martedì 30 settembre 2014

Anche nonni impoveriti, gay e ragazze madri..



Sinodo: non solo divorziati risposati ma anche nonni impoveriti, gay e ragazze madri
Agi
(Salvatore Izzo)
Tra meno di una settimana inizieranno i lavori del Sinodo Straordinario sulle sfide attuali alla pastorale familiare e l'attenzione dei media e' concentrata sul tema importantissimo della comunione ai divorziati risposati, che rappresenta probabilmente una sorta di "cartina di tornasole": l'accoglienza che sara' data alle loro attese infatti sara' un segnale per quell'umanita' dolente che per tante ragioni si sente ai margini se non proprio esclusa dalla Chiesa.  La risposta su questo tema arrivera' tuttavia solo alla fine di un percorso iniziato in febbraio con il Concistoro e che proseguira' poi nel 2015 con un Sinodo ordinario: Papa Francesco non vuole spaccature e contrapposiziooni ma che si formi un consenso all'interno della comunita' ecclesiale. L'indirizzo e' pero' molto chiaro: la misericordia deve prevalere sui legalismi, come fa capire l'Instrumentum Laboris, il documento di base del Sinodo che raccoglie le risposte alle 38 domande che Papa Francesco ha fatto diffondere da tutte le Conferenze Episcopali. Di fatto, comunque, l'opposizione ad ogni apertura che proclamano alcuni cardinali appare minoritaria. "Nell'ambito di quelle che possono definirsi situazioni matrimoniali difficili, si celano storie di grande sofferenza, come pure testimonianze di sincero amore". Dunque "urge permettere alle persone ferite di guarire e di riconciliarsi, ritrovando nuova fiducia e serenita'. Di conseguenza, serve una pastorale capace di offrire la misericordia che Dio concede a tutti senza misura". Si tratta allora di "proporre, non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere; inquietare, mai disilludere", spiega il documento.
***
Dal testo dell'Instrumentum emergono invece problemi e situazioni meno trattati dai media ma ugualmente urgenti e certamente molto sentiti dalla gente. "Nella societa' occidentale, sono ormai numerosi - ad esempio - i casi in cui i figli, oltre che con genitori separati o divorziati, risposati o meno, si trovano pure con nonni nella medesima situazione", rileva il documento per il quale il problema dei genitori dei divorziati (che spesso poi divorziano anche loro) sta anche nel fatto che proprio i nonni "devono supplire ai disagi della situazione". Infatti proprio "i divorziati e i separati che restano fedeli al vincolo" finiscono con lo scivolare in una situazione di disagio caratterizzata da "solitudine e poverta'"." Risulta che questi sono pure i 'nuovi poveri'".
Secondo l''Instrumentum laboris', "in dialogo con lo Stato e gli enti pubblici preposti", la Chiesa dovrebbe svolgere "un'azione di concreto sostegno per un dignitoso impiego, per giusti salari, per una politica fiscale a favore della famiglia, cosi' come l'attivazione di un aiuto per le famiglie e per i figli". Si segnala, in proposito, "la frequente mancanza di leggi che tutelino la famiglia nell'ambito del lavoro e, in particolare, la donna-madre lavoratrice. Si constata inoltre che l'area del sostegno e dell'impegno civile a favore delle famiglie e' un ambito in cui l'azione comune, cosi' come la creazione di reti con organizzazioni che perseguono simili obiettivi, e' consigliabile e fruttuosa". Piu' in generale, afferma il documento, "nelle risposte e nelle osservazioni, ricorrente e diffuso e' il riferimento alle ristrettezze economiche che attanagliano le famiglie, cosi' come alla mancanza di mezzi materiali, alla poverta' e alla lotta per la sussistenza". "Si tratta - rilevano i vescovi - di un fenomeno esteso, che non coinvolge solo i Paesi in via di sviluppo, ma e' menzionato con insistenza anche in Europa e in America del Nord" e c'e' attesa di "una forte parola profetica della Chiesa in relazione alla poverta', che mette duramente alla prova la vita familiare". "Una Chiesa 'povera e per i poveri'- infatti - non dovrebbe mancare di far sentire alta la sua voce in questo ambito".
