sabato 20 dicembre 2014

IV DOMENICA DI AVVENTO Anno B



Nella quarta domenica di Avvento, il Vangelo ci presenta l’angelo Gabriele che annuncia a Maria che concepirà il Figlio dell’Altissimo per opera dello Spirito Santo. Dopo un primo turbamento, Maria risponde:
«Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
Su questo brano evangelico  il commento di don Ezechiele Pasotti:
Non so se abbiamo la capacità di lasciarci sorprendere dalla grandiosa bellezza della parola di oggi: è giunta la pienezza dei tempi e l’angelo Gabriele viene mandato a Nazareth, da una vergine di nome Maria, con una parola che cambia la storia del mondo: “Gioisci, rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te!”. Il Signore, l’eterno, l’infinito, il trascendente, l’Invisibile, l’Indicibile… chiede di entrare nel piccolo spazio di questa terra, bussa al seno di una giovane donna per farsi uno di noi, uno con noi. Maria trepida davanti a questa parola, ma l’angelo la rassicura: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. Il nome dice salvezza, porta la salvezza. Il Natale canta tutta la festa, tutta la gioia, per la nascita di questo bambino che viene ad illuminare il mondo con la sua luce divina, che viene a prendere su di sé la sofferenza e la morte dell’uomo, che viene a distruggere il potere del peccato, “a restituirci a noi stessi” (S. Giovanni Paolo II). Le icone bizantine illustrano visivamente questa dimensione pasquale del Natale: dipingono le fasce del bambino come le bende che avvolgono il corpo morto e la culla ha la forma della bara in cui questo corpo verrà posto in attesa della risurrezione. Uniamoci oggi gioiosamente a Maria, immagine della Chiesa, che accoglie la propria missione: “Ecco la serva del Signore”.  Che essa diventi la nostra missione, perché il Verbo di Dio possa oggi mettere la sua tenda, la sua dimora, tra gli uomini, e gioire con noi.
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MESSALE
Antifona d'Ingresso  Is 45,8
Stillate dall'alto, o cieli, la vostra rugiada
e dalle nubi scenda a noi il Giusto;
si apra la terra e germogli il Salvatore.

 

 
Colletta
Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre, tu, che nell'annunzio dell'angelo ci hai rivelato l'incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


Oppure:
Dio grande e misericordioso, che tra gli umili scegli i tuoi servi per portare a compimento il disegno di salvezza, concedi alla tua Chiesa la fecondità dello Spirito, perché sull'esempio di Maria accolga il Verbo della vita e si rallegri come madre di una stirpe santa e incorruttibile. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
   
LITURGIA DELLA PAROLA
    
Prima Lettura  2 Sam 7, 1-5.8b-12.14a.16
Il regno di Davide sarà saldo per sempre davanti al Signore.
 

Dal secondo libro di Samuèle.
Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te».
Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».
 
    
Salmo Responsoriale  Dal Salmo 88
Canterò per sempre l'amore del Signore.
    
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».
 
Seconda Lettura  Rm 16, 25-27
Il mistero avvolto nel silenzio per secoli, ora è manifestato.
  

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli,
a colui che ha il potere di confermarvi
nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo,
secondo la rivelazione del mistero,
avvolto nel silenzio per secoli eterni,
ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti,
per ordine dell’eterno Dio,
annunciato a tutte le genti
perché giungano all’obbedienza della fede,
a Dio, che solo è sapiente,
per mezzo di Gesù Cristo,
la gloria nei secoli. Amen. 

  
Canto al Vangelo   Lc 1,38
Alleluia, alleluia.
Eccomi, sono la serva del Signore:
avvenga di me quello che hai detto.

Alleluia.
   
