domenica 24 gennaio 2016

Una serata carica di attese


SOGNO DELLA FAMIGLIA ED IMBARAZZO AL TG di LA7


Da Marcello Giuliano
Una sera carica di attese
Mi dispongo ad ascoltare con interesse, e naturale simpatia, il grande giornalista televisivo Enrico Mentana, dalla consueta pacatezza, garbo, ordinario rispetto per le persone e gli interlocutori, che da sempre ha rifiutato di trasformare il giornalismo in squallida telenovela. L’ha anche più volte spiegato. Seguire la notizia solo quando ha da dire qualcosa di importante, porta ad un serio sviluppo; non lusingare la morbosa curiosità, non perseguire il pettegolezzo, cosa assai aborrita dal Santo Padre.
Un grande giornalista
Attento agli eventi della Chiesa, il Dott. Mentana, sempre ben documentato, evita il più possibile di scadere in commenti di tipo anche minimamente viscerale ed irrazionale. Direi, sinceramente partecipe di ogni cambiamento nella Chiesa, che non sia pura ricerca di novità, ma sviluppo di linee forza degne di rispetto.
Spesso appare moderatamente lieto, o addolorato, per le notizie di rilievo. Dà l’impressione di essere una persona, che voglia esprimere il proprio punto di vista con chiarezza, ma senza delegittimare, o squalificare l’interlocutore, o quanti siano oggetto della sua notizia.
Molto attento anche alla persona del Papa, chiunque Egli sia, perché rappresenta una grande comunità sul piano storico, culturale e morale.
Ma questa sera, pur dovendo parlare, come ogni sera, sembrava leggermente senza parole. Che dire: imbarazzato?, indeciso? No. Direi che avrebbe voluto avere il tempo di pensare, di riflettere di più.

Il Papa delle piazze spiazza
Papa Francesco, il Papa della Misericordia, al mattino, in un breve, quanto intenso e ben articolato discorso, rivolto ai Megistrati del Tribunale Apostolico della Rota Romana, tracciava le linee di un sognoil sogno della famiglia cristiana nel quale il Tribunale Apostolico
da sempre è «ausilio al Successore di Pietro, affinché la Chiesa, inscindibilmente connessa con la famiglia, continui a proclamare il disegno di Dio Creatore e Redentore sulla sacralità e bellezza dell’istituto familiare. Una missione sempre attuale, ma che acquista particolare rilevanza nel nostro tempo».
Sappiamo bene, e sa bene il Dott. Mentana, che queste parole significano rapporto con tutta la questione dell’indissolubilità del matrimonio e, argomento così caldo in questi giorni, la questione delle cosiddette unioni civili, unioni che definirei, meglio, “civiche”.
Il Dott. Mentana, – purtroppo cito solo a memoria le sue parole-, non può non riferire le parole del Papa: «(La Chiesa) tiene sempre presente che quanti, per libera scelta o per infelici circostanze della vita, vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa. La famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al “sogno” di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità».
Unitivo e procreativo dicono, in altre parole, che la coppia è solo tra maschio e femmina. La cosa è imbarazzante. L’attenzione della Chiesa, dunque, va non solo alle coppie eterosessuali, ma anche a persone omosessuali, ma con l’occhio attento alla verità, come dopo si esprime il Papa.
Successivamente al Card. Bagnasco, ed a Mons. Galantino, anche il Papa, indirettamente, dichiara la posizione sulle unioni civili-civiche, senza esprimere un parere politico, ma, oggettivamente, sostenendo quanti, poi, in politica, dovranno prendere le decisioni. Il Dott. Mentana precisa che non vuole dire che il Papa si stia ingerendo in politica. Sa che non è vero, e poi non ignora che il Papa è tale perché Vescovo di Roma e non può contemporaneamente non parlare alla Chiesa, alla Chiesa Italiana, alla Diocesi di Roma!
Questa la sostanza del prudente intervento del Dott. Mentana, prudente, cauto, non tanto per calcolo politico, ma, ritengo, perché interrogato dalla questione della verità. Certamente egli ha letto tutto il discorso del Santo Padre e ne ha colto la portata.

