mercoledì 22 giugno 2016

Una storia di figlio in figlio...



di Benedetta Frigerio

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Taglio di capelli giovanile, calzoncini, t-shirt, crocifisso e madonnina al collo. Giacomo Celentano porta il suoi 48 anni con l’aria di un ragazzo che potresti incontrare alla Gmg. Vicino alla chitarra e alle foto di papà Adriano e di mamma Claudia ci sono volumi con la Madonna in copertina e sulle pareti immagini cristiane. Giacomo alla Chiesa si è avvicinato dopo «anni di buio», come li chiama lui. Anni in cui di Dio non voleva sapere, ma che lo hanno portato ad essere un cristiano convinto, disposto, «anche se è impopolare», a testimoniare la sua fede di fronte al mondo. Per questo «sono contento che il 20 giugno si andrà in piazza a difendere la famiglia».
Cosa significa crescere in un mondo dove la fama e il successo sono tutto?
Devo dire che i miei genitori fin da quando ero piccolo hanno fatto di tutto per far crescere me e le mie sorelle come persone normali. Sono stato educato come qualsiasi bambino di una famiglia italiana degli anni Settanta, giocando con gli amici in cortile, suonando la chitarra e facendo sport. Quello dei miei genitori per me era solo un mestiere. Da questo punto di vista mi sentivo uguale al figlio del panettiere.
L’anno scorso è uscito il suo libro Nel nome del padre. Come mai ha voluto parlare al pubblico di paternità?A dire il vero l’editore, Piemme, mi ha invitato a farlo dopo la pubblicazione del mio primo libro La luce oltre il buio. Ho accettato, perché in questa società la figura paterna è in crisi. Oggi ci fanno credere che bastano la mamma e il figlio per formare una famiglia. Io non sono assolutamente d’accordo con queste visioni, e tanto meno con l’ideologia gender. La realtà è stata creata da Dio, l’unico modello valido per me è il Suo: l’uomo e la donna che unendosi generano figli. Nel libro lo spiego parlando di Dio padre, di papà Adriano e di me come padre di Samuele.
A un certo punto però lei fuggì da questo Padre e anche il rapporto con papà Adriano si incrinò. Cosa accadde?
A 23 anni cominciai a lavorare come cantautore, pubblicai un album, Dentro il bosco, distribuito da Caterina Caselli. Avevo una carriera rosea davanti a me. Ma pur facendo ciò che volevo non ero pienamente felice. Allora non ero più praticante e me ne stavo lontano dalla Chiesa. Una notte di settembre del 1990, però, ebbi un problema respiratorio. Pareva una cosa da nulla, invece fu una rivoluzione per la mia vita. Smisi di fare ciò che volevo: cantare. Gli esami clinici dicevano che ero in perfetta salute, eppure l’insufficienza respiratoria continuava. Lasciai lo sport e cominciai a non uscire più di casa, mi allontanai da tutto. Ero diventato un vegetale. Mi abbandonarono gli amici, la fidanzata e anche mio padre non capiva. Finché un giorno mi disse: «Vivrò solo per curare te». Mi sentii oppresso e scappai ad Asiago, dove mi ospitò un prete. Dopo poco trovai lavoro. Un giorno, era ormai il 1993, una inserviente di zia Anna mi invitò a Roma. Dopo due giorni, senza avvisarmi, arrivò mio padre che mi abbracciò. Fui sorpreso, ci riconciliammo e mi spinse a decidere che fare della mia vita.


