mercoledì 31 dicembre 2014

Solennità di Maria Madre di Dio


Il  tweet di Papa Francesco: "Signore, grazie!" (31 dicembre 2014)

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Le intenzioni di preghiera di papa Francesco per il mese di gennaio

Per il mese di gennaio 2015, papa Francesco ha proposto le consuete intenzioni di preghiera, la prima generale, la seconda missionaria.
L’intenzione generale recita: “Perché gli appartenenti alle diverse tradizioni religiose e tutti gli uomini di buona volontà collaborino nella promozione della pace.
L’intenzione missionaria recita: “Perché in questo anno dedicato alla Vita consacrata i religiosi e le religiose ritrovino la gioia della sequela di Cristo e si adoperino con zelo al servizio dei poveri”.

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Carissimi, che Dio vi benedica in questo nuovo anno. Che possiate viverlo ogni giorno protetti dal manto di Maria. Solo così sarà una meraviglia, il più bello mai vissuto, un passo in più verso il Cielo!

Pregate per me

Vito Valente  Pbro

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MESSALE
Antifona d'Ingresso  
Salve, Madre santa:
tu hai dato alla luce il Re
che governa il cielo e la terra
per i secoli in eterno.



Oppure:   Cf Is 9,2.6; Lc 1,33
Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il Signore; Dio onnipotente sarà il suo nome, Principe della Pace, Padre dell'eternità: il suo regno non avrà fine.


Colletta

O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, f
a' che sperimentiamo la sua intercessione, poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l'autore della vita, Cristo tuo Figlio. Egli è Dio e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo...

Oppure:

Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda disponibile ad accogliere il tuo dono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio ...


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura  
Nm 6,22-27  
Essi invocheranno il mio Nome, e io li benedirò.
 
Dal libro dei Numeri
  
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».


Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 66
Dio abbia pietà di noi e ci benedica.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.

Seconda Lettura   Gal 4,4-7
Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.
E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.


Canto al Vangelo
    Cf Eb 1,1-2
Alleluia, alleluia.

Molte volte e in diversi modi nei tempi antichi
Dio ha parlato ai padri per mezzo dei profeti;
ultimamente, in questi giorni,
ha parlato a noi per mezzo del Figlio.

Alleluia.

  
  
Vangelo
  Lc 2,16-21
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
 

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

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"Ascoltava, guardava, e obbediva"


