mercoledì 22 aprile 2015

Giovedì della III settimana del Tempo di Pasqua


L’uomo aspira ad una gioia senza fine,
vuole godere oltre ogni limite, anela all’infinito

Benedetto XVI, Luce del mondo
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Nessuno puo' venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verita', in verita' vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo e' il pane che discende dal cielo, perche' chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivra' in eterno e il pane che io daro' e' la mia carne per la vita del mondo». 
 (Dal Vangelo secondo Giovanni 6, 44-51)
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Nella nostra vita, ieri ad esempio, abbiamo davvero "udito" la voce del Padre? Abbiamo percepito, nel fondo del nostro intimo, quel moto dello Spirito che ci conduce a Cristo? Il Padre, infatti, ci parla attraverso il suo respiro, lo Spirito Santo che grida in noi "Abbà, Papà!". E' lo Spirito che ci fa uno con Cristo, spingendoci in ogni circostanza verso di Lui. Chi è mosso dallo Spirito di Dio impara da Lui ad appartenere a Cristo, a volere le cose che vuole Lui, a compiere la volontà del Padre. 

Chi ha "udito il Padre" ha imparato che la Croce non è un supplizio, ma il luogo dove "tutti sono ammaestrati da Dio", il polo magnetico attraverso il quale il Padre "attira" verso Cristo ogni uomo. E' inutile sforzarsi di "andare" verso Gesù, perché solo attraverso la Croce si può essere suoi discepoli. Ciò significa concretamente che occorre lasciarsi "attirare" da Dio negli eventi e nelle relazioni che ci crocifiggono, come l'ape dal miele.

E' naturalmente impossibile, perché tutti rifiutiamo la sofferenza e cerchiamo di evitarla; per questo è necessario convertirsi e lasciarsi inondare dallo Spirito Santo che ci annuncia le Parole del Padre. Esso ci sostiene, ci consola, ci incoraggia ad entrare nel rapporto difficile dal quale vorremmo scappare, che potrebbe essere quello con la moglie o con il collega con il quale hai condiviso l'ufficio per vent'anni; nella malattia che non accettiamo, forse il diabete che ti limita così tanto, forse una ancora più grave; nell'ingiustizia alla quale ci ribelliamo, una multa appena trovata sul parabrezza, tuo padre che ha abbandonato la famiglia quando eri piccolo, tuo zio che, poco più che bambina, ti ha quasi violentata; perché lo Spirito Santo dà testimonianza al nostro spirito che siamo figli di Dio; e un padre non dà mai cose cattive ai suoi figli. 

"Ascoltare Dio" e "imparare da Lui" significa sperimentare proprio questo, la tenerezza e la misericordia, la provvidenza e l'eredità magnifica che il Padre ha preparato per noi. Non lo sai? Il Padre ci "attira" a Lui attraverso un piacere più grande di quelli del mondo, con cui ci illudiamo di sfuggire alla sofferenza, o di attutirla. Ci "attira" con un piacere alto, che punta diritto all'eternità, che per l'uomo è impossibile da raggiungere e ottenere, e per questo è donato dal Cielo. Imparare dal Padre significa allora essere attirati dal desiderio di Cristo, e Cristo crocifisso, l'ascensore che unisce terra e Cielo, appunto

Dio, infatti, ci attira nella "logica della Croce, che non e' prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore e del dono di sé che porta vita" (Papa Francesco). Ogni nostro desiderio, anche quello tradotto in concupiscenza della carne con cui rifiutiamo la "logica della Croce" e del sacrificio, esprime il desiderio latente dell'unico piacere che può saziare, quello che non uccide ma dona la vita. La sessualità ad esempio, è incastonata in un piacere carnale che non si esaurisce nella soddisfazione dell'istinto e della passione, ma che invece si dilata nella misura che scaturisce da una donazione totale di sé, nel compimento della volontà divina di un amore che non difende nulla, aperto alla fecondità e alla vita. 

Quando l'atto sessuale è sganciato dall'autenticità del dono totale di se stessi responsabilmente e liberamente scelto nel vincolo matrimoniale, diviene manna che non sazia, un dono del Cielo pervertito al punto di condurre alla morte. Ci si può unire al proprio coniuge e morire, usando del corpo altrui per soddisfare un desiderio e un bisogno svincolato dalla verità. E' una menzogna che uccide, molto più quando lo stesso atto sessuale e' compiuto al di fuori del matrimonio, tra ragazzini o tra amanti ultra quarantenni, o quando si usano metodi anticoncezionali, ovvero anti-vita, barriere erette per proteggersi dal dono autentico, in un'ipocrita sua maschera che è puro egoismo. 

