lunedì 7 novembre 2016

Padre Livio, il castigo di Dio


Bello il commento di Andrea Tornielli, che riporto sotto. Se tuttavia la vicenda portasse al ritiro in monastero (di clausura) del direttore dell'emittente, sarebbe davvero provvidenziale. Preghiamo e attendiamo. 
admin

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Cari amici, dico la mia sul caso Cavalcoli, la polemica montata dopo alcune espressioni usate dal teologo domenicano ai microfoni di Radio Maria. Innanzitutto, ciò che padre Giovanni ha effettivamente detto. Un ascoltatore aveva citato la legge sulle unioni civili, domandando al frate domenicano:
«Le catastrofi naturali come il terremoto, possono essere una conseguenza di un popolo, di un legislatore che fa delle leggi contrarie?».
Padre Cavalcoli spiegava che
«Queste leggi sulle unioni civili certamente ci creano molta difficoltà a noi credenti, non c’è dubbio».
Quanto ai terremoti aggiungeva:
«Posso rispondere con sicurezza come dogmatico: una cosa è sicura, che i cataclismi, la natura, i disordini della natura, tutte quelle azioni della natura che mettono in pericolo la vita umana sono di tanti tipi, le alluvioni, eccetera, hanno una spiegazione di carattere teologico… Dal punto di vista teologico questi disastri sono una conseguenza del peccato originale, quindi si possono considerare veramente come castigo del peccato originale – anche se la parola non piace, ma io la dico lo stesso, è una parola biblica, non c’è nessun problema. Naturalmente bisogna intendere bene cosa si intende per castigo. Poi un’ultima domanda che lei dice: ma non saranno un castigo divino per azioni commesse oggi nella nostra società? Questo è un discorso molto più delicato, eventualmente si può avere una qualche opinione, qui non si riesce a raggiungere una sicurezza, a meno che uno non abbia un’illuminazione divina. Io vi dico questo, una mia opinione personalissima».
E concludeva:
«Insomma, si ha l’impressione che queste offese che si recano alla legge divina, pensate alla dignità della famiglia, alla dignità del matrimonio, alla stessa dignità dell’unione sessuale, al limite, no? Vien fatto veramente di pensare che qui siamo davanti, chiamiamolo castigo divino, certamente è un richiamo molto forte della provvidenza, ma non tanto nel senso, non diciamo nel senso afflittivo, ma nel senso di richiamo alle coscienze, per ritrovare quelli che sono i principi della legge naturale».
Alcune personali osservazioni. Il contesto del ragionamento di Cavalcoli è quello delle conseguenze del peccato originale. Bisogna però riconoscere che nelle conclusioni, così come state offerte nella risposta dal teologo domenicano, risulta in qualche modo avvalorata, seppur presentata come una sua opinione personalissima, l’idea di un possibile nesso causa-effetto tra attacchi alla famiglia (l’ascoltatore – ricordiamolo – aveva parlato esplicitamente della legge sulle unioni civili) e terremoto. Questa è l’idea che se ne trae ascoltando tutto l’audio originale della risposta. In due successive interviste radiofoniche, su Radio24 (trasmissione «La Zanzara») e RTL, il padre domenicano è sembrato rincarare la dose, arrabbiato per la durissima reazione vaticana, anche se poi, in realtà, in un’intervista con un sito web ha riconosciuto: «Sono stato frainteso o forse mi sono espresso male».
