mercoledì 30 novembre 2016

Una realtà NELLA Chiesa e DELLA Chiesa

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di Chiara Sanmorì

Il nuovo libro di Kiko Argüello Annotazioni (1988-2014), uscito a settembre in Spagna nella prestigiosa collana Biblioteca de Autores Cristianos e dall’ 11 novembre in Italiano (Cantagalli Edizioni), segue e completa idealmente il precedente volume Il Kerigma. Nelle baracche con i poveri (San Paolo, 2013).
Se nel primo libro infatti il fondatore del Cammino Neocatecumenale, insieme a Carmen Hernández, raccontava le vicende che l’avevano portato dall’esperienza di annuncio di Cristo tra i poveri di Palomeras Altas, ad essere uno strumento del rinnovamento della Chiesa secondo il Concilio Vaticano II, in questa più recente pubblicazione vivono i pensieri più intimi, le meditazioni, le preghiere, le invocazioni più segrete e personali che svelano la profonda spiritualità, i tormenti e le gioie di quest’anima grande che, in qualche modo, si consegna non solo ai fratelli del Cammino, ma a tutta quell’umanità sofferente e ferita cui ha dedicato la vita, in un gesto definitivo di totale donazione di sé.
Un consegnarsi anche doloroso, quasi imbarazzato, come l’Autore ha avuto modo di sottolineare anche nel corso della presentazione del libro organizzata dall’Editore al Teatro Olimpico di Roma (25 novembre), ma dettato dalla precisa convinzione, che ha guidato tante “imprese” della sua vita (l’evangelizzazione anche nei paesi più remoti e difficili, la fondazione di seminari “Redemptoris Mater”, una vasta produzione pittorica monumentale, la composizione di una sinfonia catechetica sulla sofferenza degli innocenti), di “mai lasciare di fare il bene per paura della vanità” (n.451).
Chi cercasse quindi in questo libro il racconto di un’esperienza di vita, oppure una raccolta organica di temi spirituali ne sarebbe inevitabilmente deluso. Se l’ordine scelto è quello cronologico, dal 1988 al 2014, gli eventi vissuti dall’autore solo raramente e in modo assolutamente occasionale emergono dalle sue parole: una convivenza importante, un concerto, l’approvazione definitiva degli Statuti da parte di Benedetto XVI, i continui viaggi, le persecuzioni, le persone incontrate, rimangono sullo sfondo, ridotte a volte a semplici accenni. Qui protagonista è l’anima stessa di Kiko, in un continuo colloquio con se stesso e con il Signore, una sorta di diario spirituale redatto senza pensare alla sua pubblicazione e quindi particolarmente “vero”.
Sotto questo profilo i 506 frammenti che compongono il libro si prestano meglio ad essere meditati giornalmente, piuttosto che letti d’un fiato, “un sorso che si gusta adagio” come efficacemente scrive nella bella Prefazione l’Arcivescovo di Valladolid, presidente della Conferenza Episcopale Spagnola, il Cardinale Blásquez Pérez.
Ciò che colpisce nell’esperienza spirituale di quest’uomo straordinario è la profonda consapevolezza della propria miseria ed il desiderio infinito di amore verso Cristo che si scontra, dolorosamente, con la pochezza della propria anima. «Sono annientato dalla tua santità sopra il mio essere peccatore. – scrive nel 1998 – Il tuo amore appare sopra di me e mi distrugge, mi annienta , mi crocifigge. Signore, abbi pietà di me!» (n.300). Spesso, come molti mistici, tra i quali mi viene in mente la stessa Madre Teresa di Calcutta, le parole di Kiko mostrano il tormento della “notte oscura”, del sentirsi come abbandonati ed infinitamente lontani dall’Amato, uno spasimo che si trasforma a volte in poesia «C’è un amore che fa dolere il cuore, c’è un dolore che è pieno d’amore…È l’assenza. (…) Siamo nel deserto abbracciati a Te, Signore e in Te a tutti fino all’infinito. Assenza di Dio» (n.353).