   
Vangelo
  Lc 1, 26-38
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
 

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
 

*

Darai alla luce Cristo in ogni frammento della tua vita

Commento al Vangelo della IV Domenica di Avvento 2014 - Anno B

“Nulla è impossibile a Dio”. E nulla possiamo fare senza di Lui. O tutto o nulla, non vi sono alternative. Per questo sentiamo lacerarsi il cuore, la mente, la vita. Vorremmo avere tutto e possediamo nulla. Spesso il vuoto ci preme nel petto, la frustrazione sbiadisce le nostre ore, anche le gioie più limpide si portano dietro un retrogusto amaro d'insoddisfazione.
Molti, troppi giorni giungono alla sera come limoni spremuti, e non c'è più neanche una goccia da tirar fuori. Come il grembo di una donna sterile, ghigno crudele della natura che sfregia il santuario stesso della vita. Il grembo di Elisabetta, il nulla secondo le stesse parole di Gesù. E la “vergogna” che per noi si chiama complessi, insoddisfazioni, depressioni, crisi e stanchezza.
Il nostro nulla. Ne facciamo esperienza nelle amicizie, nei rapporti coniugali, nello studio e nel lavoro. Un frammento latino del I Secolo recita: «In nihil ab nihilo quam cito recidimus», "Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo" (Corpus Inscriptionum Latinarum, vol. VI, n. 26003).
Ma il nulla esiste perché esiste il tutto, la possibilità di una pienezza capace di saziare, di dare senso, di donare felicità. Dal testo biblico della Creazione scopriamo che il tutto è l'amore. Si tratta dell'amore incontenibile di Dio che si è compiuto nel creare. 
Dio ha voluto colmare il nulla, e dal nulla ha creato l'universo e l'uomo. Ciascuno di noi è frutto dell'inarrestabile volontà d'amore di Dio. Dio creando ha separato il nulla dal tutto, la notte dal giorno, il mare dalla terra ferma.
Ha conferito un ordine al mondo e questo ordine è il segno dell'amore. Dove Dio è presente brilla la luce, fiorisce la vita, esplode l'amore. Dove Dio è assente le tenebre avvolgono il nulla e la gelida solitudine del non amore.
Guardiamoci intorno, il nulla produce il nulla, ovunque, perché non c’è amore. Chiediamoci davvero, sulla soglia di questo Natale, se c’è amore nei nostri pensieri. Quando guardi chi ti è accanto, o vedi passare un volto protagonista di una notizia. Quando parli, quando lavori, studi o stai con il fidanzato o gli amici.
Amore dico, quello che risplende sulla Croce. Prendi una croce e mettila sopra alla tua vita: quando stamattina hai parlato con tua moglie, quando hai preso quella decisione in ufficio, erano a forma di croce le parole, i pensieri? 
In ogni nostra cellula è inscritto lo stesso amore nel quale siamo stati creati, la stessa inquietudine divina, come un fiume in piena che deve, necessariamente, irrompere e riversarsi in qualche spazio.
Anche il seno di una donna che ne orienta i pensieri, ne regola i tempi, è creato per dare la vita, nell'attesa di accoglierla per gestarla e consegnarla al mondo. E' una traccia, forse la più limpida, dell'ordine d’amore insito nella creazione.
In essa non vi è veleno di morte avendo Dio creato tutto per esistere, e le sue opere sono perfette: « Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza... Sì, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono » (Sap 1, 13-14; 2, 23-24).
Scriveva Giovanni Paolo II nell'Enciclica Evangelium Vitae: "Il Vangelo della vita, risuonato al principio con la creazione dell'uomo a immagine di Dio per un destino di vita piena e perfetta (cf.Gn 2, 7; Sap 9, 2-3), viene contraddetto dall'esperienza lacerante della morte che entra nel mondo e getta l'ombra del non senso sull'intera esistenza dell'uomo". 
