mercoledì 3 agosto 2016

Dal mondo a Dio, ovvero...

copertina Dal Mondo a Dio

 ..il relativismo riuscirà a cancellare il sacro?

di Antonio Gaspari

Secondo il filosofo Friedrich Wilhelm Nietzsche, “non ci sono fatti, solo interpretazioni”. Non esiste quindi la realtà, ma la sua interpretazione, che varia storicamente ed è sempre relativa alla visione del mondo di colui che interpreta.
Gianni Vattimo filosofo contemporaneo, condivide la stessa visione di Nietzsche, sostenendo il relativismo, un rapporto interpretativo con la realtà che non contempla la verità.
La questione è complessa..
Per cercare di entrare nel merito del dibattito, Maurizio Moscone ha scritto e pubblicato il libro “Dal Mondo a Dio” (Aracne editrice).
Maurizio Moscone, è professore di Filosofia nei seminari diocesani “Redemptoris Mater”.
Autore di numerose pubblicazioni di carattere filosofico, storico e pedagogico.
Tra gli ultimi libri pubblicati “I cattolici e le forze politiche dal Risorgimento ad oggi” (If Press 2011) e Cercando l’anima (Chirico 2014).
ZENIT lo ha intervistato.
Qual è il problema fondamentale del libro e a quali domande intende rispondere?
Il problema fondamentale del libro può essere così formulato: “Viviamo nell’epoca della dittatura del relativismo. E’ possibile uscirne usando rettamente la ragione?”.
Il relativismo è, per usare la terminologia di Giovanni Paolo II, “l’ideologia del male” dell’epoca attuale e, come le ideologie del male del ‘900, il Nazismo e il Comunismo, erano ispirate da filosofi come Nietzsche, Hegel, Marx, anche la attuale ha dietro di sé una lunga schiera di profeti.
Si può affermare che il relativismo odierno è figlio della filosofia ermeneutica, la quale, come afferma Vattimo, è intesa come Koiné universale, come il linguaggio comune della nostra epoca.
L’ermeneutica ha oggi fatto proprio l’enunciato di Nietzsche, secondo cui “non ci sono fatti, solo interpretazioni” per cui esiste non la realtà ma la sua interpretazione, che varia storicamente ed è sempre relativa alla visione del mondo di colui che interpreta.
Non esiste la realtà in sé che può essere conosciuta e alla quale la ragione umana si deve adeguare per distinguere il vero dal falso, il buono dal cattivo, il bello dal brutto, perché le interpretazioni della verità sono molteplici e infinite e dipendono dalle pre-comprensioni dei soggetti interpretanti, per cui non si può affermare che esistono verità assolute.
E’ visto quindi con sospetto chi sostiene di conoscere la Verità di qualsiasi ordine (ontologico, teologico, morale) ed è accusato di intransigenza e di dogmatismo perché impedisce il dialogo interpersonale, il cui presupposto è la ricerca del consenso, il quale è reso possibile soltanto dall’ermeneutica, la quale non impone la verità, poiché questa, afferma Vattimo, “è solo il risultato del dialogo storico tra le persone: non siamo d’accordo perché abbiamo trovato l’essenza della realtà, ma diciamo che abbiamo trovato l’essenza della realtà quando siamo d’accordo”
Questo modo di pensare si è diffuso nella cultura occidentale ed ha delle ripercussioni sul piano politico e istituzionale, per cui vengono approvate delle leggi che sono contrarie al diritto naturale, come quella sull’aborto, sul matrimonio tra omosessuali con possibilità di adozione, sull’eutanasia, ecc.
Il diritto naturale viene negato perché anche il concetto di natura viene considerato un modo di interpretare la realtà che, sviluppatosi soprattutto nel pensiero greco-medioevale, non ha più alcun valore nella cultura odierna, la quale si è emancipata dal retaggio del passato ed elabora continuamente nuovi diritti, rispondenti ai bisogni e ai desideri dei singoli.
Di fronte a questa situazione la ragione umana deve prendere atto che non è una luce che può illuminare la realtà e permettere di conoscerla veramente? Oppure deve riconoscere di essere stata oscurata da false dottrine che le hanno offuscato la vista?
Questo libro intende rispondere a queste domande.
Da quanto ho capito lei sostiene che il relativismo dominante sta confondendo gli esseri umani al punto tale che non si riconosce più la realtà. Può spiegarci la sua analisi?