Così il rapporto che fa di due una carne sola diviene l'inferno che inghiotte entrambi separati anni luce dal disprezzo sottile e latente, che forse non ci confessiamo e non accettiamo di avere, ma che trasuda in mille altre circostanze. Quanti divorzi sono gestati in camera da letto, embrioni nascosti nella passione e nel piacere che usa l'altro, "amabilmente" e con grande sintonia sessuale per carità. Ogni rapporto chiuso alla vita è corrotto alla radice perché falso, e, come un veleno, infetta ogni aspetto della relazione, sino al giudizio, al rancore, alla separazione che getta responsabilità e colpe sull'altro. La concupiscenza carnale infatti, come scriveva Sant'Agostino, "non e' un bene procedente dalla essenza del matrimonio, ma un male, conseguenza del peccato originale", che, ferendo l'uomo vecchio si estende e genera altri peccati, sentieri tracciati verso l'inferno dei viventi. Così il matrimonio, come l'amicizia, il fidanzamento, il lavoro, lo studio, schiavi della concupiscenza originale, restano come la "manna che i nostri padri hanno mangiato e sono morti". 

Ma coraggio, se cadete in questi rapporti chiusi alla vita, se state intendendo la paternità responsabile verso voi stessi e gli eventuali figli e non rispetto a Dio e alla sua volontà, come troppi stanno cercando di contrabbandare come insegnamento della Chiesa; se nel fondo sperimentate che manca qualcosa alla relazione con il vostro coniuge, anche in ambito sessuale, non temete! Non abbiate paura di lasciarvi illuminare e giudicare dalla Croce: mettete ai suoi piedi i vostri rapporti, se guardate bene se pregate prima di unirvi, se guardate a Dio e vi affidate a Lui perché compia in voi il piacere più grande, l'unico capace di saziare davvero, facendo del vostro talamo un luogo santo, ogni volta. Se vi unite per routine, per dovere, per l'impulso di un momento, o se obbedendo alla volontà di Dio che si manifesta attraverso l'attrazione, gli ormoni e anche il dono e il sacrificio in momenti che si vorrebbe lasciar stare e dormire.  

Non vi scandalizzate della vostra debolezza, non vi voltate dall'altra parte per non sentire: "nessuno può venire a me se il Padre non lo attira!"; nessuno può andare incontro al coniuge vedendo nell'altro Cristo se Dio non lo attira con la forza del suo amore, della sua Grazia, del suo perdono, del suo Spirito". Allora coraggio, può essere che lo abbiamo respinto, ancora schiavi di noi stessi e non ci siamo fatti attirare. Hai sofferto? Ti sei sentita incompleta? Va bene, era necessario scoprirlo, ora ascolta e lasciati "attirare" attraverso la predicazione, i sacramenti, lascia che Dio ti seduca con il suo amore, perché vuole di nuovo  rivestire di bellezza e santità ogni aspetto della tua vita. In tutto noi siamo chiamati a conoscere un altro Padre, l'unico che ci "attira" verso Cristo, per avere la "vita eterna". Se non c'è questa esperienza non si può seguire il Signore; è per questo che, nonostante andiamo in chiesa e preghiamo, mormoriamo e giudichiamo; è per questo che tuo figlio è incapace di sacrificarsi; è per questo che il mondo giace nelle tenebre. Scriveva Pavese: "Quello che l’uomo cerca nel piacere è un infinito, e nessuno rinuncerebbe mai alla speranza di raggiungere questo infinito" (Cesare Pavese)Ma il demonio ci inganna sovente, illudendoci con un infinito che è pura alienazione che conduce alla morte: "L'inferno dei viventi non qualcosa che sarà; se ce n'è uno è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno e farlo durare e dargli spazio" (Italo Calvino, Le città invisibili). 