"Un'attenzione particolare va data alle madri che non hanno marito e si prendono cura da sole dei figli". Lo afferma l''Instrumentum laboris' del prossimo Sinodo dei vescovi. "Vanno ammirati - si legge - l'amore e il coraggio con cui hanno accolto la vita concepita nel loro grembo e con cui provvedono alla crescita e all'educazione dei loro figli". Ma, se "da parte della comunita' cristiana va prestata una sollecitudine che faccia percepire la Chiesa come vera famiglia" ai figli delle regazze madri, lo stesso atteggiamento di apertura deve essere adottato nel caso in cui le persone che vivono unioni di fatto, anche coppie gay, "chiedano il battesimo per il bambino".
Centrale nel documento e' il richiamo alla protezioen dell'infanzia e delle donne, troppo spesso vittime, come i bambini, di indicibili violenze. "Si tratta - afferma l''Instrumentum laboris' del Sinodo Straordinario - di un dato davvero inquietante, che interroga tutta la societa' e la pastorale familiare della Chiesa". "La promiscuita' sessuale in famiglia e l'incesto - sottolinea il testo - sono ricordati esplicitamente in certe aree geografiche (Africa, Asia e Oceania), cosi' come la pedofilia e l'abuso sui bambini. A questo proposito si fa menzione anche dell'autoritarismo da parte dei genitori, che trova espressione nella mancanza di cura e di attenzione per i figli". Il documento denuncia in particolare la sovrapposizione tra una mentalita' maschilista e la "legge naturale" che arriva in alcuni contesti a considerare "naturale" la poligamia ", cosi' come "naturale" e' considerato "il ripudiare una moglie che non sia in grado di dare figli, e, tra questi, figli maschi, al marito". Grave e' soprattutto, si legge nel documento elaborato sulla base delle risposte alle 38 domande del questionario, "la mancanza di considerazione per i bambini si unisce all'abbandono dei figli e alla carenza ripetutamente sottolineata del senso di una genitorialita' responsabile, che rifiuta non solo di prendersi cura, ma anche di educare i figli, abbandonati totalmente a se stessi".
"Piu' episcopati - infatti - segnalano il dramma del commercio e dello sfruttamento di bambini. A questo proposito, si afferma la necessita' di rivolgere un'attenzione particolare alla piaga del 'turismo sessuale' e alla prostituzione che sfrutta i minori specialmente nei Paesi in via di sviluppo, creando squilibri all'interno delle famiglie". Il contributo al dibattito sinodale sottolineano poi "come tanto la violenza domestica, nei suoi diversi aspetti, quanto l'abbandono e la disgregazione familiare nelle sue varie forme, abbiano un impatto significativo sulla vita psicologica della persona e conseguentemente sulla vita di fede, dal momento che il trauma psicologico intacca in maniera negativa la visione, la percezione e l'esperienza di Dio e del suo amore". Tra le diverse situazioni critiche interne alla famiglia vengono menzionate costantemente le dipendenze da alcol e droghe, ma anche dalla pornografia, talvolta usata e condivisa in famiglia, cosi' come dal gioco d'azzardo e da videogiochi, internet e social network. "Quanto ai media - afferma l''Instrumentum laboris' - da una parte, si sottolinea a piu' riprese l'impatto negativo di essi sulla famiglia, dovuto in particolare all'immagine di famiglia veicolata e all'offerta di anti-modelli che trasmettono valori errati e fuorvianti". "Di fatto televisione, smartphone e computer possono essere un reale impedimento al dialogo tra i membri della famiglia, alimentando relazioni frammentate e alienazione", tanto che e' "ricorrente nelle risposte (al questionario) la sottolineatura di come anche il tempo libero per la famiglia sia catturato da questi strumenti".


