sabato 23 agosto 2014

XXI domenica del tempo ordinario. Anno A

Nella 21.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù, chiede ai discepoli: “Chi dite che io sia?”. Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù dice:
«Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa”.
Gesù giunge con i suoi discepoli nella regione di Cesarea di Filippo, ai piedi del Monte Hermon, una ragione di confine, di pagani. E qui pone ai suoi discepoli due domande importanti: “Chi sono io per la gente? Chi sono io per voi?”. Al tempo di Gesù l’attesa per la venuta del Messia era molto forte, tanto che alcuni esegeti parlano di una specie di “febbre messianica”. La gente facilmente, nelle parole e nelle opere del Cristo, vede nuovamente vivo Giovanni Battista, o Elia, Geremia o qualcuno dei profeti. Ma la domanda che sta a cuore a Gesù è un’altra: “Ma voi, chi dite che io sia?” – e la domanda giunge oggi fino a me ed a te, direttamente. Nasce dal cuore di Cristo e giunge al cuore dell’uomo, così come la risposta di Pietro, nasce dal suo cuore, per rivelazione del Padre, e giunge al cuore di Cristo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. È la domanda ed è la risposta della fede. E sulla fede di Pietro, che è dono del Padre, Cristo fonda la sua Chiesa, con il potere di legare e di sciogliere, di perdonare e di santificare, con la missione di evangelizzare, di annunciare la buona notizia a tutte le genti. La Chiesa è stabilita sulla comunione con Pietro e nell’obbedienza a Pietro. Consola e conforta sentire anche oggi la parola del Signore che sigilla questo disegno di Dio: “Le potenze degli inferi non prevarranno su di essa”. Dà forza poter camminare anche nel mondo di oggi, non con presunzione, ma con la certezza che a condurre la Chiesa è lo Spirito di Dio (don Ezechiele Pasotti)
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Di seguito testi della Liturgia e commenti
XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIOAnno A
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 86,1-3
Tendi l'orecchio, Signore, rispondimi:
mio Dio, salva il tuo servo che confida in te:
abbi pietà di me, Signore;
tutto il giorno a te io levo il mio grido.

Inclína, Dómine, aurem tuam ad me,
et exáudi me. Salvum fac servum tuum,
Deus meus, sperántem in te. Miserére mihi,
Dómine, quóniam ad te clamávi tota die.
 
Colletta

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore...


Deus, qui fidélium mentes uníus éfficis voluntátis, da pópulis tuis id amáre quod præcipis, id desideráre quod promíttis, ut, inter mundánas varietátes, ibi nostra fixa sint corda, ubi vera sunt gáudia. Per Dóminum...

Oppure:
O Padre, fonte di sapienza, che nell'umile testimonianza dell'apostolo Pietro hai posto il fondamento della nostra fede, dona a tutti gli uomini la luce del tuo Spirito, perché riconoscendo in Gesù di Nazaret il Figlio del Dio vivente, diventino pietre vive per l'edificazione della tua Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo...


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Is 22, 19-23
Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide.

Dal libro del profeta Isaia
Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo:
«Ti toglierò la carica,
ti rovescerò dal tuo posto.
In quel giorno avverrà
che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa;
lo rivestirò con la tua tunica,
lo cingerò della tua cintura
e metterò il tuo potere nelle sue mani.
Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme
e per il casato di Giuda.
Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide:
se egli apre, nessuno chiuderà;
se egli chiude, nessuno potrà aprire.
Lo conficcherò come un piolo in luogo solido
e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».


Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 137
 
Signore, il tuo amore è per sempre.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.
 
Seconda Lettura
  Rm 11, 33-36
Da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!
Infatti,
chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?
O chi mai è stato suo consigliere?
O chi gli ha dato qualcosa per primo
tanto da riceverne il contraccambio?
Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.


Canto al Vangelo
  Mt 16,18
Alleluia, alleluia.

Tu sei Pietro, e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa
e le porte degli inferi non prevarranno su di essa.

Alleluia.

   
   
Vangelo
  Mt 16, 13-20
Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.


