mercoledì 28 ottobre 2015

Omelia del Cardinale Leonardo Sandri presso la chiesa di san Francesco a Fez



Omelia del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella Celebrazione Eucaristica presso la chiesa parrocchiale di san Francesco a Fez, mercoledì 28 ottobre 2015, festa dei Santi apostoli Simone e Giuda 
Congregazione per la Chiese Orientali 
[Text: Italiano, Français] 

Cari Fratelli nel Signore!
Grazie per questo invito a celebrare l'Eucarestia del Signore insieme a voi, nella vostra chiesa parrocchiale. Saluto il parroco, padre Matteo, e per suo tramite l'Arcivescovo Mons. Vincent, le Religiose e ciascuno di voi, che vivete come "piccolo gregge" il vostro cammino di fede nella terra marocchina.
1. Nella festa dei santi Simone e Giuda siamo ricondotti anzitutto ad essere grati al Signore per tutti coloro che ci hanno trasmesso con la parola e con la vita il Vangelo, la Buona notizia: i sacerdoti e le religiose, i catechisti, ma molto più spesso le nostre famiglie. Anche in loro si realizza quanto ha affermato san Paolo nella prima Lettura, tanto più belle se pensiamo al modo in cui possiamo vivere la fede qui in Marocco. 
Riascoltiamole: "Voi non siete più stranieri nè ospiti, ma siete concittadini dei santie familiari di Dio.. edificati sopra il fondamento degli apostoli, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù" (Ef  2). Vogliamo essere vicini al Santo Padre Francesco, Successore dell'apostolo Pietro, che nel Sinodo dei Vescovi appena concluso ha riproposto alla Chiesa e al mondo la famiglia, come dono di Dio che sempre più deve diventare soggetto  e non soltanto destinataria dell'azione pastorale di ogni comunità. Vi ringrazio per essere qui oggi perchè la vostra presenza fa sentire la parrocchia, intorno alla Parola di Dio e all'Eucarestia, una famiglia di famiglie.
2. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci ha fatto contemplare Gesù che passa la notte a pregare, e al mattino chiama i discepoli e sceglie i Dodici Apostoli. 
Avere come fondamento e pietra angolare Cristo Gesù significa per ciascuno di noi anzitutto essere uomini e donne che sanno pregare, che custodiscono il dono dell'incontro con Dio come persone e come comunità. Qui non abbiamo le campane che suonano per invitarci all'Eucarestia, come per esempio accade in Europa, ma quotidianamente sentiamo gli appelli alla preghiera dei nostri fratelli seguaci dell'Islam. Tuttavia se manca il rintocco esteriore delle campane più forte si fa la voce dello Spirito che chiama il nostro cuore all'incontro con Dio. Esso sempre più non diventa una ripetizione rituale di gesti e parole, ma chiede di essere incarnato poi in quel servizio quotidiano al fratello, in cui risplende il volto di Dio, attraverso il lavoro quotidiano, le opere di educazione e il servizio di carità che ci è consentito. Il Signore quest'oggi rinnova per ciascuno di voi qui presenti la sua chiamata e ci dice: "grazie per aver accolto il mio invito, io ti chiamo per nome, per stare vicino a me, e anche per mandarti perchè l'intera tua esistenza sia un vangelo proclamato e vissuto dove vivi, come un piccolo seme che pare insignificante, eppure anche se non ce ne accorgiamo germoglia e cresce anche in questa terra del Marocco".
3. Della vita degli apostoli che celebriamo quest'oggi sappiamo molto poco. La tradizione vuole che entrambi si siano recati dopo la Pentecoste ad annunciare il Vangelo nelle terre ad Oriente, e là abbiano donato la vita fino all'effusione del sangue.  Di Giuda di Giacomo, ci colpisce la domanda fatta a Gesù durante l'ultima Cena: "Signore , come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?".  Come la risposta di Gesù: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14, 22-24). 
Credo che anche a ciascuno di noi possa capitare di domandare al Signore perchè a volte sembra che il mondo non lo voglia accogliere, riconoscere, o addirittura gli è ostile. In fondo pensiamo che se tutti lo accogliessero e credessero in Lui, allora improvvisamente sarebbe facile vivere la fede. Vediamo però nei Paesi di grande tradizione cristiana, per esempio in Europa, che i lunghi secoli di accettazione del Vangelo non abbiano preservato da una secolarizzazione che a volte è diventata aperta opposizione. Voi, fedeli cattolici qui in Marocco, ci insegnate e ricordate che a ciascuno è chiesto invece di tenere accesa la fiaccola della fede in Gesù, amandolo e osservando la sua Parola perchè ne vale la pena, perchè l'amore del Padre vale più della vita stessa. 
