sabato 19 dicembre 2015

Sotto la Croce

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di Salvatrice Mancuso
Può arrivare e può succederti: nella tua vita entra un gigantesco strumento, un enorme pacco mai commissionato. Sei certo che non sia tu il destinatario, controlli sulla posta e nei carrelli di acquisti e non trovi nessun riscontro. Un po’ inquieto, sebbene abbastanza sicuro di non aspettare niente, lo guardi con la coda dell’occhio, leggi  l’etichetta con apprensione crescente, e il tuo nome  e il tuo indirizzo, battuti senza errori, non lasciano equivoci: vi appartenete.
L’ansia arriva d’un colpo: ne avevi vagamente sentito parlare, continuavi a dubitare della sua esistenza, ma adesso è tutto vero, perché anche a te è stata assegnata “la croce”. Il sangue viene all’improvviso risucchiato, tu e il mondo girate in controsenso, la voce ti esce strozzata…è lei, massiccia, di legno ruvido, pesante, anelastica. Si  colloca sulle spalle e diventa la tua compagna. Te ne vuoi subito liberare: si attivano meccanismi neurologici ancestrali di fuga, scappi, ingrani la marcia, non dormi, non mangi, cammini, esci,parli, piangi, gridi, non credi a nessuno, non ascolti nessuno, ma vuoi parlare con tutti, chiedi aiuto per rimuovere l’oggetto. Ma ormai è attaccato a te e fa paura a tutti, e chiunque vuole evitarne la vista. Voi due, tu e la croce.
E’ innanzitutto sproporzionata al tuo peso: cerchi di mantenere la stazione eretta, ma inesorabilmente ti schiaccia. Il mondo sfreccia davanti a te, le immagini della vita diventano ormai sfocate, i suoni si mescolano in un stridente rumore di fondo: tu rimani da solo in coda, restando a fissare i pochi centimetri che il tuo sguardo limitato riesce a comprendere. Finisci per non appartenere più a niente e a nessuno, solo alla croce. Se stai sotto una croce, sei nudo, non possiedi più nulla. Retrocedi  ad un’entità primordiale, con bisogni minimi: aggiustare un muscolo, spostare una spalla, bere un goccio d’acqua, poter respirare in profondità, avere asciugato il sudore..esigenze lontanissime da quando sciolto, ti muovevi liberamente, viaggiavi, facevi sport, shopping, non ti perdevi un film della stagione e gozzovigliavi per ristoranti e locali..un’altra realtà con altre dimensioni. Quel mondo è morto per te, o meglio tu sei morto per quel mondo, calpesti una nuova terra.  Abitando sotto la croce, la prima fase è di sottrazione – viene meno la normalità  e viene rimossa  gran parte della vita- e, contemporaneamente,  di segregazione  in un nuovo cluster di portatori di croce.
Poi giunge il peggio: cadi e ricadi, inciampando in più ostacoli che un campo visivo limitato non riesce a farti evitare; ti ferisci ancora di più, gemi nella disperazione senza limiti. Vuoi morire. Ma inciampando e con ferite che non si riescono più a contare, capita che qualcuno passando ti sfiori e ti presti un piccolo soccorso; qualcun altro medica le tue ferite, qualcun altro ancora ti ristora con un po’ d’acqua. E incontri anche nuove situazioni e circostanze che ti aiutano a percepire che la scena dove ti trovi è forse meno aspra, meno scoscesa, più aperta, con nuove luci che in qualche modo ti orientano. Il dolore è fortissimo, la croce è pesantissima, ma la tua vita viene raccontata con parole nuove  da persone che incrociano il tuo cammino. Brani accennati, frasi convulse, pezzi di storia,  pagine scritte,  danzano nella tua mente ricongiungendosi, intrecciandosi, aiutandoti nello svolgimento del compito cui sei stato destinato. E poi la strada si spiana, aprendosi in una verdissima prospettiva. Alzi lo sguardo rinfrancato e trovi davanti a te la spiegazione: si verifica un big bang e incontri il Cristo che ti inonda di una nuova e inverosimile energia. La forza non ti scende nei muscoli ma nel cuore, lì dove ti accorgi per la prima volta  essere operativa la cabina di regia della tua vita. Le lacrime che hanno alluvionato il terreno su cui inciampavi hanno deterso come acqua miracolosa i tuoi occhi e la tua visione: come piccole gocce di pioggia, rifrangono la realtà e la rilevano nella loro bellezza multicolore. Sei ancora più lontano dalla vita di prima, ma molto più immerso. Capisci che devi giocarti tutto, non per scrollarti la croce, ma per goderti un amore totale che è un assaggio robusto e sostanzioso del regno dei cieli che ti attende. Si finisce per continuare ad essere assegnati formalmente alla postazione di sempre: abiti lo stesso numero civico, guidi la stessa automobile, frequenti il supermercato di sempre. Ma c’è un fenomeno nuovo: gioia infinita scaturita da un amore incontenibile. E’ troppo questo amore, te lo senti montare da dietro le orbite ed esce dagli occhi che sembrano sciogliersi alla vista degli altri: l’incontro con ogni persona che gravita attorno a te non è un fatto come tanti, ma è un evento, unico, irrepetibile. E’ un abbraccio che viene immortalato nel repertorio della nostra meravigliosa vita ordinaria, vissuta all’ombra della Croce. E il dolore? Non si stanca di addolorarti, è un dolore puro, sine materia, un suono dell’anima che mantiene il cuore aperto, pulsante, sempre pronto a ricorrere all’incontro con Gesù. Dolore profondo, di massima intensità, che vive nella stessa persona che ha il privilegio di  gustare un insperato anticipo della  gioia futura. Come si fa a sopravvivere a tanto impegno spirituale? Alla fine cosa fa tutti i santi giorni una persona che ha già percorso tanta strada trascinando la croce? Inganna il tempo e lo spazio : non pensa all’anno che verrà, cristallizza ogni attimo come se fosse l’eternità, fa le prove generali di resurrezione, vive lo spazio meraviglioso su cui muove i suoi passi come anticamera di cio’ che abiteremo (un regno!)..la vita diventa un demo, su cui giochiamo la vera partita del cuore, quella per cui verremo premiati per sempre.