Era guarito?
La mia non fu una guarigione improvvisa. Chiamo i sette anni della mia malattia, gli anni bui dove cominciò la mia ricerca di Dio: «Cosa vuoi da me? Cosa devo fare?», gli domandavo. Mi feci seguire da un prete, padre Emilio, nel discernimento di quel lungo travaglio. Finché nel 1997, quando ormai risiedevo a Milano, una mia vicina di casa cominciò a parlarmi di Dio. Lì incontrai il volto misericordioso di Gesù e fu l’uscita dal tunnel: mi sentivo amato e tornai a essere un praticante fervente. Quella vicina di casa era Katia, mia futura moglie. Grazie a un bravo medico scoprii poi che l’insufficienza respiratoria era il modo con cui si manifestava l’ansia che avevo dentro. Ma con il tempo, più mi avvicinavo a Dio, più l’ansia scompariva. La grazia di questa lenta ma completa guarigione diede forza alla mia fede. E così tornai a cantare.
Come cambiò la sua visione del mondo?
Vedo la confusione. Penso all’avvento dell’ideologia gender secondo la quale una persona può determinare la sua identità, scegliendo se essere uomo o donna a prescindere dalla natura, minando alle radici il progetto naturale e divino di famiglia. Penso alle catastrofi ambientali e alle guerre in tutto il mondo. È un periodo storico durissimo, non a caso la Madonna appare da 34 anni a Medjugorje. Non è mai accaduto che la Madre di Dio restasse con noi per tanto tempo e ciò dovrebbe farci riflettere sul periodo che stiamo vivendo. Il 25 gennaio del 1991 la Madonna disse: «Satana è forte e desidera distruggere non solo la vita umana ma anche la natura e il pianeta su cui vivete. Perciò, cari figli, pregate per poter essere protetti con la benedizione della pace di Dio. Lui mi ha mandato tra voi per aiutarvi. Se volete, afferrate il Rosario, può fare i miracoli nel mondo e nella vostra vita».
Non le fa paura?
La Madonna dice che chi sta con Dio, chi prega, non deve aver paura. E poi Lei viene proprio per proteggerci e accompagnarci in questo tempo così travagliato.
Questa fede è diversa da quella in cui lei è cresciuto. Le sue sorelle, ad esempio, hanno posizioni diverse, sulla sessualità addirittura opposte. Che ripercussioni ha avuto questa conversione sui suoi affetti?
Papà e mamma sono cristiani di buon senso e so che su molte cose concordano con me. Ovviamente con mia moglie e mio figlio condivido tutto. Le mie sorelle invece hanno avuto un percorso diverso dal mio. Lo rispetto come loro rispettano il mio. Com’è noto abbiamo idee differenti sulle questioni legate all’ideologia gender e all’omosessualità, ma questo non ci divide perché come persone e sorelle le amo.
Cosa ne pensa della manifestazione di Roma contro le unioni civili previste dal ddl Cirinnà al vaglio del Senato?
Credo che questo evento sia un fatto molto positivo. Oggi molti cristiani hanno paura di difendere il progetto di Dio davanti a tutti, temendo di non essere capiti. Magari sono pii, partecipano anche a gesti religiosi, ma non vogliono mettere a repentaglio la propria posizione. La Madonna il 2 giugno scorso, mentre ero a Medjugorje, ci ha incoraggiati attraverso la veggente a dire la verità con coraggio e senza paura, perché solo così vincerà. Lo prendo come un invito dal Cielo.
Andando in piazza non teme di urtare sua sorella o che si alzi un muro fra voi?
Direi di no. Ho già detto che c’è rispetto e in un momento in cui la famiglia è in pericolo mi sembra il minimo che chi la difende possa far sentire la propria voce. Finora, invece, ad avere coraggio di battersi è stato solo chi la vuole distruggere. Quello che sta accadendo deciderà delle future generazioni e andare in piazza è una testimonianza di coraggio che serve anche a evangelizzarle.
Quanto le costa questa fede?
Beh, affermare queste cose è impopolare. Nel mondo della musica non posso negare di essere spesso isolato a causa delle mie convinzioni, ma non mi importa. Oggi quel che conta per me non è il successo, ma il non essere lontani da Dio. Resto comunque dove sono perché credo che Dio ci metta lì dove siamo, dandoci dei talenti, per mostrarsi agli altri.

Tempi