lunedì 14 novembre 2016

La giustizia di Dio è misericordia



A Padova. Pubblichiamo ampi stralci dell’intervento della teologa luterana, docente all’università di Ginevra, pronunciata in occasione del convegno «Giubileo della Misericordia, giubileo della Riforma: una prossimità feconda?» tenutosi il 10 novembre presso la Facoltà teologica del Triveneto per i cinquecento anni della Riforma protestante.
(Elisabeth Parmentier) Il 31 ottobre 2016, il vescovo luterano Munib Younan e il pastore Martin Junge, rappresentanti della comunione costituita dalle 145 chiese della Federazione luterana mondiale, hanno dato il via alla commemorazione comune dei cinquecento anni della Riforma. Questo evento ha visto, da parte della Chiesa cattolica, la partecipazione di Papa Francesco: un fatto straordinario per l’ecumenismo. Per la prima volta in assoluto, cattolici e luterani possono rivolgere assieme il loro pensiero a un momento che ha segnato la loro separazione!
Questa nuova condizione dello spirito rispecchia i progressi compiuti in cinquant’anni di dialogo internazionale tra la Chiesa cattolica e le Chiese della Riforma, dopo che il concilio Vaticano II ha reso possibile questo dialogo. Il risultato importante è la convinzione comune che quanto unisce la Chiesa cattolica e le Chiese sorte dalla Riforma conta di più di ciò che le divide, a cominciare dal comune fondamento: l’unità è un dono portato da Gesù Cristo, il quale ha vinto l’odio. Questa unità, però, chiede di essere concretamente vissuta tra i cristiani, in modo che la nostra testimonianza credente sia credibile in una società segnata dalla paura.
Il segnale dato dai cristiani che cercano la riconciliazione nonostante il passato che li separa è urgente! Oggi, infatti, nelle nostre società, è stato infranto un tabù: c’è odio tra i popoli, persino fra le persone dello stesso paese. Di più: questo odio è apertamente dichiarato, non ci sono più barriere, non ci sono più resistenze conto l’odio reciproco! Diviene dunque indispensabile che i cristiani si alzino in piedi assieme per resistere alle angosce profonde che dominano l’attualità. È urgente mostrare che il fine profondo di ogni religione è la pace tra gli esseri umani. Tutte le religioni devono rifiutare di lasciarsi strumentalizzare per ragioni politiche o economiche. L’ecumenismo tra i cristiani non è dunque opzionale. Al contrario, è l’orientamento fondamentale della fede in Gesù Cristo che ci ha riconciliato con il Padre. Questa testimonianza fondamentale è il compito affidato ai cristiani.
Ma come possono Chiese separate tra loro testimoniare tutto questo? La Riforma del XVI secolo è considerata dai protestanti un rinnovamento, mentre per la Chiesa cattolica è impossibile festeggiarla! Come commemorare assieme un avvenimento separatore? 
Di fronte a tale domanda, la commissione internazionale luterana-cattolica ha preparato un documento che si intitola Dal conflitto alla comunione. Esso richiama tutti gli elementi storici e le controversie del passato, mettendo in evidenza i punti sui quali i dialoghi teologici hanno fatto dei passi in avanti, nella prospettiva di una “comunione” tra le Chiese. Questo documento mostra chiaramente come le Chiese abbiano cambiato le proprie accentuazioni. Non si può certamente cambiare il passato, ma lo si può interpretare in modo costruttivo per l’avvenire. 
L’importante proposta che ne deriva è che questo giubileo non debba più veder separati i protestanti e i cattolici, i primi a elogiare la Riforma e i secondi a opporsi alla Riforma, ma che tutti possano trovare nella Riforma il loro fondamento comune: la riscoperta del Vangelo. Questa mia relazione intende mostrare che l’unico balsamo che i cristiani possono portare in mezzo alle sofferenze del mondo è il senso del Vangelo.
Ma cos’è il Vangelo? Arriviamo qui al collegamento con il giubileo della misericordia. Il Vangelo ha anche altri nomi, in particolare il bel nome di misericordia rimesso in auge da Papa Francesco, e il nome di giustificazione nelle Chiese della Riforma. Vorrei mostrare come questi due fiumi biblici, la misericordia e la giustificazione, si irrigano reciprocamente e ci permettono di collaborare meglio nella testimonianza cristiana.
Il titolo che avete proposto per questa conferenza è eccellente: avete collegato il giubileo della Riforma e l’anno giubilare della misericordia. Vorrei far vedere anzitutto come Papa Francesco, nella bolla di indizione del giubileo, Misericordiae Vultus, manifesti gli stessi orientamenti di fondo della teologia di Martin Lutero: Dio è Padre misericordioso proprio nel suo essere Dio di giustizia! Poiché la sua giustizia fa misericordia. Misericordiae Vultus definisce in questo modo la misericordia: «È l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato».