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I peccatori non hanno altra "chiave" per entrare in Cielo che le membra di Cristo

Commento al Vangelo della XXI domenica del tempo ordinario. Anno A


La risposta immediata di Pietro è come un lampo nella notte: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". La fede che emerge da queste parole non è il frutto di una speculazione, non c'entrano "carne e sangue". Fosse per queste, in Gesù Pietro non avrebbe potuto che vedere, come gli altri, "qualcuno dei profeti".
Davanti a Gesù non basta il "pensiero secondo gli uomini", per quanto sottile e intelligente: a Dio, infatti, "è piaciuto nascondere queste cose ai sapienti e agli intelligenti" per "rivelarle ai piccoli". Pietro, nel momento che, a nome della Chiesa intera, professa il fondamento della fede, è il più piccolo tra i piccoli suoi fratelli, l’ultimo; per questo, e solo per questo, ne è divenuto il primo, vertice insostituibile di comunione. 
Non si tratta di un pio esercizio di umiltà, ma della verità: "Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell'Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest'unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole" (Gilbert Keith Chesterton). 
Il peso e la gloria del primo tra gli apostoli, come quelle dei suoi successori, nascono dal segno divino e celeste impresso nel suo cuore e nella sua mente. Dovrà lottare Pietro, ogni giorno, per tenere a bada "carne e sangue".
Dovrà obbedire a Cristo che, per proteggere la Verità in un mondo di menzogne, continuerà a ripetergli, nel corso dei secoli, "Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!".
Ma proprio in virtù della sua infinita debolezza, Gesù "consegna" a Pietro "le chiavi" del Cielo, la Croce sulla quale anche lui sarà inchiodato. Su di essa salgono gli umili, gli unici che possono pascere e governare il gregge di Cristo… Le "chiavi", infatti, designano l'autorità: i genitori saggi attendono molto prima di affidare ai figli quelle di casa.
Un tempo esse erano molto grandi, per questo venivano portate sulle spalle, come incontriamo anche nella Scrittura. La Croce è la "chiave" con la quale il Signore ha aperto il Cielo e chiuso l'inferno per tutti quelli che lo accolgono; l'ha portata sulle sue spalle, ne ha sentito tutto il peso e la responsabilità mentre i chiodi ne trapassavano le carni e lo univano ad essa.
Così ha consegnato a Pietro le "chiavi" del Regno, chiamandolo ad essere crocifisso con Lui, a portare con Lui il giogo leggero e soave sulle spalle, per imparare l'umiltà e la mitezza con le quali "sciogliere" gli uomini dalla schiavitù al mondo, alla carne e al demonio, e "legarli" così a Cristo in un'alleanza incorruttibile che li faccia figli del Padre celeste. Così le consegna a noi, vescovi, preti, suore, mariti, mogli padri, madri, fratelli: per portare sulle spalle i peccati degli altri e legarli a Cristo.
Ma per "sciogliere" e "legare" è necessario innanzi tutto, essere personalmente "sciolti" dall'orgoglio e "legati" alla verità che è umiltà. Per strappare gli uomini dal potere di satana, non c'è altro cammino che quello che conduce a Gerusalemme, l'unico programma vincente per la Chiesa.
Come Isacco sull'erta del Moria e come il Signore sulla via del Calvario, anche Pietro con ogni discepolo dovranno essere "legati" alla Croce per essere "sciolti" dalla morte: "In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tua mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv. 21,18).
Ecco il profilo unico e inconfondibile delle "chiavi", l’unico che coincide con la serratura del Paradiso, chiusa dal peccato di Adamo ed Eva con cui si sono ribellati alla volontà di Dio: andare dove non si vuole, che è il cuore di ogni discernimento.
“Non la mia ma la tua volontà”: sono queste le “chiavi” che Gesù ha ricevuto nel Getsemani per entrare nella morte e uscirne vittorioso; l'obbedienza che "scioglie" ogni parola della Scrittura per "legarla" alla vita di ogni uomo.
Solo il discernimento impedisce alle "potenze degli inferi" di "prevalere sulla Chiesa" e sulla vita dei suoi figli. Secondo il fine esegeta Frederic Manns, sullo sfondo del Vangelo di oggi vi è un brano del Midrash Tannaim che commenta il passo di Deuteronomio 33,5; in entrambi si ricorda il dono della Legge: "il problema che preoccupa l'autore del midrash è quello dell'autorità che ha il diritto di interpretare la Legge e di dedurne la halakah, cioè l'interpretazione giuridica. Quando il principe raduna gli anziani per deliberare sull'halakah, allora il regno dei cieli si realizza in essi in alto...
