martedì 12 luglio 2016

La prima volta di Luigi e Zelia Martin

Luigi e Zelia Martin



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di don Silvio Longobardi e Lidia Pace
La santità di Luigi e Zelia è ricamata di quelle opere che appartengono alla vita coniugale e familiare. In apparenza, niente di eccezionale. E tuttavia proprio questa santità ci mette in crisi perché riguarda proprio noi che siamo chiamati ad una vita ordinaria. Essi insegnano i sentieri quotidiani della santità: la fedeltà con cui hanno vissuto, la costante ricerca della volontà Dio, l’obbedienza anche nella prova.
Teresa di Lisieux, che può essere considerata la prima postulatrice dei suoi genitori, scrive: “Il buon Dio mi da dato un padre e una madre più degni del cielo che della terra” (LT 261, al rev. Bellière, 26 luglio 1897). Il cuore della santità dei coniugi Martin è il primato dato a Dio, sempre, compiendo scelte eroiche consumate nel segreto di una vita coniugale e familiare ordinaria. Hanno custodito e alimentato la comunione coniugale; hanno accolto con generosità i figli che il Creatore ha loro donato, preoccupandosi di farli crescere nella fede e nell’amore di Dio per poi offrirle una ad una nella loro scelta verginale; hanno servito i poveri, certi di servire il Signore; hanno alimentato una vita di preghiera e di offerta facendo anche del lavoro una lode all’Onnipotente e annunciando con la vita il Regno di Dio; hanno accolto con donazione le dure prove della vita ed infine si sono abbandonati con gioia tra le braccia del Padre quando l’eternità, da loro sempre sognata, si avvicinava.
I coniugi Martin non sono diventati santi per caso ma per scelta, hanno saputo custodire con fedeltà quel desiderio di consacrazione che aveva illuminato la loro giovinezza e, nella via del matrimonio, li ha sospinti a vivere la fede, giorno dopo giorno, con eroica determinazione, facendo dell’esistenza un’offerta di amore.
Ritratto di Luigi
Luigi Martin è nato il 22 agosto 1823 a Bordeaux, quasi 600 km a sud di Parigi, nei pressi della costa atlantica. Insieme alla sua famiglia, egli si trasferì prima ad Avignone, poi a Strasburgo e, infine, nel 1831, ad Alençon, nella terra d’origine della famiglia Martin. Nel corso della giovinezza, Luigi ha vissuto in diverse città per imparare l’arte dell’orefice, tra cui a Strasburgo, al confine con la Germania. Per un certo tempo è stato anche a Parigi. È un’esperienza che mette fortemente alla prova la sua fede, come lui stesso racconta alla moglie, ma ne esce vincitore (Cfr. Zelia, LF 1, 1° gennaio 1863).
È un giovane coraggioso, amante del bene e desideroso di aiutare il prossimo. La figlia Celina ritiene che la scelta di vivere da religioso nel Gran San Bernardo fosse legata anche ad una certa “attrattiva del rischio per correre in soccorso ai viaggiatori in pericolo sui ghiacciai” (Celina Martin, Incomparabili genitori, OCD, Roma 20093, 21). Ricorda, infatti, che suo padre era un ottimo nuotatore e non poche volte, da giovane, aveva salvato qualcuno. Una volta rischiò di perdere la vita perché la persona che stava annegando si aggrappò così fortemente a lui da paralizzare i movimenti” (ivi). A questi ricordi, necessariamente trasmessi dallo stesso Luigi, si aggiungono quelli personali: “Se di notte suonava la campana a martello, annunziante un incendio, egli si alzava subito per correre là dove il pericolo era maggiore” (ivi). Nella guerra franco-prussiana del 1870 vi è pericolo di una chiamata alle armi anche per gli uomini non più giovani: “Mio marito non se ne scompone affatto, non chiederebbe dei favori e dice spesso che, se fosse libero, andrebbe ad arruolarsi nei franchi tiratori” (Zelia, LF 62, 30 novembre 1870). Un atteggiamento come questo non si può improvvisare, ma è l’espressione coerente di un carattere forgiato dalla vita.
