giovedì 25 settembre 2014

Al centro la persona




A colloquio con l’arcivescovo Angelo Vincenzo Zani. 

(Nicola Gori) Dialogo con le culture e le religioni, centralità della persona, libertà educativa, formazione degli insegnanti. Sono i temi al centro del lavoro della Congregazione per l’educazione cattolica, chiamata in questo periodo a un impegno particolare di aggiornamento e di collaborazione con Stati e organismi internazionali per adeguare le istituzioni ecclesiastiche ai nuovi standard di ricerca e insegnamento. Ne parla in questa intervista al nostro giornale l’arcivescovo Angelo Vincenzo Zani, segretario del dicastero.
Su quali argomenti vi state confrontando in questo periodo?
Pochi mesi fa abbiamo ha pubblicato il documento Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica. Vivere insieme per una civiltà dell’amore.
Ha avuto una lunga gestazione ed è stato provocato dal fatto che le scuole cattoliche nel mondo sono frequentate da un’alta percentuale di studenti non cattolici e appartenenti ad altre religioni, e per questo chiedono alla Santa Sede orientamenti educativi idonei a tali situazioni. Questo è uno dei tanti temi allo studio. Oggi, infatti, di fronte alle sfide della globalizzazione e del crescente pluralismo culturale e religioso, diventa indispensabile acquisire una maggiore consapevolezza, per tradurre meglio in presenza, testimonianza e insegnamento la propria peculiarità di essere — in quanto cattolica — scuola aperta all’universalità del sapere e, al contempo, portatrice di una specificità che è data dal radicamento nella fede in Cristo e dall’appartenenza alla Chiesa. Ma accanto alle sfide dell’identità e del dialogo, c’è la sfida per le scuole e per le università cattoliche di proporsi come comunità educative che pongono al centro la persona e offrono una formazione integrale. Infatti, oltre a trasmettere saperi e conoscenze, occorre promuovere lo sviluppo di valori e competenze, e puntare a far crescere tutte le risorse personali dello studente, in uno spirito di libertà, creando un legame tra scuola e vita. Vi sono, poi, sfide di ordine giuridico che riguardano una serie di regole e di leggi che a volte calpestano la libertà pedagogica delle scuole cattoliche, oppure nascondono, dietro alla insufficienza di risorse economiche, l’avversità nei confronti della progettualità educativa cristianamente ispirata. Ma la sfida più importante è la formazione degli insegnanti e il loro aggiornamento.
Come celebrate il cinquantesimo anniversario della dichiarazione conciliare Gravissimum educationis?
Da tempo la Congregazione sta pensando a questo importante anniversario, raccogliendo l’invito rivolto da Benedetto XVI ai membri dell’assemblea plenaria del dicastero nel 2011, di fare del cinquantesimo della Gravissimum educationis e del venticinquesimo della costituzione apostolica per le università cattoliche Ex corde Ecclesiae un’opportunità per rilanciare l’impegno della Chiesa nel campo educativo. Un seminario internazionale di esperti e un successivo gruppo di lavoro hanno preparato un instrumentum laboris, dal titolo Educare oggi e domani. Una passione che si rinnova. Esso è stato approvato dalla plenaria del febbraio scorso e diffuso presso gli episcopati del mondo, le associazioni delle scuole e delle università cattoliche, e le congregazioni religiose maschili e femminili. Questo strumento, che elenca le sfide dell’educazione offerta dalle istituzioni cattoliche — esistono 210.000 scuole cattoliche e 1.865 università cattoliche e facoltà ecclesiastiche, con più di 60 milioni di studenti — si conclude con un questionario al quale tutti sono invitati a rispondere, fornendo indicazioni, suggerimenti e proposte. L’instrumentum laborisserve da guida per le diverse iniziative che in molte parti del mondo sono già state programmate. Le risposte al questionario forniranno, inoltre, del materiale prezioso in vista di due avvenimenti speciali nel 2015: un forum internazionale che si terrà a Parigi, presso l’Unesco, il 3 giugno; e un convegno mondiale che si svolgerà a Roma dal 18 al 21 novembre, a cui Papa Francesco ha già assicurato la sua presenza.
La congregazione collabora direttamente per il semestre italiano alla presidenza europea. Come si è arrivati a questa importante novità?
Da vari anni si lavora fianco a fianco tra Paesi diversi nel contesto del Processo di Bologna, nei Comitati direttivi del Consiglio d’Europa per l’educazione e l’istruzione superiore e nel quadro della Convenzione di Lisbona. Il biennio 2014-2015 costituisce una tappa ulteriore di sviluppo della politica universitaria europea e offre l’occasione per una più stretta collaborazione tra Santa Sede e Repubblica Italiana, alle quali è affidato il compito di coordinare congiuntamente le varie attività. Anzitutto siamo nel semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, il che significa un coinvolgimento più diretto dell’Italia anche nel Processo di Bologna; inoltre tale periodo assume una importanza rilevante per la preparazione del prossimo vertice dei ministri dell’istruzione superiore, che si terrà nel maggio 2015 a Yerevan, in Armenia.
Quali cambiamenti sta comportando nelle istituzioni ecclesiastiche il Processo di Bologna?
L’adesione al Processo di Bologna ha provocato una sorta di aggiornamento della politica degli studi superiori della Santa Sede, a partire da una presa di coscienza della peculiare specificità del proprio sistema universitario e da una migliore collaborazione a livello di organismi internazionali. Per le istituzioni accademiche ecclesiastiche sono state adottate alcune disposizioni relative al calcolo dei crediti formativi, alla definizione dei cicli di studi e ai curricoli, alla garanzia della qualità accademica; ciò ha permesso la definizione di un quadro completo delle specializzazioni offerte dal sistema ecclesiastico di studi accademici, che è stato reso pubblico su un apposito sito della Santa Sede. Questi elementi, decisi comunemente dai 47 Paesi aderenti al Processo di Bologna, sono stati adottati anche dalle istituzioni ecclesiastiche, senza peraltro alterare alcun principio della costituzione apostolica Sapientia christiana. Ciò permette di raggiungere due obiettivi: evitare il rischio che le scienze che attingono alla luce della Rivelazione rimangano ai margini dell’attuale contesto universitario e del dibattito che lo anima; assicurare inoltre una presenza propositiva della Chiesa cattolica nelle sedi in cui vengono decise le strategie di una politica universitaria sempre più globalizzata.
Quali altre novità avete in programma per il futuro?
Anzitutto il convegno del 1° e 2 ottobre alla Lateranense, nel ventennale della pubblicazione del documento La pastorale della Chiesa nell’università e nella cultura universitaria. C’è poi il lavoro di riflessione circa il potenziamento dell’identità delle università cattoliche. Sta avanzando anche il lavoro degli esperti per la revisione della costituzione apostolica Sapientia christiana, circa gli studi accademici ecclesiastici.

L'Osservatore Romano