Anzi, il regno è una realtà interiore che si realizza in essi, che, riuniti intorno al principe, hanno la "chiave" della scienza, ma anche la "chiave" del regno, poiché da essi dipende la realizzazione attuale del Regno dei Cieli... L'espressione legare-sciogliere significa innanzitutto il potere di interpretare la Scrittura, e di derivarne i comportamenti da indicare al popolo. Ora, questo potere di fissare la Halakah viene dato a Pietro, la roccia, che riunisce i presbiteri".
Tutti abbiamo bisogno della Pietra su cui fondare per non restare ciecamente irretiti dagli eventi; di Pietro e della Chiesa perché con la predicazione, le omelie e il Magistero, ci illuminino il cammino che ci fa giungere alla misura della pienezza di Cristo, cui siamo chiamati ad arrivare per essere realmente adulti nella fede. 
Non è un caso che il capitolo seguente quello di oggi, inizi con “sei giorni dopo …” introducendo così l’episodio della Trasfigurazione; con il riferimento alle "tende" o "capanne" che Pietro vuole issare, l'autore ci offre l'indizio per inquadrare l'episodio accaduto sul monte Tabor durante la festa delle capanne (sukkoth).
Essa seguiva proprio di "sei giorni" la festa dello Yom Kippur, o Giorno dell'espiazione, il grande giorno del perdono, l'unico dell'anno nel quale il Sommo Sacerdote entrava nel Santo dei Santi del Tempio e vi pronunciava il nome di Dio: "Era dunque questa festa dell'Espiazione che era stata scelta da Gesù per fare la domanda sulla propria identità e ottenere da Simone la professione di fede. Era anche la data scelta per dare un nuovo nome a Simone e annunziargli il suo destino... Gesù desidera che venga pronunciato il nome divino nella nuova prospettiva in cui la liturgia dell'Antica Alleanza troverà il suo compimento. Quando Simone lo proclama Figlio del Dio vivente, risponde a questo desiderio. Pronuncia il nuovo nome divino... Senza saperlo, Simone svolge il ruolo del Sommo Sacerdote che, nella festa dell'Espiazione, proclamava il nome di Dio; lo fa esprimendo la sua fede nel Figlio di Dio, un Figlio che è Dio." (Ignace de La Potterie). 
Mentre nel Tempio il Sommo Sacerdote in carica Kaipha pronunciava il Nome dell'Altissimo, "nella regione di Cesarèa di Filippo", in pieno territorio pagano, Pietro - Keypha, il nuovo Sommo Sacerdote, annuncia il "Tu" di Colui che avrebbe perdonato ogni peccato, confessando la fede della Chiesa in Gesù di Nazaret, il Messia atteso, "il Cristo, il Figlio del Dio vivente".
Il suo Nome non è più pronunciato nel chiuso e nel segreto del Santo dei Santi, ma annunciato in mezzo alle strade, nelle "periferie" del mondo, laddove tu ed io siamo immersi, con una familiarità e una confidenza che ci trascina, in un istante, nel cuore stesso di Dio: "Tu" sei Dio, "Tu" mio fratello, e amico, e sposo.
Da quel giorno Pietro e la Chiesa annunceranno la fede che vince il mondo in ogni suo centimetro quadrato, pronti a sporcarsi come Gesù alla ricerca di ogni pecora perduta.
Così anche noi siamo chiamati a riconoscere l'amore di Dio nelle situazioni più difficili, laddove il peccato "lega" gli uomini al dolore e alla morte per "scioglierli" nella libertà dei figli di Dio.
"Beati" noi, allora, che siamo stati chiamati a offrire nella nostra vita, salvata e colma dell’amore di Dio, una pietra su cui ogni uomo possa posare i suoi dolori, le incertezze e i dubbi.
“Beati” noi, scelti per annunciare il Vangelo: per questo, in ogni circostanza, il potere infinito dell'amore di Dio risplendente nella Gloria della sua risurrezione, ci terrà stretti alla sua Croce, chiave del regno di Dio.
E lì, nel matrimonio, al lavoro, ovunque e in ogni circostanza, tra le persecuzioni di ogni giorno come in quelle efferate che colpiscono i nostri fratelli in Iraq e in altre zone, sperimenteremo che "le potenze degli inferi non prevarranno sulla Chiesa". Essa, infatti, mentre annuncia il Vangelo del regno a ogni uomo, testimonia che nulla è più forte dell’amore di Cristo, neanche i tagliagole, neanche il peccato più grande, anzi.
La Chiesa è seminata nel mondo proprio per i peccatori, che non hanno altra “chiave” per entrare in Cielo che le sue membra crocifisse con Cristo.

