martedì 18 agosto 2015

L’essere viene prima dell’agire




Maestra di vita. Pubblichiamo, quasi per intero, l’intervento che il cardinale prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica ha tenuto recentemente ad Ávila nel corso del congresso interuniversitario dedicato a «Santa Teresa de Jesús, Maestra de Vida», in occasione del quinto centenario della nascita della santa mistica spagnola.
(Zenon Grocholewski) Santa Teresa d’Ávila, di cui celebriamo il quinto centenario della nascita, è una persona affascinante. Il beato Paolo VI, proclamandola dottore della Chiesa, il 27 settembre 1970, esclamò pieno di ammirazione: «La vediamo apparire davanti a noi, come donna eccezionale, come religiosa, che, tutta velata di umiltà, di penitenza e di semplicità, irradia intorno a sé la fiamma della sua vitalità umana e della sua vivacità spirituale, e poi come riformatrice e fondatrice d’uno storico e insigne ordine religioso, e scrittrice genialissima e feconda, maestra di vita spirituale, contemplativa incomparabile e indefessamente attiva; Com’è grande! com’è unica! com’è umana! com’è attraente questa figura!».
Nella vita di questa grande santa, infatti, colpiscono tre cose. In primo luogo, la sua straordinaria saggezza e intelligenza, nonostante non abbia compiuto alcuni studi superiori; saggezza che traspare nei suoi numerosi scritti: l’Autobiografia, leRelazioni, il Cammino di Perfezione, il Castello interiore, che è la sua opera più celebre. Grazie al suo insegnamento, è rimasta per secoli, e rimane ancora, grande maestra di vita spirituale. Anzi, come ho già menzionato, il beato Paolo VI le ha conferito perfino il titolo di “dottore della Chiesa”. Ed è stata la prima donna insignita dalla Chiesa di un tale titolo. 
In seconda battuta, l’immensa attività esterna diretta a riformare la Chiesa ferita dalla Riforma protestante. Come sappiamo, questa umile religiosa, spesso malata, ha istituito ben diciassette monasteri, il primo convento per i carmelitani scalzi — insieme a san Giovanni della Croce —, quattordici case per le carmelitane e, infine, ha compiuto la riforma del proprio ordine. 
La profonda vita mistica è, però, ciò che più colpisce nella sua vita. Soprattutto nella sua Autobiografia essa non solo espose il suo pensiero mistico, la cui espressione più alta è l’estasi, ma descrive anche le proprie intense esperienze mistiche.
Un artista, dovendo fare il ritratto di una persona, cerca di trovare ed esprimere ciò che la caratterizza principalmente. Da questo dipende la qualità del ritratto. Penso che la stupenda scultura di santa Teresa Ávila, realizzata dal grande Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), che si trova nella chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma, è proprio l’opera d’arte che la raffigura nel suo “essere” più profondo e più sublime: essere che non soltanto ha determinato la sua vita spirituale, ma anche la sua saggezza e la sua ricca attività esterna, ossia il suo agire.
La scultura — uno degli esempi più alti di arte barocca, considerata dalla critica come uno dei massimi capolavori del Bernini — è la raffigurazione dell’estasi di santa Teresa. La scena s’ispira a un celebre passo della sua Autobiografia, in cui ella descrive una delle sue esperienze mistiche: «Il Signore, mentre ero in tale stato, volle alcune volte favorirmi di questa visione: vedevo vicino a me, dal lato sinistro, un angelo in forma corporea. In questa visione piacque al Signore che lo vedessi così: non era grande, ma piccolo e molto bello, con il volto così acceso da sembrare uno degli angeli molto elevati in gerarchia che pare che brucino tutti in ardore divino. Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avesse un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via, lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio». 
Infatti, come è noto, il gruppo scultoreo del Bernini, molto espressivo e movimentato, rappresenta la santa rapita nell’estasi mistica, giacente su una nuvola, a occhi chiusi, con la bocca leggermente aperta che emette un gemito. Di fronte a lei, un angelo con in mano una freccia infuocata dal divino amore in mano, la sovrasta e, sorridendo, si accinge, con aria tranquilla, a trafiggerle il cuore. Questa scena ha come sfondo un fascio di raggi dorati, inondati da una luce misteriosa, che cadendo da una finestra nascosta dai vetri gialli, ci rende consapevoli dell’illuminazione divina in questa intensa esperienza soprannaturale. Si tratta quindi del momento culminante dell’estasi.
Penso che, in questo modo, il Bernini abbia colto la più profonda chiave di lettura della vita e dell’attività della santa. La fervida unione con Cristo, infatti, è la fonte della sua saggezza. Più che con lo studio, si conosce Cristo e il suo messaggio con la contemplazione. Il beato Paolo VI, nell’omelia menzionata, si pone la domanda: «Donde veniva a Teresa il tesoro della sua dottrina?». E dopo aver indicato diverse cose, pone una seconda domanda, questa volta solo retorica: «Ma era soltanto questa la sorgente della sua “eminente dottrina”? o non si devono riscontrare in santa Teresa atti, fatti, stati, che non provengono da lei, ma che da lei sono subiti, che sono cioè così sofferti e passivi, mistici nel vero senso della parola, da doverli attribuire a una azione straordinaria dello Spirito Santo?». Quindi il Pontefice continua: «Siamo indubbiamente davanti a un’anima nella quale l’iniziativa divina straordinaria si manifesta, e dalla quale essa è percepita e quindi descritta da Teresa, con un linguaggio letterario suo proprio, semplicemente, fedelmente, stupendamente». E, poco dopo osserva: «È l’unione con Dio più intima e più forte che ad anima vivente in questa terra sia dato sperimentare; e che diventa luce, diventa sapienza; sapienza delle cose divine, sapienza delle cose umane». 
Non c’è alcun dubbio che l’intensa unione con Cristo di santa Teresa era anche la fonte del suo appassionato e zelante impegno per sanare le ferite della Chiesa attraverso la propagazione e la riforma coraggiosa della vita religiosa autentica e solida. «La sua esperienza mistica — come ci ha ricordato Papa Francesco nel messaggio indirizzato al vescovo di Ávila in occasione dell’apertura dell’Anno giubilare teresiano — non la separò dal mondo né dalle preoccupazioni della gente. Al contrario, le diede nuovo impulso e coraggio per l’operato e i doveri di ogni giorno. Lei visse le difficoltà del suo tempo senza cedere alla tentazione del lamento amaro, ma piuttosto accettandole nella fede come un’opportunità per fare un passo avanti nel cammino».
Qui si verifica la realizzazione di un motto caro ai domenicani, coniato da san Tommaso d’Aquino: contemplari et contemplata aliis tradere (“contemplare e dare agli altri le cose contemplate”). In realtà, santa Teresa d’Ávila ha condotto una vita di contemplazione il cui culmine è l’estasi. E ciò che ha scritto e ha fatto era proprio la realizzazione delle cose prima contemplate. Quindi, considero la scultura di Gian Lorenzo Bernini la più sublime espressione artistica dell’essere e dell’agire di santa Teresa d’Avila e, nello stesso tempo, un richiamo forte a una intensa vita interiore per poter realmente acquisire la saggezza e contribuire alla crescita della Chiesa con un apostolato efficace.
L'Osservatore Romano