lunedì 30 novembre 2015

Santa Messa nello stadio Barthélémy Boganda di Bangui. Omelia di Papa Francesco


Santa Messa nello stadio Barthélémy Boganda di Bangui. Omelia di Papa Francesco: "Anche noi, sull’esempio dell’Apostolo, dobbiamo essere pieni di speranza e di entusiasmo per il futuro. L’altra riva è a portata di mano, e Gesù attraversa il fiume con noi"
Sala stampa della Santa Sede
[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
Alle ore 9.30 di oggi, nello stadio del complesso sportivo “Barthélémy Boganda” di Bangui, il Santo Padre Francesco haa iniziato la Celebrazione Eucaristica, nella ricorrenza liturgica di Sant’Andrea Apostolo. Nel corso della Santa Messa, dopo la proclamazione del Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:
Omelia del Santo Padre
Possiamo essere stupiti, ascoltando la prima Lettura, dell’entusiasmo e del dinamismo missionario che abitano l’Apostolo Paolo. «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene» (Rm 10,15)! È per noi un invito a rendere grazie per il dono della fede che abbiamo ricevuto da questi messaggeri che ce l’hanno trasmessa. È anche un invito a meravigliarci davanti all’opera missionaria che ha portato per la prima volta - non molto tempo fa - la gioia del Vangelo su quest’amata terra del Centrafrica. 

È bene, soprattutto quando i tempi sono difficili, quando le prove e le sofferenze non mancano, quando l’avvenire è incerto e ci si sente stanchi, temendo di non potercela fare, è bene riunirsi attorno al Signore, come facciamo oggi, per gioire della sua presenza, della vita nuova e della salvezza che ci propone, come un’altra riva verso la quale dobbiamo tendere.
Quest’altra riva è, certamente, la vita eterna, il Cielo dove noi siamo attesi. Questo sguardo rivolto verso il mondo futuro ha sempre sostenuto il coraggio dei cristiani, dei più poveri, dei più piccoli, nel loro pellegrinaggio terreno. Questa vita eterna non è un’illusione, non è una fuga dal mondo; essa è una potente realtà che ci chiama e che ci impegna alla perseveranza nella fede e nell’amore.
Ma l’altra riva più immediata, che noi cerchiamo di raggiungere, questa salvezza procurata dalla fede e di cui parla san Paolo, è una realtà che trasforma già la nostra vita presente e il mondo in cui viviamo: “Colui che crede dal profondo del cuore diventa giusto” (cfr Rm 10,10). Egli accoglie la vita stessa di Cristo che lo rende capace di amare Dio e di amare i fratelli in un modo nuovo, al punto di far nascere un mondo rinnovato dall’amore.
Rendiamo grazie al Signore per la sua presenza e per la forza che ci dà nel quotidiano delle nostre vite quando sperimentiamo la sofferenza fisica o morale, una pena, un lutto; per gli atti di solidarietà e di generosità di cui ci rende capaci; per la gioia e l’amore che fa brillare nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, malgrado, a volte, la miseria, la violenza che ci circonda o la paura del domani; per il coraggio che mette nelle nostre anime di voler creare dei legami di amicizia, di dialogare con chi non è come noi, di perdonare chi ci ha fatto del male, di impegnarci nella costruzione di una società più giusta e fraterna dove nessuno è abbandonato. In tutto questo, Cristo risorto ci prende per mano e conduce a seguirlo. E io voglio rendere grazie con voi al Signore di misericordia per tutto quello che vi ha concesso di compiere di bello, di generoso, di coraggioso, nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità, durante gli eventi accaduti nel vostro Paese da molti anni.