Il peccato ha ferito la creazione, raggiungendo e deturpando il bello, il vero, il buono. Le malattie, i terremoti, le anomalie della natura ne sono il tragico segno. Il peccato si è insinuato anche alla fonte della vita, nel seno di una donna.
La sterilità era considerata in Israele come una maledizione, il segno che Dio aveva abbandonato quella donna. La Scrittura è piena di pagine al riguardo. Per questo Dio, nel suo infinito amore, ha scelto la sterilità per cominciare e ricominciare la sua ostinata storia di salvezza. Da Sara sino ad Elisabetta, una storia di “vergogna”.
L'amore del Creatore indomito dinanzi allo sfregio del peccato è sceso sempre al fondo dell'abisso del nulla, realizzando l'impossibile di trasformare quel nulla in un tutto fecondo di vita. E scende ancora, come quel giorno a Nazaret, nel “sesto mese” da quando Dio ha voluto togliere la “vergogna” dalla vita di Elisabetta.
Le nostre vergogne, quelle cose che non avremmo voluto fare, i peccati commessi, ogni istante senza amore, erano condensati nel grembo sterile di Elisabetta. E Dio ha voluto inscrivere la sua incarnazione nel mezzo di quell’opera che aveva iniziato in lei. In te e in me.
L’annuncio a Maria è un anello, il più luminoso, di una catena che unisce la misericordia di Dio alla sterilità di ogni uomo. Sì, il suo amore di Dio è incatenato al non amore dell’uomo. E’ vero che siamo nulla, ma Dio non ci ha lasciati nel buio dove ci siamo nascosti per vergogna, come Adamo.
Non è passato invano il tempo che ti ha condotto sino ad oggi. Non è da buttare, è il “sesto mese” di un miracolo che profetizza quello decisivo. Cerca, rovista nella tua vita, troverai i momenti in cui Dio ha fecondato miracolosamente il tuo grembo sterile. Anche questo è vivere la Novena di Natale.
Sono quelli in cui ti sei aperto alla speranza, che hai balbettato un vagito di fede, e ti sei sposato, sei entrato in seminario, sei partito in missione, hai perdonato quel fratello, ti sei aperto alla vita, hai offerto uno scampolo di te stesso gratuitamente.
Bagliori di luce nel buio, ma sono i memoriali che ci legano indissolubilmente alla santa casa di Nazaret. In essa, infatti, è risuonato il tuo nome tra le parole di Gabriele: “Vedi, anche Elisabetta – e Marco, Luca, Giulia e Patrizia – tua parente, è già al sesto mese, lei che tutti dicevano sterile”.
Tu c’entri eccome con Maria, e con quell’annuncio straordinario. C’entri perché la misericordia di Dio non è mai stata lontana da te. Sei al sesto mese, ti manca poco. Ti manca la visita di Maria, della Chiesa, a portarti la notizia che questi sei mesi della tua vita profetizzavano.
L’amore non sarà più solo una serie di fulmini nella notte, ma una luce che non conosce tramonto, la luce della Pasqua. Un balzo di gioia ti attende, la tua vita sarà piena, tutta trasformata in amore.   
Questo è il cuore dell'annuncio a Maria. In Lei è apparsa la Vita che non muore; l'amore di Dio si è fatto carne per recare alla carne precipitata nel nulla la Grazia del perdono, del riscatto e del tutto capace di farla santa e capace di vita eterna.
La tua storia lo dice, lo attesta il tuo essere ora qui, ad ascoltare come la prima volta che “a Dio nulla è impossibile”. Non gli è impossibile generare un amore soprannaturale in te! Non gli è impossibile farti obbediente, come Maria e con Maria. Perché la prima ecografia dell’amore è proprio l’obbedienza, a Dio, ai fratelli, alla storia.
Coraggio, il tuo nulla sarà trasformato in umiltà, la tua sterilità in servizio fecondo, la tua superbia in obbedienza, e sarai felice davvero, perché darai alla luce Cristo in ogni frammento della tua vita.

