mercoledì 22 luglio 2015

«Nozze gay, dai magistrati europei sentenze politiche per condizionare gli Stati»

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di Giovanni Maria Del Re

Ormai la Corte europea dei diritti dell’uomo non opera più secondo basi giuridiche, ma politiche, al servizio di un’agenda specifica che stravolge i diritti umani originari della Convenzione siglata a Roma nel 1950. 

È severo Grégor Puppinck, direttore generale del Centro europeo per la legge e la giustizia (Eclj), autorevole ong di ispirazione cristiana riconosciuta anche in ambito Onu e dedicata alla promozione e alla protezione dei diritti umani in Europa e nel mondo. «Si tratta – dice Puppinck – di una nuova tappa della Corte per far avanzare i diritti delle coppie omosessuali. È una decisione politica molto più che giuridica. Perché la motivazione giuridica è debole, mentre la volontà politica è forte». 

Perché politica? 
Perché anzitutto la Corte ha emesso la sentenza sapendo di inserirsi nel dibattito in corso in Italia, e sapendo che le autorità italiane l’ascolteranno. Un modo per spingere il governo e il Parlamento 
italiano ad accelerare i tempi. 

Dunque seguendo un’agenda specifica? 
Certo. Ormai la Corte europea dei diritti dell’uomo è divenuta lo strumento di un’ideologia individualista e ultraliberale. Essa stessa è consapevole di assumere un ruolo politico sempre più rilevante a scapito di quello giuridico: non a caso di definisce la 'coscienza d’Europa'. 

L’obiettivo? 
L’obiettivo è far 'progredire' l’Europa secondo la propria ideologia, la Corte insomma sta diventando uno strumento per imporre agli Stati dall’esterno un nuovo insieme di valori che non è quello della Dichiarazione del 1950. 

Se è così, è a rischio la sua credibilità... 
Certamente. I diritti umani originari trovavano tutti d’accordo, e infatti anche la Chiesa cattolica era tra i grandi fautori della fondazione del Consiglio d’Europa e della Corte di Strasburgo perché riconosceva nei diritti sanciti dalla Convenzione valori in linea con le radici cristiane del continente. Invece questi nuovi valori che la Corte oggi vuole imporre dividono, polarizzano, tra chi li sostiene e chi invece si oppone a questa agenda ultraliberale. 

E in gioco è anche la democrazia, visto che gli Stati si trovano costretti ad attuare misure di vasta portata etica che magari non condividono? 
Esatto. Il problema è che per i giudici di Strasburgo la democrazia non è quella dei Parlamenti ma quella dei valori che loro ritengono essere quelli adeguati al nostro secolo. È insomma diventata una Corte 'di parte' e non più universale. 

Qualcuno potrebbe decidere di uscire dal Consiglio d’Europa e dalla Corte di Strasburgo... 
Ci sono già vari esponenti politici – in Svizzera, in Gran Bretagna, in Francia, in Russia – che lo stanno chiedendo. 

Si può arrestare questa evoluzione? 
È cruciale che tutti, specie tra i cattolici, prendano pienamente coscienza di quanto sta accadendo.
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