Tuttavia, è vero anche che non siamo ancora arrivati alla meta, siamo come in mezzo al fiume, e dobbiamo decidere con coraggio, in un rinnovato impegno missionario, di passare all’altra riva. Ogni battezzato deve continuamente rompere con quello che c’è ancora in lui dell’uomo vecchio, dell’uomo peccatore, sempre pronto a risvegliarsi al richiamo del demonio – e quanto agisce nel nostro mondo e in questi tempi di conflitti, di odio e di guerra –, per condurlo all’egoismo, a ripiegarsi su sé stesso e alla diffidenza, alla violenza e all’istinto di distruzione, alla vendetta, all’abbandono e allo sfruttamento dei più deboli…
Noi sappiamo anche quanta strada le nostre comunità cristiane, chiamate alla santità, abbiano ancora da percorrere. Certamente abbiamo tutti da chiedere perdono al Signore per le troppe resistenze e per le lentezze nel rendere testimonianza al Vangelo. Che l’Anno Giubilare della Misericordia, appena iniziato nel vostro Paese, ne sia l’occasione. E voi, cari Centrafricani, dovete soprattutto guardare verso il futuro e, forti del cammino già percorso, decidere risolutamente di compiere una nuova tappa nella storia cristiana del vostro Paese, di lanciarvi verso nuovi orizzonti, di andare più al largo, in acque profonde. L’Apostolo Andrea, con suo fratello Pietro, non hanno esitato un solo istante a lasciare tutto alla chiamata di Gesù, per seguirlo: «Subito lasciarono le reti e lo seguirono» (Mt 4,20). Noi siamo meravigliati, anche qui, per tanto entusiasmo da parte degli Apostoli, talmente Cristo li attira a Sé, talmente essi sentono di poter intraprendere tutto e tutto osare con Lui.
Allora, ciascuno nel suo cuore può porsi la domanda tanto importante sul suo legame personale con Gesù, esaminare ciò che ha già accettato – oppure rifiutato – per rispondere alla sua chiamata a seguirlo più da vicino. Il grido dei messaggeri risuona più che mai alle nostre orecchie, proprio quando i tempi sono duri; quel grido che “risuona per tutta la terra, e […] fino ai confini del mondo” (cfr Rm 10,18; Sal 18,5). E risuona qui, oggi, in questa terra del Centrafrica; risuona nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie, ovunque viviamo, e ci invita alla perseveranza nell’entusiasmo della missione, una missione che ha bisogno di nuovi messaggeri, ancora più numerosi, ancora più generosi, ancora più gioiosi, ancora più santi. E tutti noi siamo chiamati ad essere, ciascuno, questo messaggero che il nostro fratello, di qualsiasi etnia, religione, cultura, aspetta, spesso senza saperlo. Infatti, come, questo fratello, potrà credere in Cristo - si domanda san Paolo - se la Parola non è ascoltata né proclamata?
Anche noi, sull’esempio dell’Apostolo, dobbiamo essere pieni di speranza e di entusiasmo per il futuro. L’altra riva è a portata di mano, e Gesù attraversa il fiume con noi. Egli è risorto dai morti; da allora le prove e le sofferenze che viviamo sono sempre occasioni che aprono a un futuro nuovo se noi accettiamo di legarci alla sua Persona. Cristiani del Centrafrica, ciascuno di voi è chiamato ad essere, con la perseveranza della sua fede e col suo impegno missionario, artigiano del rinnovamento umano e spirituale del vostro Paese.
La Vergine Maria, che dopo aver condiviso le sofferenze della passione condivide ora la gioia perfetta con il suo Figlio, vi protegga e vi incoraggi in questo cammino di speranza. Amen.

Francese
Nous pouvons être étonnés, entendant la première lecture, de l’enthousiasme et du dynamisme missionnaires qui habitent l’Apôtre Paul. « Comme il est beau de voir courir les messagers de la Bonne Nouvelle » (Rm 10, 15) ! C’est pour nous un appel à rendre grâce pour le don de la foi que nous avons reçu de ces messagers qui nous l’ont transmis. C’est aussi un appel à nous émerveiller devant l’oeuvre missionnaire qui a porté pour la première fois - il n’y a pas si longtemps - la joie de l’Évangile sur cette terre bien aimée de Centrafrique. Il est bon, surtout lorsque les temps sont difficiles, lorsque les épreuves et les souffrances ne manquent pas, lorsque l’avenir est incertain et que l’on se sent fatigué, craignant de ne plus y arriver, il est bon de se réunir autour du Seigneur, ainsi que nous le faisons aujourd’hui, pour se réjouir de sa présence, de la vie nouvelle et du salut qu’il nous propose, comme une autre rive vers laquelle nous devons tendre.
