sabato 2 aprile 2016

Dalla durezza del cuore alla conversione




Parlare di misericordia «è un esercizio vano» se si ha «il cuore indurito». Ciò vale per tutti i battezzati, e dunque anche per i pastori della Chiesa che «possono diventare lupi», e per le nazioni quando invece di accogliere i meno fortunati alzano delle «cortine di ferro». Se dunque il perdono portato nel mondo da Gesù è per tutti, «non c’è misericordia senza conversione, contrizione del cuore, senza un tale pentimento non c’è apertura per la misericordia di Dio». 
È quanto, in estrema sintesi, ha sottolineato il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e presidente del World Apostolic Congress on Mercy (Wacom). L’occasione è stata la giornata inaugurale, svoltasi ieri presso la basilica romana di Sant’Andrea della Valle, del congresso europeo della misericordia promosso dal Wacom. Cinque intense giornate, fino a lunedì 4, intercalate da preghiere, conferenze, testimonianze, che avranno come momenti focali la veglia di sabato sera e la messa della domenica mattina con Papa Francesco. Il tutto con sullo sfondo, ovviamente, la spiritualità della Divina misericordia promossa da santa Faustina Kowalska e da san Giovanni Paolo II.
Per chiarire il concetto di misericordia il cardinale Schönborn ha subito chiarito cosa misericordia non è. «L’opposto della misericordia, è l’indurimento del cuore. Noi in Europa viviamo una situazione di questo tipo. Invece di accogliere, facciamo cortine di ferro. Ciò che è l’opposto, il contrario della misericordia è l’indurimento». Si tratta di un mistero: l’uomo può respingere questo dono gratuito di Dio. Un dono che Dio stesso ha pagato a caro prezzo. «La misericordia ha un costo, un prezzo. È costosa perché è costata la vita del Figlio di Dio». In questa prospettiva il porporato si richiama alla parabola evangelica dell’uomo guarito da Gesù nel giorno di sabato. «I cuori dei farisei si induriscono di fronte alla sua misericordia e credono di rendere onore a Dio uccidendo Gesù. È un enigma: perché la misericordia incontra un tale odio? Un tale indurimento? Anche gli apostoli mostrano a volte la loro insensibilità. Per Gesù la sofferenza maggiore è quella per gli apostoli che non capivano la sua misericordia. Come è possibile una tale durezza?».
Oggi come ai tempi di Gesù quella della durezza del cuore è una tentazione che può travolgere anche gli uomini di Chiesa. A questo riguardo il porporato cita santa Caterina da Siena che più volte ha ricordato come «noi sacerdoti, noi pastori siamo minacciati dalla durezza del cuore, che s’insinua nelle nostre vite. Così i sacerdoti diventano lupi e tanti cardinali sono diavoli». E, dunque, «parlare di misericordia è un esercizio vano se si ha il cuore indurito». Si comprende allora perché «la misericordia ha due condizioni: la verità e il pentimento. Niente indurisce il cuore quanto la giustificazione di sé. E niente apre di più velocemente le chiuse della misericordia che la coscienza del proprio peccato». In questo senso, aggiunge il cardinale, «la verità è il terreno di atterraggio della misericordia, se non c’è verità sulle nostre situazioni, Dio non può donarci la sua misericordia». E cita l’incontro, notissimo, tra Gesù e la samaritana. «Quel dialogo è un esempio bellissimo di come Gesù rispettosamente entra in contatto e si fa incontrare da lei». In quella occasione «Gesù mette a nudo la vera situazione, dice la verità». Infatti, «senza la verità non si può avere la misericordia di Gesù. Ma la verità nella sua forma giusta, e cioè bisogna dire la verità senza ferire». Si arriva dunque ad affrontare il tema della conversione del cuore, «perché non c’è misericordia senza conversione». Ed è una necessità per tutti. Non solo per le singole persone ma anche per la società e le nazioni. Che, afferma il porporato, dovrebbero pentirsi per tutte quelle «inutili guerre» che oggi stanno generando le sofferenze di tanti profughi.


