mercoledì 24 giugno 2015

Il PD e la famiglia. Come la mettiamo, signor Presidente?

Ivan_scalfarotto_gender_omofobia


Il PD pro-famiglia? Non scherziamo.

di A. Pellicciari
In molti lo speravamo ma nessuno si aspettava che la manifestazione delle famiglie italiane contro il gender fosse l’imponente adunanza di popolo che è stata. Pochissimo tempo per organizzarsi, tutti i più importanti movimenti ecclesiali che si sono sfilati, la leggenda che il Papa non voleva assolutamente manifestazioni – leggenda fatta circolare in una mail firmata da una coppia calabrese legata alla Cei che dava appuntamento per una maxi veglia di preghiera il 3 ottobre in Vaticano -, l’Avvenire e Sat 2000 che hanno ignorato, cioè che hanno boicottato. Il 15 giugno, in chiusura di un’intervista a Kiko a Radio Maria, dicevo che tutto era contro di noi, che la battaglia all’apparenza era persa, ma ricordavo anche che Davide aveva affrontato e vinto Golia con 5 sassi e una fionda, e che le mura di Gerico erano crollate al suono delle trombe e dell’urlo di guerra lanciato dagli israeliti in obbedienza al comando del Signore…
Poi è successo quello che tutti hanno visto.I politici, completamente smarcati, hanno fatto quello che hanno potuto: belle dichiarazioni. Fra queste una mi ha colpito in modo particolare: la convinta asserzione del vicesegretario del PD Lorenzo Guerini “Nessuno pensi di mettere il Pd contro la famiglia. Le strumentalizzazioni della destra sono ridicole e da rigettare”. Strabiliante! Certo, se per politica a favore della famiglia si intende la famiglia composta da membri delle associazioni LGBT la cosa è sacrosanta. Nessun partito ha fatto più del Pd. Certo, se per diritti della famiglia si intendono i desideri di onnipotenza dei membri delle associazioni LGBT è verissimo, nessuno più del PD ha sponsorizzato come naturali, giusti, democratici, progressisti, gli urlati e discinti amori (con diritti annessi) dei membri di quelle associazioni.
Se invece per famiglia si intende la famiglia, quella che tutti conosciamo e che è anche garantita dalla costituzione, allora le cose cambiano. Nessuno più del PD ha fatto guerra agli uomini e alle donne che con fatica mettono al mondo figli e li accudiscono. Anche per quanto riguarda la propaganda gender -c he non è fantasia, basta leggere i documenti internazionali, i libretti dell’Unar, i corsi che si pretende di impartire a tutti i bambini fin dall’asilo nido - il PD è all’avanguardia.
Un tempo per avanguardia il Pci intendeva qualcosa di diverso dall’avanguardia progressista che va di moda oggi. Quella di oggi è l’avanguardia dei ricchi, l’avanguardia dei potenti, l’avanguardia delle lobbies gnostiche internazionali che progettano una drastica diminuzione della popolazione mondiale, propagandano in mille modi l’omosessualità e, visto che ci sono, fanno soldi con l’industria della fecondazione assistita (finanziata, salvo eccezioni, dalla sanità pubblica), in prospettiva puntando sulla legalizzazione del diritto civile dell’utero in affitto.
Caro Guerini: capisco che possiate avere qualche preoccupazione che vi possa sfuggire un consistente numero di elettori. Però fate male a prendere tutti per scemi.
*L’ultima bufala dei negazionisti pro unioni gay «Il gender non esiste, l'ha inventato il Vaticano»
di Massimo Introvigne

