante la persecuzione anticristiana da parte dei Fratelli Musulmani. Questo episodio ci spinse a cercare l’amicizia e la testimonianza dei cristiani egiziani che avevano subito quegli attacchi. Sono venute fuori, dunque, straordinarie testimonianze di solidarietà reciproca, con famiglie musulmane che avevano ospitato e protetto in casa loro dei cristiani nel momento più drammatico della repressione.
Non voglio negare che la persecuzione dei cristiani esista ma solo sottolineare che c’è dell’altro: nel nostro mondo c’è anche il bene e c’è la nostra amicizia che diventa ogni giorno più forte. La mostra quindi, il cui scopo originario era quello di condannare il male, ha avuto come obiettivo quello di raccontare il bene che è stato fatto, con le storie di personaggi sconosciuti ma eroici, tra cui Gika, morto a soli 16 anni: la sua ed altre testimonianze vale la pena che siano conosciute.
Questa testimonianza è possibile non attraverso il “dialogo” ma attraverso l’incontro. La differenza tra i due concetti è notevole. Io, francamente, non credo nel “dialogo interreligioso”: se un sacerdote e un imam si parlano senza la consapevolezza che dobbiamo amarci reciprocamente è un disastro. Nella realtà dell’incontro, invece, non c’è un dialogo ma un unico racconto che proviene da diverse voci, non due racconti che esprimono due differenti posizioni. Non è così: siamo uniti perché siamo umani. E la presenza di Dio nella vita di un cristiano, di un musulmano o persino di un ateo fa parte della nostra realtà. E i veri credenti devono fare testimonianza di questa presenza di Dio e del bene nella loro vita. Dialogare sulla natura di Dio non serve a nessuno: ciò che conta è testimoniare il bene che vedo nella mia vita e nelle vite degli altri.
A distanza di quasi quattro anni, cosa rimane delle primavere arabe?
Premesso che non amo il termine “primavera” (la primavera da noi non è una bella stagione, arrivano il caldo e le tempeste di sabbia), gli eventi capitati nel nostro paese rappresentano una grandissima novità, un grande cambiamento che però non riguarda il potere. È la persona che cambia. Prima era impossibile per un non musulmano o una donna diventare presidente. Invece 300mila giovani, per lo più musulmani e maschi hanno scelto una donna cristiana come presidente del loro partito: questo è il vero cambiamento, non un cambiamento nel pensiero ma un cambiamento della realtà concreta.
Penso anche a quanto sta succedendo in Iraq, dove migliaia di musulmani hanno cambiato la loro immagine nel profilo di Facebook con la lettera N di Nazareno in segno di solidarietà con i cristiani perseguitati. Non era mai successo nulla del genere nella storia araba.
La nostra vera storia non è la storia del potere ma la storia del cuore. Quando pensiamo all’umanità non pensiamo al presidente o all’esercito ma al vero significato dell’essere umano: questa è la nostra vera storia, che sta capitando ora in Egitto ma alla stampa non interessa…
Ritiene che l’Egitto, anche alla luce dei cambiamenti più recenti, possa diventare un esempio per l’intera regione mediorientale?
Dal punto di vista politico non sono soddisfatto: la nostra speranza è ancora lungi dall’essere realizzata. La cosa più grande che ci ha portato la rivoluzione di piazza Tahrir, comunque, non è stato l’avvento di un nuovo pensiero ma la possibilità di incontrare l’altro, vivere fianco a fianco, proteggersi a vicenda, cristiani e musulmani. Parlare con le persone che abitavano nel tuo palazzo e che per anni avevi ignorato. Questo è il dono che abbiamo ricevuto da questa rivoluzione in cui tanti stereotipi sono falliti.
Anche in Iraq i protagonisti non sono i criminali: ci sono centinaia di migliaia di persone ordinarie e sconosciute che hanno fatto una scelta, la scelta della loro fede. Sanno bene che senza la loro fede, la loro vita non ha significato. Pertanto hanno scelto di lasciare la loro casa, di rischiare la vita, pur di non perdere la fede.
Personalmente la mia vocazione è testimoniare questo bene e questa bellezza che fa parte della nostra realtà. Vediamo solo il male ma io voglio prestare attenzione sopratutto al bene, non perché sia idealista e creda che il male non esista. Però capisco che senza la testimonianza del bene questa sofferenza diventa un sacrificio e dà alla nostra vita un significato.

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"Di che è questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?"

La prossima edizione del Meeting dell'Amicizia fra i Popoli si terrà a Riminifiera dal 23 al 29 agosto 2015


In tempi di crisi una realtà che continua a reggere è il Meeting di Rimini. A conclusione della XXXV edizione, inaugurata lo scorso 24 agosto e conclusasi oggi sul tema: "Verso le periferie del mondo e dell'esistenza: il destino non ha lasciato solo l'uomo", la presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, ha espresso soddisfazione per i risultati dell'evento.
Nel corso di questa settimana presso Riminifiera si sono tenuti 110 incontri, 14 mostre, 21 spettacoli e 16 manifestazioni sportive. I relatori che hanno presenziato alle tavole rotonde sono stati 280, mentre circa 3600 sono stati i volontari (provenienti da 46 paesi del mondo) che hanno reso concretamente possibile l'evento. Un notevole apporto alla promozione dell'evento è stato svolto dai social network, ha sottolineato il portavoce del Meeting, Stefano Pichi Sermolli. Nel corso della conferenza stampa finale la professoressa Guarnieri ha evidenziato tre punti chiave dell'evento.
In primo luogo il messaggio di papa Francesco, con il suo richiamo alla "realtà dell'essenziale". Significativo anche il messaggio del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha rimarcato la coincidenza dell'evento con la "drammaticità del contesto internazionale". Intervenuto stamattina, nel penultimo incontro del Meeting, l'amministratore delegato di FIAT, Sergio Marchionne, ha infine esortato l'uditorio e gli italiani tutti ad un "richiamo alla realtà" per quanti si ostinano a rimanere "chiusi nelle bolle delle proprie idee". Solo così, ha osservato Marchionne, sarà possibile infondere nuovamente fiducia ai giovani e a migliorare la vita di ciascuno.
Anche quest'anno, ha affermato Guarnieri, il Meeting di Rimini ha saputo "parlare al cuore dell'uomo" e a ricordare che la vera essenza di tutte le convinzioni religiose, ovvero il "bisogno di felicità". È solo continuando ad insistere sull'"essenziale" che può "far interessare tutto a tutti e renderci amici". A conclusione della conferenza stampa, la presidente del Meeting ha annunciato il tema della prossima edizione, ispirato ad una frase del poeta Mario Luzi : "Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?". L'appuntamento è a Riminifiera dal 23 al 29 agosto 2015.
L.Marcolivio