mercoledì 25 maggio 2016

I costi e le assurdità delle unioni civili



di Daniele Guarneri
Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Hanno voluto una legge, se la sono scritta e l’hanno fatta approvare con la fiducia, sia alla Camera sia al Senato. Passeranno alla storia come quelli che finalmente, dopo anni e anni di attesa, hanno allargato i diritti familiari alle coppie omosessuali. Oppure, come quelli che hanno combinato un bel pasticcio.
Quella sulle unioni civili è una legge che, a pochi giorni dalla sua approvazione, mostra già tutti i suoi difetti. Al di là di tutte le questioni morali, etiche e religiose – umane sarebbe meglio dire – che Tempi non ha mai sottovalutato, la legge Cirinnà dimostra di creare più problemi di quelli che risolve. Il primo riguarda l’aggravio sui conti dell’Inps: grazie alla legge, infatti, le pensioni di reversibilità sono estese anche alle unioni civili. Non sarebbe un problema se, come previsto dal nostro ordinamento, questa legge avesse l’adeguata copertura finanziaria. Eppure qualche mese fa, visti i conti dell’Inps, il governo aveva paventato l’ipotesi di erogare la pensione di reversibilità in base all’Isee del coniuge sopravvissuto, facendo scattare immediatamente l’allarme e la protesta da parte di chi con quella pensione vive. E ancora, nemmeno venti giorni fa, Tito Boeri, presidente dell’Inps, aveva dato una “bella” notizia ai giovani nati negli anni Ottanta: non andrete in pensione prima dei 75 anni. Perché qualche mese fa per salvare i conti del principale istituto previdenziale si facevano tali annunci se poi i soldi per pagare altre migliaia di persone ci sono? Non vorranno farci pensare che ci sono cittadini di serie A e di serie B?

Il testo delle unioni civili prevede dai 3,7 milioni di euro per il 2016 fino ai 22,7 per il 2025 per un totale, nei prossimi dieci anni, di 130 milioni di euro. Qualcuno aveva già storto il naso quando la legge fu approvata in Senato, ma allora per discuterne non c’era stato nemmeno il tempo di un caffè al bar. Leggendo la relazione tecnica che accompagna le legge sulle unioni civili, si scopre che gran parte di questi 130 milioni di euro è destinata agli sgravi Irpef per il “coniuge” omosessuale a carico. Per le pensioni di reversibilità la cifra stanziata è assai inferiore: si va da 100 mila euro per il 2016 a 6,1 milioni per il 2025, per un totale in dieci anni di soli 25,3 milioni di euro. Ora che la maggioranza canta vittoria, a far suonare il campanello d’allarme non sono i soliti “bigotti medioevali” dell’opposizione, ma una dichiarazione di mister Inps in persona che, probabilmente involontariamente visto che a fargli occupare quella carica è stato proprio questo governo, ha scoperto le carte in tavola: «C’è sicuramente un aggravio di costi per il sistema, ed è inevitabile che ci sia, ma è nell’ordine di qualche centinaio di milioni, quindi sostenibile», ha detto Boeri.
Come qualche centinaio? «Per le “centinaia di milioni” certificate dalla massima autorità nel settore, la legge prevede poco più di 25 milioni di euro. Se fossero anche solo 200 milioni ci sarebbe già un buco di 175 milioni di euro», fa notare Lucio Malan, senatore di Forza Italia, che a Tempi spiega: «A suo tempo avevo depositato presso la commissione bilancio una relazione alternativa a quella del governo in cui stimavo il costo totale di questi matrimoni in 4,5 miliardi di euro nei primi 10 anni, di cui circa 3,7 per le pensioni di reversibilità».
