domenica 19 giugno 2016

La Chiesa rivaluti il ruolo della donna



donne in preghiera

di Bruno Forte

L’espressione “femminicidio” è purtroppo diventata frequente nei nostri mezzi di comunicazione. La terribile realtà che essa esprime provoca giuste reazioni di sdegno e impegna la ricerca di soluzioni preventive alla violenza cieca che spinge tanti uomini a compiere delitti efferati e vigliacchi sulle donne. Ciò che occorre soprattutto, però, è favorire la crescita di una mentalità capace di valorizzare l’importanza e il ruolo delle figure femminili nella vita e nella società e di motivare il rispetto assoluto dovuto a ogni persona.
L’emancipazione della donna è stata certamente uno degli aspetti di maggior rilievo del processo emancipatorio caratteristico dell’età moderna: essa ha investito tanto la sfera sociale, dove ha sollecitato il passaggio dal privato al pubblico della partecipazione e della creatività femminile, quanto la sfera personale, dove ha rivendicato una gestione della parola e dei comportamenti e un rapporto con la propria identità anche corporea da parte della donna, che fossero retti da un principio di autonomia e non condizionati da alcuna dipendenza.
Nelle sue realizzazioni storiche questo processo ha non solo prodotto l’ampliamento effettivo degli spazi di presenza e di partecipazione attiva delle donne nelle diverse espressioni della vita culturale, sociale e politica, ma ha anche avviato una nuova presa di coscienza riguardo alle situazioni di oppressione esistenti in questo campo in ogni parte del mondo e alle urgenze di liberazione che vi sono connesse. La nuova emergenza del «femminile» a livello di consapevolezza critica e di progettualità di cambiamento si è a sua volta tradotta in prassi liberatrici, che si collegano al più generale processo storico di liberazione degli oppressi.
Anche in ambito ecclesiale la rinnovata coscienza del femminile si è fatta strada, alimentando la nascita e lo sviluppo di varie forme di «teologia al femminile», proposte come «teologia dell’integralità» umana. Si è evidenziata la reciprocità uomo – donna come condizione dell’armonico sviluppo della persona; si è denunciato ogni atteggiamento che releghi la donna in un ruolo regressivo e mortificante; in campo teologico si è riscoperta Maria, la madre di Gesù, come «tutt’altro che passivamente remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare che Dio è vindice degli umili e degli oppressi e rovescia dai loro troni i potenti del mondo» (Paolo VI).
In questa luce, è emersa la storia spesso oscurata del protagonismo femminile all’interno della comunità cristiana e si è andato delineando in tutta la sua rilevanza il ruolo che la donna esercita, tanto a livello di vita consacrata, quanto nelle più diverse espressioni della vita familiare e sociale. Si è avvertito il bisogno di dare maggior rilievo al «carisma mariano» nella Chiesa, tale da integrare e alimentare lo stesso «carisma petrino» dei pastori (H. Urs von Balthasar). Questa nuova coscienza ha trovato un’espressione convinta nella Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II, coraggioso manifesto della dignità e dell’emancipazione femminile, di cui diede una lettura entusiasta tra altri Maria Antonietta Macciocchi, l’autrice di Pour Marx.
Ciò che urge è che questa coscienza rinnovata si traduca in effettivi spazi di partecipazione della donna alle responsabilità e alle decisioni nella vita del popolo di Dio, non in alternativa ad altri ruoli, ma in una reciprocità autentica e feconda. Su questo orizzonte la strada è aperta ed esige l’audacia di nuovi passi, la cui invenzione spetta certamente anzitutto alle donne, non senza però l’apporto creativo e solidale di tutte le componenti della realtà ecclesiale, in particolare dei pastori, chiamati a operare il discernimento dei diversi doni e servizi nella comunione del popolo di Dio.
Da parte sua, Papa Francesco ha più volte sottolineato l’urgenza della promozione della presenza femminile nella Chiesa: “Le donne – ha affermato parlando ai Vescovi del Brasile il 27 Luglio 2013, nei primi mesi del suo pontificato – hanno un ruolo fondamentale nel trasmettere la fede e costituiscono una forza quotidiana in una società che la porti avanti e la rinnovi. Non riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa perde le donne, nella sua dimensione totale e reale rischia la sterilità”.
E sul volo di ritorno da Rio de Janeiro a conclusione della Giornata Mondiale della Gioventù 2013 ai giornalisti che lo accompagnavano ha detto: “Una Chiesa senza le donne è come il Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità… ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna, quella che aiuta la Chiesa a crescere! La Madonna è più importante degli Apostoli! È più importante! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre … Credo che noi non abbiamo fatto ancora una profonda teologia della donna, nella Chiesa”.
Recentemente, poi, il Papa ha aperto all’idea di creare una commissione che studi la possibilità del diaconato alle donne, inteso non come replica del diaconato maschile, ma come un ministero originale misurato sui carismi propri della presenza femminile e tale da incidere con la parola, la testimonianza e il servizio sul rinnovamento profondo della vita ecclesiale.
La via è dischiusa a sviluppi che potranno essere rilevanti per tutti, non solo per le donne e neanche solo per la comunità cristiana, che proprio in questo campo potrebbe avere un ruolo importante di promozione e di stimolo all’intera società: ad esempio, un ministero della “paráklesis”, ovvero della “consolazione”, riservato alle donne ed esercitato attraverso la prossimità caritatevole, l’ascolto e il discernimento spirituale, la predicazione e l’insegnamento, oltre che la guida di alcune forme e momenti della preghiera comunitaria e, in generale, dell’azione caritativa della comunità, potrebbe costituire una prima forma di riconoscimento del fondamentale protagonismo femminile nella vita della comunità cristiana al servizio della crescita di tutti nella carità e nella fede. La docilità all’opera dello Spirito è in questo campo più che mai necessaria e il rinnovamento coraggioso nella fedeltà non potrà non richiedere l’impegno di tutti in una Chiesa e una società di donne e uomini liberi e responsabili.
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Fonte: Il Sole 24 Ore, domenica 19 giugno 2016, pp. 1 e 8