martedì 22 novembre 2016

Francesco e i suoi nemici



Corriere della Sera 

(Massimo Franco) L' uscita di papa Francesco sull' aborto è spiazzante. E pare destinata a disorientare almeno quella parte di mondo cattolico che ha sempre annoverato l' interruzione di gravidanza tra i cosiddetti «valori non negoziabili». Non solo: che effetto avrà nelle file ecclesiastiche? Simbolicamente, l' uscita di papa Francesco sull' aborto è spiazzante. E probabilmente è destinata a disorientare almeno una parte del mondo cattolico: quella che ha sempre annoverato l'interruzione di gravidanza tra i cosiddetti «valori non negoziabili». 
In questo caso si tratterebbe di una minoranza. La domanda da porsi è se le parole del pontefice argentino non suscitino qualche interrogativo anche nella platea più larga di quanti pensano che si tratti di una violenza superiore a quella di altri peccati; e soprattutto, che effetto avranno le sue parole nelle file ecclesiastiche. È vero che Jorge Mario Bergoglio ha preferito fin dall' inizio non privilegiare le «guerre culturali» dell' epoca di Benedetto XVI; e che già da anni i vescovi danno di volta in volta una delega di fatto ai loro sacerdoti perché assolvano chi si mostra pentito. La novità è che adesso la mediazione viene considerata superflua anche formalmente. 
Per il Papa, il perdono va concesso subito. Nella sua decisione si intravede la volontà di alleggerire il carico di sofferenza, soprattutto delle donne, che questo implica. Il silenzio col quale il suo passo è stato accolto, tuttavia, va interpretato come un segno di preoccupazione. Il timore che si avverte in alcuni settori dell' episcopato e della Curia è quello di una banalizzazione, di un declassamento a «peccato come gli altri». E, nel breve periodo, a un aumento delle tensioni e delle distanze nel mondo cattolico tra chi vede la dimensione profetica di Francesco, e chi invece tende a sottolinearne presunti strappi dottrinali. Colpisce che la lettera del Papa arrivi proprio nel giorno in cui il patriarca di Mosca, Kirill, tuona contro le unioni omosessuali, definendole «quasi come le leggi naziste»; e pronuncia parole di speranza verso il neopresidente degli Stati uniti, Donald Trump. 
Le posizioni degli ortodossi anche in materia di aborto non sono meno radicali. Quanto a Trump, è il candidato che Francesco nel febbraio scorso definì «non cristiano» per le sue posizioni discriminatorie contro gli immigrati. Ma è in parallelo il candidato repubblicano sul quale hanno puntato più o meno silenziosamente settori non piccoli dell' episcopato cattolico statunitense. Per un motivo, in particolare: la sua agenda antiabortista, che potrebbe essere ufficializzata con la nomina di un giudice conservatore alla Corte Suprema degli Stati uniti. Su questo sfondo, quanto avviene negli Usa può essere utile a decifrare le divisioni che attraversano la Chiesa; e che si possono riflettere in tutti gli episcopati, rivelando incrinature destinate a emergere dopo la lettera del Papa: una missiva che i suoi avversari nella Curia, e non solo, potrebbero essere tentati di sventolare per criticarlo. 
Nei giorni scorsi la conferenza dei vescovi americani ha eletto presidente e vicepresidente due conservatori come il cardinale Daniel Dinardo di Houston, e l' arcivescovo di Los Angeles, Josè Gomez. E il presidente uscente della conferenza episcopale statunitense, Joseph Kurtz, una settimana fa ha rilasciato un' intervista a Avvenire , quotidiano della Cei. A sorpresa, Kurtz ha espresso ottimismo e speranza verso la nuova Casa Bianca «sul fronte prolife», ossia in tema di legislatura contro l'aborto. Non solo. Pochi giorni fa la numero uno del Catholic Relief Service, la più potente organizzazione caritativa d' America, Carolyn Woo, si è dovuta difendere dagli attacchi dei cattolici di destra «che la accusavano di ignorare gli insegnamenti della Chiesa in materia di controllo delle nascite e di aborto», ha scritto il gesuita Thomas Reese. È su questo universo diviso e in subbuglio che si inserisce l' ultima uscita di Francesco: un ribollìo dal quale non è immune l' Europa. Se si pensa alla visione iperconservatrice espressa da nazioni dell' Est come Polonia e Ungheria su immigrazione, diritti individuali, valori cristiani, si indovina un «trumpismo» diffuso anche sui temi religiosi: col paradosso di vedere esponenti di una sorta di Internazionale xenofoba farsi interpreti occhiuti di una versione dell' ortodossia cattolica funzionale alla loro agenda di politica interna. Il Papa promuove una religione inclusiva, aperta, quasi «scandalosa» rispetto ai canoni tradizionali. Il rischio è che le sue aperture vengano additate strumentalmente come simboli di una «globalizzazione cattolica» da combattere alla stregua di quella economica .