Cette autre rive c’est, bien sûr, la vie éternelle, le ciel où nous sommes attendus. Ce regard porté vers le monde à venir a toujours soutenu le courage des chrétiens, des plus pauvres, des plus petits, dans leur pèlerinage terrestre. Cette vie éternelle n’est pas une illusion, elle n’est pas une fuite du monde ; elle est une puissante réalité qui nous appelle et qui nous engage à la persévérance dans la foi et dans l’amour.
Mais l’autre rive, plus immédiate, que nous cherchons à rejoindre, ce salut procuré par la foi et dont parle Saint Paul, est une réalité qui transforme déjà notre vie présente et le monde dans lequel nous vivons : « Celui qui croit du fond du coeur devient juste » (Rm 10,10). Il accueille la vie même du Christ qui le rend capable d’aimer Dieu et d’aimer ses frères d’une façon nouvelle, au point de faire naître un monde renouvelé par l’amour.
Rendons grâce au Seigneur pour sa présence et pour la force qu’il nous donne dans le quotidien de nos vies lorsque nous sommes confrontés à la souffrance physique ou morale, à une peine, à un deuil ; pour les actes de solidarité et de générosité dont il nous rend capables ; pour la joie et l’amour qu’il fait briller dans nos familles, dans nos communautés, malgré, parfois, le dénuement, la violence qui nous entoure ou la crainte du lendemain ; pour l’audace qu’il met en nos âmes de vouloir créer des liens d’amitié, de dialoguer avec celui qui ne nous ressemble pas, de pardonner à celui qui nous a fait du mal, de nous engager dans la construction d’une société plus juste et plus fraternelle où personne n’est abandonné. En tout cela, le Christ ressuscité nous prend par la main, et nous entraîne à sa suite. Et je veux rendre grâce avec vous au Seigneur de miséricorde pour tout ce qu’il vous a donné d’accomplir de beau, de généreux, de courageux, dans
vos familles et dans vos communautés, lors des évènements que connaît votre pays depuis plusieurs années.
Pourtant, il est vrai aussi que nous ne sommes pas encore parvenus au terme, nous sommes comme au milieu du fleuve, et il nous faut décider courageusement, dans un engagement missionnaire renouvelé, de passer sur l’autre rive. Tout baptisé doit sans cesse rompre avec ce qu’il y a encore en lui de l’homme ancien, de l’homme pécheur, toujours prêt à se réveiller à la suggestion du démon – et combien il est agissant en notre monde et en ces temps de conflits, de haine et de guerre –, pour l’entrainer à l’égoïsme, au repli sur soi et à la méfiance, à la violence et à l’instinct de destruction, à la vengeance, à l’abandon et à l’exploitation des plus faibles…
Nous savons aussi combien nos communautés chrétiennes, appelées à la sainteté, ont encore de chemin à parcourir. Certainement nous avons tous à demander pardon au Seigneur pour trop de résistances et de lenteur à rendre témoignage de l’Évangile. Que l’Année Jubilaire de la Miséricorde, qui vient de commencer dans votre pays, en soit l’occasion. Et vous, chers Centrafricains, vous devez surtout regarder vers l’avenir, et, forts du chemin déjà parcouru, décider résolument de franchir une nouvelle étape dans l’histoire chrétienne de votre pays, vous élancer vers de nouveaux horizons, avancer plus au large, en eau profonde. L’Apôtre André, avec son frère Pierre, n’ont pas hésité un seul instant à tout laisser sur place à l’appel de Jésus, pour le suivre : « Aussitôt, laissant leurs filets, ils le suivirent » (Mt 4, 20). Nous sommes émerveillés, là encore, par tant d’enthousiasme chez les Apôtres, tellement le Christ les attire à lui, tellement ils perçoivent qu’ils peuvent tout entreprendre et tout oser avec lui.