Dopo che a Piazza San Giovanni un milione di persone ha manifestato contro la teoria del gender e le sue conseguenze giuridiche, a partire dalla legge Cirinnà, una tesi oscura che circolava su qualche rivista scientifica per iniziati o nella subcultura dei blog Lgbt è venuta allo scoperto ed è stata messa in prima pagina da giornali nazionali. La teoria del gender, afferma questa tesi, non esiste. È nata, come ha riassunto il leader gay Franco Grillini, «nelle stanze vaticane», con una sorta di complotto che coinvolgerebbe Benedetto XVI, il cardinale Bagnasco e lo stesso Papa Francesco, che ha definito a Napoli la teoria del gender «un errore della mente umana». Anche una sociologa con rispettabili credenziali, ma piuttosto militante – da buona ex ciellina “convertita” al laicismo –, come Chiara Saraceno ha ritenuto di dover indossare questa posizione, che evidentemente appare a molti come l’arma di distruzione di massa da usare contro Piazza San Giovanni. 
Per la verità Michela Marzano, su Repubblica del 22 giugno, ha un po’ corretto il tiro, limitandosi aosservare che della teoria del gender esistono varie versioni diverse tra loro (nessuno lo nega) e che i cattolici dovrebbero convincersi che è cosa buona e giusta. Ma, nelle dichiarazioni dei leader Lgbt e di qualche politico meno avveduto culturalmente, quello secondo cui «la teoria del gender non esiste, l’ha inventata il Vaticano» è diventato uno slogan rozzo e intollerante, che dobbiamo prepararci a sentir ripetere fino alla noia. Non si capisce neppure bene che cosa voglia dire chi afferma che la teoria del gender non esiste. Gli articoli che sbattono in faccia al popolo del 20 giugno questa tesi sostengono, infatti, tre cose diverse. Alcuni, a leggerli bene, affermano che la teoria che il Papa e tanti altri chiamano «del gender» esiste, ma è meglio chiamarla con altri nomi. La scelta del nome diventa però una questione di opportunità politica, e dal momento che le figure storicamente più importanti per la nascita della teoria negli Stati Uniti la chiamano gender theory la traduzione “teoria del gender” non solo è fedele ma, quando evita di tradurre l’inglese “gender” con l’italiano “genere”, che ha diversi significati, si sforza semmai di rimanere il più fedele possibile alle intenzioni dei promotori. 
Altri testi sostengono che non esiste una teoria del gender come nemico delle famiglie, maesistono solo idee sul gender buone, simpatiche e cordiali. Evidentemente si tratta qui di giudizi di valore, che nulla ci dicono sul fatto dell’esistenza o meno della teoria. Rimane il terzo gruppo di articoli, secondo cui effettivamente qualcosa che si chiama “teoria del gender” non è mai esistito, i cattolici fanno confusione con gli “studi di genere”, che sono altra cosa, e Benedetto XVI in particolare, nel suo famoso discorso per gli auguri di Natale del 2012 alla Curia Romana in cui indicava nella filosofa francese Simone de Beauvoir l’iniziatrice della teoria del gender, avrebbe capito male Simone de Beauvoir. Questa terza versione di quello che possiamo a buon diritto chiamare “negazionismo” della teoria del gender è l’unica che merita risposta. Per impressionare il lettore, i negazionisti affastellano tanti nomi e tante date, ma si dimenticano curiosamente di citare un testo fondamentale: Sesso e genere nel “Secondo sesso” di Simone de Beauvoir, pubblicato da Judith Butler – un personaggio decisivo per la teoria del gender, la cui importanza non è sfuggita al vituperato cardinale Bagnasco – sul numero speciale dell’inverno 1986 dei prestigiosi “Yale French Studies”, dedicato appunto a Simone de Beauvoir. 
Si tratta di un articolo denso e difficile, che per di più sfida le traduzioni e va letto in originale: ma che credibilità può avere chi viene a parlarci di teoria del gender e delle sue relazioni con Simone de Beauvoir senza conoscere questo testo fondatore? Obietterà qualcuno che quella di Judith Butler non è l’unica versione della gender theory. Ma certo: ce ne sono versioni precedenti, radicate in un sottofondo esoterico e gnostico, come quella di Margaret Sanger, e versioni successive che si spingono ancora oltre. Conosco tuttavia pochi sostenitori della teoria del gender che non riconoscano la centralità di Judith Butler nel suo sviluppo storico. E chi studia la Butler sa quanto importante sia l’articolo sulla de Beauvoir del 1986. Che cosa sostiene la Butler in questo testo? La tesi fondamentale è che Simone de Beauvoir è davvero all’origine della teoria del gender, e che chi pensa diversamente tiene eccessivamente conto della sua relazione amorosa con il filosofo Jean-Paul Sartre e interpreta la de Beauvoir con occhiali sartriani. Per la Butler il libro della de Beauvoir Il secondo sesso va letto come «un esorcismo», in cui la filosofa «esorcizza» il pensiero di Sartre cercando di liberarlo dal demone che lo abita, «lo spettro di Cartesio». Il lettore non specializzato in filosofia a questo punto rischia di perdersi, ma la tesi della Butler – che è davvero cruciale per la teoria del gender – può essere riassunta in termini relativamente semplici.
Che c’entra Cartesio? Il filosofo francese è preso in considerazione come teorico del dualismo framente e corpo. Mente e corpo sono diversi e distinti. Sarebbe possibile pensare la mente indipendentemente dal corpo. Che c’entra Sartre? Oltre ad avere una relazione con Simone de Beauvoir, questo padre della filosofia esistenzialista avrebbe proposto l’ideale di una mente ribelle alle convenzioni morali, ma non si sarebbe mai liberato delle idee di Cartesio, secondo cui mente e corpo sono distinti e concettualmente separabili. Simone de Beauvoir, il cui pensiero è riassunto nella sua frase più famosa secondo cui «donne non si nasce, ma si diventa», ha teorizzato la distinzione fra “sesso” biologico e “genere” culturale. Una donna nasce con un corpo di donna (sesso biologico) ma acquisisce il genere donna (culturale) perché fin da bambina è vestita ed educata in un certo modo dai genitori. La de Beauvoir rivendica invece il diritto di scegliere liberamente il proprio genere, a prescindere dal sesso anatomico.
