sabato 19 novembre 2016

5 balle

renzi
Al 4 dicembre non manca molto e i promotori della riforma Boschi sono incessantemente all’opera per cercare di convincerci tutti quanti della positività di una revisione costituzionale che – a detta loro – traghetterebbe provvidenzialmente l’Italia verso la sospirata modernizzazione, lasciando così intendere che invece i Padri Costituenti, i quali purtroppo non potevano vantare tra le proprie fila gente del calibro di Verdini, abbiano redatto un testo che, benché rivisto già più di 40 volte in neanche 70 anni (la Costituzione Usa, per dire, è stata ritoccata meno di 30 volte in 240 anni, alla faccia della Costituzione italiana intoccabile e sempre uguale!), sarebbe ormai irrimediabilmente datato. Per convincere il Paese della bontà di questa riforma, i loro promotori ricorrono essenzialmente a cinque argomentazioni la cui solidità, però, lascia davvero a desiderare. Il modo migliore per vederlo è sondare una ad una queste argomentazioni che – come vedremo tra poco – è davvero difficile, per quanta simpatia umana si possa provare verso i suoi proponenti, prendere sul serio.
Minori costi
Votate Sì e avrete risparmiato un sacco di soldi. Quanti? 100 milioni, anzi no 500. «1 miliardo l’anno» ha addirittura favoleggiato il Premier il 31 marzo 2014. Peccato che la Ragioneria di Stato, organo dipendente dalla Presidenza del Consiglio, ha invece stimato i fantastici risparmi in circa 50 milioni, meno di un 1 annuo per cittadino. Perché allora si favoleggia di un risparmio decine di volte superiore a quello che sarà? Strano poi che questo Governo abbia tanto a cuore i costi della politica. Strano perché con l’ascesa politica di Renzi, rispetto a quando c’era Letta – come documenta Open Polis – le spese di Palazzo Chigi sono aumentate vertiginosamente (più 100 milioni di euro), non si è messo mano ai vitalizi ai Parlamentari (costano 193 milioni di euro) e ci si è guardati bene dall’accorpare il referendum sulle trivelle ed elezioni amministrative, cosa che ci avrebbe risparmiato tanti soldini davvero (300 milioni di euro). Questo Governo avrebbe avuto insomma molti modi per farci risparmiare parecchi più soldi rispetto a quelli della riforma, i cui futuri risparmi hanno oltretutto un prezzo salatissimo (la perdita del diritto dei cittadini di eleggere i senatori), eppure non lo ha fatto. Come mai?
Leggi più veloci
Votate Sì e avremo – assicurano i promotori della riforma – leggi più veloci. Sì, d’accordo ma ne abbiamo davvero bisogno? La lentezza dei provvedimenti è davvero un problema? Pensando alla Fornero, la famigerata riforma previdenziale del governo Monti, che ottenne il sì definitivo in appena 16 giorni, verrebbe da escluderlo; per cominciare però a farsi un’idea, può essere interessante – pur alla luce delle note difformità tra gli ordinamenti – un confronto tra i principali Paesi europei. Confronto che, sorprendentemente, con le sue 120 leggi all’anno, vede l’Italia primeggiare su Francia (91), Spagna (45) e Regno Unito (42), ed essere superata solo dalla Germania (144) (fonte: Rapporti della Camera dei Deputati, dati dal 1997 al 2013). Nessun ritardo, insomma, nessuna figuraccia europea per quanto riguardo riguarda i tempi dell’iter legislativo. I sostenitori della riforma costituzionale potrebbero però sempre ribattere, correggendo il tiro, che il vero problema, più che i tempi di approvazione delle leggi, è l’estenuante ping-pong che comporta l’assetto bicamerale. Estenuante ping-pong? Preoccupazione quanto meno curiosa se si pensa che, solo in questa legislatura, dal suo inizio al 30 giugno 2016, su 224 leggi approvate a ben 180 di queste, quindi circa all’80%, è toccato un solo passaggio fra Camera e Senato (fonte: Servizio studi della Camera). Dunque, di che stiamo parlando?