Alors, chacun dans son coeur peut se poser la question si importante de son lien personnel avec Jésus, examiner ce qu’il a déjà accepté – ou encore refusé – pour répondre à son appel afin de le suivre de plus près. Le cri des messagers retentit plus que jamais à nos oreilles, alors même que les temps sont difficiles ; ce cri qui « retentit par toute la terre, et […] jusqu’au bout du monde » (Rm 10,18). Et il retentit ici, aujourd’hui, en cette terre de Centrafrique ; il retentit dans nos coeurs, dans nos familles, dans nos paroisses, partout où nous vivons, et il nous invite à la persévérance dans l’enthousiasme de la mission, une mission qui a besoin de nouveaux messagers, encore plus nombreux, encore plus donnés, encore plus joyeux, encore plus saints. Et nous sommes tous appelés à être, chacun, ce messager que notre frère, quelle que soit son ethnie, sa religion, sa culture, attend, souvent sans le savoir. Comment, en effet, ce frère croira-t-il au Christ, se demande saint Paul, si la Parole n’est pas entendue ni proclamée ?
Nous aussi, à l’exemple de l’Apôtre, nous devons être remplis d’espérance et d’enthousiasme pour l’avenir. L’autre rive est à portée de main, et Jésus traverse le fleuve avec nous. Il est ressuscité des morts ; dès lors les épreuves et les souffrances que nous vivons sont toujours des occasions qui ouvrent à un avenir nouveau si nous acceptons de nous attacher à sa personne. Chrétiens de Centrafrique, chacun de vous est appelé à être, par la persévérance de sa foi et par son engagement missionnaire, artisan du renouveau humain et spirituel de votre pays.
Que la Vierge Marie, qui après avoir partagé les souffrances de la passion partage maintenant la joie parfaite avec son Fils, vous protège et vous encourage sur ce chemin d’espérance. Amen.
Inglese 
We might be astonished, listening to this morning’s first reading, by the enthusiasm and missionary drive of Saint Paul. “How beautiful are the feet of those who bring good news!” (Rom 10:15). These words inspire us to give thanks for the gift of the faith which we have received. They also inspire us to reflect with amazement on the great missionary effort which – not long ago – first brought the joy of the Gospel to this beloved land of Central Africa. It is good, especially in
times of difficulty, trials and suffering, when the future is uncertain and we feel weary and apprehensive, to come together before the Lord. To come together, as we do today, to rejoice in his presence and in the new life and the salvation which he offers us. For he invites us to cross over to another shore (cf. Lk 8:22).
This other shore is, of course, eternal life, heaven, which awaits us. Looking towards the world to come has always been a source of strength for Christians, of the poor, of the least, on their earthly pilgrimage. Eternal life is not an illusion; it is not a flight from the world. It is a powerful reality which calls out to us and challenges us to persevere in faith and love.
But the more immediate other shore, which we are trying to reach, this salvation secured by the faith of which Saint Paul speaks, is a reality which even now is transforming our lives and the world around us. “Faith in the heart leads to justification” (Rom 10:10). Those who believe receive the very life of Christ, which enables them to love God and their brothers and sisters in a new way and to bring to birth a world renewed by love.
Let us thank the Lord for his presence and for the strength which he gives us in our daily lives, at those times when we experience physical and spiritual suffering, pain, and grief. Let us thank him for the acts of solidarity and generosity which he inspires in us, for the joy and love with which he fills our families and our communities, despite the suffering and violence we sometimes experience, and our fears for the future. Let us thank him for his gift of courage, which inspires us to forge bonds of friendship, to dialogue with those who are different than ourselves, to forgive those who have wronged us, and to work to build a more just and fraternal society in which no one is abandoned. In all these things, the Risen Christ takes us by the hand and guides us. I join you in thanking the Lord in his mercy for all the beautiful, generous and courageous things he has enabled you to accomplish in your families and communities during these eventful years in the life of your country.
