venerdì 29 agosto 2014

Una nuova era nella Chiesa spagnola

Nomine: Cañizares torna a Valencia, Osoro arcivescovo di Madrid

Il Prefetto del Culto divino lascia la Curia romana per diventare pastore nella sua comunità d'origine. L'arcivescovo di Valencia va nella capitale. Finisce l'era di Rouco Varela

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

Si apre una nuova era nella storia della Chiesa spagnola: Papa Francesco ha accettato le dimissioni per raggiunti limiti d'età del settantottenne cardinale Antonio Maria Rouco Varela e ha nominato nuovo arcivescovo di Madrid Carlos Osoro, attuale pastore di Valencia. Al posto di quest'ultimo è destinato il cardinale Antonio Cañizares Llovera, Prefetto del Culto divino, che fa così ritorno nel suo Paese dopo aver trascorso cinque anni e mezzo nella Curia romana occupandosi di liturgia.

Cañizares, 69 anni il prossimo ottobre, è originario di Utiel, paese della comunità autonoma valenciana. Teologo, detto «il piccolo Ratzinger», è stato vescovo di Avila nel 1992, trasferito a Granada nel 1996 quindi alla sede primaziale di Toledo nel 2002. Creato cardinale nel 2006, nel primo concistoro di Benedetto XVI, è stato chiamato a Roma nel dicastero che si occupa della liturgia nel dicembre 2008. La sua nomina doveva segnare la rinnovata attenzione verso la liturgia voluta da Papa Ratzinger.

In questi anni trascorsi in Curia Cañizares non ha mai troncato i rapporti con la Spagna e in molti avevano profetizzato che sarebbe stato il successore di Rouco nella capitale. Ritorna invece a Valencia, una grande diocesi, nella terra in cui è nato: sarà il secondo arcivescovo della città con la porpora nell'ultimo secolo, dopo Agustín García-Gasco. Diverse fonti autorevoli hanno confermato a Vatican Insider che è stato lo stesso Prefetto del Culto divino a chiedere a Papa Francesco di poter tornare in una diocesi spagnola.

Il nuovo arcivescovo di Madrid, Carlo Osoro Sierra - originario di Castañeda in Cantabria, già vescovo di Orense e quindi di Oviedo, prima di essere trasferito a Valencia nel 2009 - ha 69 anni ed è soprannominato «il Francesco spagnolo», per la sua sintonia con la chiamata a una Chiesa «in uscita» come ripete Papa Bergoglio. È stato da poco eletto vicepresidente della Conferenza episcopale spagnola.

Con l'annuncio odierno finisce il ventennale episcopato madrileño di Rouco Varela: il cardinale in questi anni ha esteso la sua influenza sulla Conferenza episcopale spagnola, ed è stato decisivo nelle nomine dei nuovi vescovi. Notoriamente vicino alla parte più di destra del Partito popolare - ma non all'attuale premier Mariano Rajoy - l'ormai ex arcivescovo di Madrid è stato un fiero oppositore del governo socialista di Zapatero.

Non è stato invece pubblicato il nome del nuovo Prefetto del Culto divino, che prenderà il posto di Cañizares. Evidentemente la decisione finale da parte del Papa non è stata ancora presa.


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«Ho detto a Francesco che volevo avere l'odore delle pecore»


Intervista con il Prefetto del Culto divino che lascia la Curia: «Per me è una grande gioia, da cento anni a Valencia non c'era un vescovo valenciano. Il Papa ci ha sostenuto nel nostro lavoro per la liturgia»

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

«Ho detto a Papa Francesco: voglio avere l'odore delle pecore. Era un mio desiderio tornare in diocesi...». Il cardinale Antonio Cañizares Llovera, Prefetto del Culto divino, appena nominato arcivescovo di Valencia sorride raggiante per la nomina da tempo attesa che è arrivata ieri. Chi cerca di presentare la sua partenza dalla Curia romana come una diminutio o addirittura una «punizione» è completamente fuori strada. In primo luogo perché «per un pastore non c'è niente di meglio che poter essere in mezzo al suo gregge». E poi perché è stato lo stesso cardinale a chiedere al Papa di tornare a fare il vescovo diocesano.

Come ha accolto la notizia?
«Sono davvero molto contento. Torno nella mia diocesi d'origine, che da più di cento anni non aveva un vescovo valenciano...».

Come vive il suo allontanamento dalla Curia?
«Era un mio desiderio. Sono stato io a dire a Francesco: voglio avere l'odore delle pecore. Ho chiesto io di tornare in diocesi, in qualunque diocesi il Papa mi avesse voluto mandare. Per me è stata una gioia grande e anche grande onore che il Santo Padre abbia scelto Valencia, una delle diocesi più vitali della Spagna e d'Europa, anche per numero di vocazioni. È un segno di gratitudine e di riconoscimento nei miei confronti, un dono che mi commuove da parte di Francesco, gliene sono davvero grato».

Che cosa può dire di questi cinque anni trascorsi alla guida del dicastero che si occupa della liturgia?
«Sono grato per questa esperienza in Curia. Abbiamo lavorato per portare avanti il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Uno dei momenti fondamentali è stato il simposio sulla costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, come pure i documenti pubblicati e quelli ancora allo studio che saranno presto pubblicati. Bisogna continuare a lavorare perché il Concilio venga pienamente attuato in campo liturgico, secondo quanto Benedetto XVI ha indicato: Dio è il soggetto della liturgia, non noi. La liturgia non è un'azione dell'uomo, ma è azione di Dio».

Posso chiederle come Papa Francesco ha seguito il lavoro della Congregazione del Culto in questo anno e mezzo di pontificato?
«Francesco ha sostenuto il lavoro che stavamo portando avanti. Ci ha ripetuto che più che pensare a riforme, dobbiamo incentrarci nel mistero pasquale che accade nella liturgia, vivere il mistero che accade in quel momento. Vedendo il Papa celebrare si comprende come egli viva ciò che avviene nella messa».

Gli anni scorsi non sono stati facili nel rapporto tra la Chiesa e i governi spagnoli. Come intende viverlo?
«Credo che con il mondo della politica e delle istituzioni avremo un rapporto amichevole, di apertura e di collaborazione, avendo come unico obiettivo quello del bene comune, del bene della nostra gente. Ci sono state e ci sono situazioni difficili, e non solo dal punto di vista economico-finanziario. Io spero che si possa lavorare anche per l'unità del Paese, che non è solo politica, è anche antropologica ed è un progetto che vive da più di quattordici secoli e si fonda sull'identità cristiana».