Judith Butler risponde a una critica rivolta alla de Beauvoir dalla critica femminista Michèle Le Doeuff, secondo cui parlando di “scelta” la filosofa francese rimarrebbe nell’ambito di un volontarismo e rischierebbe di promuovere la tesi, pericolosa, secondo cui l’identità di genere è una “responsabilità” – altri potrebbe dire una “colpa”– di chi l’ha scelta. Ma la Le Doeuff, argomenta Judith Butler, legge appunto Il secondo sesso come se fosse una semplice trasposizione delle idee di Sartre. Anzitutto, replica la Butler, la scelta per Simone de Beauvoir non è mai interamente libera, quindi responsabile, perché rimane condizionata dal contesto sociale. Ma soprattutto la filosofa francese si rende conto che ogni progetto secondo cui la mente decide che cosa vuole fare del corpo rischia di fallire: «il corpo non può mai essere negato, e la sua negazione è solo la premessa perché riemerga in una forma diversa». La de Beauvoir, conclude la Butler, ha davvero dato inizio alla teoria del gender e al superamento della distinzione (cartesiana) fra mente e corpo, anche se non ne ha tratto tutte le conseguenze, riservate a una generazione successiva. 
Una teoria del gender matura, argomenta la Butler, presuppone che si abbandoni definitivamente ogni residuo dello “spettro cartesiano”, cioè ogni visione della persona umana come composta di corpo e mente. Quella che la superstizione religiosa o filosofica chiama mente è svelata dalla teoria del gender come semplice «modo di vivere il corpo». «Non più compreso nel suo senso filosofico tradizionale di “limite” o “essenza”, il corpo è un campo di possibilità interpretative». Attenzione però: per la Butler la teoria del gender non è un pugno sul tavolo, un atto della volontà con cui si decide di cambiare la propria identità. Questo sarebbe ancora volontarismo “cartesiano” e distinguerebbe ancora la mente che decide dal corpo oggetto della decisione. In effetti «il corpo come fatto naturale non esiste davvero all’interno dell’esperienza umana, ma ha un qualche significato solo come stato che si è superato». Qui sta propriamente il cuore della teoria del gender – versione Butler, certo, ma tutte quelle successive si costruiscono da qui –: se il corpo si “porta” come un vestito, e il “modo di portarlo” è più decisivo del vestito, allora «non solo il gender non è più dettato dall’anatomia, ma l’anatomia non sembra più porre alcun limite necessario alle possibilità del gender».
«L’anatomia presa da sola», continua la Butler, «non ha di per sé alcun significato»: «il genere èmeno una funzione dell’anatomia che uno dei suoi possibili usi». E cita la teorica femminista Monique Wittig, secondo cui «i bambini quando nascono sono distinti per sesso. Questo serve allo scopo sociale della riproduzione, ma sarebbe altrettanto ragionevole distinguerli sulla base della forma del lobo delle orecchie o, meglio ancora, non distinguerli affatto sulla base dell’anatomia». La de Beauvoir, conclude la Butler, ha fondato una prima teoria del gender distinguendo fra sesso e gender e offrendo alle donne – e anche agli uomini – la possibilità di scegliersi il gender che preferiscono liberandosi dell’anatomia. Ma la sua teoria del gender era ancora una prima versione incompiuta, per due motivi. Il primo, fondamentale, è che la stessa distinzione fra sesso e gender è «sospetta». Presuppone che esista una natura umana e che i dati anatomici siano “naturali”. 
Una teoria del gender “matura” lo nega risolutamente, e sospetta che il sesso non sia una «esigenza anatomica» ma un «mito» inventato dalle religioni e assunto da tante filosofie e ideologie, psicoanalisi compresa. Secondo: chi mantiene il «mito» della differenza sessuale concepisce una natura umana come "dimorfica", uomo e donna. Simone de Beauvoir parlava ancora del “secondo sesso”, implicando che ci siano due sessi, gli uomini e le donne. Posizione superata e superabile, afferma la Butler, se si nega un’esistenza indipendente al sesso e lo si riassorbe interamente nel gender. A questo punto i presunti “sessi” – in realtà semplici maschere o declinazioni del gender – non sono più due, ma tre, cinque, venti, cinquanta, infiniti, includendo omosessuali, bisessuali, transgender, cross-gender e chi più ne ha più ne metta. E il passaggio dalla prima alla seconda versione della teoria del gender è anche «politico» – lo scrive la Butler – perché tutte queste categorie hanno e rivendicano uguali diritti e riconoscimenti dallo Stato.
Con l’ultima tesi si conferma come gli organizzatori della manifestazione del 20 giugno avesseroragione. È la teoria del gender che fonda la legge  Cirinnà sulle unioni civili e non viceversa, e chi vuole combattere la teoria del gender deve necessariamente opporsi anche alla Cirinnà. La teoria del gender, come tutte le ideologie, è complicata, e talora intenzionalmente complicata per alzare cortine di fumo e favorire equivoci. Se qualche lettore avesse trovato difficili alcuni passaggi, rimanga comunque certo di questa conclusione: la teoria del gender esiste, si chiama proprio così ed è la base di leggi come la Cirinnà e di programmi scolastici dove si insegna che ognuno si sceglie la propria identità – maschile, femminile e tante altre ancora – come vuole.  La tesi secondo cui «la teoria del gender non esiste», con tutto il rispetto delle persone, ha la stessa dignità culturale della nota tesi di certi avvocati difensori della mafia secondo cui «la mafia non esiste» e l’hanno inventata i giudici. 