Yet the fact is that we have not yet reached our destination. In a certain sense we are in midstream, needing the courage to decide, with renewed missionary zeal, to pass to the other shore. All the baptized need to continually break with the remnants of the old Adam, the man of sin, ever ready to rise up again at the prompting of the devil. How often this happens in our world and in these times of conflict, hate and war! How easy it is to be led into selfishness, distrust, violence, destructiveness, vengeance, indifference to and exploitation of those who are most vulnerable…
We know that our Christian communities, called to holiness, still have a long way to go. Certainly we need to beg the Lord’s forgiveness for our all too frequent reluctance and hesitation in bearing witness to the Gospel. May the Jubilee Year of Mercy, which has just begun in your country, be an occasion to do so. Dear Central Africans, may you look to the future and, strengthened by the distance you have already come, resolutely determine to begin a new chapter in the Christian history of your country, to set out towards new horizons, to put out into the deep. The Apostle Andrew, with his brother Peter, did not hesitate to leave everything at Christ’s call: “Immediately they left their nets and followed him” (Mt 4:20). Once again, we are amazed at the great enthusiasm of the Apostles. Christ drew them so closely to himself, that they felt able to do everything and to risk everything with him.
Each of us, in his or her heart, can ask the crucial question of where we stand with Jesus, asking what we have already accepted – or refused to accept – in responding to his call to follow him more closely. The cry of “those who bring good news” resounds all the more in our ears, precisely when times are difficult; that cry which “goes out through all the earth... to the ends of the earth” (Rom 10:18; cf. Ps 19:4). And it resounds here, today, in this land of Central Africa. It resounds in our hearts, our families, our parishes, wherever we live. It invites us to persevere in enthusiasm for mission, for that mission which needs new “bearers of good news”, ever more numerous, generous, joyful and holy. We are all called to be, each of us, these messengers whom our brothers and sisters of every ethnic group, religion and culture, await, often without knowing it.
For how can our brothers and sisters believe in Christ – Saint Paul asks – if the Word is neither proclaimed nor heard?
We too, like the Apostles, need to be full of hope and enthusiasm for the future. The other shore is at hand, and Jesus is crossing the river with us. He is risen from the dead; henceforth the trials and sufferings which we experience are always opportunities opening up to a new future, provided we are willing to follow him. Christians of Central Africa, each of you is called to be, through perseverance in faith and missionary commitment, artisans of the human and spiritual renewal of your country.
May the Virgin Mary, who by sharing in the Passion of her Son, now shares in his perfect joy, protect you and encourage you on this path of hope. Amen.
Spagnolo 
No deja de asombrarnos, al leer la primer lectura, el entusiasmo y el dinamismo misionero del Apóstol Pablo. «¡Qué hermosos los pies de los que anuncian la Buena Noticia del bien!» (Rm 10,15). Es una invitación a agradecer el don de la fe que estos mensajeros nos han transmitido. Nos invita también a maravillarnos por la labor misionera que –no hace mucho tiempo– trajo por primera vez la alegría del Evangelio a esta amada tierra de Centroáfrica. Es bueno, sobre todo en tiempos difíciles, cuando abundan las pruebas y los sufrimientos, cuando el futuro es incierto y nos sentimos cansados, con miedo de no poder más, reunirse alrededor del Señor, como hacemos hoy, para gozar de su presencia, de su vida nueva y de la salvación que nos propone, como esa otra orilla hacia la que debemos dirigirnos.
La otra orilla es, sin duda, la vida eterna, el Cielo que nos espera. Esta mirada tendida hacia el mundo futuro ha fortalecido siempre el ánimo de los cristianos, de los más pobres, de los más pequeños, en su peregrinación terrena. La vida eterna no es una ilusión, no es una fuga del mundo, sino una poderosa realidad que nos llama y compromete a perseverar en la fe y en el amor.