Rincorre quest’uomo che molto, moltissimo ha realizzato, in un paradosso tutto cristiano, la “santa umiltà di Cristo”. Che non è finta modestia, un atteggiarsi ipocrita, ma è essenzialmente obbedienza alla Volontà di Dio, accettazione delle ingiustizie e delle calunnie perché «Tutto ciò in cui c’è Dio è umile» (n.5) e perché «Sali a Dio scendendo i gradini dell’umiltà» (n.9), fino a contemplare in essa la bellezza di Dio «Perché la bellezza è umile? Che mistero! Perché l’umiltà è bellissima? Ti ho visto Signore. Sì, Tu eri in quella donna abbandonata nel corridoio di un ospedale. Ti vidi nella strada buttato tra cartoni e spazzatura. Oh, santa umiltà di Cristo, chi ti potrà trovare! Ti trovai e mi toccasti il cuore, e non fui più lo stesso (…).» (n.473).
E veramente la vita di questo pittore di successo, destinato alla gloria del mondo, ad una carriera da artista, è stata rivoluzionata in modo sorprendente dall’incontro con Cristo, trasformandosi in zelo per l’evangelizzazione e per l’annuncio dell’amore di Dio all’umanità sofferente «Benedetto sia il tuo nome, Signore. Benedette la tua tenerezza e misericordia. [Il Signore] viene ad incendiare la terra. Il mio spirito arde, brucia in Te, Dio mio. Geme il mio cuore vedendo ovunque il tuo nome vilipeso e l’uomo sfruttato, colpito, ingannato in una società che vuole crocefiggerti di nuovo. Superstizione, magia, idolatria. Si assassina il pudore nei giovani. Aborto, omosessualità, sesso libero. Tutto ciò che è santo viene insultato e presentato come pernicioso. (…)» (n.268).
In questo consiste lo spirito profetico che la Chiesa ha riconosciuto ufficialmente e ribadisce ancora nelle parole del Cardinale Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, intervenuto alla presentazione del libro, al carisma del Cammino Neocatecumenale. Quello cioè di aver contribuito a realizzare, attraverso l’ispirazione di un’esperienza via via disvelatasi agli iniziatori, e non pertanto in un cammino studiato “a tavolino”, il rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II ed in particolare quel ruolo di “formazione permanente” dei laici, attraverso la riscoperta del dono del Battesimo che si attua attraverso la celebrazione Eucaristica e della Parola, vissute in piccole comunità «Parola, Liturgia e Comunità, tripode santo su cui poggia la nostra vita cristiana» (n.316), tripode che regge il mondo e di cui il Concilio stesso ben 54 volte aveva parlato.
Un carisma profetico quindi che affianca e sostiene il carisma del magistero proprio del papa e dei suoi collaboratori, come ha efficacemente sottolineato il Card. Müller nella sua prolusione, al servizio della Chiesa e di tutta l’umanità, volto al bene comune che è l’annuncio del Kerigma, del mistero cioè della morte e resurrezione di Cristo.
Dio nella sua grande e provvidenziale “fantasia” non lascia soli e senza risposte gli uomini di fronte alle sfide della storia ed ai grandi cambiamenti, anzi stravolgimenti, che la realtà propone. Sempre ha accompagnato e sempre accompagnerà la sua Chiesa attraverso questi strumenti suscitati dallo Spirito e la guida sicura dei Pastori, come del resto Gesù stesso aveva promesso: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt. 28,20).
In tal senso questa eredità spirituale che Kiko lascia ai Neocatecumenali ed alla Chiesa tutta, non fa che sottolineare la dimensione ecclesiale e non personalistica di questo Cammino (non un “kikianismo” quindi, ma una realtà NELLA Chiesa e DELLA Chiesa) ed in tal modo ne garantisce la sopravvivenza, oltre il limite terreno dei suoi stessi ideatori che sono e furono, come loro stessi tengono a sottolineare, “servi inutili” di Cristo
La Croce quotidiano