mercoledì 6 luglio 2016

Imparare a pregare 5




Capitolo 2: Le condizioni di una preghiera che porta frutto

"Ci sono parecchie anime che pensano di non avere affatto l'orazione e nondimeno ne hanno molta, e altre invece che pensano di averne molta e ne hanno solo pochissima".
GIOVANNI DELLA CROCE, SALITA DEL MONTE CARMELO

1. Le disposizioni che rendono feconda la vita di preghiera.

La prima cosa da affermare è che la qualità principale della preghiera è la fedeltà. Gesù non chiede di pregare bene, ci chiede di pregare sempre!
La fedeltà produrrà tutto il resto. La lotta principale nella vita di preghiera è la perseveranza. Come nota Teresa D'Avila, il demonio mette in opera tutto per distogliere le anime da questa fedeltà, utilizzando tutti i pretesti possibili e immaginabili: non serve a niente, non sei degno di pregare, perdi solo tempo, lo farai domani anzichè oggi, c'è questa emergenza a cui non puoi sottrarti, sarebbe un vero peccato perdere questa trasmissione alla televisione, cosa penseranno di me....... La santa spiega che è logico che il demonio ci combatta fortemente in questo campo, perchè un'anima che è fedele alla preghiera è persa per lui in maniera certa. Cadrà ancora molte volte, probabilmente, ma dopo ogni caduta avrà la grazia di rialzarsi più in alto.

Seconda cosa: la nostra preghiera sarà buona e feconda se è fondata sulla fede, sulla speranza e sull'amore.

a)  La preghiera è essenzialmente un atto di fede. E' anzi il primo modo e il più naturale per esprimere la nostra fede. A una persona che dicesse: "Credo, ma non prego", si potrebbe a ragione porre la domanda: "In quale Dio credi? Se il Dio in cui credi è il Dio della Bibbia, il Dio vivente, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio con cui Gesù passava le sue notti chiamandolo "Abbà", com'è possibile che tu non abbia la minima voglia di rivolgerti a Lui?". In realtà non appena ci mettiamo in preghiera facciamo un atto di fede: credere che Dio esiste, che vale la pena rivolgergli la parola e metterci al suo ascolto, che egli ci ama, che è bene dedicargli una parte del nostro tempo....

Ciò che realizza l'unione con Dio non è nè la sensibilità nè l'intelligenza, ma la fede.
Spieghiamo questo.

La sensibilità umana è una cosa molto preziosa: quante volte le nostre chiese si svuotano per via di celebrazioni troppo fredde e verbose, incapaci di risvegliare la minima emozione a parte la... noia! Bisogna fare di tutto perchè nella vita della Chiesa, e in particolare nella vita liturgica, si manifestino  una bellezza e un fervore sensibili, che tocchino i cuori.
Detto ciò, bisogna però anche riconoscere i limiti della sensibilità. E' indispensabile "gustare Dio", ma ciò che noi gustiamo di Dio non è ancora Dio! Dio è infinitamente più grande, infinitamente al di là di tutto ciò che la nostra sensibilità può farci afferrare. In tal senso l'atto di fede supera il sentimento e ci fa incontrare davvero Dio, anche quando siamo nel vuoto più totale, quando il nostro cuore è arido come il deserto del Sahara. Anzi: il fatto di restare fedele alla preghiera anche nell'aridità ci rende progressivamente più liberi nei confronti della nostra affettività. La nostra cultura spinge fortemente a lasciarsi governare unicamente dalla sensibilità e ciò conduce a molte forme di immaturità o addirittura di schiavitù. Quando il rapporto con gli altri per esempio è fondato solo sul piacere provato si è nell'infantilismo. La vera libertà consiste nell'amare l'altro così come egli è, che mi piaccia o no; la fedeltà alla preghiera è un'educazione preziosa in questo senso...