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Il "Sì" di Maria, Madre della Gioia

Lectio Divina per la IV Domenica di Avvento 2014

Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche della IV Domenica di Avvento 2014.
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
Rito Romano
4ª Domenica di Avvento - Anno B - 21 dicembre 2014
2 Sam 7,1-5.8-12.14.16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38
Rito Ambrosiano
6ª Domenica di Avvento – Domenica dell’Incarnazione o della Divina Maternità della Beata Vergine Maria
Is 62,10-63,3b; Sal 71; Fil 4,4-9; Lc 1, 26-38a

1) Il tempo del “Sì”.
Nelle domeniche precedenti la Liturgia ha attirato l’attenzione sulla figura di Giovanni il Battista, il Precursore. Oggi è Maria, la Madre sua che Lui ci ha donata e che è proposta come esempio di attesa di Cristo, per accoglierlo nella nostra vita, nella nostra carne.
Quindi, è importante cogliere l’atteggiamento della Vergine nei confronti di Colui che viene per prendere casa tra noi, che si fa Carne per salvare la nostra carne, perché anche noi “concepiamo” il Verbo di Dio concretamente. Con il suo “fiat” (=sì), Maria concepì Gesù sotto il suo cuore, con nostro fiat noi Lo concepiamo nel nostro cuore. Ci insegni Maria Annunziata a dire la grande parola: “Sì, fiat, sia fatta, o Signore, la Tua volontà”1.
Il “sì”, il “fiat” della Madonna non fu pronunciato da un cuore ottuso, addormentato, ma teso e vigile. Anche se pronunciato da un’umile, giovanissima donna, questo “sì” sponsale fu espressione di un cuore semplice e profondo. Maria è madre di Dio non solo perché ha dato la vita fisica a Gesù, ma perché prima di concepirLo nel suo ventre, L’ha ascoltato con l’orecchio e concepito nel cuore. Lei è madre perché ascolta e accoglie il Figlio e lo lascia vivere com’è, non solo perché Lo porta in grembo e lo mette alla luce2.
Il “sì” di Maria fu l’espressione della libertà di questa Vergine pura, feconda e cosciente di appartenere ad una storia, a una storia grande, che portava nel mondo Dio.
Un fatto è storico non solo perché avviene nel tempo, ma perché avviene in un luogo.
Il tempo è indicato così: “Era il sesto mese dal concepimento di San Giovanni il Battista da parte di Elisabetta”. E’ l’episodio precedente a quello di cui parla il Vangelo di oggi. Ora, al sesto mese uno non è completo. Il Battista rappresenta l’Antico Testamento e la promessa. E importante notare che l’Annunciazione compie la promessa con un certo anticipo. Quand’è che avviene il compimento? Al sesto mese, cioè quando la promessa non è ancora matura. Il che, secondo me vuole dire che realizzazione di una promessa non dipende unicamente da Dio. Dio la promessa l’ha fatta, la realizzerebbe anche subito, la realizza di fatto al sesto mese, aspetta solo che uno dica “sì, avvenga di me secondo la tua parola, accolgo la Parola”. Insomma, da sempre Dio è “Sì” per l’uomo. Quando finalmente anche noi diciamo sì come ha fatto la Madonna, allora avviene il compimento. Anche noi diventiamo persone mature, complete quando diciamo sì a Dio. Dunque non aspettiamo domani per dire “Sì”. Normalmente noi pensiamo al domani, aspettando tempi migliori. No. L’unico tempo che abbiamo è il presente. Il presente è l’unico momento nel quale tocchiamo l’eterno: il passato non c’è più, il futuro non c’è ancora. Quello che stiamo vivendo è il tempo dell’ascolto. Non dobbiamo aspettarne uno migliore, altrimenti passiamo metà della vita a pensare al futuro e l’altra metà a rimpiangere il passato, e così non viviamo mai. Dio invece è “presente”3 e la sua proposta avviene “ora”. Non era per ieri, non era per domani, è per oggi. Occorre vivere il presente, come anche il Vangelo di Luca suggerisce ricordando le prime parole di Gesù : "Oggi si compie questa parola".