Certo, con gli scenari che i media ci propongono, è facile che, all’inizio di un nuovo anno, ci prenda un tantino di angoscia. Anche al netto dei messaggi più o meno subliminali che i padroni del mondo ci vogliono rifilare, la terra non è un luogo ospitale.
Non lo è per molte delle creature che il pensiero di Dio vorrebbe far entrare nel mondo e restano folgorate dai veleni di pillole e forcipi. Non lo è per quelle che per la loro presunta inutilità e dannosità per la società sono avviate pietosamente a una dolce morte.
Non lo è per le famiglie, assediate dalle tentazioni più subdole, mimetizzate nel buonsenso che accarezza le concupiscenze. Non lo è per la persona, vezzeggiata nella sua carne e sfregiata nella sua anima.
Non lo è per Dio, esaltato in caricatura e rifiutato in originale. Eppure proprio Lui, all’aurora di un nuovo anno, ci invita a non aver paura del futuro, perché nei giorni che ci attendono “farà brillare il suo volto e ci sarà propizio”.
Per questo ci chiama ad entrare “senza indugio” nella storia, come i pastori che, avvolti dalla luce della Gloria di Dio, si sono incamminati verso la grotta di Betlemme. “In fretta”, come ha invitato Zaccheo a scendere dall’albero perché lo accogliesse in casa sua.
E’ Gesù, infatti, che si invita oggi nella nostra casa, dove è pronta la mangiatoia nella quale desidera adagiarsi. Nella Scrittura però, il termine “casa” allude anche alla famiglia e alla storia che ad essa è legata.  
Non a caso i pastori entrando nella grotta vedono proprio una famiglia: “Trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino che giaceva nella mangiatoia”. Ma Gli angeli avevano indicato loro un particolare apparentemente diverso: “troverete un Bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.
Come aveva argutamente notato il grande mariologo Aristide Serra, all’ingresso dei pastori Luca sostituisce le “fasce” con “Maria e Giuseppe”. Sono loro che “fasciano” Gesù con le loro cure amorevoli. Così il “segno” che Dio offre al mondo diviene la Santa Famiglia di Nazaret.
E’ lei, immagine della comunità cristiana, che ci accoglie per aiutarci ad accogliere Cristo nella nostra vita, nella nostra casa e nelle nostre famiglie, al lavoro, a scuola e in ogni angolo della nostra storia.
Anche in quelli oscuri, dove non capiamo nulla di ciò che ci accade, e vorremmo cambiare gli eventi, le persone, noi stessi. Accanto a Gesù, infatti, come una porta verso di Lui dischiusa dinanzi a noi, c’è Maria.
Perché non c’è altro cammino a Cristo che sua Madre, la Chiesa. Maria, che ha accolto Dio nel suo cuore prima che nel suo grembo, e non ha mai smesso di gestarlo nel suo intimo, dove l’uomo è davvero se stesso e, al riparo dai condizionamenti, decide se obbedire o no. E Maria ha obbedito, nella stessa situazione dove solo un’ora fa noi abbiamo disobbedito.
Ascoltava, guardava, e obbediva, perché nel cuore “serbava e meditava tutte le cose” di suo Figlio; quell’amore infinito deposto in Lei e che le cresceva in grembo; che nasceva, si faceva uomo, e Parola, e segni; e poi insulti e rifiuti, sino all’istante in cui una spada ha trafitto il suo cuore.
In quel momento la lama le conficcava nel cuore il dolore di ogni uomo, unendolo a “tutte le cose” di suo Figlio che aveva custodito come un tesoro. Sino ad allora aveva difeso nella memoria quello che non comprendeva, perché l’impossibile non restasse fuori dalla sua vita.
E ora, ai piedi della Croce, accoglieva nel suo cuore le nostre angosce, ogni evento che non capiamo e non possiamo accettare perché la sofferenza non ci allontanasse da suo Figlio. E così, accogliendoci nel dolore di Gesù, diventava nostra Madre, unendoci a Lui nel suo grembo.
Per entrare nel nuovo anno non abbiamo bisogno di fare propositi buoni solo per essere smentiti già alla sera del primo dell’anno. Ma di convertirci e deporre l’uomo vecchio figlio dell’inganno di satana per rivestire il nuovo dei figli di Dio.
Per essere felici, infatti, bisogna essere liberi dal peccato, non basta un sorrisino in più alla moglie o andare alla recita di fine d’anno dei figli. Ma come si diventa figli di Dio? Accostandoci alla Croce piantata nella nostra storia, perché anche oggi, da essa dove lo hanno inchiodato i nostri peccati, Gesù ci affida a sua Madre, ovvero alle cure materne della Chiesa.  
Accogliamola nella nostra vita per accogliere senza riserve la volontà di Dio, nella quale “il Signore volge a noi il suo volto e ci concede la Pace”. Non è questa che desideriamo per noi, per i nostri cari, per il mondo?
Essa ci viene incontro con Cristo risorto nell’annuncio della Chiesa. Per chi cammina in essa, infatti, imparando ad ascoltare e a “meditare nel cuore” la Parola di Dio, ogni istante è un frammento della “pienezza del tempo” sbocciata nel grembo di Maria.
Dio continua a “mandare suo Figlio” per nascere nel seno della comunità, “sotto la legge” che nessuno può compiere. Per questo soffriamo: non amiamo Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze. Prima di Lui vengono mille altre cose, magari curate nell’inganno che siano secondo la sua volontà.
E non sappiamo amare chi ci è accanto come noi stessi: abbiamo perduto mille occasioni per perdonare, giustificare, donarci. Per questo non abbiamo dentro la vita eterna che fa della vita nella carne un anticipo di Paradiso.
Ma sulla soglia di questo nuovo anno, Maria ci dona suo Figlio per “riscattarci” e farci “adottare come figli” dal Padre. Attraverso le liturgie, la predicazione e i sacramenti Dio “manda nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Papà!”.
Esso è la “prova” che siamo diventati figli di Dio nonostante le infinite debolezze che ci umiliano. Con la sua forza possiamo entrare nella storia liberi e senza timore, amando sino alla fine, perché custodi nel della certezza di “ereditare” il Cielo.
E così questo nuovo anno sarà un “tornare” ogni giorno nel mondo dalla grotta dove Maria ci dona suo Figlio; un “uscire verso le periferie” per “glorificare e lodare Dio” incarnato in noi, prova regina che “tutto quello che abbiamo visto e udito” nella Chiesa è vero. E così offrire a tutti la stessa gioiosa speranza di salvezza, “Gesù”, il nome nuovo nel quale Dio ci ha benedetti.