Sì, l'inferno comincia qui ed e' l'assenza del desiderio autentico, la sparizione dall'orizzonte dell'esistenza del rischio di se stessidell'attenzione e dell'apprendimento con i quali ci si mette in gioco, la terra buona dove sorge l'amore, il frammento di paradiso deposto in mezzo all'inferno, l'unico che dura e che reclama spazio nel cuore dell'uomo, per quanto corrotto e ferito sia. Scriveva Sant'Agostino: "Se il poeta ha potuto dire [cita Virgilio, Ecl. 2 ]: “Ciascuno e' attratto dal suo piacere”, non dalla necessità ma dal piacere, non dalla costrizione ma dal diletto; a maggior ragione possiamo dire che si sente attratto da Cristo l’uomo che trova il suo diletto nella verità, nella beatitudine, nella giustizia, nella vita eterna, in tutto ciò, insomma, che è Cristo". Solo Lui ha "visto il Padre" e lo mostra a noi, perché possiamo "credere". Ciò significa che ciascuno di noi è avvolto dall'amore che unisce Padre e Figlio: il Padre ci attira verso il Figlio, mentre il Figlio ci rivela il volto misericordioso del Padre. 

Lasciamoci oggi "ammaestrare da Dio" attraverso la storia; anche le sofferenze, le delusioni, i fallimenti, gli stessi peccati ci ammaestrano e ci fanno umili sino a consegnarci tra le braccia del Padre, crocifisse e accoglienti in quelle del suo Figlio: "L’amore è “estasi”, ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio" (Benedetto XVI, Deus caritas est). E ciò accade nella storia dove è deposta la nostra carne, e giunge a noi attraverso la Chiesa, la Parola e i sacramenti, dove spira fecondo lo Spirito Santo. In esso possiamo vivere ogni desiderio e ogni piacere come un dono celeste, perché nulla e' contro l'uomo quando è vissuto in Cristo. 

E' Lui il piacere compiuto, e per questo si è fatto carne da mangiare, per saziare la fame di bello, santo e buono che sentiamo, anche se sepolta dal brutto, dal peccato e dal male. In Cristo la carne è redenta, e la sessualità risplende di una luce meravigliosa; attirati dall'amore del Padre e consegnati a Cristo, possiamo sperimentare la bellezza, la pace e la sazietà della nostra carne trasfigurata, fatta essa stessa pane consegnato per la vita di chi ci e' accanto. Ogni relazione, lavoro, studio, svago, é il dono del Pane della vita, il mistero di un amore che non esige e non si appropria di nulla, vissuto come in una liturgia celeste celebrata nella carne

Non a caso sul talamo nuziale veniva posto lo stesso baldacchino che sormontava gli altari, immagine della Shekinà divina, la presenza di Dio che dal Cielo discende sulle specie eucaristiche come sugli sposi; il letto coniugale infatti e' un altare dove si consuma lo stesso mistero di vita che si compie sulla mensa eucaristica: il pane di vita che discende dal cielo e dona la vita. Ma vi è un baldacchino invisibile sopra ogni ufficio, su ogni aula scolastica, su ogni cinema e ristorante, su ogni campo sportivo e su ogni bosco, sulla tua stanza e sulla tua lavatrice. Ovunque e in ogni istante, perché in tutto Dio desta in noi il desiderio del suo Figlio, di "mangiare il pane vivo disceso dal Cielo". E' pane vivo tua moglie, tuo marito, tuo figlio, anche il nemico; non sono la morte, questa è una menzogna del demonio! 

E' pane vivo ogni difficoltà, la croce che ci attende, perché è Cristo vivo nella volontà di Dio fatta carne. Solo "mangiandone avremo la vita eterna", saremo felici e realizzati. Uniti a Lui "vivremo eternamente", iniziando già da oggi, da ora. Con Cristo quello che stai facendo, pensando, le parole che stai dicendo sono già parte dell'eternità, e recano in sé il gusto dell'infinito, non possono svanire e corrompersi. Perché in Cristo ogni istante e ogni relazione diviene "pane che scende dal Cielo", proprio nella sua carne unita alla nostra. Mamma mia! Questa carne che abbiamo obbligato a peccare può divenire lo scrigno da dove tirar fuori e donare i tesori del Cielo "al mondo"! Così come ha fatto Cristo sulla Croce, quando ha offerto "la sua carne come pane per la vita" di ciascuno di noi. Che meraviglia fratelli essere "attirati" dal Padre per vivere in Cristo! Com'è che si dice oggi? "Non ha prezzo"...