2) Il luogo e i personaggi del Sì.
In questa giornata del Sì, è importante capire anche il luogo dove esso è stato pronunciato. La localizzazione che l’Evangelista Luca presenta in voluta contrapposizione con la precedente storia di Giovanni Battista.
L’annuncio della nascita del Battista avviene nel Tempio di Gerusalemme, è fatto a un sacerdote che sta svolgendo la sua funzione e avviene, per così dire, nell’ordinamento ufficiale, come è prescritto dalla legge, in conformità al culto, al luogo e alle funzioni ebraiche.
L’annuncio della nascita del Messia è fatto a Maria, una donna che vive a Nazareth, un piccolo, insignificante paese della semi-pagana Galilea, a Nazareth, che per noi oggi vuol dire: il luogo della vita quotidiana. E’ come per insegnarci che il luogo della Parola è dove quotidianamente viviamo. E’ nella nostra vita quotidiana, che possiamo e dobbiamo vivere da figli di Dio e ascoltiamo la Parola. Poi sarà utile andare nei Santuari, nelle Basiliche e nei luoghi in cui ci si riunisce in tanti, perché questo ci richiama ad una vita di comunione nella Chiesa. Ma l’importante è il “qui e ora”: il presente e il luogo della vita quotidiana. E’ lì che quotidianamente la Parola si fa carne, come nel quotidiano di Maria, divenuta il “luogo” di accoglienza, la vita nuova ha inizio. Questa vita cominciò non nel tempio ma nell’umanità semplice di Gesù Cristo, che divenne il vero tempio, la tenda dell'incontro.
Dopo aver considerato il “luogo” dove Dio ama rivelare il suo amore: la povera casa dell’umile Maria, guardiamo i personaggi di questo annuncio.
Cominciamo dall’angelo Gabriele, il cui nome vuol dire “Potenza di Dio”, che si rivolge a Maria, che con il suo “sì” porterà frutto per la potenza della grazia di Dio.
Il saluto dell’Angelo a Maria è “Gioisci, piena di Grazia”, che potremmo parafrasare così: “Sii nella gioia tu, donna amata gratuitamente e per sempre da Dio”. La Madonna è chiamata per una missione, ma prima è invitata alla gioia, è sollevata dall’angoscia perché il Signore “è con lei” per salvare lei e l’umanità intera.
Fissiamo ora gli occhi del cuore su Maria, che si autodefinisce “serva” e che l’Angelo di Dio definisce piena di grazia. Grazia e servizio: in questi due termini è racchiusa tutta la comprensione cristiana dell'esistenza. Il dono ricevuto continua a farsi dono.
Maria rimane turbata dalle parole dell’Angelo. Però, il suo turbamento non deriva dalla non comprensione o dalla paura. Deriva dalla commozione prodotta dall’incontro con Dio, che attraverso l’Angelo le dice che l’“essere amata gratuitamente” da Dio è il suo nuovo nome.
Quando Dio chiama qualcuno per farne uno strumento di salvezza, non soltanto lo chiama per nome, ma gli dà un nome nuovo, capace veramente di esprimere la sua identità e la sua vocazione. Per Maria il nome nuovo è “Piena di Grazia” cioè “amata gratuitamente e per sempre da Dio”. Questo nome nuovo di Maria dice immediatamente la gratuità e la fedeltà dell'amore di Dio, radice di ogni corretta comprensione di Dio, dell'uomo e del mondo. Di questa radice Maria è l’icona luminosa e trasparente. E questo è già la lieta notizia del miracolo del Natale, che ormai è imminente.