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Nella celebrazione della Madre di Dio. L’umiltà di cui la Chiesa si congratula


(Salvatore M. Perrella) La celebrazione della Madre di Dio, che nel corso della storia ha conosciuto diverse collocazioni nei calendari liturgici, raccoglie un’usanza umanissima e profonda, diffusa praticamente in tutte le culture: le congratulazioni alla famiglia del nuovo nato, a sua madre, a suo padre. Fedele a questo imperativo di umanità, anche la Chiesa si raccoglie nel primo giorno del nuovo anno civile, intorno alla santa famiglia di Gesù e si rallegra insieme a Maria e insieme a Giuseppe per la nascita di questa nuova vita.
Ma la Chiesa sa che si tratta di una nascita particolare: Giuseppe non è il padre biologico del nuovo nato; Maria ha ricevuto questo figlio in un modo del tutto nuovo e inaudito, per potenza di Spirito Santo. Le congratulazioni che essa quindi rivolge a questa donna e a quest’uomo sono piene della consapevolezza di trovarsi di fronte a una meraviglia loro donata da Dio a beneficio del popolo cui appartengono, l’Israele dei poveri e della fede sofferente, e di tutti coloro Dio stesso vorrà chiamare a essere commensali del suo Regno, dall’Oriente e dall’Occidente, insieme ad Abramo, Isacco, Giacobbe e i santi padri e le sante madri del popolo dell’Alleanza. La Chiesa oggi si congratula con Maria e Giuseppe prima di tutto per la loro fede: senza di essa, il Figlio di Dio, uno della Trinità, non avrebbe mai potuto diventare uno di noi, solidale in tutto nella condizione umana, eccetto il peccato. Si congratula con loro per il coraggio che hanno dimostrato: Maria, dichiarandosi la serva del Signore, si è esposta al rischio di essere considerata un’adultera, di essere ricusata dalla propria famiglia e da quella del suo sposo, di essere condannata senza pietà.
Per parte sua, Giuseppe, pur essendo figlio di Davide, ha accettato di ripensare radicalmente il suo ruolo di depositario delle promesse messianiche e di realizzarle su vie che non potevano essere commisurate sulle esigenze della carne e del sangue, perché quel che viveva in Maria proveniva dallo Spirito e non dalle tradizioni degli antichi. La Chiesa si congratula con loro anche per la loro umiltà: posti davanti al dono dei doni, quel Gesù che dirà di sé: «Io sono la risurrezione e la vita» presentandosi così quale il paradisiaco “albero della vita”, essi non hanno “steso la mano” come i nostri progenitori e non hanno mai cercato di essere “padroni” della Grazia di Dio.
La logica del “padronato”, infatti, tradisce un’origine diversa da quella della parola originaria di Dio: in essa esistono solo degli “oggetti”, da prendere e consumare con disinvoltura e a proprio piacimento. Papa Francesco ha scritto nel messaggio per la Giornata odierna dedicata alla pace: «Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine» (n. 4).
Quando esistono solo degli “oggetti”, la corsa alla competizione e alla lotta per potersene accaparrare appare come la più normale delle evidenze. Di conseguenza, la violenza omicida e la guerra continua — sia essa di natura politica, economica, sociale, economica, culturale — non solo non possono essere debellate, ma paradossalmente debbono essere in un certo senso incrementate attraverso forme sempre nuove di sfruttamento di uomini, donne e bambini che non hanno alcun titolo per essere riconosciuti come il proprio prossimo, per giungere fino al depredamento dello stesso pianeta.