La questione teologica che veniva sollevata dalla domanda dell’ascoltatore di Radio Maria mi sembra ben spiegata e argomentata da un confratello domenicano di Cavalcoli, padre Giorgio Carbone, che su La Nuova Bussola Quotidiana ha scritto:
Non abbiamo poi elementi per dire che gli accadimenti della vita siano dei castighi. Anzi il Vangelo ci suggerisce il contrario. Luca 13,1-5: «Si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo». Questo insegnamento di Gesù è rivoluzionario per la mentalità ebraica del tempo secondo la quale le disgrazie, anche accidentali, della vita sarebbero state una conseguenza del peccato personale. Gesù nega per ben due volte che ci sia un legame tra quelle due tragedie e la condotta delle vittime, e invita a leggere negli eventi, anche accidentali, degli inviti alla conversione, cioè ad ascoltare, amare lui e servire i fratelli. Un insegnamento analogo lo dà davanti al cieco nato dicendo: Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è perché in lui [cioè nel cieco nato] siano manifestate le opere di Dio (Giovanni 9,3).
Dunque, è vero che le catastrofi naturali rientrano nel mistero della creazione ferita dal peccato originale e soprattutto sono un richiamo alla fugacità della nostra vita, alla possibilità concreta di essere chiamati davanti al giudizio del Padre da un istante all’altro, con la morte che arriva «come un ladro nella notte». Appare però arbitrario – dalle parole di Gesù – trarre conseguenze e creare nessi di causa ed effetto. Anche perché, se si facesse così, non è che si contribuirebbe a dare di Dio un’immagine del castigatore o del giustiziere. Tutt’altro. Si rischierebbe infatti di presentare il Padreterno come affetto da una certa miopia. Che responsabilità hanno i cittadini di Norcia o quanti hanno perso i loro familiari sotto le macerie ad Amatrice per l’approvazione della legge sulle unioni civili? Forse il terremoto del Friuli (1976) era una conseguenza per il referendum sul divorzio di due anni prima? Ma perché proprio e soltanto in Friuli? E se questo è il criterio, perché nel 1980 è stata colpita così duramente l’Irpinia, dove invece aveva vinto il sì all’abrogazione della legge divorzista in una regione nella quale la maggioranza degli elettori aveva votato come richiesto dal beato Paolo VI e dai vescovi italiani? O ancora, perché Dio che castiga non ha fatto crollare un palazzo sulle teste di Hitler o di Stalin, invece di permettere i loro stermini? Non sono teologo. Mi sembra però di poter dire che il male e soprattutto il dolore innocente sono ferite drammatiche, alle quali nessuno può rispondere sulla base di formule astratte. Il male e il dolore innocente rimangono un mistero. A proposito dei nessi causa-effetto tra peccati e catastrofi naturali, una domanda azzeccatissima venne fatta a suo tempo da un bambino a una lezione di catechismo, dopo l’alluvione di Firenze di cinquant’anni fa. Un prete (che probabilmente viveva lontano dalla città) aveva detto che quanto era accaduto rappresentava una punizione per i peccatori del capoluogo toscano. Il bambino chiese candidamente come mai i peccatori abitassero tutti ai primi piani delle case.