“Accettare, accogliere il miracolo del Natale, è accettare che Maria sia realmente la ‘Madre di Dio’ e ‘Madre Vergine’; niente qui contro la sessualità, contro l’amore umano. Il senso è tutt’altro. Noi sappiamo bene che la vita che diamo, che trasmettiamo, è una vita per la morte. Occorreva un intervento di Dio, ci voleva che la catena delle nascite per morte fosse spezzata perché sorgesse con Gesù un vivente totalmente vivo, un vivente che non sarebbe più all'interno della morte come noi, ma si sarebbe volontariamente lasciato afferrare da essa per distruggerla. La verginità feconda di Maria, così come le apparizioni del Risorto tutte a porte chiuse, segnalano questa vita più vivente della nostra, una materialità trasfigurata”4.
L’esempio di Maria, che dà la vita al totalmente vivo, oggi è in modo particolare portato avanti dalle Vergini consacrate. Nella verginità liberamente scelta, queste donne confermano se stesse come persone mature e capaci di vita. Al tempo stesso realizzano il valore personale della propria femminilità, diventando “un dono sincero e totale” a Cristo, Redentore dell’uomo e Sposo delle anime. La naturale disposizione sponsale della personalità femminile trova una risposta nella verginità così intesa. La donna, chiamata fin dal “principio” ad essere amata e ad amare, trova nella vocazione alla verginità, anzitutto, il Cristo come il Redentore che “amò sino alla fine” per mezzo del dono totale di sé, ed essa risponde a questo dono con un “dono sincero” di tutta la sua vita (cfr. S. Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, 34).
Le vergini consacrate nel mondo ci mostrano come sia possibile seguire l’esempio fecondo di Maria, vivendo come lei la grazia della semplicità. In effetti, esse testimoniano con semplice umiltà che non dobbiamo forzare noi stessi a pensare cose grandi, né tanto meno a farle, perché diventiamo ridicoli nella nostra presunzione, ma come la Madonna dobbiamo riconoscere ed accettare la presenza del Verbo di Dio in noi.
Preghiamo la Madonna perché quello che è accaduto in lei, accada in noi. Chiediamo al Signore che il Suo amore attecchisca come un fiore dentro la fragilità della nostra carne.
E tutti facciamoci forza ad imitare l’atteggiamento di Maria di Nazareth la quale ci mostra che “l’essere viene prima del fare, e che occorre lasciar fare a Dio per essereveramente come Lui ci vuole. E’ Lui che fa in noi tante meraviglie. Maria è ricettiva, ma non passiva. Come, a livello fisico, riceve la potenza dello Spirito Santo ma poi dona carne e sangue al Figlio di Dio che si forma in Lei, così, sul piano spirituale, accoglie la grazia e corrisponde ad essa con la fede” (Papa Francesco, Angelus, 8 dicembre 2014).
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LETTURA PATRISTICA
Bernardo di Chiaravalle,
Oratio IV de B.M.V., 8 s. 
Hai sentito [o Maria] che concepirai e partorirai un figlio; hai sentito che ciò avverrà senza concorso di uomo, bensì per opera dello Spirito Santo. L’angelo aspetta la risposta: è ormai tempo che a Dio faccia ritorno colui che egli ha inviato.