E’ sufficiente guardarsi intorno, leggere le cronache dei giornali, vedere la Tv per rendersi conto che l’uomo occidentale vive oggi un profondo dis-orientamento esistenziale, avendo abbandonato quella Presenza che per secoli era stata il punto di riferimento stabile della sua vita.
Dio scompare sempre di più dall’humus culturale dell’Occidente che, tramite i mezzi di comunicazione sociale, celebra ogni giorno la potenza e la grandezza dell’uomo, il quale sta assumendo, paradossalmente, sempre più caratteri divini. Egli, infatti, per mezzo della scienza e della tecnica, è in grado di dominare la terra e di distruggerla, di manipolare i geni umani e di selezionarli, e di risolvere problemi che apparivano irrisolvibili fino a qualche decennio fa.
L’io umano, dopo la “morte di Dio” profetizzata da Nietzsche e realizzatasi nei tempi odierni, ha preso progressivamente il posto di Dio.
Conseguentemente, Dio non è considerato come il fondamento della legge morale ed è il singolo uomo a stabilire ciò che è bene e ciò che è male.
Nietzsche aveva profetizzato la situazione esistenziale odierna in termini poetici, affermando, tramite Zarathustra:
“Spezzate, spezzatemi le tavole antiche, voi che cercate la conoscenza! […] «Non rubare! Non uccidere!»: queste parole si dissero un tempo sacre; dinanzi ad esse si piegavano le ginocchia e la testa, e ci si toglieva le scarpe. Ma io vi chiedo: dove ci furono briganti peggiori e peggiori assassini nel mondo di queste sacre parole? Non è forse ingenito in ogni essere vivente il rubare e l’uccidere? E santificando tali parole non s’assassinò la stessa verità?
Non fu un predicare la morte il dire sacro tutto ciò che contrasta e contraddice la vita? Oh miei fratelli, spezzate, spezzatemi le vecchie tavole!”
Lei nel suo libro analizza attentamente il pensiero degli autori più significativi dell’ermeneutica odierna (Vattimo, Rorty, Gadamer, ecc.) i quali sarebbero debitori dell’antropologia filosofica di Heidegger. Ci può spiegare perché?
Perché condividono, di fatto, la convinzione di Heidegger secondo cui l’essere umano non può conoscere l’essenza della realtà ed esprimerla concettualmente, ma la può solo comprendere esistenzialmente all’interno del contesto storico in cui vive, per cui la verità è sempre relativa alla concreta esperienza vissuta di colui che l’interpreta.
Secondo lei esiste una via di uscita a questa forma di relativismo?
Paradossalmente è lo stesso Heidegger che consente questa via di uscita. Infatti Heidegger, pur riconoscendo il suo debito filosofico nei confronti del suo maestro Husserl, afferma il suo distacco dalla fenomenologia intesa come corrente storica di carattere neoidealistico, proponendo un modo nuovo di intendere la fenomenologia.
Infatti essa viene identificata con l’ontologia, poiché, scrive il filosofo, “la fenomenologia è il modo di raggiungere e di determinare dimostrativamente ciò che deve costituire il tema dell’ontologia. L’ontologia non è possibile che come fenomenologia”.
I fenomeni, a sua volta, vengono identificati con gli “enti”, e l’identificazione del fenomeno con l’ente comporta necessariamente l’affermazione del principio di non contraddizione, perché esso è la legge fondamentale dell’ente, e la riabilitazione della metafisica, intesa, aristotelicamente, come “scienza che studia l’ente in quanto ente e le sue proprietà essenziali”.
Riabilitare la metafisica significa affermare la possibilità per la conoscenza umana di raggiungere verità di carattere assoluto sul mondo e su Dio.
La parte centrale del libro è dedicata all’analisi metafisica del mondo e di Dio, e il suo riferimento costante è a san Tommaso d’Aquino, perché?
Perché la sua riflessione filosofica, riletta fenomenologicamente, è insuperabile, in quanto san Tommaso mostra la verità delle sue tesi con argomentazioni inconfutabili, che richiedono però, da parte del lettore, molto studio e molta attenzione. Sono convinto che gran parte dei critici dell’Aquinate lo hanno letto con superficialità o lo conoscono soltanto per sentito dire.
Zenit