L’enorme discordanza è presto spiegata: «Il mio calcolo si basa sul fatto che attualmente si spendono circa 55 miliardi di euro per la reversibilità. Secondo un’indagine Istat il 6,7 per cento della popolazione ha risposto a un questionario del 2012 dicendo di essere omosessuale/bisessuale, ma solo il 2,4 per cento lo ha dichiarato pubblicamente. Ho calcolato il 6,7 e il 2,4 per cento di 55 miliardi dimostrando che la reversibilità nei prossimi 10 anni ci costerà tra gli 1,32 e i 3,69 miliardi di euro, altro che 25 milioni». Che la copertura di bilancio per questa legge sia manifestamente sottostimata e calcolata in modo incongruente si nota sempre dalla relazione governativa: «Sulle detrazioni per il coniuge a carico si stimano 67 mila unioni civili in dieci anni, a proposito di reversibilità, invece, la cifra scende inspiegabilmente e magicamente a 30 mila. Come mai?», incalza Malan.
Semplici trucchetti
Un altro “errore” macroscopico lo ha fatto notare il senatore del Nuovo centrodestra Maurizio Sacconi: «Le regole di contabilità pubblica richiedono per la spesa previdenziale una proiezione degli oneri ad almeno 10 anni, in quanto devono essere stimati nel momento in cui se ne dispiegano compiutamente gli effetti. Effetti che in questo caso si manifestano quando la nuova platea dei civil-uniti raggiungerà il tasso medio di mortalità. Ed è evidente che considerando solo i prossimi 10 anni, per fortuna, pochi sono i decessi previsti con le conseguenti pochissime prestazioni».


Il trucchetto utilizzato è davvero semplice: «Il governo ha stimato un’età media delle coppie che si “unioncivilano” inferiore ai cinquant’anni. In questo modo ha spostato il peso economico della reversibilità, perché si presume che un 40-50enne viva ormai fino a 80 anni. Quindi il superstite inizierà a ricevere la pensione del compagno non prima del 2045», spiega Malan, che rincara la dose: «La realtà è ben diversa. Ricorda le esultanze dopo la fiducia al Senato? Tutti a festeggiare perché dopo almeno trent’anni di attesa l’Italia si era finalmente dotata di una legge che tutelasse le “migliaia” di coppie omosessuali. Credo però che una persona che aspetta così a lungo difficilmente abbia meno di cinquant’anni. A unirsi nel simil-matrimonio saranno soprattutto coppie sopra i 50 anni e quindi le prestazioni di reversibilità inizieranno ben prima di quanto previsto dal governo. Nel 2014, quando Ignazio Marino aveva trascritto nel registro comunale di Roma le unioni di 16 coppie omosessuali, quante di quelle persone avevano meno di cinquant’anni?».
In attesa dei decreti attuativi
Ma i pasticci non sono ancora finiti. È stato ancora Sacconi a spiegarlo: «L’allargamento imponderabile della platea dei beneficiari determinerà oneri che sono stati ampiamente sottovalutati e che aumenteranno quando la corte costituzionale italiana non potrà che accogliere il ricorso di quanti segnaleranno la disparità di trattamento con le stabili convivenze eterosessuali, magari con figli».
Le nuova legge, effettivamente, si riferisce sia alle unioni civili sia alle cosiddette convivenze di fatto, ma se alle prime concede il diritto alla pensione di reversibilità, alle seconde questo privilegio non è garantito. Esemplifica Malan: «Mario e Maria, insieme da trent’anni, tre figli, che per qualche motivo non si sono sposati, non potranno mai accedere alla pensione di reversibilità. Ma attenzione, non possono nemmeno accedere alla nuova formazione sociale nata con la Cirinnà, perché questa è solo per le coppie omosessuali. Fossero stati Mario e Mario, o Maria e Maria avrebbero potuto costituire un’unione civile in modo da garantirsi tutti i diritti finora garantiti alla famiglia tradizionale». «Dove sta la giustizia in questo caso? Mario e Maria potrebbero benissimo fare ricorso ed è difficile che la Corte non prenda in considerazione le loro legittime richieste».