Martin Lutero, intorno al 1514-1518, fa la stessa scoperta, quella che salva la sua fede. In un’epoca nella quale la Chiesa fa sembrare Dio come colui che minaccia e, nella sua giustizia eterna, punisce il peccatore, il giovane monaco non trova la pace, nonostante la confessione regolare e l’assoluzione. Egli potrebbe anche accettare di essere condannato dalla Legge e dai comandamenti di Dio, ma in Romani 1,17 trova scritto: «La giustizia di Dio è rivelata nel Vangelo». Dio, tramite il Vangelo, dovrebbe liberare l’uomo, ma ecco che l’apostolo afferma che anche il Vangelo manifesta la giustizia di Dio! «Odiavo questo vocabolo “giustizia di Dio” che, secondo l’uso e la consuetudine di tutti i dottori, mi era stato insegnato a intendere nel senso filosofico della cosiddetta giustizia formale o attiva, in virtù della quale Dio è giusto e punisce i peccatori e gli ingiusti. Io però, che vivevo da monaco irreprensibile, sentivo di essere peccatore davanti a Dio e con la coscienza inquietissima, né potevo confidare di essere riconciliato con la mia soddisfazione; non amavo ma odiavo il Dio giusto che punisce i peccatori». 
Grazie però al passo di Romani 1,17 che gli oppone resistenza, Lutero vivrà un’esperienza fondatrice: l’esperienza è che la giustizia di Dio è una giustizia che egli ci dona e non una giustizia che castiga! Una giustizia che fa grazie, quella che l’apostolo Paolo chiama la «giustificazione per mezzo della grazia» (e per mezzo della fede che essa crea nell’umano). Ecco in che modo l’una e l’altra sono collegate: la giustizia che Dio offre è l’espressione della sua misericordia.
Nel 1999, dopo cinquant’anni di dialogo teologico, le Chiese luterane e la Chiesa cattolica hanno pubblicato una Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione nella quale mostrano che rispetto a questa comprensione della salvezza c’è «un consenso su verità fondamentali» e che «le elaborazioni tra loro diverse sui singoli aspetti sono compatibili con tale consenso» (paragrafo 14). Questo accordo che riguarda precisamente la giustificazione (la salvezza) è l’unico accordo teologico esistente al momento attuale fra le Chiese della Riforma e la Chiesa cattolica. La dottrina della giustificazione si trova però «in una relazione essenziale con tutte le verità della fede che vanno considerate interiormente connesse tra loro. Essa è un criterio irrinunciabile che orienta continuamente a Cristo tutta la dottrina e la prassi della Chiesa» (paragrafo 18).
Misericordiae Vultus afferma che il valore della misericordia va oltre i confini della Chiesa. «Essa ci relaziona all’Ebraismo e all’Islam, che la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio» (23). Anche se non c’è un richiamo esplicito all’ecumenismo interconfessionale, abbiamo visto che i temi dominanti sono compatibili con il messaggio della giustificazione. Il doppio giubileo, nel quale si incontrano misericordia e giustificazione, dovrebbe portarci dunque ad assumere veri metodi di riconciliazione, efficaci nella realtà di oggi. Questa è stata anche l’intenzione della cerimonia comune a Lund, il 31 ottobre 2016: mostrare che il potere della riconciliazione è liberatore. 
La teologia ecumenica ha come suo punto di forza il fatto di non essere solo speculativa o interpretativa, ma collegata a un dinamismo trasformatore: è una teologia “performativa”. Le Chiese stanno andando alla ricerca di metodi per affrontare le resistenze che provengono dalle “identità”: le Chiese temono di perdere ciò che le caratterizza. Un metodo che si è dimostrato efficace è “la guarigione delle memorie”. Questo concetto ecumenico mette assieme la misericordia e l’analisi dottrinale, facendo attenzione alle identità collegate alla cultura e alla storia. 
La forza di questo metodo è il lavoro storico: si tratta di riattraversare assieme la storia passata, per confrontarsi con ciò che ha vissuto “l’altro”. La memoria diviene una memoria condivisa, che mostra le ferite dell’uno e dell’altro, con una condivisione della prospettiva propria “dell’altro”. Il lavoro storico comune assume così il volto non di una pura analisi informativa-dottrinale, ma di un impegno capace di produrre trasformazioni.
Esiste una specie di principio di misericordia, collegato alla comune rilettura del passato, il quale, grazie a diversi dialoghi, ha fatto sì che le Chiese abbiano messo in mora le loro reciproche condanne (come nella Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione) e abbiano chiesto perdono per i casi in cui hanno agito da persecutori (come nel dialogo con le Chiese Mennonite). 
Dal conflitto alla comunione, il rapporto redatto dalla Commissione internazionale luterano-cattolica sull’unità, ha adottato in parte questo metodo, raccontando assieme la storia della Riforma e volgendo uno sguardo capace di grande comprensione sui temi difficili del dialogo, in particolare la concezione della Chiesa, del ministero e dell’Eucaristia. 
Gli ecumenisti sono spesso accusati di tradire l’identità. L’ecumenismo deve rimanere uno sprone per tutte le Chiese, tale da renderle vigilanti contro l’auto-sufficienza e contro l’imprigionamento della verità. L’ecumenismo è parte integrante di una teologia equilibrata e interdisciplinare. È un’ispirazione per il dialogo interculturale e interreligioso. Apre a un orizzonte di speranza.

L'Osservatore Romano