venerdì 15 luglio 2016

Una vita dedicata alla difesa dell’unità della Chiesa

SAN BONAVENTURA

di Osvaldo Rinaldi
La storia di un grande santo come Bonaventura è riassumibile in quattro fasi. La prima riguarda principalmente la sua giovinezza. Giovanni Fidanza, così si chiamava,  nacque a Bagnoregio (Viterbo) nel 1218. Quando era ancora ragazzo, fu colpito da una grave malattia. Suo padre, che svolgeva la professione di medico, vista la gravità del suo male, non pensava che suo figlio potesse guarire dalla sua malattia. Sua madre decise di affidare la salute di suo figlio all’intercessione di San Francesco, il quale era stato appena canonizzato. La sua guarigione fu un evento che segnò profondamente la sua esistenza.
Questo primo episodio ci ricorda la potenza della preghiera e la forza d’amore che emana la comunione tra la Chiesa pellegrinante sulla terra e quella gloriosa del Cielo che non è una opera dell’immaginazione. Chiedere l’intercessione dei Santi è un gesto di umiltà di colui che riconosce la propria debolezza e decide di affidare a Dio il compimento di un’opera che egli non è in grado da solo di compiere. Riconoscere il proprio limite è quel concime spirituale che rende fertile la propria esistenza per permettere a Dio di agire attraverso la preghiera del Santo intercessore.
La seconda fase della vita di San Bonaventura riguardò il periodo trascorso a Parigi, dove egli rimase colpito dallo stile di vita di una comunità francescana nella quale chiese di essere accolto. Egli fu attratto dalla semplicità e dall’umiltà di vita, la stesse virtù che erano state degli apostoli e delle prime comunità cristiane. Uomini semplici e coraggiosi, che seguendo il Signore, acquisivano una sapienza ed una saggezza derivanti totalmente dall’ascolto, dalla fedeltà e dalla sequela degli insegnamenti evangelici.
Bonaventura fu avviato agli studio alla Facoltà di Teologia all’Università di Parigi, dove ebbe modo di frequentare diversi corsi, di entrare a contatto con vari teologi provenienti da varie parti dell’Europa ed approfondire la sua fede cristiana che ha avuto sempre una solida base cristologica. La sua aderenza fedele al Vangelo lo condusse a certe scuole di pensiero teologiche, ma Bonaventura ebbe sempre il coraggio e la determinazione di difendere quella semplicità e quella purezza della dottrina cristiana che erano i tratti distintivi dell’ordine francescano come pure di quello domenicano. La teologia dei mendicanti (così venivano chiamati i francescani e i domenicani) predicava e attuava la povertà, la semplicità, la castità e l‘umiltà di vita, ma soprattutto l’obbedienza e la fedeltà al Vangelo che rendono la teologia una ideologia piuttosto che uno stile di vita coerente e concreto.
La persecuzione di coloro che vivono secondo il Vangelo è stata sempre un tratto distintivo della storia cristiana. Chi sceglie di vivere la povertà affidandosi alla provvidenza di Dio, chi predica e attua con sincerità i consigli evangelici, chi pratica con coraggio le opere di misericordia, viene attaccato perché mette in discussione l’altrui autenticità del vivere. Lo spirito del mondo conduce a pensare che è più facile criticare o denigrare l’altro piuttosto che desiderare un radicale e profondo cambiamento di se stessi. Ogni volta che nella Chiesa si assiste a movimenti, associazioni, gruppi parrocchiali che vivono con autenticità il Vangelo, essi sono e saranno sempre attaccati e disprezzati. Del resto questa è stata la storia di Cristo e delle prime comunità cristiane.
La terza fase della vita di San Bonaventura iniziò quando ricevette l’incarico di Ministro generale del Capitolo dell’ordine francescano: un servizio non affatto semplice da compiere, vista la rapida espansione delle comunità francescane avvenuta in poco tempo in vari paesi del mondo tra cui il Nord Africa, il Medio oriente ed anche a Pechino. La sua grande intuizione fu quella di “regolarizzare” lo stile di vita delle comunità francescane che correvano il serio rischio di essere contaminate da una spiritualità diversa da quella voluta dal fondatore Francesco.
L’ispirazione, semplice ma rivoluzionaria, di Bonaventura fu di raccogliere testimonianze, scritti e racconti sulla vita di Francesco con la finalità di produrre una biografia chiamata Legenda Maior, il cui scopo era di invitare tutti i confratelli e le consorelle francescane a seguire l’esempio di Francesco, quale profondo imitatore e seguace di Cristo.
L’intuizione di scrivere la vita del Poverello ebbe il merito non solo di recuperare la memoria di avvenimenti del passato ma a costruire un fiducioso presente ed indirizzare verso un futuro speranzoso. Vivere la responsabilità del proprio dovere come strumento di unità è l’opera alla quale è chiamato ogni cristiano. Alla vigilia della sua passione Gesù Cristo ha pregato per l’unità dei cristiani, sulla croce è stato elevato da terra per attirare tutti a se e riconciliare il mondo a Dio Padre, è risorto ed è salito al cielo affinché tutti possano ricevere quello Spirito Santo che è il soffio dell’unità, l’olio della consolazione e la luce di verità.
La quarta ed ultima fase della vita del Santo fu la sua partecipazione al Concilio ecumenico di Lione. Papa Gregorio X lo consacrò dapprima vescovo, poi cardinale e successivamente lo invitò a collaborare a quell’evento ecclesiale per ristabilire la comunione tra la Chiesa Latina e quella Greca. Egli non ebbe la possibilità di assistere alla fine del Concilio. Proprio durante il suo svolgimento, salì alla casa del Padre. Era il giorno 15 Luglio del 1274.
Bonaventura è stato un uomo ricolmo dello Spirito di Dio che desidera, cerca ed opera sempre a favore dell’unità, contro ogni forma di divisione ed è nemico di ogni forma di accusa. La partecipazione di Bonaventura al Concilio di Lione è stato quasi un sigillo del suo desiderio di essere strumento della comunione che Cristo vuole realizzare nella sua Chiesa.
Questo insegnamento di Bonaventura è una testimonianza che interpella l’animo di ogni uomo che oggi vive all’interno di un mondo frammentato anche se all’esterno appare globalizzato. I mezzi di comunicazione di massa vogliono farci credere di essere cittadini del mondo, ma nella realtà viviamo in un contesto che divide le persone con gli egoismi del consumismo, della corruzione e del conformismo che distrugge la ricchezza della varietà per appiattire verso l’ideologia del pensiero unico.
Zenit