Nella testa e nel cuore
 Sarei voluto essere nella testa e nel cuore del Dott. Mentana. Cosa si sarà chiesto?
“Posso dire che il Papa sceglie contro le unioni civili? No, non è un Papa-contro, non sarebbe vero!”
“Posso dire che non voglia essere vicino a persone di orientamento sessuale diverso? Nemmeno, non sarebbe vero!”.
“Ma cosa vuol dire che  la Chiesa, come affermò Papa Paolo VI, ha sempre rivolto «uno sguardo particolare, pieno di sollecitudine e di amore, alla famiglia ed ai suoi problemi. Per mezzo del matrimonio e della famiglia Iddio ha sapientemente unite due tra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna, per il quale essi sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale?»”.
“Cosa è questa questione della verità che attraversa tutti i discorsi anche di questo Papa-non teologo e che continua a riproporre misericordia e dottrina della Chiesa?”.
 E gli altri TG?
Naturalmente giro anche su altri TG dove si dà non poco spazio alle manifestazioni, sostanzialmente pacifiche, alle manifestazioni della “sveglia”, svoltesi in 100 città. Un gran gridare, tipico della piazza, slogans di forte passione per i diritti, del riconoscimento non dei diritti della persona anche omosessuale, che in quanto persone  già possiedono, ma della equiparazione delle “unioni civili-civiche” alle famiglie.
La protesta per i diritti soppianta la riflessione e la formazione ai principi indotti dalla natura, dal segno oggettivo e simbolico che è lo stesso corpo, vero mistero, che, dietro la materia, dischiude il mistero della relazione, mistero che innalza al più grande mistero di Dio. Ma tra urla e “slogans”, di cuori  appassionati e sinceramente convinti, non c’è momentaneamente spazio per le domande del Dott. Mentana.

 
 Ma che ce fa sto Papa?

Desidero riportare il discorso del Santo Padre perché ciascuno lo possa leggere, rileggere, rimeditare attentamente, notando come, in poche righe, e relative note, il Santo Padre riesca a sintetizzare il mistero della famiglia, della famiglia di Dio. Il Papa ha a cuore la vita eterna di coloro che ama, di tutti, anche se di altra convinzione personale. Tanto che in questo discorso, come mille altre volte, ricorda anche il tema del peccato, perché in questa questione della famiglia vi è proprio, centrale, il tema del peccato dal quale Cristo vuole liberare la famiglia e il cuore di tanti fratelli.
BUONA MEDITAZIONE. SVEGLIA!


Dal “DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO
DEL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA” presso la Sala Clementina il giorno 22 gennaio 2016