*

Forte: «Il Sinodo? Né chiusure né fughe»

Misericordia, preghiera e riflessione. Sono i tre punti irrinunciabili indicati da Bruno Forte segretario speciale del Sinodo, arcivescovo di Chieti-Vasto, teologo originale e apprezzato, a pochi giorni dall’avvio della grande assemblea sulla famiglia voluta da papa Francesco.

Tra i tanti problemi che dovranno essere affrontati qual è a suo parere quello centrale?
La crisi diffusa della famiglia. Crisi che si manifesta a tutti i livelli, non solo con l’aumento delle convivenze, delle separazioni, dei divorzi. Si tratta di un vero e proprio misconoscimento dei valori che sono alla base del messaggio cristiano, come se ciò che la Chiesa indica fosse ormai qualcosa di superato. D’altra parte, dall’Instrumentum laboris, emerge come tra i giovani ci sia un diffuso desiderio di famiglia, un bisogno di relazioni autentiche, la speranza di trovare situazioni in cui concretizzare la propria fiducia nell’amore che dura nel tempo. Atteggiamenti apparentemente contraddittori su cui saremo chiamati a riflettere.

È sbagliato affermare che dal Sinodo dovrà uscire una terapia efficace per quell’ospedale da campo in cui, almeno in parte, oggi si è trasformata anche la pastorale familiare?
Le attese sul Sinodo sono tante. Lo dimostra il numero di risposte al questionario pervenute. Ma queste attese, pur comprensibili e legittime,  devono tenere conto di due aspetti. Il Sinodo si svolgerà in due tappe. Quella straordinaria di quest’anno e quella ordinaria dell’ottobre 2015. Tra le due assemblee ci sarà tempo per la riflessione. Inoltre, come richiesto da papa Francesco, il nostro scopo sarà quello di annunciare la bellezza della famiglia, la validità alta, positiva del suo scopo. Ma con un linguaggio nuovo, più adatto e più comprensibile alle società complesse della nostra posmodernità.

Il Papa ha più volte ribadito il fatto che questo sguardo dovrà essere modulato sulla misericordia. 
Sì, il richiamo alla misericordia è insistente di fronte a tante famiglie spezzate. Dobbiamo trovare una strada per rendere efficace questo sguardo nuovo. E riuscire a discernere come, nel rispetto della dottrina, sia possibile andare incontro alle persone che sono in situazioni difficili, accompagnandole con un rinnovato abbraccio di tenerezza.

Ecco, proprio in riferimento al dibattito che si è innescato sulla possibilità di riammettere alla comunione i divorziati risposati, qualcuno ha fatto notare come sarebbe un po’ semplicistico pensare di risolvere le ferite di tante famiglie spezzate, rimodulando semplicemente una disposizione canonica. Il suo parere?
Direi che vanno valutati due aspetti. Innanzi tutto quello della nullità del vincolo.  Sappiamo che il Papa ha avviato un commissione per semplificare i processi. Ci si chiede se due sentenze conformi per arrivare alla sentenza di nullità siano davvero un’esigenza irrinunciabile. D’altra parte la possibilità dell’appello va mantenuta. La necessità di valutare la validità di tanti matrimoni è una questione molto delicata, che necessita di discernimento spirituale e dell’aiuto di persone esperte. 

L’altro aspetto?
Riguarda chi ritiene in coscienza che il primo matrimonio celebrato sia perfettamente valido ma si trova a vivere una seconda unione stabile, che non può essere superata se non a prezzo di causare nuove sofferenze, magari per la presenza di figli verso cui si hanno doveri umani e cristiani. Spesso ci troviamo di fronte a persone di fede profonda. E cosa diciamo loro? Che basta la comunione spirituale? Ma così c’è il rischio di svalutare la forza della struttura sacramentale visibile. Dobbiamo procedere con cautela ed esplorare tutte le vie che potrebbero riammettere queste persone all’Eucarestia. Che, d’altra parte, non è sacramento dei perfetti ma dei pellegrini.

Il ricorso alla prassi ortodossa potrebbe essere preso in considerazione?
Attenzione. Anche nell’ortodossia il matrimonio rimane uno. Per il secondo o terzo cosiddetto matrimonio è prevista soltanto una benedizione da parte del sacerdote.  Si tratta di una strada che non potrà essere assunta tout court ma, alla luce della nostra tradizione occidentale, si potrebbe valutare l’ipotesi di un cammino penitenziale che concorra a risolvere queste difficoltà.

Perché oggi la sensibilità dominante sembra così distante dalle nostre posizioni sulla famiglia?
Due ragioni. Le profonde trasformazioni del contesto culturale che guarda con crescente problematicità la prospettiva di un legame eterno, fedele, irreversibile. E poi le difficoltà di comunicazione. Ecco perché dobbiamo guardare con lucidità al cambiamento in atto e trovare nuove modalità,  sia linguistiche che di prassi, per rendere credibile il valore della dignità della famiglia.

Sarà possibile un’autentica apertura all’accoglienza senza ridefinire anche alcuni ambiti dottrinali?
Papa Giovanni XXIII volle che il Vaticano II avesse innanzi tutto un taglio pastorale. Credo che anche per questo Sinodo dovremmo metterci su questa strada. Non si tratta di mettere in discussione una fede radicata. Chi pensa di difendere la dottrina da un attacco combinato, non ha colto il carattere pastorale scelto dal Papa, che vuol dire scendere a toccare i problemi concreti della gente, abbracciare le sue fatiche, con uno sguardo di luce e di misericordia capace di sostenere la fede.

Abbiamo elencato tanti problemi, una nota di speranza?La preghiera. Il Papa ha voluto che l’inizio e poi lo svolgimento del Sinodo fosse accompagnato da alcuni momenti di preghiera. L’abbiamo fatto ieri, lo rifaremo con la veglia del 4 ottobre e durante tutto il corso dell’assemblea. La preghiera ci può far capire che certe sfide non vanno risolte né con una chiusura pregiudiziale, né con un atteggiamento avventuroso, ma alla luce della fede, in un spirito di ascolto, grazie appunto alla preghiera perseverante e fiduciosa.
Avvenire