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Domanda su Cristo e sulla Chiesa

Lectio Divina per la 21ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la 21ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno A.
Il presule offre anche una doppia lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
Domanda su Cristo e sulla Chiesa.
Rito Romano – XXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 24 agosto 2014
Is 22,19-23; Sal 137; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20
Rito Ambrosiano – Domenica che precede il martirio di San Giovanni il Precursore
1Mac 1, 10.41-42; 2,29-38; Sal 118; Ef 6, 10-18; Mc 12, 13-17.
1) E’ la vita che deve rispondere.
Chi è Cristo? Questa domanda, sempre attuale e ineliminabile, è rivolta al mondo, ai discepoli e, oggi, a noi. Il mondo, la gente risponde, nel migliore dei casi, che il Messia è un profeta, voce di Dio e suo respiro. E’ una bella risposta ma è sbagliata, soprattutto perché Gesù non è riducibile ad una delle  personalità religiose che hanno detto e fatto cose grandiose. portato nel mondo un messaggio interessante, profondo. non può riguardare solo l’esistenza storica di Cristo, le sue opere e il suo insegnamento. 
Pietro, a nome dei discepoli, risponde: “Tu sei il Cristo, Figlio di Dio vivente”, mette in risalto ciò  che per molti è una strana“pretesa”: Cristo non è solamente un importante personaggio storico, non solo è vero, ma vivo. Quindi il problema non è tanto quello di conoscerlo come si conosce una teoria del passato anche se ancora attuale, ma incontrare Lui, la Vita vera che dà vita allora come oggi: sempre.
Noi, oggi, nel solco della risposta di Pietro, siamo chiamati a rispondere che Cristo non solamente è esistito ed è vero, ma è conoscibile ed incontrabile. Lui è vivo e presente, è il Dio del fiore vivo e non dei morti pensieri. Nel Vangelo di questa domenica sono descritti due modi di conoscere Cristo.
Il primo è quello di una conoscenza esterna, caratterizzata dall’opinione corrente e dalla riduzione del Messia un persona grande quanto grandi sono stati i profeti. Infatti alla domanda di Gesù: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’Uomo?”, i discepoli rispondono: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Vale a dire che Cristo è considerato come un personaggio religioso in più, magari il più grande ma simile a quelli già conosciuti.
Il secondo è quello della conoscenza che viene dall’espeienza di comunione. In effetti
rivolgendosi personalmente ai discepoli che da tanto tempo sono con Lui, Gesù chiede: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Dalla vita con Cristo, dall’esperienza di comunione con Gesù, Pietro ricava la risposta dando quella che è la prima confessione di fede: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, professione  di fede fatta anche a nome degli altri discepoli. La fede va al di là dei semplici dati empirici o storici, ed è capace di cogliere il mistero della persona di Cristo nella sua profondità. La fede nasce dall’incontro e cresce nel rinnovarsi quotidiano di questo incontro tra Cristo, Pietro e gli altri discepoli, vale a dire anche noi, figli di Dio e della Chiesa.
2) La Chiesa ed il Papa, Garante di verità e di carità.
Il brano del Vangelo di oggi non parlo solo di Cristo e di Pietro, ma anche alla Chiesa. Ci dice anzitutto che la Chiesa appartiene a Cristo: “La mia Chiesa” e ne sottolinea la perenne stabilità: la Chiesa è come una casa costruita sulla roccia, anche se poggia apparentemente sulla fragilità degli uomini: “Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. Una stabilità sofferta, ma sicura. Sofferta perché la chiave di cui parla Cristo e che Lui dona a Pietro è la Croce. Sicura perché fondata sulla roccia di una fede solida e di un amore granitico. Pietro è roccia nella misura in cui ancora trasmette Cristo, tesoro per l’intera umanità. E’ roccia nella misura in cui mostra che Dio è vivo fra noi e ci chiama a partecipare al Suo amore crocifisso, disarmato (1), costante (2): eterno.