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Cardinale Kasper: serve “spiritualità dagli occhi aperti”, “non dito alzato ma mano tesa” 
SIR

“Guardando al male, alle ingiustizie, alla corruzione e ai crimini orribili di oggi, solo la misericordia di Dio garantisce l’esistenza del mondo; senza la misericordia, il mondo sarebbe perduto e non esisterebbe più”. Ne è convinto il cardinale Walter Kasper, che intervenendo al Congresso apostolico europeo della misericordia ha ricordato (...) 

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Concluso il convegno della Penitenzieria apostolica sulla «Misericordiae vultus». Benvenuto a casa 

Nel sacerdote confessore il penitente dovrebbe vedere un grande, silenzioso, abbraccio paterno che dice: «Benvenuto a casa». È con questa immagine che monsignor Krzysztof Nykiel, reggente della Penitenzieria apostolica, ha concluso il convegno promosso dal dicastero vaticano sulla bolla giubilareMisericordiae vultus, svoltosi dal 31 marzo al 1° aprile. Forse anche grazie alla riscoperta di questa immagine del confessore — ha sottolineato il reggente — «uno dei frutti principali di questo anno della misericordia» è stato proprio «il ritorno al confessionale di tante persone che da molti anni non si accostavano più al sacramento della riconciliazione». Allo stesso modo, si nota la riscoperta delle opere di misericordia corporale e spirituale, su cui Papa Francesco ha insistito particolarmente invitando i fedeli «a praticarle con generosità».
Monsignor Nykiel ha poi raccomandato a ogni confessore di «accogliere i fedeli come il padre della parabola del figlio prodigo, mostrando loro la tenerezza del Padre sempre pronto a donarci il suo perdono». Infatti, ha spiegato il prelato, egli «non fa altro che accogliere ciò che Dio ha già fatto nascere nel cuore di un uomo: la nuova vita di figlio che solo Dio suscita e che lui semplicemente constata ed accoglie». Per questo motivo il Pontefice, nella bolla di indizione dell’anno santo, chiede costantemente che i «confessori siano un vero segno della misericordia del Padre», chiamati come sono a «essere sempre, dovunque, in ogni situazione e nonostante tutto, il segno del primato della misericordia».
La varietà dei contenuti e delle prospettive emersi nelle tre sessioni di lavori confermano quanto davvero la misericordia sia il cuore del Vangelo. In effetti tutto il convegno, ha spiegato il reggente, è apparso come una «grande celebrazione» della misericordia di Dio, «un inno di lode alla divina misericordia secondo le suggestive parole dell’orante del salmo 117: “Celebrate il Signore perché è buono: eterna è la sua misericordia”». 
La misericordia, ha aggiunto il prelato, è Dio Padre, che non vuole la morte del peccatore ma desidera che si converta e viva. La misericordia è Gesù Cristo, che «sulla croce ha rivelato tutta l’onnipotenza della misericordia di Dio». La misericordia è lo Spirito Santo, «amore misericordioso del Padre e del Figlio che — come ricorda l’autore del libro della Sapienza — “attraverso le età entrando nelle anime sante, forma amici di Dio e profeti”». La misericordia è infine la Chiesa, «Madre misericordiosa, dispensatrice di grazia, “serva del ministero della misericordia che si rallegra tutte le volte che può offrire questo dono divino”». In proposito il reggente ha ricordato come già nella prolusione al convegno il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, avesse sottolineato che «sulla divina misericordia del cuore divino-umano di Cristo si edifica la Chiesa, sacramento universale di salvezza e ministra della misericordia, in quanto continuazione, nello spazio e nel tempo, della presenza viva e dell’opera salvifica di Cristo». Tutta la Chiesa è, così, come “impastata” di questa misericordia e su di essa «sviluppa tutta la propria vita e missione che è quella di annunciare l’amore misericordioso del Padre». 
Nel suo intervento monsignor Nykiel ha ripercorso poi i contenuti emersi dagli interventi nel corso dei lavori. Ha evidenziato, anzitutto, che la credibilità della Chiesa «si fonda sull’annuncio della misericordia di Dio che in Gesù si è resa incontrabile e sperimentabile». Lo ha evidenziato nella sua relazione don Laurent Touze, ricordando che dalla misericordia del Padre il cristiano non riceve solo il perdono dei peccati ma anche, in Gesù Cristo e nello Spirito Santo, una vita nuova: «una vita di dolcezza, di conversione, di perdono, di giustizia, di misericordia data agli altri perché ricevuta da Dio».
