sabato 4 giugno 2016

Alle origini della Bellezza

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di Antonio Gaspari

Bello e brutto sono i temi che caratterizzano anche l’epoca moderna.
Tanto è bella e luccicante la modernità tecnologica e frenetica, quanto brutto il nichilismo che alimenta il mal di vivere.
Ma, che cos’è bello e che cos’è brutto?
Il relativismo morale ed estetico ha mescolato tutto in una liquidità che è a volte maleodorante.
Dopo aver dibattuto sul tema nel corso di diverse conferenze svolte all’interno del progetto culturale di “Alleanza Cattolica”, Stefano Chiappalone collaboratore di “Radio Maria” e della rivista “La Roccia” ha pensato bene di raccogliere le sue riflessioni nel libro “Alle origini della Bellezza” edito da Cantagalli.
Ha scritto Chiappalone nell’ultima di copertina “Anche l’uomo del XXI secolo resta senza parole di fronte a castelli, cattedrali, opere d’arte di un passato lontano in cui scorgiamo un riflesso di quel “paradiso perduto” cui ciascuno anela nel profondo del cuore.
La ricerca della bellezza è tanto radicata in noi, da manifestarsi non solo nei grandi capolavori, ma persino nella vita quotidiana, dall’abito che indossiamo alla musica che ascoltiamo.
Lungi dall’essere superflua, proprio nei tempi più difficili la sete di bellezza si fa più ardente (…) Quando il cammino si fa oscuro, la bellezza è dunque essenziale nella misura in cui, guarendo i nostri cuori anestetizzati, si rivela portatrice di speranza”.
Per approfondire un tema così affascinante, ZENIT ha intervistato Stefano Chiappalone.
Perché un libro sulla bellezza?
Questo libro nasce da una serie di conferenze svolte a partire dal 2007 nell’ambito di Alleanza Cattolica, che mi hanno dato l’opportunità di “rendere ragione” di un interesse che non era solo personale, ma poteva contribuire a costruire quella “società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio” auspicata da San Giovanni Paolo II.
In poche parole,  come ci hanno ricordato ripetutamente gli ultimi pontefici, dal beato Paolo VI fino a Papa Francesco, significa che “annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove” (Evangelii Gaudium). Lo splendore della Creazione, dell’arte, di persone “belle” come i santi parlano anche a noi, uomini del III millennio che a volte siamo indifferenti alla verità e al bene, ma non possiamo restare indifferenti alla bellezza.
Tutto questo ha dei risvolti anche a livello sociale: il rapporto con il bello (o con il brutto) dice molto sullo stato di salute più profondo di una società. Occorre pertanto anche rieducarci a contemplare, ricercando le origini della bellezza.
Quali le ragioni che ti fanno sostenere che l’umano nasce vive e cerca bellezza? 
Ce lo dimostra la nostra stessa esperienza quotidiana: dall’abbigliamento all’arredamento, siamo costantemente alla ricerca di qualcosa di “bello”, che esprime e allo stesso tempo plasma la nostra vita.
Nel mio personale “pellegrinaggio”, mi colpì in particolare una frase di Benedetto XVI: “la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra speranza”.
È sufficiente un piccolo esperimento: proviamo a immaginare di eliminare l’estetica dai nostri ambienti quotidiani: al posto dei nostri mobili, uno scaffale perfettamente funzionale ma freddo; al posto dei nostri abiti, delle casacche uniformi, efficaci contro il caldo e contro il freddo, ma prive di anima; potremmo avere tutto, ma senza bellezza la nostra casa assomiglierebbe ad un carcere. Anche chi non ha nulla, sarebbe ancor più povero senza di essa.
Per questo Papa Francesco, oltre alle opere di carità verso i poveri, ha voluto anche invitarli a visitare la Cappella Sistina, ad assistere ad un concerto, nella consapevolezza che la più grande povertà del nostro tempo scaturisce da quella fame di speranza che colpisce, allo stesso tempo, chi ha la pancia vuota, come pure chi è “sazio e disperato”, riprendendo un’espressione del card. Giacomo Biffi.
Che cos’è la bellezza e perché è linguaggio universale??
È più facile da contemplare che da descrivere, autori nettamente più autorevoli del sottoscritto ne hanno dato molte definizioni, ma in poche parole potremmo dire che la bellezza è la luce più profonda della realtà: ci permettere di scorgerne non solo i tratti, le forme e i colori, come la luce esteriore; ma ce ne svela l’intrinseca bontà, il fatto che nulla è irrimediabilmente perduto.  Parafrasando il linguaggio liturgico potremmo dire che la bellezza è al tempo stesso ricordo dell’Eden perduto ma anche segno e pegno della gloria futura.
Essa non si limita all’aspetto esteriore: è la luce, non la tappezzeria del mondo. Per comprenderlo mi hanno aiutato molto le riflessioni di un benedettino francese, François Cassingena-Trevedy sulla “Pasqua estetica”, cioè l’Amore stesso (il più bello tra i figli dell’uomo, come dice il Salmo 44) che si lascia sfigurare sulla croce, ma proprio così ci mostra la vera bellezza, quella dell’Amore che fa dono di Sé. Di qui la risposta a questa domanda: poiché esprime l’amore, la bellezza è autoevidente, è una comunicazione diretta, che punta al cuore.
Non in senso puramente sentimentale, ma anche perché ci porta ad “allargare la ragione” (un tema caro a Benedetto XVI), spingendola ad uscire dalla logica dell’utile, del funzionale, per aprirsi alla logica del dono e dell’amore.
Parafrasando il titolo del tuo libro, chi è alle origini della bellezza?
Rispondo con una domanda: perché l’albero, il fiore, l’uomo e la donna sono belli? Conosciamo la natura dal punto di vista biologico, fisico, chimico, ma tutto questo non ci spiega quel “di più” che ci colma di stupore.  Come non pensare allora ad un messaggio d’amore da parte di Chi ha voluto disseminare di bellezza l’intera creazione?
Pensiamo anche alle opere dell’uomo: sarebbe impossibile produrre bellezza senza tener conto, almeno implicitamente, della natura spirituale dell’uomo, della sua tensione verso l’infinito. Altrimenti, tanto varrebbe limitarsi all’efficienza meccanica. Come spiegare inoltre l’arte scaturita dalla fede cristiana? Sembra davvero che tanti artisti abbiano intinto i pennelli direttamente nel cielo!
Mentre ultimavo questo testo mi sono ritrovato in una piccola ma graziosa cappella per l’adorazione del Santissimo Sacramento. Nel gioco di rimandi tra la forma architettonica (tipicamente ambrosiana) dell’ostensorio e le forme dell’edificio, il pensiero è volato ai secoli in cui una fioritura di bellezza è germogliata letteralmente intorno all’Eucaristia: cosa sono le chiese e le cattedrali, se non grandi tabernacoli che mostrano Cristo nei sacramenti?
E cosa sono i tanti ospedali medievali (anch’essi capolavori) che mostravano Cristo nei pellegrini e nei malati?
Rieducare noi stessi e il prossimo a contemplare, sospendendo il nostro tempo di urgenze e scadenze, diviene così un’opera di misericordia spirituale particolarmente necessaria per gli uomini della nostra epoca, certamente segnata da una crisi di speranza, ma con un mai sopito desiderio di allargare il proprio cuore.