“Voi chi dite che io sia?” Chiesa Cristo ai discepoli e Pietro disse solo “Dio”: Cristo non era solo ciò  che Pietro diceva di lui, ma ciò di cui viveva: “Maestro solamente Tu hai parole di vita eterna”. Il cristianesimo prima di essere una dottrina e una morale, è una Persona che ci ama ed è da amare. L’amore di Dio ha scritto il suo racconto sul corpo di Cristo con l’alfabeto delle ferite, indelebili come l’amore. Le due immagini della roccia e delle chiavi, a cui Gesù ricorre sono in se stesse molto chiare: Pietro sarà il fondamento roccioso su cui poggerà l'edificio della Chiesa. Lui avrà le chiavi del Regno dei cieli per aprire o chiudere a chi gli sembrerà giusto, secondo verità e carità. Infine, Lui potrà legare o sciogliere nel senso che potrà stabilire o proibire ciò che riterrà necessario per la vita della Chiesa, che è e resta di Cristo. E’ sempre Chiesa di Cristo e non di Pietro. Queste due le immagini parlano di fede e di fiducia, della fede di Simone e della fiducia di Gesù. La pietra o roccia mette in evidenza la stabilità del credere come il verbo ebraico amen che significa appunto “sto saldo”.
È la roccia che tiene salda la casa. Ed è a questa Roccia che è data una piena autorità: “A lui sono affidate le chiavi”, per proibire e permettere, separare e perdonare. Non si dimentichi tuttavia che l'autorità di Pietro è vicaria. Pietro è l'immagine di un Altro, di Cristo, che è il vero Signore della Chiesa. La fede, che emerge da queste parole: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente", non è il frutto di una speculazione, non c'entrano "carne e sangue". Fosse stato per “la carne e il sangue, Pietro non avrebbe potuto vedere in Gesù solamente “qualcuno dei profeti”. Davanti a Gesù non basta il "pensiero secondo gli uomini", per quanto sottile e intelligente: a Dio, infatti, “è piaciuto nascondere queste cose ai sapienti e agli intelligenti per rivelarle ai piccoli”. Nel momento che, a nome della Chiesa intera, Pietro professa il fondamento della fede, è il più piccolo tra i piccoli suoi fratelli, ma ama Cristo più di tutti gli altri, per questo, e solo per questo, ne è divenuto il primo, vertice insostituibile di comunione. Non si tratta di un pio esercizio di umiltà, ma della verità fatta persona e amata più di se stesso.
E su Pietro che La amava più di tutti gli altri, su salda pietra d’amore, Gesù ha edificato la Sua
Chiesa, e le porte dell'Inferno non hanno prevalso e non prevarrano su di essa.  Il peso e la gloria del Primo tra gli Apostoli, come quelle dei suoi successori, nascono dal segno divino impresso nel suo cuore e nella sua mente. Pietro dovrà lottare ogni giorno, per tenere a bada
“carne e sangue”. Pietro dovrà prendere proteggere la Verità e la Comunione accettando ogni giorno la consegna delle chiavi: la Croce che ha aperto le porte del Paradiso La Croce è la “chiave” con la quale il Signore ha aperto il Cielo e chiuso l’inferno per tutti quelli che accolgono Lui, il Crocifisso. La Croce è il pastorale di Pietro e dei suoi successori, che possono pascere i fedeli perché sono i primi nell’amore, in un amore umile e mite che “scioglie” gli uomini dalla schiavitù al mondo, alla carne e al demonio, e li “lega” a Cristo in una fraternità eterna che li fa per sempre figli del Padre celeste.
3) Il principio mariano.