Anche noi aspettiamo, o Signora, la parola di misericordia, noi cui pesa miserevolmente la sentenza di condanna.

Ecco che ti si offre il prezzo della nostra salvezza; se acconsenti, saremo liberati sul momento.
Nel Verbo eterno di Dio tutti siamo stati creati, ed ecco che moriamo; nella tua breve risposta siamo destinati ad essere ricreati, sì da esser richiamati alla vita. È ciò che ti chiede supplichevole, o pia Vergine, il fedele Adamo, esule dal paradiso con la sua progenie; è ciò che ti chiedono Abramo e David. Lo sollecitano del pari gli altri santi Padri, o meglio i tuoi padri, che pure popolano la regione dell’ombra di morte. Lo attende tutto il mondo, prostrato ai tuoi ginocchi. E non a torto, dal momento che dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, il riscatto degli schiavi, la liberazione dei condannati, e per finire, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutta la tua stirpe.

Da’ in fretta, o Vergine, la tua risposta. Pronuncia, o Signora, la parola che la terra, gli inferi e i cieli aspettano.


Lo stesso Re e Signore di tutti, tanto desidera il tuo cenno di risposta, quanto ha bramato il tuo splendore: risposta in cui, certamente, ha stabilito di salvare il mondo. E a chi piacesti nel silenzio, ora maggiormente piacerai per la parola, quando ti chiamerà dal cielo: «O bella tra tutte le donne, fammi udire la tua voce!».


Se tu dunque gli fai sentire la tua voce, egli ti farà vedere la nostra salvezza.

Non è forse questo che chiedevi, che gemevi, che giorno e notte, pregando, sospiravi? Che dunque? Sei tu colei cui tutto questo è stato promesso, o dobbiamo aspettarne un’altra? Sì, sei proprio tu, e non un’altra. Tu, voglio dire, la promessa, tu la attesa, tu la desiderata, dalla quale il santo padre tuo Giacobbe, già vicino a morire, sperava la vita eterna, quando diceva: "Aspetterò la tua salvezza, o Signore" (Gn 49,18). Colei, nella quale e per la quale, finalmente, lo stesso Dio e nostro Re dispose prima dei secoli di operare la nostra salvezza.


Speri forse da un’altra ciò che è offerto a te? Aspetti attraverso un’altra ciò che tosto verrà operato per tuo tramite, purché tu esprima l’assenso, pronunci la tua risposta?
      
Rispondi perciò al più presto all’angelo, o meglio al Signore tramite l’angelo.

Pronuncia la parola, e accogli la Parola; proferisci la tua, e concepirai la divina; emetti la transeunte, e abbraccia l’eterna!
      
Perché indugi? Perché trepidi? Credi, confida, e accetta!
 L’umiltà assuma l’audacia e fiducia la verecondia. Mai come ora si conviene che la verginale semplicità dimentichi la prudenza.
Solo in questo caso non temere, o Vergine prudente, la presunzione; infatti, anche se è gradita la verecondia nel silenzio, è ora tuttavia più necessaria la pietà nella parola.
 Apri, o Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra alla confessione, il grembo al Creatore.
 Ecco, il desiderato di tutte le genti è fuori e bussa alla porta. O se, per il tuo indugiare, dovesse egli passare oltre; dolente, tu cominceresti di nuovo a cercare colui che la tua anima ama!

Alzati, corri, apri. Alzati per fede; corri per devozione; apri per confessione."Eccomi", rispose, "sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).

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NOTE 
1 Se per caso uno dice il Rosario, per 50 volte di fila ripete quello che è il nocciolo del brano evangelico di questa domenica. E tre volte al giorno suonano le campane; le aveva introdotte dal ritorno dall’Oriente San Francesco d’Assisi, proprio in ricordo dell’Annunciazione. L’Incarnazione del Verbo, il sì di Maria sta al principio e alla fine della giornata e nel cuore della giornata.
2 A questo riguardo ricordiamo quando dicono a Gesù: “Tua madre e i tuoi fratelli sono fuori che ti cercano”, Gesù dice: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Chi ascolta e fa la Parola”. Maria è sua madre perché ascolta la Parola e fa la Parola. E a una donna gli dice: beato il ventre che ti ha portato e il seno che ti ha allattato, Gesù dice: beati piuttosto quelli che ascoltano e fanno la Parola. Quindi Maria è sempre presentata come il prototipo di chi ascolta e attraverso l’ascolto fa ciò che ascolta.
3 Fra l’altro, oltre a vivere spiritualmente bene quanto Cristo dice “A ogni giorno basta la sua pena”, il vivere il presente è pure questione di sanità mentale. Invece, viviamo pensando al futuro, in ansia, sospesi nel vuoto dell’incertezza, e al passato, annegati nel rimpianto e nella frustrazione.
4 Olivier Clément. La mère de Dieu, un éclairage orthodoxe”,in Jean Comby (ed), Théologie, histoire et piété mariale. Actes du colloque de la faculté de théologie de Lyon, 1-3 octobre 1996, Lyon, Profac (1997), 209-221.