giovedì 23 aprile 2015

Venerdì della III settimana del Tempo di Pasqua




La divinità si nascose sotto l’umanità e si avvicinò alla morte, 
la quale uccise e a sua volta fu uccisa. 
La morte uccise la vita naturale, 
ma venne uccisa dalla vita soprannaturale. 
Siccome la morte non poteva inghiottire il Verbo senza il corpo
né gli inferi accoglierlo senza la carne
egli nacque dalla Vergine, 
per poter scendere mediante il corpo al regno dei morti. 
Ma una volta giunto colà col corpo che aveva assunto, 
distrusse e disperse tutte le ricchezze e tutti i tesori infernali.
Gloria a te che ti sei rivestito del corpo dell’uomo mortale 
e lo hai trasformato in sorgente di vita per tutti i mortali.
        Tu ora certo vivi. 
Coloro che ti hanno ucciso hanno agito verso la tua vita come gli agricoltori. 
La seminarono come frumento nel solco profondo. 
Ma di là rifiorì e fece risorgere con sé tutti.

S. Efrem, Discorso sul Signore, 3-4. 9

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Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 
Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 
Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 
Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao.   (Dal Vangelo secondo Giovanni 6, 52-59)
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Ci troviamo all'epilogo del grande discorso di Gesù nella Sinagoga di Cafarnao. Alle sue parole i Giudei cominciano a "litigare" tra di loro, secondo l'originale greco reso con "discutere". Quell'uomo che si definisce l'unico pane di vita, e indica nella sua stessa carne la vita eterna, suscita uno scuotimento interno, e, soprattutto, obbliga a prendere posizione. La sua parola divide, come la spada che penetra sino alle giunture più profonde e mostra le vere intenzioni dei cuori. Litigano tra di loro ma in fondo si tratta della resistenza che oppongono alle parole di Gesù, e, in esse, a Gesù stesso. Per quei Giudei la carne di Gesù è una barriera invalicabile. Credono di conoscerlo, lo hanno visto crescere, sanno tutto della sua famiglia; Lui ha una storia simile alla loro, e per questo, ovviamente, non può salvarli; quella carne è carne come la loro, non può dare la vita. Restano sulla superficie delle cose, come Eva che fu ingannata proprio dagli occhi che si fissarono sull'apparenza. Anche noi ci fermiamo spesso alla buccia degli eventi e delle persone, e moriamo, come "i padri" che "hanno mangiato la manna, ma sono morti". Essa era solo una profezia, il segno che Dio, nella precarieta', avrebbe provveduto in modo definitivo. Nel cammino della vita, nella totale precarieta' dell'esistenza, Dio avrebbe lasciato una rugiada di vita eterna; nella carne di suo Figlio, identica alla nostra, avrebbe deposto la vita che non muore. Gesù, infatti, nella sua carne, ha vissuto "per mezzo" della "vita del Padre". La sua carne l'ha custodita sin sulla Croce, sin dentro la tomba, per lasciarla esplodere vittoriosa sulla morte: "La divinita' si nascose sotto l’umanità e si avvicino' alla morte, la quale uccise e a sua volta fu uccisa. La morte uccise la vita naturale, ma venne uccisa dalla vita soprannaturale" (S. Efrem). Nella carne di Cristo si e' compiuta la vera e definitiva liberazione. La carne di Gesù e' la carne dell'agnello offerto in riscatto per i peccati. Il sangue di Gesù e' quello dell'agnello che ha protetto i figli di Israele dall'angelo della morte. Per questo la carne e il sangue di Gesu' sono alimento e bevanda veri, degni di fede. Per questo e' necessario mangiare della sua carne e bere del suo sangue. E' necessario che Cristo rompa in ciascuno di noi le barriere della morte cancellando ogni peccato. Allora avremo accesso alla sua intimità e "dimorare" in Gesu', e, con Lui, dimorare in Dio: la vita sarà pacificata perche' nella precarieta' della carne, ha preso dimora l'incorruttibilita' della vita divina. Ma ciò significa concretamente, pieni della vita divina, accogliere la nostra stessa vita trasformata dalla potenza della sua Vita. Gesu' e' mandato a noi anche oggi perche' possiamo vivere per Lui, come Lui ha vissuto per il Padre: cio' significa vivere nella storia concreta che si dipana dinanzi a noi, come Gesu' ha vissuto il cammino alla Croce che lo attendeva. Lui vedeva la vittoria oltre il Golgota, la vita al di la' della propria morte. Con Lui anche noi possiamo sperimentare la vita eterna, il riposo promesso, l'amore infinito che ha distrutto la morte proprio in cio' che ci impaurisce. La carne di Cristo nella nostra carne, il suo sangue nel nostro sangue, per vivere la sua vita, eterna, infinita, che supera le mura dell'orgoglio e della paura, per entrare ogni giorno nella storia e scoprirvi i frutti di pienezza in essa piantati. L'eucarestia e', in fondo, questo grande mistero, imparare a dimorare, istante dopo istante, nel cuore di Dio. Dire amen nell'amen di Cristo, nutrirci della volontà di Dio, il cibo del Figlio. Dire amen, affermare e credere che e' degna di fede la storia che Dio prepara per noi, e alimentarci del Pane Vivo disceso dal Cielo nella nostra vita, cosi' come si presenta: amen alla malattia della nipote, amen al carattere del marito, amen al licenziamento, amen alla ribellione del figlio, amen a ogni frammento di vita perche' ciascuno, anche il piu' piccolo, e' un frammento del corpo benedetto di Cristo che ha assunto tutta la nostra vita. Siamo percio' chiamati a riservare ad essa la stessa attenzione devota e piena di unzione con la quale non si perde neanche il piu' piccolo frammento dell'ostia consacrata nella patena, perche' nella patena della nostra carne è vivo Cristo... Imparare a vivere, giorno dopo giorno, nell'amore infinito del Padre, nell'intimita' feconda, libera, pacificante, gioiosa con Cristo suo Figlio. Come Giovanni, reclinato sul petto di Gesù: “Questi è colui che giacque sopra il petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto” (Dante, Paradiso, XXV, 112-114).