Non solo Pietro, ma in lui e con lui tutta la Chiesa dice: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Da quel giorno Pietro e la Chiesa annunciano la fede che vince il mondo in ogni suo centimetro quadrato, pronti a sporcarsi come Gesù alla ricerca di ogni pecora perduta, come Papa Francesco celo ricorda spesso. Tutti noi, chiamati a riconoscere l’amore di Dio nelle situazioni più difficili, laddove il peccato “lega” gli uomini al dolore e alla morte per “scioglierli” nella libertà dei figli di Dio. Ma dobbiano tenere presente che nella Chiesa, oltre al principio petrino (3), vi è il principio mariano.
Nella lettera enciclica Mulieris dignitatem, San Giovanni Paolo II ricorda che Maria è “Regina degli Apostoli” pur senza rivendicare poteri apostolici per sé. Ella possiede qualcos’altro e qualcosa di più. Cos’è il “qualcosa di più” del principio mariano nella chiesa? Balthasar ci dice che Maria scompare nel cuore della Chiesa per rimanervi come una reale presenza che però cede sempre il posto al proprio Figlio.
Questo principio mariano è ben custodito e “promosso” dalle Vergini consacrate nel mondo. E’ l’amore da loro maternamente (4) vissuto e accolto. In effetti, rispondendo alla loro vocazione queste donne consacrate vivono il principio mariano come accoglienza. Esse vivono la dimensione dell’accoglienza, dell’attualizzazione del dono vivificante della salvezza nell’oggi dell’umanità, dimensione essenziale della vita cristiana ed ecclesiale, che ha il suo modello in Maria, Vergine e Madre.
Al momento dell’annunciazione, col suo “sì” la giovane donna di Nazareth accolse in sé il Verbo di Dio e Gli diede carne umana. Ai piedi della Croce, Maria fu investita da una nuova maternità che abbracciò e continua ad abbracciare l’intera umanità. Con un nuovo “sì”, accettò la volontà di Dio indicatale da Gesù morente, e restituì a Dio Padre il Figlio che aveva concepito in sé, accogliendo in sua vece Giovanni, e in lui l’umanità. Le Vergini consacrate sono invitate a praticare questa fecondità dalla preghiera del Vescovo: “Che Gesù, nostro Signore, sposo fedele di quelle a Lui consacrate, vi doni, mediante la sua Parola, una vita felice e feconda… Che lo Spirito Santo, che fu dato alla Vergine Maria e che oggi ha consacrato i vostri cuori, vi animi con la  sua forza per il servizio di Dio e della Chiesa” (Rituale della consacrazione delle Vergini, n. 36). Queste donne, sull’esempio di Maria, praticano la “carità dell’unità” (Sant’Agostino), vivendo la consacrazione allo Sposo Gesù con un’esistenza incentrata sull’amore: amore ricevuto, corrisposto e donato.
*
NOTE
1) Gesù non ha mai radunato eserciti e in questo mondo di prepotenti hai detto: Beati i miti, gli inermi, i tessitori di pace.
2) Niente mai, né angeli né demoni, né cielo né abisso, niente mai ci separerà dall’amore di Dio (cf. Rm 8, 39). Niente, mai: due parole assolute, perfette, totali: siamo inseparabili dall'amore di Cristo.
3) Per quanto riguarda il principio petrino, Hans Urs von Balthasar tratteggia cinque punti:
a. La dimensione istituzionale è la struttura che rappresenta Cristo, come Capo del Corpo, che continua ad esservi presente e genera vita attraverso i sacramenti, il ministero, e così via.
b. L’istituzione è dunque la condizione della possibilità della presenza personale, non-distorta, di Cristo nella Chiesa.
c. L’istituzione mette a disposizione una “regola” oggettiva sotto la quale si può vivere senza sbandamenti.
d. Il principio petrino è educativo in quanto ci forma alla mente di Cristo.
e. Esso garantisce l’autenticità del senso profetico della fede vivente dei credenti.
4) Adottando il linguaggio della famiglia, Hans Urs von Balthasar parla del ministero petrino nella Chiesa come del ruolo del capofamiglia. Maria invece è la Madre. Maria costituisce l’unità interna della chiesa mentre Pietro è, nell’ambito del collegio degli apostoli, il principio di unità esterno.