A quel punto le spese per l’Inps sarebbero ancora maggiori: altro che le previsioni di Boeri. Anzi, altro che le previsioni di Malan. Tanti esempi si potrebbero fare ancora: nel caso in cui un uomo divorzi e costituisca una unione civile, alla sua morte chi riceverà la pensione di reversibilità? Il nuovo partner o l’ex moglie? Oppure, se una persona contrae più di un’unione civile – tanto più che non esiste obbligo di fedeltà e il “divorzio” per queste coppie è molto più semplice e rapido rispetto a un normale matrimonio – come si regoleranno fra loro gli ex partner una volta che il congiunto sarà passato a miglior vita?
A queste domande dovrebbero rispondere i decreti attuativi della legge e se non lo faranno in maniera esplicita sarà ancora una volta la giurisprudenza che dovrà prendere posizione. Possiamo immaginare, comunque, che ex moglie e nuovo partner, per non discriminare nessuno, saranno considerati in modo egualitario e quindi la pensione di reversibilità sarà erogata in modo proporzionale alla durata delle due “diverse” relazioni. Un altro segno, se ancora ce ne fosse bisogno, che equipara il matrimonio all’unione civile.
Null’altro che un simil-matrimonio
Queste sono solo alcune delle problematiche emerse nei primi giorni dopo il voto alla Camera. Ma sarebbero dovute bastare al presidente della Repubblica perché considerasse la possibilità di rimandare la legge al Parlamento. «La Costituzione afferma che una legge per essere approvata debba avere un’adeguata copertura finanziaria. Se questa non c’è, è diritto del presidente, anche senza entrare nel merito del testo, rimandare il tutto alle Camere. La maggior parte delle volte che una legge è stata respinta è perché non c’era una copertura finanziaria sensata», spiega il senatore forzista.
Entrando nel merito del testo, poi, «c’è il grande problema dell’articolo 29 della Carta che prevede la tutela specifica del matrimonio. Possono sforzarsi in ogni modo di farci credere il contrario, ma è evidente che la legge Cirinnà richiama questo articolo della Costituzione. Non si può dire che le unioni civili non siano un matrimonio solo perché non si chiamano così o perché per loro non c’è obbligo di fedeltà. E poi c’è l’articolo 3 che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini: non è rispettata visto che le unioni civili sono dedicate solo a persone omosessuali. Delle due l’una: o è un matrimonio sotto falso nome, e quindi vìola l’articolo 29, oppure è davvero una cosa diversa e quindi non c’è ragione per cui non vi possano accedere le coppie eterosessuali».
La questione dello stralcio della stepchild adoption che una parte della maggioranza ha sbandierato come vittoria è un contentino di poco valore visto che in materia di adozione resta fermo quanto previsto dalla legge. Ancora una volta il Parlamento ha perso l’occasione di fare il suo mestiere, lasciando al giudice il compito di interpretare la norma in base ai casi a lui sottoposti. Melita Cavallo, ex presidente del tribunale dei minori di Roma e capo del dipartimento di giustizia minorile, nel 2015 ha firmato ben 15 sentenze di adozioni da parte di coppie omosessuali. «Questa legge non evita che i giudici diano la possibilità alle coppie omosessuali di adottare», spiega Malan. «In realtà li incoraggia. Queste sentenze ci sono già state anche se le coppie omosessuali non erano legate da nessun vincolo davanti allo Stato. Figuratevi ora che è passata la legge. Perché mai i giudici non dovrebbero continuare a consentire queste adozioni? Soltanto perché rispetto al matrimonio non c’è l’obbligo di fedeltà? Perché il loro stare insieme non si chiama matrimonio ma unione civile? E se questo ragionamento non lo farà un giudice ordinario, lo farà certamente un giudice europeo. A Bruxelles non vanno a vedere se si chiama matrimonio o unione civile, guardano la sostanza, e qui la sostanza è esattamente identica».