Non si deve però incappare nell’errore di considerare la logica del “padronato” un qualcosa che riguarda solo la società e le sue strutture politiche e economiche. Essa attanaglia anche le relazioni fondamentali che danno identità personale e di genere agli esseri umani: quanti figli sono vittime inermi dei “sogni” più o meno giustificati o giustificabili dei propri padri e delle proprie madri. E, in egual misura, dei loro “incubi”. Figli e figlie segnati perciò, come da un marchio indelebile, del paradossale rifiuto della loro individualità e del loro diritto-dovere a vivere una storia di vita all’insegna dell’accoglienza come paradigma dell’humanum.
Anche Maria e Giuseppe si sono trovati davanti all’esigenza di scegliere se assecondare o meno le sollecitazioni di questa logica “padronale”: Maria avrebbe potuto trovare, proprio in virtù del dono e del segno della concezione verginale, mille buoni motivi per “non tagliare il cordone ombelicale” e mantenere Gesù in uno stato di perenne “presenza nel suo grembo”, ma non di nascita alla vita, dal momento che questa implica l’uscire dal grembo. Allo stesso modo, Giuseppe avrebbe potuto trovare mille giustificazioni nel pretendere di essere “ripagato” per l’accettazione di un figlio che non aveva concepito e nel porre come fondamento alla sua paternità la volontà di rendere Gesù la sua (impossibile) fotocopia.
La stessa promessa messianica non era esente da letture e interpretazioni di tipo “padronale”: lo riconoscerà Gesù stesso quando, da adulto, affermerà che il regno di Dio soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono (cfr. Matteo, 11, 12). Maria e Giuseppe, però, non se ne sono mai fatti strumenti; anzi, proprio la novità della loro esperienza, novità da essi pienamente vissuta e integrata in tutta la loro persona, è stata la base su cui Gesù ha potuto sviluppare le dimensioni umane della sua libertà anche e soprattutto nei confronti di ciò che la tradizione degli antichi aveva codificato come norma immutabile e gradita a Dio. Se volessimo perciò comprendere qual è l’umiltà di cui la Chiesa si congratula con Maria e Giuseppe, potremmo dire che è l’umiltà con cui Gesù, dopo il battesimo nel fiume Giordano a opera del Battista, risponde alle tentazioni di Satana, che vogliono indurre il Figlio di Dio a vivere umanamente la sua figliolanza divina nella forma del “padronato”.
Fede, coraggio, umiltà: questa triade virtuosa ha fatto di Maria, di Giuseppe e di Gesù di Nazaret una famiglia promotrice della pace. È la medesima triade virtuosa che fa della Chiesa una comunità di pace. Lì dove essa è presente, è possibile a Dio stesso di congratularsi con gli uomini e le donne che ne sono liberamente impastati fin nelle fibre più intime della loro anima, del loro spirito e del loro corpo.
Attraverso di essa, infatti, è possibile costruire la globalizzazione della solidarietà e della fraternità. «Sappiamo — scrive ancora Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale per la pace — che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?” (cfr. Genesi, 4, 9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani» (n. 6).
L'Osservatore Romano

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La Madre della Pace

Lectio Divina sulle letture liturgiche della Solennità della Madre di Dio (Anno B), 1 gennaio 2015

LECTIO DIVINA

1) La Madre.
A Natale abbiamo festeggiato la nascita del Figlio. Oggi festeggiamo la Madre. Non si può separare la mamma dal suo bambino.
La Chiesa celebra la Solennità di Maria, Madre di Dio, per ricordarci che abbiamo in Lei una sicura e materna compagnia nel nostro cammino quaggiù. In Lei, nel suo amore e nella sua obbedienza troviamo il sentiero per tornare a Dio. Verso di Lei la Chiesa si rivolge, perché Maria, la Madre del Signore, è in Cristo la Madre di tutta l’umanità, in quanto Lei partecipa dell’estensione d’amore che nel Figlio Dio Padre ha voluto donarci.
Stupiti dalla gioia, celebriamo il fatto che dalla tenerezza della Madre di Dio nasce la pace per tutti: Maria, per opera dello Spirito Santo, ha dato al mondo il principe della pace, Gesù redentore dell'umanità.
La nostra Pace, Cristo, è tra le braccia di una madre: Maria, una di noi. La Pace, Gesù, nato da donna, è il dono natalizio per eccellenza messo in braccio a noi. Lui è il volto della Pace che risplende per illuminare i nostri volti, mendicanti la pace.
Mendichiamo questa pace dalla Vergine Madre e l’avremo, come i pastori che “andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.” (Lc 2, 16-20 – Vangelo di oggi). Avevano incontrato il Principe della Pace, che faceva di loro uomini giusti.
Se vogliamo un mondo con uomini giusti, con uomini che sentano e vivano la fraternità, dobbiamo non dimenticare la strada del presepe.
Il presepe ci racconta di Dio che si fa Bambino e di una Madre, che ce lo dona. Lo mette al mondo di notte, perché l’amore è sempre un dono che fa nascere il giorno.
E di fronte al presepe l’uomo si scopre amato, atteso, cercato, scopre che val la pena essere uomo se Dio stesso si è fatto uomo, ritrova la speranza e la gioia di sentirsi fratello tra fratelli.
In questo presepe c’è il Figlio di Dio. Senza Gesù il presepe è poca cosa: una stalla con delle bestie, che scaldano una povera coppia di genitori di un misero neonato. Senza che vi fosse il Figlio di Dio, il Re dei re, i Re Magi non sarebbero entrati in una stalla. Questi, come i pastori, videro, credettero, si inginocchiarono e adorarono. Facciamo altrettanto.
Videro paglia e letame veri, sentirono l’odore di stalla, ma, soprattutto videro la Parola di Dio fatta carne, e furono stupefatti dall’Amore, la cui potenza non ha bisogno della forza violenta per manifestarsi. Si “servì” di un Bambino.
Lo stupore dei pastori, dei Re Magi, di Giuseppe e di Maria non fu suscitato dal loro essere impressionati - come succede nelle occasioni di meraviglia, per qualche cosa bella o eccezionale o straordinaria o maestosa e in genere impressionante - ma dalla presenza del Principe della Pace, Gesù bambino, da cui traspariva un che di speciale se tutti si misero in ginocchia davanti a Lui, che era deposto su della paglia in una stalla.
2) Madre di tutti, per tutti i giorni dell’anno.
E Maria? Come ha vissuto la Madonna il primo Natale? Anche Maria sentì le parole, che spiegavano l’evento che ella stessa vide e visse. Parole e fatti che Lei custodì2nel suo cuore, dentro di sé, in un ascolto consapevole, pensoso e intelligente: il cuore indica tutto questo. L’ascolto interiore di Maria è prolungato, non di un solo momento. La frase evangelica ‘custodisce tutto, meditandolo nel suo cuore’ dice che il custodire di Maria non fu un conservare passivo, inerte, bensì un custodire attivo e vivo, che collega e confronta una cosa con l’altra, cercando di comprendere la logica profonda, la direzione e la verità di cose che possono sembrare slegate o addirittura in contrasto fra loro. Ed è appunto ciò che fece Maria sentendo, da una parte, le parole che proclamavano la gloria del Bambino (parole da lei stessa sentite dall'angelo nell'annunciazione) e, dall’altra, vedendo “un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia”. È la solita tensione fra grandezza e piccolezza, gloria e povertà che costituisce l’ossatura dell’evento cristiano. L’ascolto di Maria diventa dunque un’interpretazione vera e propria che fa luce sul mistero di Gesù.
Maria non è solamente la Madre di Gesù, ne è anche la più profonda interprete. Lei ci spiega il Natale, perché non è facile da capire il Natale. Dunque, facciamoci guidare da Maria, che custodiva e meditava tutte queste cose nel suo cuore. Il suo cuore e la sua mente cercavano il filo d’oro che tenesse insieme gli opposti: una stalla e «una moltitudine di angeli», una mangiatoia e un “Regno che non avrà fine”. Come lei, come i pastori e i Re Magi, anche noi salviamo almeno lo stupore: a Natale il Verbo è un neonato che non sa parlare, l’Eterno è appena il mattino di una vita, l’Onnipotente è un bimbo capace solo di piangere. Dio ricomincia sempre così, con piccole cose e in profondo silenzio.
Dio ha deciso di rivelarsi nascendo bambino. Questa è la profondità del mistero del Natale raccontato dal Presepe di Betlemme, delle nostre Chiese e delle nostre case.
Per trent’anni Cristo continuò a vivere questa vita umile e semplice per salvarci. Questa vita Sua Madre abbracciò. Questa vita di nascondimento è abbracciata oggi, quotidianamente, dalle Vergini Consacrate nel mondo. Collocando la loro speranza nella Beata Vergine Maria, le Vergini Consacrate nel mondo guardano a Maria come “il prototipo della Vita Consacrata perché è la Madre che accoglie, ascolta, intercede e contempla il suo Signore con la lode del cuore" (Messaggio del Sinodo sulla Vita Consacrata). Maria è modello, guida e Madre in tutti gli elementi fondamentali della vita consacrata: nella sequela evangelica, a modo di sposalizio con Cristo (Gv 2,4-5. 11 12), con “cuore indiviso” (1Cor 7,32s); nella povertà evangelica secondo la vita a Betlemme e a Nazareth (Lc 1-2; Mt 1-2); nell’obbedienza ai disegni salvifici di Dio (Lc 1,38); nella verginità spiritualmente feconda, sotto l’azione della Spirito Santo, per essere “la Donna” associata a Cristo (Lc 1, 35; Gv 2, 4); nella disponibilità per il servizio e missione della Chiesa per una nuova maternità (Gv 19, 25 27; Apoc 12, 1ss); nella vita della Chiesa fraterna come vincolo di comunione e di aiuto per la vita spirituale, apostolica, intellettuale e umana (At 1, 14).

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LETTURA PATRISTICA
Dalle «Lettere» di sant'Atanasio, vescovo
(Ad Epitetto 5-9; PG 26, 1058. 1062-1066)
Il Verbo ha assunto da Maria la natura umana
Il Verbo di Dio, come dice l'Apostolo, «della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli» (Eb 2, 16. 17) e prendere un corpo simile al nostro. Per questo Maria ebbe la sua esistenza nel mondo, perché da lei Cristo prendesse questo corpo e lo offrisse, in quanto suo, per noi.
Perciò la Scrittura quando parla della nascita del Cristo dice: «Lo avvolse in fasce» (Lc 2, 7). Per questo fu detto beato il seno da cui prese il latte. Quando la madre diede alla luce il Salvatore, egli fu offerto in sacrificio.
Gabriele aveva dato l'annunzio a Maria con cautela e delicatezza. Però non le disse semplicemente «colui che nascerà in te», perché non si pensasse a un corpo estraneo a lei, ma: «da te» (cfr. Lc 1, 35), perché si sapesse che colui che ella dava al mondo aveva origine proprio da lei.
Il Verbo, assunto in sé ciò che era nostro, lo offrì in sacrificio e lo distrusse con la morte. Poi rivestì noi della sua condizione, secondo quanto dice l'Apostolo: «Bisogna che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e che questo corpo mortale si vesta di immortalità» (cfr. 1 Cor 15, 53).
Tuttavia ciò non è certo un mito, come alcuni vanno dicendo. Lungi da noi un tale pensiero. Il nostro Salvatore fu veramente uomo e da ciò venne la salvezza di tutta l'umanità. In nessuna maniera la nostra salvezza si può dire fittizia. Egli salvò tutto l'uomo, corpo e anima. La salvezza si è realizzata nello stesso Verbo.
Veramente umana era la natura che nacque da Maria, secondo le Scritture, e reale, cioè umano, era il corpo del Signore; vero, perché del tutto identico al nostro; infatti Maria è nostra sorella poiché tutti abbiamo origine in Adamo.
Ciò che leggiamo in Giovanni «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14), ha dunque questo significato, poiché si interpreta come altre parole simili.
Sta scritto infatti in Paolo: «Cristo per noi divenne lui stesso maledizione» (cfr. Gal 3, 13). L'uomo in questa intima unione del Verbo ricevette una ricchezza enorme: dalla condizione di mortalità divenne immortale; mentre era legato alla vita fisica, divenne partecipe dello Spirito; anche se fatto di terra, è entrato nel regno del cielo.
Benché il Verbo abbia preso un corpo mortale da Maria, la Trinità è rimasta in se stessa qual era, senza sorta di aggiunte o sottrazioni. E' rimasta assoluta perfezione: Trinità e unica divinità. E così nella Chiesa si proclama un solo Dio nel Padre e nel Verbo.
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NOTE
1 In questa solennità ci soffermiamo insieme sul mistero di Maria che è madre di Dio. Il Vangelo che ci viene proposto è quello della Messa dell'aurora del giorno di Natale, cioè la visita dei pastori al bambino Gesù. Il brano però ha due piccole variazioni: viene eliminata la menzione degli angeli che si allontanano dopo aver dato l'annuncio ai pastori e al termine viene aggiunto il v. 21, che parla della circoncisione del Bambino e dell'imposizione del nome. I bambini ebrei infatti venivano sottoposti a questa pratica che era il segno della loro appartenenza al popolo di Israele e insieme ricevevano il nome con cui sarebbero stati riconosciuti per tutta la vita. Prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II in questo giorno si celebrava la festa della Circoncisione di Gesù e il Santo Nome, come la Liturgia del Rito Ambrosiano continua ancora oggi a celebrare. Dopo il Concilio Vaticano II, nel Rito Romano si è voluto spostare la festa dedicata a Maria riconosciuta come Madre di Dio, un dogma di fede che era stato affermato nel concilio di Efeso del 431.
2 Il verbo “custodire” – è il solo verbo all'indicativo e che, perciò, regge tutta la frase – non dice semplicemente il ricordare, ma sottolinea la cura e l'attenzione, come quando si ha fra le mani una cosa preziosa.

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Sito della Santa Sede
In occasione, domani 1° gennaio 2015, della Giornata Mondiale della pace, riproponiamo il Messaggio del Papa in diverse lingue, pubblicato lo scorso 8 dicembre. 
1. All’inizio di un nuovo anno, che accogliamo come una grazia e un dono di Dio all’umanità, desidero rivolgere, ad ogni uomo e donna, così come ad ogni popolo e nazione del mondo, ai capi di Stato e di Governo e ai responsabili delle diverse religioni, i miei fervidi auguri di pace, che accompagno con la mia preghiera affinché cessino le guerre, i conflitti e le tante sofferenze provocate sia dalla mano dell’uomo sia da vecchie e nuove epidemie e dagli effetti devastanti delle calamità naturali. Prego in modo particolare perché, rispondendo alla nostra comune vocazione di collaborare con Dio e con tutti gli uomini di buona volontà per la promozione della concordia e della pace nel mondo, sappiamo resistere alla tentazione di comportarci in modo non degno della nostra umanità.
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