Ritratto di Zelia
La famiglia Guérin inizia la sua vita nel comune di Gandelain, non lontano da Alençon. Zelia nasce il 23 dicembre 1831 e racconta di aver sofferto molto durante la sua infanzia perché la madre non aveva verso di lei quelle attenzioni di cui aveva bisogno una bambina. Questo disagio si esprimeva in violenti emicranie, soprattutto tra i 7 e i 12 anni (Cfr. Zelia, LF 213, 15 luglio 1877). In una lettera al fratello Isidoro, Zelia ricorda senza rimpianti il tempo della sua fanciullezza: “La mia infanzia, la mia giovinezza sono state tristi come un sudario, perché, se la mamma ti viziava, invece con me, tu lo sai, era troppo severa; quantunque tanto buona, non mi sapeva prendere e così il mio cuore ha molto sofferto” (Zelia, LF 15, 7 novembre 1865). In queste parole possiamo intravedere la vivace intelligenza e la grazia del discernimento che Zelia utilizzerà anche nella sua esperienza educativa.
L’esperienza familiare incide nel suo animo e senza dubbio lascia una traccia indelebile nel suo carattere. E, tuttavia, Zelia non ne rimane schiava. Anzi, con intuito soprannaturale accoglie e custodisce la devozione mariana della madre ma rigetta con decisione il rigorismo educativo, dando alla sua maternità una forte impronta di tenerezza e di fiducia, premessa di quella dottrina della piccola via, fondata appunto sulla misericordia e sulla fiducia, che Teresa saprà più tardi elaborare. Nella nostra vita ci sono spesso ferite che risalgono al tempo della famiglia, esperienze che pesano come macigni e che inevitabilmente influenzano il nostro carattere e le nostre scelte. L’esperienza di Zelia ricorda che nessuno è schiavo del proprio passato, con la grazia di Dio possiamo e dobbiamo spezzare le catene del male.
L’incontro e le nozze
Luigi e Zelia s’incontrano nell’aprile del 1858. Luigi portava nel cuore qualcosa che lo distaccava dagli altri, tant’è vero che ad un certo punto decise di acquistare una casa in un luogo più riservato per farne il suo personale eremo. Forse non aveva mai preso in seria considerazione l’idea del matrimonio, voleva vivere in solitudine e offrire così la sua vita. L’incontro con Zelia cambiò tutto. Anche Zelia, quando lo ha visto per la prima volta, attesta di aver udito una voce interiore: “È quello là che ho preparato per te” (Piat, Storia di una famiglia, 57).
Sia a causa della sua educazione rigorosa che della sua personale esperienza coniugale, Zelia ha maturato idee molte chiare sul matrimonio. Lo possiamo dedurre da una lettera in cui rimprovera il fratello Isidoro perché non si decide a sposarsi e gli offre preziosi consigli sulla scelta della donna da sposare: “L’essenziale è cercare una vera donna di casa, che non abbia paura di insudiciarsi le mani nel lavoro e che non abbia a cuore la toeletta più del necessario, che sappia allevare i figli nel lavoro e nella pietà. Una donna così ti farebbe paura; non è abbastanza distinta agli occhi del mondo; ma le persone di buon senso la preferirebbero con nulla ad un’altra con cinquantamila franchi di dote e priva di queste qualità” (Zelia, LF 10, 14 luglio 1864). Questa lettera, che Zelia scrive il giorno dopo il sesto anniversario delle sue nozze, risente della sua esperienza coniugale e familiare.

La stima reciproca, l’onestà morale e la fede viva di entrambi permise di affrettare le nozze che furono celebrate tre mesi dopo, il 12 luglio, nella bellissima chiesa di Notre-Dame. Alle ore 22.00 viene celebrato il matrimonio civile, due ore dopo entrano in chiesa e con pochi intimi hanno celebrato il rito religioso. “Le grandi opere di Dio – scrive p. Piat – si compiono nel silenzio notturno e l’unione donde doveva nascere la santa di Lisieux era appunto segnata da una impronta di grandezza” (Storia di una famiglia, 58)