sabato 12 novembre 2016

Il bene che unisce le religioni

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Giorgio PaolucciAvveniresabato 12 novembre 2016

«Nel cuore di ogni uomo c’è un desiderio di bene. Perché l’uomo è fatto per il bene, è fatto per costruire, è fatto per condividere. Per questo siamo qui insieme». Le parole risuonano potenti nel silenzio della moschea di via Padova a Milano, dove 700 musulmani si sono radunati per la preghiera rituale del venerdì. Le scandisce un volontario del Banco Alimentare, invitato per presentare la Giornata nazionale della Colletta Alimentare in programma sabato 26 novembre davanti a 12.000 supermercati d’Italia. Un gesto coraggioso, questo invito, arrivato dal direttore della Casa della cultura musulmana, il giordano Mahmoud Asfa, uomo mite, generoso e aperto, uno dei leader della comunità islamica milanese, la più numerosa d’Italia. Un gesto che è anche un messaggio rivolto a chi continua a nutrire scetticismo e paura nei confronti di tutti i musulmani, troppo spesso considerati (a torto) come abitanti di un mondo chiuso o ostile, piuttosto che come persone.
«Noi ci sentiamo parte di questa città, di questa società – scandisce l’imam, rivolgendosi prima in arabo e poi in italiano ai suoi confratelli –. Dove si costruisce il bene vogliamo esserci, per questo vi invito a partecipare alla Colletta Alimentare: chi può donerà qualcosa della sua spesa – anche poche cose, ma con il cuore –, e tutti possono donare qualche ora di tempo come volontari per la raccolta del cibo fuori dai supermercati». L’invito non cade nel vuoto, al termine della preghiera c’è chi lascia nome e numero di telefono per partecipare. La scena si ripete un’ora dopo, al termine del secondo turno di preghiera, e nei prossimi giorni altri si aggiungeranno, assicura l’imam. I 'volontari della moschea' si andranno così ad aggiungere alle 140mila persone che il 26 novembreanimeranno la ventesima edizione della Colletta Alimentare: in quella dell’anno scorso 5 milioni e mezzo di italiani hanno donato cibo, poi distribuito a 8.100 strutture caritative – mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza – che ogni giorno raggiungono oltre un milione e mezzo di persone. È il cuore dell’Italia che non smette di aprirsi alle necessità di chi fa fatica, anche in tempi di crisi come quelli che ci tocca vivere, in cui 4,6 milioni di persone patiscono la povertà alimentare, il numero più alto dal 2005 a oggi.
È il cuore di un’Italia che accoglie le parole rivolte da Papa Francesco ai volontari convenuti a Roma per il Giubileo il 3 settembre scorso: «Non si può distogliere lo sguardo e voltarsi dall’altra parte per non vedere le tante forme di povertà che chiedono misericordia... la misericordia di Dio non è una bella idea, ma un’azione concreta... La verità della misericordia, infatti, si riscontra nei nostri gesti quotidiani che rendono visibile l’agire di Dio in mezzo a noi... Voi esprimete il desiderio tra i più belli nel cuore dell’uomo, quello di far sentire amata una persona che soffre». Il fatto che questo desiderio sia condiviso ed espresso da uomini e donne di ogni età e condizione sociale, e che ieri abbia accomunato i musulmani in preghiera in una moschea di Milano e i volontari del Banco Alimentare, una realtà nata nel solco della tradizione cristiana per testimoniare la forza costruttiva della carità, è un segno di speranza a cui guardare, specialmente in un momento in cui in molti prevale la volontà di acquartierarsi nei propri 'territori', ideologici o religiosi che siano. È un segno che esprime la possibilità di un dialogo vero, in cui ciascuno testimonia la verità che tiene in piedi la propria esistenza e insieme la stima verso l’altro. È un mattone per costruire ponti, dentro un’epoca in cui rischia di vincere la ricorrente tentazione dei muri.
Avvenire