Tornando alla questione economica legata alle pensioni di reversibilità, ora che il presidente della Repubblica ha deciso di non rimandare il testo alle Camere, trovare la copertura finanziaria non sarà comunque un grande problema. Si tagliano alcune spese, si aumenta qualche tassa. Un ritorno della legge avrebbe avuto più che altro un sapore simbolico e avrebbe permesso ai due rami del Parlamento di rivedere il testo della legge. «La discussione si sarebbe riaperta. Questo non vuol dire che il Parlamento avrebbe fatto un deciso passo indietro sul ddl Cirinnà, ma sicuramente avrebbe potuto fare qualcosa di meglio», precisa Malan.
Invece la legge entra in vigore così com’è, ed è inevitabile che a rimetterci saranno i cittadini. «L’unica soluzione, se non sarà eliminare la pensione di reversibilità a tutti, sarà quella di diminuire i coefficienti con cui si calcola oggi il contributo dell’Inps», dice Malan. Ma altre proposte stanno arrivando. La prima è quella di Claudio Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega Nord: «La pensione di reversibilità è nata nel 1939 come incentivo alla natalità, un’assicurazione alle madri che sceglievano di restare a casa per fare e accudire i figli. Allora – ha detto Borghi a Libero – basterebbe modificare la legge sulla reversibilità prevedendo che il beneficio a tutte le coppie che si uniscono da oggi in poi, in qualsiasi forma, venga concesso solo in presenza di figli. Così si eviterebbero abusi, recuperando anche il senso dello strumento». Una soluzione interessante ma di difficile attuazione perché ci sarebbero da tenere in considerazione un ventaglio infinito di aspetti: se uno ha avuto dei figli e questi sono morti, cosa facciamo? Togliamo la reversibilità anche a loro? E quelle donne che hanno smesso di lavorare per tentare di avere figli ma non ci sono riuscite?
Ottime notizie per le badanti
Finora si è parlato della parte della legge che riguarda le unioni civili. Come detto, una parte del testo è dedicata anche alle convivenze di fatto. Fate attenzione perché qui viene il bello: nella legge, infatti, sono inserite involontariamente delle ottime notizie per le badanti: in sostanza, d’ora in poi le domestiche possono andare a letto serene, senza avere l’ansia che quando il vecchietto che curano amorevolmente morirà, figli, mogli o avidi parenti del defunto le caccino di casa dall’oggi al domani. Non ci crederete, ma è proprio così. Lo spiega bene a Tempi Massimiliano Fiorin, esperto di diritto coniugale e autore di molti testi sull’argomento.
A partire dalla definizione delle convivenze di fatto si possono scorgere non poche incognite: «Sono considerati conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune. E attenzione, questa coppia può essere sia eterosessuale sia omosessuale, per la legge non c’è differenza. A queste convivenze sono state estese alcune delle prerogative riservate fino a ieri ai coniugi: i diritti previsti dall’ordinamento penitenziario; quello di visita in ambito sanitario; la facoltà di designare il partner come rappresentante anche per le decisioni legate alla donazione degli organi. Ma soprattutto i diritti inerenti la casa».
Sposati a loro insaputa
È qui che iniziano i problemi: «In caso di morte di uno dei due partner, infatti, l’altro ha diritto a subentrare nel contratto di locazione, può continuare a vivere in quella abitazione per almeno due anni e fino a cinque, a seconda della durata del loro legame affettivo». Come è possibile? Semplice: basta che la badante abbia la residenza nella stessa abitazione, faccia una richiesta al Comune e dia appuntamento ai vigili urbani per verificare che effettivamente abita lì. «Poi dimostrare di avere un legame affettivo con l’anziano sarà un gioco da ragazzi», spiega Fiorin.
Conferma tutto anche l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace che a Libero ha detto che, grazie a questa legge, «ci sarà molta materia anche per gli avvocati perché prevedo ricorsi e congestionamento dei tribunali». A forza di voler disciplinare qualsiasi cosa, si è riusciti a equiparare le convivenze a un matrimonio: «È come se i conviventi di fatto fossero sposati a loro insaputa. Però questo è anticostituzionale: non si può obbligare una coppia che vuole solo convivere ad avere diritti e doveri che non ha chiesto. Lo Stato trasforma i sentimenti in doveri economici, e non è giusto».

Foto Ansa