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Sulla Cirinnà non c'è spazio per compromessi
di Riccardo Cascioli
Dalle prime mosse ieri in Commissione Giustizia al Senato si capisce che la maggioranza va avanti per la sua strada sul ddl Cirinnà, il disegno di legge che sotto il nome di unioni civili intende promuovere niente meno che il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
E questo malgrado il quotidiano dei vescovi si sforzi di mostrare un Pd che, dopo la grande manifestazione per la famiglia del 20 giugno, sarebbe disposto a negoziare. Al proposito è da notare comeAvvenire, dopo aver oscurato il raduno di piazza San Giovanni, ora dedichi tanto spazio alle possibilità di un compromesso in Parlamento. Sembrerebbe peraltro una strategia studiata visto che contemporaneamente in questi giorni hanno d’improvviso ritrovato la parola vescovi come monsignor Domenico Mogavero (Mazara del Vallo) e Bruno Forte (Chieti-Vasto) che da diversi quotidiani hanno cercato subito di depotenziare l’evento di sabato scorso invocando un dialogo rispettivamente sui temi del gender e sulle leggi in discussione.

Peraltro monsignor Forte ha spiegato ieri all’agenzia Zenit che la Cei non ha preso posizione prima del 20 giugno «per rispettare il protagonismo laicale». Sappiamo tutti che è una pietosa bugia, ma facendo finta di crederci ci chiediamo allora per quale motivo non continui il silenzio. Evidentemente qualche burattinaio, non essendo riuscito a fermare la manifestazione prima ed avendo fallito il boicottaggio, cerca adesso di deviarne il corso.
Del resto su cosa accadrà ora del movimento del 20 giugno è una domanda aperta. Per certi versi il difficile viene ora, anche perché quel popolo appassionato che si è visto sabato in piazza non può essere ridotto a una contingenza politica. È un movimento nella società che va ben oltre la politica e che chiede una continuità. Eppure c’è un appuntamento immediato ora, che era anche l’obiettivo prossimo della manifestazione: il disegno di legge sulle unioni civili.

Il mandato che il popolo ha dato ai politici il 20 giugno è stato chiarissimo: quella legge non s’ha da fare, e non c’è spazio per compromessi. Chi, magari ascoltando qualche prelato, cercasse di seguire il ministro Boschi nell’annunciata intenzione di accontentare il popolo delle famiglie ma anche quelli del Gay Pride, senza dubbio tradirebbe quella piazza. Per questo desta un certo stupore l’intervista dell’on. Gaetano Quagliarello ad Avvenire – eh sì, guarda caso, sempre Avvenire – in cui si dice disposto a «un compromesso alto». Cosa poi significhi quell’«alto» non è dato sapere, né si capisce se Quagliarello parli a titolo personale o su mandato del segretario del NCD.

