mercoledì 13 aprile 2016

Dottrina e fede cristiana

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L’esortazione «Amoris laetitia» tra Newman e Paolo VI. 

(Maurizio Gronchi) «Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi» (Evangelii gaudium, 223). Questa espressione di Papa Francesco, impiegata nella sua prima esortazione apostolica, è diventata più chiara nella seconda: «Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica autonomia» (Amoris laetitia, 261). Educare i figli alla responsabilità e alla libertà è ciò che si richiede a un padre e a una madre.
La Chiesa avverte come propria questa responsabilità educativa: desidera che i figli di Dio maturino nella libertà, verso la gioia dell’amore, non nella paura del castigo. L’ultimo documento papale scaturisce dal cuore materno della Chiesa, che guarda a tutti i suoi figli chiamati ad amare, con gli occhi pieni dell’amore di Gesù. In questa prospettiva è possibile comprendere l’intero testo pontificio, riconoscendogli una priorità pedagogica che, lungi da fare sconti, alza la posta in gioco: «Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (Amoris laetitia, 325).
Lungo i secoli la Chiesa ha custodito con grande cura e fermezza il cuore della sua fede — il Signore Gesù morto e risorto per tutti — attraverso l’invito costante a nutrire lo sguardo della fede con la carità nel confronti del prossimo. La professione della fede e l’esistenza nell’amore sono sempre state percepite come inseparabili. Mentre attraverso i tempi capitava di occupare spazi (con l’impero cristiano, ad esempio) nondimeno si sono avviati sempre nuovi processi di conversione che hanno impedito al fiume della tradizione di ristagnare nei bacini palustri in cui la sostanza viva del Vangelo rischiava d’intorbidirsi.
I processi della vita e quelli del pensiero credente sono avanzati insieme: ne è un esempio la luminosa testimonianza del beato John Henry Newman, che scriveva: «Qui sulla terra vivere è cambiare, e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni» (Lo sviluppo della dottrina cristiana). Il 28 aprile 1990, a un secolo dalla morte, il cardinale Ratzinger illustrava l’intimo nesso tra lo sviluppo della dottrina e quello della vita cristiana: «Newman ha esposto nell’idea dello sviluppo la propria esperienza personale d’una conversione mai conclusa, e così ci ha offerto l’interpretazione non solo del cammino della dottrina cristiana, ma anche della vita cristiana».
L’esortazione Amoris laetitia invita chi la legge a coniugare dottrina e vita nell’orizzonte dinamico della grazia, che conduce la Chiesa a una più profonda comprensione esperienziale dell’amore di Dio riversato dallo Spirito nel cuore dei credenti. Mezzo secolo fa con la costituzioneMirifici eventus Paolo VI indiceva un giubileo straordinario perché il concilio potesse fruttificare spiritualmente e radicarsi effettivamente in ogni Chiesa locale, intorno al vescovo.
E il 23 aprile 1966, in un’omelia per il giubileo straordinario, il Papa aveva cura di ricordare la riaffermazione della tradizione autentica di verità e di costume che il Vaticano II portava con sé: «non sembra questa riaffermazione, a prima vista, una riforma, perché invece di mutamenti produce rinnovazione, ma la rinnovazione è, per molti riguardi, la più vera riforma, è quella che si compie negli animi più che nelle cose; negli animi immemori, negli animi dubbiosi, negli animi stanchi, negli animi superficiali, negli animi fluttuanti ad ogni vento di moderna opinione (cfr. Eph., 4, 14), e ricorda che la verità divina non muta e che sempre è feconda di luce e di vita, per chi docilmente la accoglie».
Questi preziosi segmenti della tradizione più recente ci permettono di accogliere Amoris laetitia nella consapevolezza che l’immutabilità della fede e lo sviluppo dottrinale non si oppongono. Anzi, secondo un’idea cara al cardinale Newman, una fedele conservazione dei principi immutabili della fede è possibile solamente facendo sviluppare tutte le loro virtualità.
L'Osservatore Romano