Pero esa otra orilla más inmediata que buscamos alcanzar, la salvación que la fe nos obtiene y de la que nos habla san Pablo, es una realidad que transforma ya desde ahora nuestra vida presente y el mundo en que vivimos: «El que cree con el corazón alcanza la justicia» (cf. Rm 10,10). Recibe la misma vida de Cristo que lo hace capaz de amar a Dios y a los hermanos de un modo nuevo, hasta el punto de dar a luz un mundo renovado por el amor.
Demos gracias al Señor por su presencia y por la fuerza que nos comunica en nuestra vida diaria, cuando experimentamos el sufrimiento físico o moral, la pena, el luto; por los gestos de solidaridad y de generosidad que nos ayuda a realizar; por las alegrías y el amor que hace resplandecer en nuestras familias, en nuestras comunidades, a pesar de la miseria, la violencia que, a veces, nos rodea o del miedo al futuro; por el deseo que pone en nuestras almas de querer tejer lazos de amistad, de dialogar con el que es diferente, de perdonar al que nos ha hecho daño, de comprometernos a construir una sociedad más justa y fraterna en la que ninguno se sienta abandonado. En todo esto, Cristo resucitado nos toma de la mano y nos lleva a seguirlo. Quiero agradecer con ustedes al Señor de la misericordia todo lo que de hermoso, generoso y valeroso les ha permitido realizar en sus familias y comunidades, durante las vicisitudes que su país ha sufrido desde hace muchos años.
Es verdad, sin embargo, que todavía no hemos llegado a la meta, estamos como a mitad del río y, con renovado empeño misionero, tenemos que decidirnos a pasar a la otra orilla. Todo bautizado ha de romper continuamente con lo que aún tiene del hombre viejo, del hombre pecador, siempre inclinado a ceder a la tentación del demonio –y cuánto actúa en nuestro mundo y en estos momentos de conflicto, de odio y de guerra–, que lo lleva al egoísmo, a encerrarse en sí mismo y a la desconfianza, a la violencia y al instinto de destrucción, a la venganza, al abandono y a la explotación de los más débiles…
Sabemos también que a nuestras comunidades cristianas, llamadas a la santidad, les queda todavía un largo camino por recorrer. Es evidente que todos tenemos que pedir perdón al Señor por nuestras excesivas resistencias y demoras en dar testimonio del Evangelio. Ojalá que el Año Jubilar de la Misericordia, que acabamos de empezar en su País, nos ayude a ello. Ustedes, queridos centroafricanos, deben mirar sobre todo al futuro y, apoyándose en el camino ya recorrido, decidirse con determinación a abrir una nueva etapa en la historia cristiana de su País, a lanzarse hacia nuevos horizontes, a ir mar adentro, a aguas profundas. El Apóstol Andrés, con su hermano Pedro, al llamado de Jesús, no dudaron ni un instante en dejarlo todo y seguirlo: «Inmediatamente dejaron las redes y lo siguieron» (Mt 4,20). También aquí nos asombra el entusiasmo de los Apóstoles que, atraídos de tal manera por Cristo, se sienten capaces de emprender cualquier cosa y de atreverse, con Él, a todo.
Cada uno en su corazón puede preguntarse sobre su relación personal con Jesús, y examinar lo que ya ha aceptado –o tal vez rechazado– para poder responder a su llamado a seguirlo más de cerca. El grito de los mensajeros resuena hoy más que nunca en nuestros oídos, sobre todo en tiempos difíciles; aquel grito que resuena por «toda la tierra […] y hasta los confines del orbe» (cf. Rm 10,18; Sal 18,5). Y resuena también hoy aquí, en esta tierra de Centroáfrica; resuena en nuestros corazones, en nuestras familias, en nuestras parroquias, allá donde quiera que vivamos, y nos invita a perseverar con entusiasmo en la misión, una misión que necesita de nuevos mensajeros, más numerosos todavía, más generosos, más alegres, más santos. Todos y cada uno de nosotros estamos llamados a ser este mensajero que nuestro hermano, de cualquier etnia, religión y cultura, espera a menudo sin saberlo. En efecto, ¿cómo podrá este hermano –se pregunta san Pablo– creer en Cristo si no oye ni se le anuncia la Palabra?