Meno burocrazia
Votate Sì – dicono ancora i sostenitori della riforma – e avremo un’Italia con meno burocrazia. Oh, ma che bella promessa: come non aspettare con ansia il 4 dicembre per votare Sì? Peccato che la riforma Boschi affronti e riguardi un sacco di argomenti ma non quello della burocrazia, il cui termine tra l’altro non ricorre neppure una volta nel testo. Come fa dunque una riforma che non affronta una questione a risolverla? Boh. Anche perché la sensazione è che questa riforma costituzionale non semplifichi, ma complichi il funzionamento della macchina statale. Come? Semplice: per esempio moltiplicando le procedure di formazione delle leggi. Infatti, se oggi una legge può essere approvata solo in due modi (approvazione identica in Camera e Senato per quelle ordinarie e quattro passaggi identici, invece, per quelle costituzionale), con la Costituzione 2.0 – a parte le leggi costituzionali e quelle elencate nell’interminabile primo comma dal nuovo articolo 70 – le procedure legislative andranno a moltiplicarsi; c’è chi dice diventeranno 8 e chi 10, il tutto con la vituperata navetta del bicameralismo paritario, che non viene affatto abrogato ma solo ridimensionato, che rimane obbligatoria per oltre venti materie. Alla faccia della semplificazione.
Nessuna deriva autoritaria
Votate Sì tranquillamente – ci viene detto – tanto non esiste alcun pericolo autoritario. Sul serio? Strano perché risulta che questa riforma sia promossa da un Governo guidato da un signore mai neppure eletto parlamentare, asceso a Palazzo Chigi dopo un memorabile e sincerissimo «Enrico stai sereno» e che finora ha chiesto al Parlamento, strozzandone sistematicamente il dibattito, qualcosa come 54 volte la fiducia, record insuperato nella storia dell’Italia repubblicana. Il tutto mentre una serie impressionante di giornalisti di stampa e televisione, tutti guarda caso non entusiasti di questo esecutivo (Bianca Berlinguer, Nicola Porro, Massimo Giannini, Maurizio Belpietro, Massimo Giannini, Alessandro Giuli), subiva avvicendamenti, spostamenti quando non addirittura licenziamenti. Basterebbe questo, a ben vedere, a preoccupare. Aggiungeteci che se questa riforma passa, grazie alla legge elettorale italicum, una maggioranza anche risicatissima avrà saldamente in pugno il Parlamento (basterà la fiducia della Camera, la cui maggioranza si “prenderà cura” dell’opposizione votandone pure lo statuto), e capite bene anche voi che qualche rischio autoritario in effetti esiste.
Senza questa riforma, tutto fermo per 30 anni
Meglio cambiare qualcosa che nulla, altrimenti per 20 o 30 anni non cambierà più nulla, dicono – come ultimo ed estremo argomento – i favorevoli alla riforma Boschi-Verdini. Ora, purtroppo non posso vantare le doti da Nostradamus dei frontisti del Sì – che già sanno tutto, evidentemente, delle prossime Legislature -, perciò mi limito a due rapidi pensieri. Primo: chi l’ha detto sia meglio cambiare qualcosa anziché nulla? Il purchessia, trattandosi di Costituzione e non di regolamento di condominio, non pare esattamente una genialata. Secondo pensiero: perché bocciare questa riforma dovrebbe significare fermare tutto per 30 anni? L’ultimo tentativo di riforma bocciato risale ad appena una decina di anni fa (ed era ancora più vasta di questa), inoltre in 69 anni sono stati modificati 43 articoli della Carta. Perché dunque se diciamo NO a quanto partorito da Boschi e Verdini, dovrebbe automaticamente finire tutto in freezer per generazioni? Mistero. Nel dubbio, dato che questa riforma non piace neppure a chi la sostiene – «Scritta male», ha sentenziato Roberto Benigni, mentre Massimo Cacciari ha parlato di «puttanata di riforma» (La7, 9.5.2016) – sapete che c’è? Voto NO. E invito tutti a votare NO. La Costituzione – e gli Italiani – meritano qualcosa di meglio di questo osceno pastrocchio.