Ma c’è un altro dato preoccupante che emerge dall’intervista, essendo Quagliarello il coordinatore del suo partito: dice infatti che pur puntando a un compromesso alto, nel caso il PD andasse avanti per la sua strada, «combatteremo la nostra battaglia fino in fondo, tenendo fuori il governo». Che sarebbe come a dire che si fa una battaglia per finta. Che forza avrebbe una posizione che non mette in discussione le poltrone e il prosieguo del governo stesso? 
Se davvero si considera questa una battaglia decisiva per il futuro del paese, e si ha anche un popolo che si è espresso con chiarezza al riguardo, non solo la permanenza al governo deve essere messa in discussione ma dovrebbe subito essere messa sul banco. O si ritira la Cirinnà o si esce dal governo. Chiunque ponesse condizioni diverse da questa, tradirebbe il popolo del 20 giugno. E per favore eviti di farsi vedere a prossimi eventi pro-famiglia.

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L'eutanasia del Forum delle Famiglie
di Vittorio Lodolo D'Oria*
Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta diretta al presidente del Forum delle Associazioni Familiari Francesco Belletti. Come è noto il Forum, pur manifestando simpatia per gli obiettivi, non ha aderito alla manifestazione di piazza San Giovanni.
Caro Francesco,
ho davvero un peso sul cuore che, forse, solo tu mi puoi togliere: l’inspiegabile mancata partecipazione attiva del Forum da te presieduto al Family Day del 20 giugno.
Varie volte ci siamo incontrati negli anni addietro (epoca pre-Galantino per intenderci) e ti ho sempre detto che le famiglie, prima ancora delle associazioni, chiedevano urgentemente un nuovo Family Day. Rispondevi sempre in modo vago, finché siamo arrivati all’inizio di Giugno quando hai spiegato con una lettera che “il carisma del Forum consiste nel far stare insieme le associazioni”. Nulla dicevi invece circa le sue finalità che pure sono chiarissime nello statuto del Forum.
Ecco l’articolo 2:
«Il Forum intende perseguire le seguenti finalità:
a) la promozione e la salvaguardia dei valori e dei diritti della famiglia come "società naturale fondata sul matrimonio" (Costituzione Italiana, 27 dic. 1947, articoli 29,30,31);
b) il sostegno della partecipazione attiva e responsabile delle famiglie alla vita culturale, sociale e politica, alle iniziative di promozione umana e dei servizi alla persona, attraverso le loro forme associative;
c) la promozione di adeguate politiche familiari che tutelino e sostengano le funzioni della famiglia e i suoi diritti, secondo quanto indicato dalla Carta dei diritti della famiglia della Santa Sede (1983) che, unitamente al Patto associativo, costituisce parte integrante del presente Statuto».
E all’articolo 3 ribadisce che tra i suoi compiti rientra la «denuncia di situazioni e azioni inadeguate e/o contrarie agli interessi e alle aspirazioni delle famiglie».
Parole chiare, scolpite su pietra e inequivocabili. Nonostante ciò il Forum si è tirato indietro, non ha “consumato” il matrimonio con le associazioni che riunisce. Con l’esercito schierato e pronto a dar battaglia (perché di questo si tratta per difendere la famiglia) ha dato l’ordine di rompere le righe. 
Sono rimasto sbigottito, e ancora di più dopo aver riletto il tuo profilo professionale sul sito del Forum, con le tante pubblicazioni sulla famiglia da te firmate. Come è possibile che l’uomo giusto al posto giusto, assuma una decisione così drammaticamente sbagliata? Te l’hanno imposta? Ma in questo caso sarebbe meglio ritirarsi in buon ordine piuttosto che abdicare alle tue vere idee. Che il reale decisore venga allo scoperto e si assuma le debite responsabilità di fronte a noi famiglie.
Il messaggio che ci viene dal Forum è totalmente negativo, ridotto a un circolo dove scambiarsi convenevoli e nulla più. La decisione da te assunta ha il sapore di un’eutanasia del Forum, ma le Famiglie Numerose Cattoliche si augurano comunque che le tue azioni pratiche tornino a coincidere con i tuoi scritti, anche se questo significasse dimettersi dal Forum che del resto ormai ha perso il senso di esistere.
*Associazione delle Famiglie Numerose Cattoliche