A ejemplo del Apóstol, también nosotros tenemos que estar llenos de esperanza y de entusiasmo ante el futuro. La otra orilla está al alcance de la mano, y Jesús atraviesa el río con nosotros. Él ha resucitado de entre los muertos; desde entonces, las dificultades y sufrimientos que padecemos son ocasiones que nos abren a un futuro nuevo, si nos adherimos a su Persona. Cristianos de Centroáfrica, cada uno de ustedes está llamado a ser, con la perseverancia de su fe y de su compromiso misionero, artífice de la renovación humana y espiritual de su País.
Que la Virgen María, quien después de haber compartido el sufrimiento de la pasión comparte ahora la alegría perfecta con su Hijo, los proteja y los fortalezca en este camino de esperanza. Amén.
Portoghese
Ao ouvir a primeira Leitura, podemos ter ficado maravilhados com o entusiasmo e o dinamismo missionário presente no apóstolo Paulo. «Que bem-vindos são os pés dos que anunciam as boas novas!» (Rm 10, 15). Estas palavras são um convite a darmos graças pelo dom da fé que recebemos destes mensageiros que no-la transmitiram. E são também um convite a maravilhar-nos à vista da obra missionária que trouxe, pela primeira vez – não há muito tempo –, a alegria do Evangelho a esta amada terra da África Central. É bom, sobretudo quando os tempos são difíceis, quando não faltam as provações e os sofrimentos, quando o futuro é incerto e nos sentimos cansados e com medo de falir, é bom reunir-se ao redor do Senhor, como fazemos hoje, rejubilando pela sua presença, pela vida nova e a salvação que nos propõe, como outra margem para a qual nos devemos encaminhar.
Esta outra margem é, sem dúvida, a vida eterna, o Céu onde nos esperam. Este olhar voltado para o mundo futuro sempre sustentou a coragem dos cristãos, dos mais pobres, dos mais humildes, na sua peregrinação terrena. Esta vida eterna não é uma ilusão, não é uma fuga do mundo; é uma realidade poderosa que nos chama e compromete a perseverar na fé e no amor.
Mas, a outra margem mais imediata que procuramos alcançar, esta salvação adquirida pela fé de que nos fala São Paulo, é uma realidade que transforma já a nossa vida presente e o mundo em que vivemos: «É que acreditar de coração leva a obter a justiça» (cf. Rm 10, 10). O crente acolhe a própria vida de Cristo, que o torna capaz de amar a Deus e amar os outros duma maneira nova, a ponto de fazer nascer um mundo renovado pelo amor.
Demos graças ao Senhor pela sua presença e pela força que nos dá no dia-a-dia da nossa vida, quando experimentamos o sofrimento físico ou moral, uma pena, um luto; pelos actos de solidariedade e generosidade de que nos torna capazes; pela alegria e o amor que faz brilhar nas nossas famílias, nas nossas comunidades, não obstante a miséria, a violência que às vezes nos circunda ou o medo do amanhã; pela coragem que infunde nas nossas almas de querer criar laços de amizade, de dialogar com aqueles que não são como nós, de perdoar a quem nos fez mal, de nos comprometermos na construção duma sociedade mais justa e fraterna, onde ninguém é abandonado. Em tudo isso, Cristo ressuscitado toma-nos pela mão e leva-nos a segui-Lo. Quero dar graças convosco ao Senhor de misericórdia por tudo aquilo que vos concedeu realizar de bom, de generoso, de corajoso nas vossas famílias e nas vossas comunidades, durante os acontecimentos que há muitos anos se têm verificado no vosso país.