Il ministero del  Tribunale Apostolico della Rota Romana è da sempre ausilio al Successore di Pietro, affinché la Chiesa, inscindibilmente connessa con la famiglia, continui a proclamare il disegno di Dio Creatore e Redentore sulla sacralità e bellezza dell’istituto familiare. Una missione sempre attuale, ma che acquista particolare rilevanza nel nostro tempo.
Accanto alla definizione della Rota Romana quale Tribunale della famiglia, vorrei porre in risalto l’altra prerogativa, che cioè essa è il Tribunale della verità del vincolo sacro. E questi due aspetti sono complementari.
La Chiesa, infatti, può mostrare l’indefettibile amore misericordioso di Dio verso le famiglie, in particolare quelle ferite dal peccato e dalle prove della vita, e insieme proclamare l’irrinunciabile verità del matrimonio secondo il disegno di Dio. Questo servizio è affidato primariamente al Papa e ai Vescovi.
Nel percorso sinodale sul tema della famiglia, che il Signore ci ha concesso di realizzare nei due anni scorsi, abbiamo potuto compiere, in spirito e stile di effettiva collegialità, un approfondito discernimento sapienziale, grazie al quale la Chiesa ha – tra l’altro – indicato al mondo che non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione.
Con questo stesso atteggiamento spirituale e pastorale, la vostra attività, sia nel giudicare sia nel contribuire alla formazione permanente, assiste e promuove l’opus veritatis. Quando la Chiesa, tramite il vostro servizio, si propone di dichiarare la verità sul matrimonio nel caso concreto, per il bene dei fedeli, al tempo stesso tiene sempre presente che quanti, per libera scelta o per infelici circostanze della vita, vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa.
La famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al “sogno” di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità.
Come affermò il beato Paolo VI, la Chiesa ha sempre rivolto «uno sguardo particolare, pieno di sollecitudine e di amore, alla famiglia ed ai suoi problemi. Per mezzo del matrimonio e della famiglia Iddio ha sapientemente unite due tra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna, per il quale essi sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale. O per meglio dire: Dio ha voluto rendere partecipi gli sposi del suo amore: dell’amore personale che Egli ha per ciascuno di essi e per il quale li chiama ad aiutarsi e a donarsi vicendevolmente per raggiungere la pienezza della loro vita personale; e dell’amore che Egli porta all’umanità e a tutti i suoi figli, e per il quale desidera moltiplicare i figli degli uomini per renderli partecipi della sua vita e della sua felicità eterna».
La famiglia e la Chiesa, su piani diversi, concorrono ad accompagnare l’essere umano verso il fine della sua esistenza. E lo fanno certamente con gli insegnamenti che trasmettono, ma anche con la loro stessa natura di comunità di amore e di vita. Infatti, se la famiglia si può ben dire “chiesa domestica”, alla Chiesa si applica giustamente il titolo di famiglia di Dio. Pertanto «lo “spirito famigliare” è una carta costituzionale per la Chiesa: così il cristianesimo deve apparire, e così deve essere. È scritto a chiare lettere: “Voi che un tempo eravate lontani – dice san Paolo – […] non siete più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,19). La Chiesa è e deve essere la famiglia di Dio».
E proprio perché è madre e maestra, la Chiesa sa che, tra i cristiani, alcuni hanno una fede forte, formata dalla carità, rafforzata dalla buona catechesi e nutrita dalla preghiera e dalla vita sacramentale, mentre altri hanno una fede debole, trascurata, non formata, poco educata, o dimenticata.
È bene ribadire con chiarezza che la qualità della fede non è condizione essenziale del consenso matrimoniale, che, secondo la dottrina di sempre, può essere minato solo a livello naturale (cfr CIC, can. 1055 § 1 e 2). Infatti, l’habitus fidei è infuso nel momento del Battesimo e continua ad avere influsso misterioso nell’anima, anche quando la fede non è stata sviluppata e psicologicamente sembra essere assente. Non è raro che i nubendi, spinti al vero matrimonio dall’instinctus naturae, nel momento della celebrazione abbiano una coscienza limitata della pienezza del progetto di Dio, e solamente dopo, nella vita di famiglia, scoprano tutto ciò che Dio Creatore e Redentore ha stabilito per loro. Le mancanze della formazione nella fede e anche l’errore circa l’unità, l’indissolubilità e la dignità sacramentale del matrimonio viziano il consenso matrimoniale soltanto se determinano la volontà (cfr CIC, can. 1099). Proprio per questo gli errori che riguardano la sacramentalità del matrimonio devono essere valutati molto attentamente.
La Chiesa, dunque, con rinnovato senso di responsabilità continua a proporre il matrimonio, nei suoi elementi essenziali – prole, bene dei coniugi, unità, indissolubilità, sacramentalità  –, non come un ideale per pochi, nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio, ma come una realtà che, nella grazia di Cristo, può essere vissuta da tutti i fedeli battezzati. E perciò, a maggior ragione, l’urgenza pastorale, che coinvolge tutte le strutture della Chiesa, spinge a convergere verso un comune intento ordinato alla preparazione adeguata al matrimonio, in una sorta di nuovo catecumenato – sottolineo questo: in una sorta di nuovo catecumenato – tanto auspicato da alcuni Padri Sinodali.
Cari fratelli, il tempo che viviamo è molto impegnativo sia per le famiglie, sia per noi pastori che siamo chiamati ad accompagnarle. Con questa consapevolezza vi auguro buon lavoro per il nuovo anno che il Signore ci dona. Vi assicuro la mia preghiera e conto anch’io sulla vostra. La Madonna e san Giuseppe ottengano alla Chiesa di crescere nello spirito di famiglia e alle famiglie di sentirsi sempre più parte viva e attiva del popolo di Dio. Grazie.
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Cf www.vaticanva.it