sabato 24 ottobre 2015

SINODO, la relazione finale. Sui “divorziati risposati”.. Sulle persone con tendenze omosessuali è il n. 76 (221 favorevoli, 37 contrari)...

Sinodo
Sui “divorziati risposati”:
“84. I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Quest’integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti. Per la comunità cristiana, prendersi cura di queste persone non è un indebolimento della propria fede e della testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale: anzi, la Chiesa esprime proprio in questa cura la sua carità.
85. San Giovanni Paolo II ha offerto un criterio complessivo, che rimane la base per la valutazione di queste situazioni: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido» (FC, 84). È quindi compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio. Una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno.
Inoltre, non si può negare che in alcune circostanze «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» (CCC, 1735) a causa di diversi condizionamenti. Di conseguenza, il giudizio su una situazione oggettiva non deve portare ad un giudizio sulla «imputabilità soggettiva» (Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000, 2a). In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. Perciò, pur sostenendo una norma generale, è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la medesima in tutti i casi. Il discernimento pastorale, pure tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi.
86. Il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c’è gradualità (cf. FC, 34), questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa.”
Sulle persone con tendenze omosessuali è il n. 76 (221 favorevoli, 37 contrari):
“La Chiesa conforma il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni (MV, 12). Nei confronti delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4). Si riservi una specifica attenzione anche all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale. Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia» (Ibidem). Il Sinodo ritiene in ogni caso del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso.”

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Il Sinodo finisce con un compromesso...
di Lorenzo Bertocchi
Il lunga cammino sinodale sulla famiglia ha tagliato il traguardo. «Certamente  - ha detto Papa Francesco nel suo discorso di chiusura dell’Assemblea - non significa aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma aver cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto».
Tutti i 94 paragrafi della relatio finale hanno ottenuto i due terzi dei voti, e gli unici che hanno raggiunto il risultato con fatica sono stati quelli riferiti alla questione dell’accompagnamento dei divorziati risposati. In particolare il paragrafo 85 ha raggiunto i due terzi per appena un voto, 178, contro i 177 necessari. Altri temi molto sensibili, come ad esempio l’omosessualità, sono di fatto spariti dal testo. Un'altra considerazione riguarda l’evidente differenza della Relatio finale rispetto al discusso Instrumentum laboris e, tanto più, alla famigerata Relatio post-disceptationem del sinodo 2014.
I DIVORZIATI RISPOSATI, NESSUN CENNO ALL’EUCARISTIAI tre paragrafi sui divorziati risposati, 84, 85 e 86, riprendono in gran parte il lavoro del circolo Germanicus, in cui vi erano anche il cardinale Walter Kasper, i cardinali Muller e Schonborn, e che fin da subito era stato individuato come la via della possibile mediazione. L’interpretazione del testo l’ha fornita proprio il cardinale Schonborn nel consueto briefing con la stampa all’ora di pranzo: «Non abbiamo parlato in maniera diretta dell’accesso ai sacramenti», ma si è indicata la via del discernimento per l’integrazione nelle comunità cristiane di queste coppie.
Questo è un primo punto che va chiarito: nel testo, come ha sottolineato Schonborn, non c’è alcun riferimento all’eucaristia. Nel n° 85 si cita, come avevano fatto i padri tedeschi nel circolo, la prima parte dell’esortazione apostolica Familiaris consortio al paragrafo 84, laddove appunto si parlava di «ben discernere le situazioni». Poi si dice che  «è compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo». Infine, al di là di questi «orientamenti del vescovo» che potrebbero dar luogo a realtà molto eterogenee, il numero 86 si esprime indicando che «questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa».
E’ abbastanza evidente che la scelta di non citare espressamente l’accesso al sacramento, e quindi le questioni poste dall’intero testo di Familiaris consortio al paragrafo 84, è il compromesso raggiunto per poter raccogliere un numero di voti sufficiente a raggiungere i due terzi. Nello specifico quindi bisognerà capire se il Papa vorrà esprimersi chiaramente sulla questione in un eventuale documento, quale ad esempio un'esortazione apostolica o altro. Comunque sono state gettate le basi per questo discernimento più attento nei confronti di realtà che «non devono sentirsi scomunicate».
PERSONE OMOSESSUALI, SOLO UN PARAGRAFOSe ne parla solo al n°76 e solo in riferimento alla famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, per questo «la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione». Ma non c’è nessun tipo di accenno a qualche forma di riconoscimento delle coppie fra persone dello stesso sesso. «Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali - si legge nel testo - non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Il Sinodo ritiene in ogni caso del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso».
PATERNITA’ E MATERNITA’ RESPONSABILE (HUMANAE VITAE)Scompare ogni riferimento alla formulazione del problematico n° 137 dell’Instrumentum laboris, mentre al n° 63 della relatio si legge che «conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’Enciclica Humanae Vitae(cf. 10-14) e l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio (cf. 14; 28-35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita. Occorre esortare ripetutamente le giovani coppie a donare la vita. In questo modo può crescere l’apertura alla vita nella famiglia, nella Chiesa e nella società».
RIFIUTO DELL’IDEOLOGIA GENDER(N°8): Una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell’ideologia del “gender” che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo. (…) 
E al n°58 c’è un passaggio rilevante sulla questione della educazione: «Nel cambiamento culturale in atto spesso vengono presentati modelli in contrasto con la visione cristiana della famiglia. La sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico. In alcuni Paesi vengono perfino imposti dall’autorità pubblica progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana: rispetto ad essi «vanno affermati con decisione la libertà della Chiesa di insegnare la propria dottrina e il diritto all’obiezione di coscienza da parte degli educatori».
Al termine di questo lungo cammino sinodale, in cui non sono mancati colpi di scena, presunte macchinazioni, ermeneutiche cospirative ad ogni latitudine, i padri hanno ribadito con parole nuove l’insegnamento della Chiesa. Rispetto alle corse in avanti della Relatio intermedia del Sinodo 2014 la frenata è più che evidente. Chi si aspettava grandi novità si ritrova con la Chiesa Cattolica che dice di nuovo che il matrimonio tra un uomo e una donna, aperti alla vita, e che si promettono amore per sempre, sono il mattone su cui costruire il presente e il futuro di ogni società umana. In più ci ricorda che «il matrimonio cristiano non può ridursi ad una tradizione culturale o a una semplice convenzione giuridica: è una vera chiamata di Dio che esige attento discernimento, preghiera costante e maturazione adeguata». 
Certamente non tutto è come prima, e tutti dobbiamo lasciarci arricchire dalla Spirito che opera nella Chiesa, tuttavia appare chiaro che c’è una certa frattura nella comunità e che, forse, il Sinodo non finisce qui.