mercoledì 22 giugno 2016

Tra i filari del lambrusco...


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Quel metro di trincea tra i filari del lambrusco

di Costanza Miriano
Sono diverse le cause che hanno provocato il mio ritardo nel finire di leggere Pensieri del lambrusco, di Camillo Langone, che mi vanto di essere andata a comprare prima che uscisse (avevo sbagliato settimana). La prima è del tutto estranea al libro: è finita la scuola, e tutti i secondi in cui non lavoro sono circondata dalla prole. La qual cosa succede anche più o meno durante l’anno scolastico, però poi in inverno a una cert’ora i figli svengono dal sonno, mentre in estate vengono spinti in camera solo col lanciafiamme, e fino a quel momento trovare il modo di aprire un libro presenta alcune criticità (si sa infatti che nulla provoca domande difficili, richieste irrealizzabili ed esigenze urgenti quanto la vista di un’anziana madre che legge). L’altro problema è stato il fatto che il libro mi è stato requisito da altri membri della famiglia, che avevano stabilito di doverlo leggere impellentemente, e prima di me.
Infine, e qui il problema è mio, quando finalmente ho potuto, ho esitato, perché la cultura di Camillo mi getta in uno stato di prostrazione, spalancandomi le praterie della mia ignoranza – un’ignoranza senza lacune, alla Flaiano – e convincendomi definitivamente che l’ultimo libro che mi rimane da scrivere avrà il titolo di quello di Nora Ephron: Non mi ricordo niente (sottotitolo: Se mai ho saputo qualcosa).
Detto questo, perché deprimersi? C’è qualcuno che sa le cose anche per me, ed è anche un amico. Qualcuno che aiuta a riordinare le idee, a mettere in chiaro sensazioni magari percepite confusamente, a smontare a suon di informazioni, dati certi, notizie vere, i luoghi comuni più ritriti del pol. corr. (il politicamente corretto, detto al modo del Foglio, sulle cui colonne alcune delle riflessioni contenute nel libro sono apparse sotto forma di Preghiera quotidiana). Come ha scritto Antonio Gurrado, è un libro che rende inutile l’atto del sottolineare, tanto è prezioso, tanto è tutto da sottolineare.
Rispetto a quanto era stato, solo in parte, scritto sul Foglio, l’espediente narrativo di descrivere la realtà di oggi, di domattina, di ieri pomeriggio al passato remoto, suscita un curioso effetto. Come quando ti svegli da un sogno terribile e ti accorgi che in realtà non è ancora tutto perduto – i figli non li hai persi al parco, la casa non è bruciata perché hai dimenticato una pentola, non hai litigato con la tua migliore amica, non hai maltrattato tuo marito – e ti viene voglia di essere una persona migliore, e telefoni all’amica e sei bravissima in cucina e conti i figli ogni due secondi quando esci con loro, esattamente allo stesso modo leggere il libro di Camillo ti mette voglia di fare qualcosa perché l’orribile realtà descritta al passato non sia. Non so se fosse il suo intento; sono certa comunque che anche se lo fosse non lo ammetterebbe mai, perché dichiara sempre di essere pigro e poco desideroso di darsi da fare per cambiare il mondo, almeno le parti che sono tanto evidentemente sotto il dominio del suo principe. Ma io credo che solo chi ama il piccolo metro di trincea che gli è stato consegnato da difendere trovi le motivazioni per continuare a scrivere. Anche contro voglia, anche sbuffando, ma le trova, perché non può fare a meno di custodire il posto che gli è stato assegnato. Di difendere, conservare, pregare, come aveva dichiarato nel Manifesto della destra divina.
E così Langone ci difende dagli attacchi del nemico – contro l’invasione è il sottotitolo, quasi dimenticavo – che sgancia dall’alto bombe di ogni guisa: per ognuna, in ordine alfabetico, da ambientalismo a veganismo, passando per femminismo genderismo omosessualismo nichilismo, il libro schiera la contraerea, fatta di radici, consapevolezza, fatta di un giudizio certo sulla realtà, fatta di mirabile sapere e della certezza di un’appartenenza. Passano le pagine e vorresti che il libro non finisse mai, perché ti senti meno solo, ti senti consolato, e ti viene voglia di svegliarti dal brutto sogno, e di contribuire a rimettere in ordine le cose, i muri dove servono, i ponti dove mancano, i maschi che fanno i maschi, i preti che fanno i preti, gli italiani che fanno gli italiani, perché accogliere la propria chiamata e prenderne ogni giorno il giogo al meglio è tutto quello che ci è chiesto, è tutto quello che ci è dato.