Da parte sua Bruna Costacurta ha fatto osservare che colui che pende dal legno non è solamente «un uomo condannato a morte e ucciso dalla malvagità degli uomini, ma è il Figlio di Dio, vera e perfetta rivelazione della misericordia di Dio, il solo vero innocente e l’unico, decisivo Salvatore che, in obbedienza al Padre e perdonando i colpevoli, muore donando la propria vita per tutti, anche per coloro che avevano voluto provocarne la morte». Il male e la morte sono in tal modo definitivamente vinti, e l’uomo è finalmente liberato dal loro potere. 
Una testimonianza concreta di questa vittoria, ha commentato monsignor Nykiel, «l’ammiriamo nell’Immacolata concezione della beata Vergine Maria». Infatti, tutto in lei «è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne» e, come ha osservato padre Francesco De Feo, Maria è «madre della misericordia perché è la madre di colui che è la misericordia, e perché Dio le ha assegnato in modo peculiare questo ruolo nel piano dell’economia salvifica». Da oggetto e icona della misericordia divina Maria «ne diventa una via privilegiata di attualizzazione. È la Madre immacolata, «piena di grazia e di misericordia, che ci esorta a non avere paura di abbandonarci all’amore misericordioso del suo Figlio che ha vinto il male alla sua radice, liberandoci dal suo domino». 
Tutta l’opera di Gesù, ha aggiunto il reggente, è proprio un’opera di misericordia e di perdono, come ha spiegato padre Serge Thomas Bonino. Nel suo libro autobiografico Memoria e identitàGiovanni Paolo ii ha affermato che c’è un limite divino imposto al male ed è la misericordia. A contatto col peccato, ha detto il reggente, «l’amore di Dio, non si spegne, ma si infiamma di più e diviene misericordia». Ma essa, secondo l’avvertimento di padre Josè Granados, «non si limita a tollerare il male che abbiamo causato. Questo sarebbe troppo poco». Al contrario, la misericordia ci ricorda «la nostra bontà originaria e, in questo modo, opera in noi una rigenerazione: ci permette di nascere di nuovo; ci reintegra alla vita secondo l’alleanza con Dio». 
Inoltre, la misericordia «aiuta il figlio a riconoscere la sua incancellabile dignità filiale». Infatti, come hanno testimoniato Ernesto Olivero e Salvatore Martínez, l’esperienza della misericordia fiorisce in noi come opera di misericordia. «In questo amore — ha detto — nasce e si sviluppa la vita cristiana. Il cristiano che ha realmente sperimentato l’amore misericordioso di Dio non può che essere, a sua volta, testimone e portatore della divina misericordia: “beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”». Infatti, ha sottolineato il prelato, chi sperimenta l’amore di Dio «è spinto alla compassione per i poveri, gli ultimi e per tutti coloro che ancora non hanno accolto l’amore di Dio nella propria vita». 
La misericordia di Dio ci rende «sempre più misericordiosi e ci aiuta a percorrere più speditamente la strada della santità secondo l’esempio dei numerosi santi e beati che hanno fatto della misericordia la loro missione di vita». Nella Chiesa — come ha spiegato padre Antonio Sicari presentando sei giganti di santità e di misericordia: Teresa di Gesù Bambino, Faustina Kowalska, Vincenzo De’ Paoli, Damiano de Veuster, madre Teresa di Calcutta e Leopoldo Mandić — non è «mai mancato l’annuncio della misericordia e innumerevoli santi l’hanno sempre testimoniata e vissuta». Ma è significativo che, proprio tra la fine del secolo xix e gli inizi del xx, Dio «abbia deciso di inviare all’umanità un nuovo richiamo, urgente, ampio, solenne e ripetuto, alla sua misericordia»: un richiamo che «abbiamo scoperto essere una caratteristica anche delle altre grandi religioni specialmente nell’ebraismo e nell’islam». 
Infine, il reggente ha concluso ricordando che Massimo Introvigne, nella sua esposizione, ha messo in luce come le grandi religioni, «pur nelle loro diverse sensibilità e vedute», manifestino «una nostalgia della misericordia che è premessa per un dialogo difficile ma necessario, in un mondo che ne ha bisogno».

L'Osservatore Romano