Chiarito tutto questo, sono convinto che sarebbe bastato a padre Giovanni Cavalcoli dire immediatamente e semplicemente che un paio di frasi della sua risposta a braccio non gli erano uscite bene (può capitare a tutti, anche ai teologi più preparati), e dunque precisare che non intendeva trasmettere l’idea di un nesso causa-effetto tra voto sulle unioni civili e terremoto. Si sarebbe evitato di ferire le persone che hanno perso i propri cari sotto le macerie, gli sfollati che hanno dovuto abbandonare tutto e vivono nella precarietà, uomini, donne e bambini che di tutto hanno bisogno tranne che sentirsi additati come prescelti per punizioni divine. E si sarebbero anche evitate reazioni e polemiche sopra le righe tante parti del mondo.
Andrea Tornielli
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Quegli anatemi di Radio Maria pagati con i soldi pubblici. L'emittente ha ricevuto in tre anni oltre due milioni di fondi statali. Le critiche della Corte dei conti per l' assenza di criteri per assegnarli
Repubblica.it


(Sebastiano Messina) La radio che lancia anatemi contro le leggi dello Stato è quella che prende dallo Stato più soldi di tutte le altre radio. È il ricco paradosso di Radio Maria, quella che ha mandato in onda la sconcertante teoria di padre Giovanni Cavalcoli, secondo il quale il terremoto che ha squassato il Centro Italia non sarebbe altro che "il castigo di Dio" per la legge sulle unioni civili. Teoria che ha fatto infuriare papa Francesco, ha spinto il Vaticano a prendere le distanze e alla fine ha costretto la radio a "sospendere" la trasmissione mensile affidata al religioso. Ebbene, proprio lo Stato che secondo padre Cavalcoli avrebbe scatenato "il castigo di Dio" è il finanziatore numero uno di Radio Maria.
Di più: l' emittente religiosa è in cima alla lista delle radio che ricevono ogni anno un contributo pubblico. Negli ultimi tre anni di cui si conoscono le cifre, ha incassato 779 mila euro per il 2011, 730 mila per il 2012 e 581 mila per il 2013: due milioni e 90 mila euro nel triennio. Per svolgere un servizio pubblico? No, a titolo di "mero sostegno", in base a una legge di 18 anni fa varata per sostenere le emittenti locali che però le assicura un canale privilegiato. Un dato che la mattina del 3 febbraio scorso non ha impedito al direttore di Radio Maria, don Livio Fanzaga, di commentare nella sua rassegna stampa la notizia dell' approvazione della legge sulle unioni civili paragonando la relatrice del provvedimento, Monica Cirinnà, «alla donna del capitolo diciassettesimo dell' Apocalisse, la Babilonia» (una prostituta), e a inviarle la sua macabra profezia: «Signora Cirinnà, lei oggi brinda prosecco alla vittoria, ma arriverà anche il funerale, stia tranquilla. Glielo auguro il più lontano possibile, ma arriverà anche quello» (memorabile la reazione su Facebook dell' interessata, che rispose con una citazione di Massimo Troisi: "Mò me lo segno"). Ma perché questa emittente che lancia anatemi contro le istituzioni gode di un trattamento privilegiato nella distribuzione delle sovvenzioni pubbliche? La risposta è in un codicillo contenuto nella legge 448 del 1998 - al comma numero 190 dell' articolo 4, precisamente - che assegna il 10% dei contributi destinati alle radio locali alle "emittenti nazionali comunitarie", e quel "comunitarie" non c' entra nulla con l' Unione Europea ma serve a distinguerle da tutte le altre che hanno fini di lucro. Ora, le "emittenti nazionali comunitarie" sono solo due, nel nostro Paese. La prima è Radio Maria. La seconda è Radio Padania, la radio di Matteo Salvini, che riceve esattamente le stesse somme dell' altra. Eppure la severa relazione che la Corte dei Conti ha stilato alla fine del 2015 sulla distribuzione di questi aiuti a pioggia segnala che l' emittente leghista non solo riceve anche i contributi della Presidenza del Consiglio per le testate gestite da cooperative, ma a voler interpretare la legge alla lettera non può neanche essere considerata "nazionale", visto che trasmette solo in nove regioni, e sulle altre arriva solo un segnale digitale Dab, captabile solo da pochissimi apparati. Ma quali regole devono rispettare, queste due radio privilegiate, per incassare il contributo statale? Nessuna. Devono solo «essere in regola con il pagamento del canone, calcolato nella misura dell' 1 per cento del fatturato annuo». Per il resto, possono mandare in onda quello che vogliono. Non hanno alcun dovere di svolgere un servizio pubblico, perché la legge del 1998 assegnava contributi a pioggia con l' unico criterio del «mero sostegno » all' emittenza locale. Solo per aiutarla a sopravvivere. Nel caso delle due radio "comunitarie", però, la Corte dei Conti ha segnalato che si tratta di non di una regola generale e astratta, in base ai principi basilari del diritto, ma di una "legge-provvedimento", stilata su misura dei beneficiari e vincolando lo Stato ad assegnare loro una quota prefissata (il 10 per cento del totale). Il caso delle "parole offensive e scandalose" apre dunque un nuovo capitolo nella tormentata storia del finanziamento pubblico alle emittenti private. Un tema di cui dovrebbe occuparsi presto il Parlamento, anche a costo di sentirsi annunciare un nuovo "castigo di Dio" da padre Cavalcoli o un altro "funerale" da don Fanzaga.