Todavia é verdade também que ainda não chegámos à meta, de certo modo estamos no meio do rio, e devemos decidir-nos com coragem, num renovado compromisso missionário, a passar à outra margem. Cada baptizado deve romper, sem cessar, com aquilo que ainda há nele do homem velho, do homem pecador, sempre pronto a reanimar-se ao apelo do diabo (e como age no nosso mundo e nestes tempos de conflito, de ódio e de guerra!) para o levar ao egoísmo, a fechar-se desconfiado em si mesmo, à violência e ao instinto de destruição, à vingança, ao abandono e à exploração dos mais fracos…
Sabemos também quanta estrada têm ainda de percorrer as nossas comunidades cristãs, chamadas à santidade. Todos temos, sem dúvida, de pedir perdão ao Senhor pelas numerosas resistências e relaxamentos em dar testemunho do Evangelho. Que o Ano Jubilar da Misericórdia, agora iniciado no vosso país, seja ocasião para isso! E vós, queridos centro-africanos, deveis sobretudo olhar para o futuro e, fortes com o caminho já percorrido, decidir resolutamente realizar uma nova etapa na história cristã do vosso país, lançar-vos para novos horizontes, fazer-vos mais ao largo para águas profundas. O apóstolo André, com seu irmão Pedro, não hesitaram um momento em deixar tudo à chamada de Jesus para O seguir: «E eles deixaram as redes imediatamente e seguiram-No» (Mt 4, 20). Ficamos maravilhados, também aqui, com tanto entusiasmo por parte dos Apóstolos: de tal maneira os atrai Cristo a Si que se sentem capazes de poder empreender tudo, e tudo ousar com Ele.
Assim cada um pode, no seu coração, fazer a pergunta tão importante acerca da sua ligação pessoal com Jesus, examinar o que já aceitou – ou recusou – a fim de responder à sua chamada para O seguir mais de perto. O grito dos mensageiros ressoa mais forte do que nunca aos nossos ouvidos, precisamente quando os tempos são duros; aquele grito que «ressoou por toda a terra e até aos confins do mundo» (cf. Rm 10, 18; Sal 19/18, 5). E ressoa aqui, hoje, nesta terra da África Central; ressoa nos nossos corações, nas nossas famílias, nas nossas paróquias, em qualquer parte onde vivemos, e convida-nos à perseverança no entusiasmo da missão; uma missão que precisa de novos mensageiros, ainda mais numerosos, ainda mais generosos, ainda mais jubilosos, ainda mais santos. E somos chamados, todos e cada um de nós, a ser este mensageiro que o nosso irmão de qualquer etnia, religião, cultura espera, muitas vezes sem o saber. De facto, como poderá este irmão acreditar em Cristo – pergunta-se São Paulo –, se a Palavra não for ouvida nem proclamada?
Também nós, a exemplo do Apóstolo, devemos estar cheios de esperança e entusiasmo pelo futuro. A outra margem está ao alcance da mão, e Jesus atravessa o rio connosco. Ele ressuscitou dos mortos; desde então, se aceitarmos ligar-nos à sua Pessoa, as provações e os sofrimentos que vivemos sempre constituem oportunidades que abrem para um futuro novo. Cristãos da África Central, cada um de vós é chamado a ser, com a perseverança da sua fé e com o seu compromisso missionário, artesão da renovação humana e espiritual do vosso país.
A Virgem Maria, que, depois de ter compartilhado os sofrimentos da paixão, partilha agora a alegria perfeita com o seu Filho, vos proteja e encoraje neste caminho de esperança. Amen.
***
Al termine della Celebrazione Eucaristica, dopo il saluto dell’Arcivescovo di Bangui, S.E. Mons. Dieudonné Nzapalainga, e la Benedizione finale, Papa Francesco si trasferisce in auto all’aeroporto internazionale M’Poko di Bangui per rientrare in Italia a conclusione del Suo viaggio apostolico in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana.