sabato 28 marzo 2015

Per una spiritualità delle persone anziane


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di Innocenza Laguri
Delineare una spiritualità delle persone anziane , dice il Papa. E’ un’importante affermazione del Papa  in una delle due recenti udienze di marzo sugli anziani, ci ho riflettuto. Intanto mi pare evidente che  il Papa propone  la questione della vecchiaia a  due diverse categorie di persone. Nella prima udienza del 10-3  in verità non si rivolge agli anziani, ma a chi non è vecchio  o non lo è troppo    e lo invita  a prendersi cura  degli anziani non autosufficienti (termine che la dice lunga perché sottintende che tutti gli altri..bastano a se stessi).
Chi ha a che fare (il Papa li indica anche con il termine “società”) con questi anziani  vede messa alla prova   la sua capacità di accoglienza. Il Papa cita, come esempio di questa difficoltà, l’episodio del nonno messo in cucina dal figlio  perché si sbrodolava orrendamente mangiando, ne ha parlato anche a Napoli. Una motivazione che dà per l’accoglienza, non l’unica, è che i vecchi sono la saggezza
Io però  penso  che la motivazione essenziale non sia questa,  semplicemente   perché i segni di saggezza con cui il Papa, in questo testo, valorizza la vecchiaia,  sono spesso difficili da scoprire  in un anziano non autosufficiente, in generale infatti appartiene a questa non autosufficienza anche lo stato cerebrale  compromesso.  Qui il motivo è la  carità pura. Apro una parentesi, forse un po’ di informazione più diffusa  non guasterebbe in merito  alle alterazioni che avvengono nella testa all’anziano che non è più sufficiente. Certo forse  gli specialisti lo sapranno ma spesso, con i parenti, non dotti di medicina, si liquida  molto brevemente la questione con la diagnosi di demenza senile, magari facendo di ogni erba un fascio.
Nei primi tempi dopo l’operazione al femore mia suocera, tornata a casa, aveva certo compromesso  facoltà come la memoria breve . Tuttavia mi colpiva sempre che lei, del suo immediato passato, filtrasse ciò che potesse venir utile ai suoi desideri-bisogni e dimenticasse  subito ciò che non le aggradava. Insomma, era solo  molto più accentuato forse, quello che facciamo anche noi, che ancora “ragioniamo” In merito, per capire, avevo sentito uno psicologo-medico e il suo pensiero era che l’unica azione da fare fosse lavorare sui farmaci. Mi restano delle domande. Mi pare che prevalga troppo spesso l’idea che siano fuori di testa, dunque  ci si limita a chiedere se hanno mangiato la pappa o fatto la cacca, certo così la relazione è meno  impegnativa!!! In ogni caso,  come è stato difficile e com’è difficile  vedere in questi  anziani non più “autosufficienti” una prospettiva per chi (come me) non lo è ancora..!
Nella seconda udienza del 17 marzo Francesco si rivolge  a chi si trova in quella fase transitoria ma fondamentale in cui la vecchiaia può essere vissuta in modo consapevole e dunque nella prospettiva della fede. Francesco propone  per questo anziano ,nella mentalità comune  di oggi non ancora anziano, nel senso  che è (gasp) autosufficiente, una dimensione nuova di vita:  la dimensione della preghiera   e dice al proposito “Noi possiamo ringraziare il Signore per i benefici ricevuti, e riempire il vuoto dell`ingratitudine che lo circonda. Possiamo intercedere per le attese delle nuove generazioni e dare dignità alla memoria e ai sacrifici di quelle passate”
Poi propone  la dimensione della testimonianza alla giovani generazioni: “Noi, gli anziani, possiamo ricordare ai giovani ambiziosi che una vita senza amore è arida. Possiamo dire ai giovani paurosi che l`angoscia del futuro può essere vinta…
Possiamo insegnare ai giovani troppo innamorati di sé stessi che c`è più gioia nel dare che nel ricevere”
Mi sembrano importanti queste indicazioni ,e prendendole sul serio, vedo nella mia esperienza molta difficoltà La prima (mio chiodo fisso, perché ci sono dentro) è  ammettere di essere anziano. Tutti noi che  ci muoviamo coi mezzi, che  guidiamo, che possiamo”agire”,  che non abbiamo  troppi acciacchi,  non sentiamo il bisogno  di  “delineare una spiritualità delle persone anziane”, per usare una frase di Francesco. Tendiamo ad essere al di qua del muro. Tre giorni fa incontro una ex collega, che sicuramente passa i 70, e le chiedo di segnalarmi film sugli anziani cioè sulla nostra età, subito mi corregge dicendo ”Non buttiamoci così giù!”
Questa negazione, almeno nel mio caso, è l’ultima tule di una  forma di dominio di sé e del proprio piccolo mondo, non facile da smontare. Mi viene mente un dogma indiscusso che riguarda il fatto che se si sposta una persona anziana dalla sua casa è una tragedia. La casa è simbolo del   proprio mondo, ma  con l’età si dovrebbe essere sempre meno attaccati al  proprio mondo!! Mi pare questo un pietismo , come ce ne sono tanti quando si parla di anziani , così che né chi sta con loro né loro abbiano il coraggio di guardare in faccia alla realtà della morte che avanza. Mi sembra urgente  questa spiritualità delle persone anziane,  perché, paradossalmente,  richiede tempo. Ci vuole tempo, ci vuole un cammino  per essere in grado di fare come suggerisce Francesco. Tempo per diventare  realisti davanti al futuro, che è ormai breve  (ossimoro)!!!
Ci vuole anche  fatica e dolore . Come già accennato, è  anche per questo che  neghiamo l’anzianità. Non è senza fatica scoprire questa verità della vecchiaia detta così  da Benedetto  XVI  nella Spe salvi :”L’uomo ha nel succedersi dei giorni, molte speranze -più piccole o più grandi-diverse nei diversi periodi della vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi  totalmente  e che non abbia bisogno di altre speranze….Quando però queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era ,in realtà, il tutto.”
Il cardinal Scola nella Via Crucis del 17 marzo ha detto la stessa cosa , affermando che il tempo è grande educatore e guaritore  perché ci spoglia da tutti i progetti nei quali abbiamo riposto, in fondo in fondo, il senso della vita.
Mi colpisce che la delusione  di cui parla  Benedetto  si riferisca  anche alle speranze che si realizzano e non alla delusione perché non si sono realizzate.   Per me le cose si mischiano e penso che in fondo non ci sia oggettivamente  molta  differenza. Quello che una vita che arriva alla anzianità fa scoprire, infatti, è che le risposte  sono quasi sempre altro,  interferisce sempre  “ un non previsto”, e se questo è evidente nel passato,immaginiamoci  per gli acciacchi avanzanti della vecchiaia. Arrivata a scoprire   questo che chiamo “imprevisto” , poi per me  c’è un crocevia. Se resto nella mia misura c’è la  disillusione (mi viene spesso in mente una frase della vecchiaia di mia madre ,che io ho sempre rimosso:”Che finale”! ).
Questo  crocevia  non è facile. Intravvedo solo  in lontananza la  strada. La esprimo con i duri termini F.Hadjadj: a suo parere lo scarto rispetto ai nostri desideri è fondamentale, se non ci fosse noi ci rannicchieremmo  nella nostra piccola felicità meschina senza neppure accorgerci  del nostro imprigionamento.
“E’ dunque necessario che il paradiso celeste (rappresentato dai  i nostri desideri) ci accordi i segni che ci spingono a desiderarlo e che resti al tempo stesso oscuro perché sentiamo la nostra miseria e si approfondisca la nostra ricettività, il nostro abbandono a ciò che non proviene da noi e che ci supera”
Dunque accettare lo scarto, individuarvi i segni di un rimando, non  invece (è l’altro pericolo oltre  la disillusione), abbassare il tiro  e riattaccarsi idolatricamente a cose ancor più modeste che in passato, proporzionalmente alle energie diminuite e ai guai fisici.  Mi sembra di vedere in giro spesso questa modesta idolatriia, nel racconto dei tanti acciacchini, nei pettegolezzi di certe signore  terza età che vanno a teatro con le amiche…
Il Papa suggerisce la dimensione della preghiera che deve essere dominante. In termini di tempo vuol dire dedicarvi parte della giornata, in termini personali per me la preghiera è esperienza di una ferita , quando riconosco un al di là delle mie aspettative, non quando  ne chiedo la conferma. Per questa strada indicata dal Papa e da Hadjadj posso intravvedere anche l’inveramento, da anziana , della progettualità dell’età-giovanile (secondo l’ipotesi di Guardini di cui ho parlato).E’ cosa cui tengo,  in primis per la relazione con i miei figli, ma non solo.  La verità e che nei progetti giovanili c’è un di più di cui non si è consapevoli, per scoprirlo è  fondamentale l’allenamento energico all’imprevisto.
Si potrà mai arrivare  alla “povertà beata della nudità” di cui ha parlato Scola? Si potrà evitare il rischio indicato dal Papa  del  “cinismo di un anziano che ha perso il senso della sua testimonianza, disprezza i giovani e non comunica una sapienza di vita”? Lo spero.