martedì 21 giugno 2016

"E il Verbo si fece carne", 1 volta sola, però...



Di “Incarnazione” ce ne è una


Da Matteo Carletti
Uno degli aspetti principali della religione induista è la credenza in molteplici divinità. Al vertice delpanheon ve ne sono però tre principali: Brahma. Vishnu e Shiva, rispettivamente (e sinteticamente) il dio della creazione, della conservazione e della distruzione del mondo. Vishnu, di solito rappresentato mentre regge con le sue quattro braccia, il disco, il loto, la conchiglia e la clava (simboli di strumenti di potenza e di controllo del mondo), secondo la tradizione induista, periodicamente “scende” nel corpo di un essere umano (avatara) e ristabilisce il Dharma (l’ordine cosmico). L’ottava avatara di  Visnu, Krishna, è raccontata in uno dei testi sacri più importanti dell’induismo classico, la Bhagavad-gita. La storia ha come sfondo un’imminente battaglia di proporzioni epiche che vede fronteggiarsi fra di loro due rami familiari. Si tratta di ristabilire la legittimità del potere regale usurpato da una fazione di malvagi. Il testo, carico di immagini allegoriche, richiama in filigrana il perenne conflitto tra il bene e il male, il cui esito risulterà decisivo per le sorti dell’umanità. I protagonisti di questo racconto epico sono, dunque, Krishna (ottava avatara di Visnu) e Arjuna (erede di una delle famiglie in lotta). Krishna viene presentato come amico e maestro di Arjuna, sua vera guida spirituale, e risponderà alla sua profonda richiesta di verità. Krishna illustrerà al suo devoto discepolo, quella che egli stesso definisce, “l’antica scienza dello yoga”, con l’articolazione in “tre vie”.
All’immagine di Krishna (e più in generale nel concetto di “avatara”) in molti hanno cercato di inquadrare anche la figura di Gesù di Nazaret, il Cristo (immagine del Dio incarnato), ritenendolo addirittura un suo avatara. Non mancano i riferimenti, spesso polemici, alla presunta costruzione a tavolino della religione cristiana, che avrebbe attinto da altre fonti più antiche, le sue più importanti peculiarità. Certamente ciò che rende unico il Cristianesimo è l’incarnazione di Dio Onnipotente, espressione massima dell’amore di Dio stesso per l’uomo.  Ma in che modo l’incarnazione di Cristo si differenzia dall’avatara induista? Per la tradizione visnuita la “discesa” di dio avviene in un corpo poiché il mondo ha perso il suo ordine. In questo senso la divinità entra in quel corpo, ma non è quel corpo. Si serve della corporeità per compiere la sua missione, ma non ne rimane vincolata. Anche oggi nel mondo occidentale con il termine “avatar” si intende (nel campo del web ad esempio) l’utilizzo di un’immagine che io scelgo per farmi rappresentare temporaneamente. Potrei scegliere una mia foto, come quella di un calciatore o di un eroe dei fumetti. Pur facendomi “rappresentare” da quell’immagine è evidente che io non sono quell’immagine. Quando, invece, si parla di incarnazione nel Cristianesimo si fa riferimento all’evento concreto in cui Dio scende in un corpo e con tale azione lo rende divino. “L’assunzione da parte di Dio stesso di quest’anima e di questo corpo conferisce a quest’uomo attributi, diritti, doni, e privilegi unici superiori a tutto ciò che si possa immaginare” (Pietro Parente). È per questo che possiamo dire di Gesù che Egli è vero Dio e vero uomo. Il motivo (l’amore di Dio) dell’incarnazione rende la stessa qualcosa di unico. S. Tommaso insegna che Dio è la bontà stessa ed il bene di per sé tende a diffondersi, a comunicarsi, per questo l’Incarnazione era conveniente alla natura divina poiché è il modo più grande di comunicarsi del Sommo bene alla creatura. Il Verbo si è fatto carne perché noi così conoscessimo l’amore di Dio. San Paolo ce lo ricorda più volte, come in Fil2:“[Gesù], pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.  Il Cristianesimo, va detto, già nei primi secoli aveva combattuto diverse eresie cristologiche che avevano tentato di ridurre la figura di Cristo alla sola dimensione umana. Si pensi alla più nota, l’arianesimo, o ad altre come l’adozionismo, che vedeva in Gesù un solo strumento contingente, subordinato alla potenza del Padre, per compiere la Sua missione. Per quanti, dunque, credano di aver scoperto “il trucco” del Cristianesimo, si rassegnino, poiché la loro risposta è vecchia più di duemila anni.