venerdì 8 luglio 2016

Quando l’aereo è in volo sembra lento



Cinque indicazioni per il cammino ecumenico. 

(Kurt Koch) Guardando all’ultimo mezzo secolo di impegno ecumenico, il primo paragone che mi viene in mente è con un viaggio in aereo. Questo inizia, dopo prolungati preparativi, con un rullaggio velocissimo sulla pista e un decollo altrettanto rapido. Appena si raggiunge l’altitudine giusta e l’aereo si libra in aria, è facile avere l’impressione di non muoversi più, o perlomeno di farlo solo lentamente. Tuttavia, ogni passeggero dovrebbe essere sostenuto dalla speranza certa che l’aereo raggiungerà di sicuro la destinazione. Per quanto riguarda l’impegno della Chiesa cattolica per l’unità tra i cristiani, il concilio Vaticano II è stato il rullaggio veloce sulla pista, con cui la Chiesa ha trovato un nuovo atteggiamento verso il movimento ecumenico. 
Ma dopo più di cinquant’anni, continuiamo, per così dire, a muoverci ancora nell’aria, o almeno così può sembrare a molti. Rimane però la legittima speranza che anche l’aereo ecumenico di sicuro atterrerà. Ciò vale ancor più se pensiamo al vero pilota, lo Spirito Santo, che ha fatto iniziare questo viaggio e che certamente lo condurrà alla meta.
All’epoca, l’indizione del Vaticano II ha suscitato grandi speranze, e in non poche persone ha alimentato l’attesa di un’imminente unità dei cristiani. Intanto è emerso chiaramente che il cammino ecumenico è più lungo e anche più difficile di quanto si pensasse allora. Perciò è opportuno lasciare l’immagine del viaggio aereo per passare a quella del cammino terreno, e più precisamente al cammino dei discepoli verso Emmaus, domandandoci che cosa può dirci per i prossimi passi nella riconciliazione ecumenica.
In primo luogo, bisogna prendere sul serio l’immagine del cammino. Nella situazione ecumenica attuale è fondamentale che i cristiani, uomini e donne, che vivono in comunità cristiane diverse, siano in cammino insieme sulla strada verso l’unità e facciano insieme tutto ciò che è possibile fare insieme. L’esperienza ecumenica c’insegna che l’unità cresce nel camminare e che essere in cammino insieme significa praticare già l’unità. Questa prospettiva sta molto a cuore soprattutto a Papa Francesco, che ha espresso la sua convinzione ecumenica con le pregnanti parole: «L’unità non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino» (omelia nella solennità della conversione di san Paolo apostolo, celebrazione dei vespri, 25 gennaio 2014). È questa prospettiva che oggi deve essere approfondita e, soprattutto, vissuta concretamente. Essere in cammino insieme: è questa la prima indicazione che ci offre il racconto profondo tratto dal capitolo pasquale di Luca.
Il cammino dei discepoli verso Emmaus indubbiamente non è una gita di piacere. Anzi, i discepoli sono pieni di tristezza per ciò che è accaduto a Gerusalemme e parlano tra loro e con lo sconosciuto accompagnatore di ciò che non dà loro pace. E così ci viene data una seconda indicazione per il cammino: l’ecumenismo autentico vive nella mutua partecipazione alla vita degli altri, nella gioia e nel dolore, così come lo ha espresso Paolo con questa bella immagine: «Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte» (1 Cor 12, 26-27). Attualmente, una dimostrazione particolare di questa regola di vita della comunione ecumenica sta nel triste fatto che dobbiamo assistere a persecuzioni di cristiani in una misura che è unica nella storia. I cristiani oggi non vengono perseguitati perché sono protestanti o pentecostali, ortodossi o cattolici, ma perché sono cristiani. Il martirio oggi è ecumenico, e dobbiamo parlare di un vero e proprio ecumenismo dei martiri o di un ecumenismo di sangue. Di fatto, il sangue di così tanti martiri nel mondo attuale non divide, ma unisce. Nella percezione di questa realtà è insita una grande sfida, che Papa Francesco ha espresso con la memorabile frase: «Se il nemico ci unisce nella morte, chi siamo noi per dividerci nella vita?» (Discorso al movimento del Rinnovamento nello Spirito, 3 luglio 2015). In effetti, non è umiliante che quanti perseguitano i cristiani a volte hanno una visione ecumenica migliore rispetto a noi cristiani? Vedo nell’esperienza della persecuzione e del martirio, comune a tutti i cristiani, il segno più convincente dell’ecumenismo oggi. Ma in Europa lo prendiamo davvero sufficientemente sul serio?
Nello scambio di esperienze della sofferenza, sulla strada di Emmaus i discepoli si guardano intorno alla ricerca di una parola liberatrice e se la lasciano offrire dal loro sconosciuto compagno di viaggio, che spiega loro la sacra Scrittura. Da qui emerge la terza indicazione, che consiste nel fatto che noi cristiani ci avviciniamo di più gli uni agli altri quando ascoltiamo insieme la parola di Dio e ne parliamo insieme. La Riforma e il conseguente scisma nel XVI secolo erano legati a una interpretazione controversa della Bibbia e sono arrivati fin dentro alla sacra Scrittura. Per questo anche il superamento della divisione e il ripristino dell’unità possono diventare possibili solo sulla via di una lettura comune della sacra Scrittura. Più ci immergiamo nel mistero di Gesù Cristo e della sua parola, più riusciamo a trovare la strada gli uni verso gli altri.
Certo, ai discepoli di Emmaus gli occhi si sono aperti solo quando il Signore ha spezzato il pane con loro, risvegliando così nel loro cuore un desiderio profondo di unità. La quarta indicazione è dunque la comprensione che noi uomini non possiamo fare l’unità da soli, né possiamo deciderne la forma e il tempo, ma possiamo solo farcela donare. Noi uomini possiamo creare divisioni: ce lo dimostrano sia la storia sia il presente. L’unità la possiamo solo ricevere, orientandoci alla volontà di Gesù e presentandogli questo desiderio nella preghiera. All’inizio del movimento ecumenico c’è stata l’introduzione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Si è trattato sin dal principio di un movimento di preghiera, e solo come tale rimarrà sul cammino. La preghiera per l’unità dei cristiani è e continua a essere il cuore pulsante di tutto il cammino ecumenico.
Dopo l’incontro personale con il Signore risorto, i discepoli si mettono di nuovo in marcia: «E partirono senz’indugio». Questo ci dà, in senso letterale, la quinta indicazione per il cammino: i cristiani, che nell’incontro con Cristo trovano anche l’unità tra di loro, non rimangono comodamente seduti, ma si mettono in cammino e, come i discepoli, annunciano ciò che hanno saputo, ben consapevoli che la credibilità della loro testimonianza dipende in modo sostanziale dal fatto che si superino l’un l’altro, ma che camminino insieme. La preoccupazione di noi cristiani per un buon futuro dell’Europa verrà ascoltata solo se la testimoniamo in comunione ecumenica e la riempiamo di vita.

L'Osservatore Romano