 L'esperienza spirituale che ho descritta mi sembra molto simile a quello che deve essere capitato all'apostolo Simone, soprannominato lo Zelota. Egli quindi apparteneva ad un gruppo che voleva, attraverso l'uso della forza e della violenza, affrettare l'avvento del Messia di Dio combattendo e liberando Israele dall'invasore straniero. Stando accanto a Gesù, ha pian piano purificato questo suo desiderio e si è reso conto che il Regno di Dio non si impone con la spada o lanciando delle pietre, che nessuna violenza può essere giustificata in nome di Dio. Nella sua storia, la Chiesa stessa ha dovuto imparare questa lezione, se pensiamo alle richieste di perdono fatte da San Giovanni Paolo II durante il grande Giubileo dell'anno 2000, quando ha riconosciuto che in alcuni secoli si è pensato che questa fosse la via per far accogliere il Vangelo.  A maggior ragione oggi, preghiamo perchè il nostro cuore sempre si converta alla Parola del Signore, purificando il nostro modo di immaginarlo o di pregarlo. 
4. Cari fratelli e sorelle, nella gioia di appartenere alla Chiesa cattolica, con la benedizione di Papa Francesco, sotto il manto di Maria, nostra Madre che intercede per noi, ravviviamo la nostra gioia e la nostra speranza. Lo facciamo con le parole di un testimone del nostro tempo, fr. Christian de Chergè, priore del monastero di Notre Dame de l'Atlas a Tibhrine, in Algeria, che qui a Fes veniva spesso perchè responsabile anche della comunità monastica trappista che qui era installata prima di trasferirsi a Midelt. Nella Pasqua del 1995, qui, egli scrisse: "Dopo aver enumerato tutti i nomi più belli di Dio - pace, luce, misericordia, vita, amore - dirgli "tu" significa impegnarsi nella più folle delle avventure, la più rischiosa, la più felice. Significa cominciare a sperare a partire da nient'altro che da te.  Tu, Signore, speranza nostra: allora nel cuore di noi stessi si apre un cammino, una pista di felicità. Tu, l'insperato, che giunge a noi come un "buongiorno" sconvolgente..."
E in un altro testo: "Lo Spirito santo è sempre con chi prende Maria con sè. E' bene che la Chiesa metta il mistero della Visitazione sempre più al cuore della "fretta" che porta verso "l'altro" (cioè verso ogni essere umano). La missione sotto l'azione dello Spirito santo è la confluenza di due grazie, l'una concessa all'inviato, l'altra al chiamato... Il cristiano si sforza di leggere ciò che Dio gli dice attraverso la persona del non cristiano, si sforza anche di essere lui stesso con la sua comunità un segno visibile, una parola la più chiara possibile di Dio Padre, Figlio e Spirito..Il Regno di Dio è qui, in mezzo a voi. Avremo cuori di poveri per accoglierlo? Cuori di poveri da cui può sgorgare il Magnificat ripetuto all'infinito in eucarestia". Amen.
Francese 
Chers Frères et sœurs dans le Seigneur,
Merci pour votre invitation à célébrer l’Eucharistie avec vous, dans votre église paroissiale. Je salue le curé, le Père Matteo, et par son intermédiaire l’Archevêque, Mgr Vincent Landel, les religieuses et chacun de vous qui vivez comme le « petit troupeau » votre chemin de foi en terre marocaine.
1.  Avec la fête des Saints Simon et Jude, nous sommes surtout conduits à être reconnaissant envers le Seigneur pour tous ceux qui nous ont transmis par la parole et par la vie, l’Evangile, la Bonne Nouvelle : les prêtres et les religieuses, les catéchistes, mais plus souvent encore nos familles. En eux aussi, se réalise ce que Saint Paul a affirmé dans la première lecture, d’autant plus belle si nous pensons à la manière dont nous pouvons vivre la foi, ici, au Maroc. Ecoutons de nouveau : « Vous n’êtes plus des étrangers ni des gens de passage, vous êtes citoyens du peuple saint, membres de la famille de Dieu car vous êtes intégrés dans la construction qui a pour fondement les apôtres et les prophètes ; et la pierre angulaire, c’est Jésus-Christ lui-même. » ( Eph  2, 19-20). Nous voulons être proches du Saint-Père François, Successeur de l’Apôtre Pierre, qui, dans le Synode des Evêques, tout juste terminé, a reproposé à l’Eglise et au monde la famille, comme don de Dieu. Elle doit devenir toujours davantage, sujet et pas seulement destinataire, de l’action pastorale de chaque communauté. Je vous remercie d’être ici aujourd’hui parce que votre présence fait percevoir la paroisse comme une famille de familles, réunie autour de la Parole et de l’Eucharistie.
2. L’Evangile que nous avons écouté, nous fait contempler Jésus qui passe la nuit à prier et le matin, Il appelle les disciples et choisit les Douze Apôtres.
