martedì 5 agosto 2014

Storia di un'anima carnale


Charles Peguy: storia di un'anima carnale

Al prossimo Meeting di Rimini è in programma una mostra dedicata al poeta francese, un socialista folgorato dall'"avvenimento" cristiano



Nel centenario della morte, il Meeting per l’Amicizia fra i Popoli celebra Charles Peguy (1873-1914) con una mostra sospesa tra passato, presente e futuro. Lo scrittore francese fu infatti emblema della crisi dell’uomo moderno e della sua rinascita in un cristianesimo che, anche nella secolarizzazione più avanzata, continua a dare risposte credibili al cuore dell’uomo.
Storia di un’anima carnale è il titolo dell’esposizione in programma a Riminifiera dal 24 al 30 agosto, a testimonianza dei tanti dualismi che caratterizzarono Peguy: socialista e patriota, dreyfusista e cristiano. Antinomie a volte laceranti ma che rafforzano il fascino del suo profilo intellettuale. La sua opera fu così commentata da Urs von Balthazar: “Non si è parlato mai così cristiano”.
La presenza di Peguy al Meeting di Rimini è poi resa ancor più significativa dalla sensibilità del poeta per la fenomenologia dell’avvenimento, uno dei punti essenziali della cristologia di don Luigi Giussani.
Alcune anticipazioni sulla mostra sono state fornite a ZENIT da Pigi Colognesi, curatore dell’iniziativa assieme a Piero Cappelli, Flora Crescini e Massimo Morelli.
Come sarà strutturata la mostra su Charles Peguy?
Metteremo in mostra la sua vicenda umana, la sua storia e una sintesi delle sue parole. Il padiglione sarà diviso in quattro ‘tappe’, tra cui spicca una sala cinematografica in cui saranno proiettate delle scene che non rappresentano la vita reale di Peguy ma vicende che si sarebbero potute svolgere, con parole dello scrittore francese, messe in bocca sia a lui che ad altri personaggi.
Avremo dunque quattro scene: lo scontro di Peguy con il socialismo istituzionale dell’epoca, da cui poi sia allontanò; il lavoro delle sue idee; la sua malattia e il suo ritorno al cattolicesimo; infine il suo pellegrinaggio a Chartres, in cui si sintetizza tutto il suo cristianesimo.
Vi è poi un’appendice, comprensiva di una videointervista ad Alain Finkielkraut, attento studioso di Peguy. Abbiamo ripreso con lui un dialogo che si era interrotto molti anni fa: nel 1992 egli rilasciò una celebre intervista, parlando di Peguy come “autore dell’avvenimento”, ovvero colui che aveva messo in primo piano, sia a livello conoscitivo che a livello di concezione del cristianesimo, l’avvenimento, una parola che, abbinata a Peguy, è risultata decisiva.
Anima carnale”: come nasce questo ossimoro che dà il titolo alla mostra?
È un espressione che Peguy utilizzò in un’opera, poi pubblicata postuma, intitolataVeronique, in cui l’autore parla di Cristo nell’Orto degli Ulivi: se Egli non avesse sofferto, se non avesse avuto paura della morte, tanto da chiedere al Padre che passasse da lui il calice della sofferenza, non sarebbe stato veramente Uomo – quindi un’anima carnale – e tutto il meccanismo del cristianesimo cadrebbe. In questa profondissima meditazione, peraltro rivalutata da molti teologi, sta un po’ il cuore del cristianesimo di Peguy. Un cristianesimo che non è un insieme di dottrina, di morale e di precetti, né di buoni sentimenti ma è un fatto, unavvenimento completamente umano: l’eterno che si è incarnato nel temporale e ne ha assunto tutte le caratteristiche, redimendole. Credo sia molto attuale anche rispetto ad un certo spiritualismo vago che oggi va di moda.
La vita e le opere di Peguy sono piene di “polarità”: ad esempio, si convertì al cristianesimo pur non rinnegando il suo socialismo…
Va premesso che Peguy rifiutò sempre la parola “conversione”. Lungo le pareti della mostra corre una frase che il poeta scrisse nel 1911, in risposta ad una critica non gradita in merito al Mistero della carità di Giovanna d’Arco, in cui l’autore afferma di non aver incontrato Cristo in una sorta di “conversione ad U”, come quando sbagli strada, ma procedendo dritto lungo il suo cammino. E conclude: “io non rinnegherò nemmeno un’oncia del mio passato”. Ciò ha molto a che vedere con il precedente discorso dell’anima carnale: Peguy fu un socialista molto particolare, né ideologico, né marxista ma più vicino al socialismo utopico di un Proudhon o di un Fourier. Il suo socialismo non lo rinnegò mai, mentre disse che il cristianesimo gli era servito perché in un mondo moderno che avvilisce tutto, il cristianesimo di quando era bambino gli aveva mostrato tutta la sua grandezza, tutta la sua vitalità, tutta la sua potenzialità di salvezza. Ciò avviene all’interno di un’esperienza molto dolorosa perché i suoi amici socialisti lo abbandonarono, mentre i cattolici erano piuttosto sospettosi nei suoi confronti, anche perché la sua era una situazione familiare delicata: alcuni suoi consiglieri cattolici lo “costrinsero” a far battezzare la moglie e in figli, dei quali volle rispettare la volontà fino in fondo e questo significò per lui la lontananza dai sacramenti. L’unica volta che andò a messa fu prima di morire, alla solennità dell’Assunta del 1914. La cosa sorprendente, però, è che il suo rispetto della libertà dei suoi familiari, dopo la sua morte, si risolse provvidenzialmente con la conversione della moglie e il battesimo dei figli. È vero che ci sono delle polarità: da cattolico, in fondo, rimane socialista. E spiega che il problema della Chiesa della sua epoca era che mancava non del ragionamento ma della carità: qualcosa di poco accettabile per l’uomo che soffre.
C’è un verso o una frase che valgono l’intera opera di Peguy?
È difficile dare una risposta. Peguy fu indubbiamente un grande poeta e drammaturgo, però, a mio avviso, il Peguy più acuto e significativo fu il Peguy prosatore, del quale, purtroppo, è stato tradotto poco: c’è da sperare che il centenario suggerisca a qualche autore di farlo. Del Peguy prosatore potrei citare alcune frasi: “Ho sempre preso tutto sul serio e questo mi ha fatto molto camminare”, “Non ho mai imposto la mia visione della realtà ma ho sempre guardato in faccia le cose come succedevano”. Da qui deriva la sovranità dell’avvenimento, cioè del fatto che il dato viene prima di qualsiasi nostra interpretazione. Oppure: “Nel cristianesimo c’è un’unità formidabile tra l’eterno e il passeggero: la carne e lo spirito che è l’unità di Cristo incarnato”.