Avoir pour fondement et pierre angulaire, le Christ Jésus, signifie d’abord pour chacun de nous, être des hommes et des femmes qui savent prier, qui gardent le don de la rencontre avec Dieu comme personne et communauté. Ici, nous n’avons pas les cloches qui invitent à l’Eucharistie, comme cela advient en Europe, mais quotidiennement nous entendons les appels à la prière de nos frères musulmans. Bien que manque la sonnerie extérieure des cloches, plus forte se fait la voix de l’Esprit-Saint qui appelle notre cœur à la rencontre avec Dieu. Elle n’est plus une simple répétition rituelle de gestes et de paroles, mais elle demande à être incarnée ensuite dans le service quotidien à l’autre, dans lequel resplendit le visage de Dieu, et cela dans le travail de tous les jours, dans les œuvres d’éducation et dans le service de la charité qui nous est permis. Le Seigneur renouvelle son appel pour vous présents, Il vous dit : « merci d’avoir accueilli mon invitation, je t’appelle par ton nom pour demeurer avec moi et aussi pour t’envoyer pour que toute ton existence soit un évangile proclamé et vécu là où tu vis, comme la petite semence qui germe sans bruit et qui croît aussi dans cette terre du Maroc ».
3. Nous savons bien peu de la vie des Apôtres que nous célébrons. La tradition veut que tous les deux, après la Pentecôte se soient dirigés vers les terres d’Orient pour annoncer l’Evangile et là, ils auraient donné leur vie jusqu’à l’effusion du sang. La question de Jude, fils de Jacques, à Jésus faite lors de l’ultime Cène, nous frappe : « Seigneur comment ce peut-il que tu doives te manifester à nous et non pas au monde ?», tout comme la réponse de Jésus : « Si quelqu’un m’aime, il gardera ma parole, et mon Père l’aimera et nous viendrons à lui et nous ferons chez lui notre demeure. » (Jn 14, 22-24).
Je crois qu’à chacun de nous, il peut arriver de demander au Seigneur pourquoi il semble que le monde ne veut pas L’accueillir, Le reconnaître, ou même, Lui est hostile. Nous voyons dans les pays de grande tradition chrétienne, comme l’Europe, que malgré les nombreux siècles d’accueil de l’Evangile, nous n’avons pas été préservés d’une sécularisation qui devient parfois opposition ouverte. Vous, fidèles catholiques du Maroc, vous nous enseignez et vous nous rappelez que cela en vaut la peine, puisque l’amour du Père vaut plus que la vie elle-même.
L’expérience spirituelle que je viens de décrire, me semble proche de celle vécue par l’Apôtre Simon, dit le zélote. Il appartenait à un groupe qui voulait, par la force et la violence, hâter la venue du Messie de Dieu en combattant pour libérer Israël de l’envahisseur étranger. En suivant Jésus, petit à petit, il a purifié ce désir et il s’est rendu compte que le Royaume de Dieu ne s’impose pas par l’épée ou en lançant des pierres puisque aucune violence ne peut être justifiée au nom de Dieu. Dans son histoire, l’Eglise a dû apprendre cette leçon comme en témoigne la demande de pardon à Dieu, faite par Saint Jean-Paul II lors du grand jubilée de l’an 2000, quand il a reconnu que durant des siècles, on a pensé que c’était la voie pour faire accueillir l’Evangile. A plus forte raison aujourd’hui, nous prions pour que notre cœur se convertisse à la Parole de Dieu et purifie notre façon de L’imaginer et de Le prier.
4. Chers frères et sœurs, dans la joie d’appartenir à l’Eglise catholique, avec la bénédiction du Pape François, sous le manteau de Marie, notre Mère, qui intercède pour nous, ravivons notre joie et notre espérance. Faisons-le avec les paroles d’un témoin de notre temps, le Frère Christian de Chergé, prieur du Monastère de Notre-Dame de l’Atlas à Tibhérine en Algérie, qui venait souvent comme responsable de la communauté monastique trappiste installée à Fès avant d’être transférée à Mildelt. A Pâques 1995, ici, il écrivait. « Après avoir énuméré les noms les plus beaux de Dieu - paix, lumière, miséricorde, vie, amour – Lui dire ‘Tu’ signifie s’engager dans la plus folle des aventures, le plus risquée, la plus heureuse. Cela signifie continuer à espérer à partir de rien d’autre que Toi. Toi, Seigneur, notre espérance : alors dans notre cœur s’ouvre un chemin, une piste de félicité. Toi, L’inespéré, qui nous vient comme un ‘bonjour’ bouleversant… ».
Dans un autre texte : « L’Esprit-Saint est toujours avec qui prend Marie avec lui. Il est bon que l’Eglise mette le mystère de la Visitation toujours plus au cœur de cette ‘hâte’ qui porte vers l’‘autre’ (c’est-à-dire vers tout être humain). La mission sous l’action de l’Esprit-Saint est la confluence de deux grâces, l’une accordée à l’envoyé, l’autre à l’appelé…Le chrétien s’efforce de lire ce que Dieu dit à travers la personne du non-chrétien, il s’efforce aussi d’être lui-même avec sa communauté un signe visible, une parole la plus claire possible de Dieu le Père, Fils et Esprit…Le Royaume de Dieu est ici, au milieu de nous. Aurons-nous des cœurs de pauvres pour l’accueillir ? Cœurs de pauvres d’où peut jaillir le Magnificat répété à l’infini dans l’Eucharistie ». Amen.