martedì 6 dicembre 2016

Il santo dell’unità



Pubblichiamo quasi per intero l’omelia del patriarca di Costantinopoli pronunciata per la festa di san Nicola nella basilica di Bari.
(Bartolomeo) Immersi nella preghiera dentro questa splendida basilica, siamo giunti dalla città di Costantino, Costantinopoli, dal Fanar, la sede della Santa e Grande Chiesa martire di Cristo, il patriarcato ecumenico, su cortese invito dell’amato fratello in Cristo arcivescovo di Bari-Bitonto, monsignor Francesco Cacucci, e del consiglio episcopale pugliese, per festeggiare insieme quest’anno, la memoria di questo grande santo dell’unità, il nostro santo padre Nicola, vescovo di Mira di Licia, il taumaturgo, le cui sue sante reliquie riposano nella cripta di questa basilica da oltre mille anni.
Siamo giunti in Puglia per rinsaldare l’amore e i legami che le nostre Chiese hanno vissuto comunemente nel passato, ma che neppure le vicissitudini della storia mai hanno interrotto o raffreddato. In questi giorni abbiamo visitato molte parti della vostra regione e ci siamo rallegrati del successo di questo laborioso popolo, della sua ospitalità abramitica e della sua fervente fede cristiana. Abbiamo veramente gioito con voi in questo nostro pellegrinaggio, il primo di un patriarca ecumenico in questa terra, in duemila anni di storia cristiana, e siamo particolarmente grati al Signore.
La vocazione ecumenica e lo stile ospitale di questa terra ha fatto sì che essa sia terra di accoglienza, nel passato come nel presente. Nel passato qui trovarono rifugio i cristiani perseguitati a seguito di invasioni straniere, di guerre fratricide e delle conseguenti carestie. Vennero accolti e si integrarono con l’allora tessuto sociale, anche mantenendo le tradizioni delle loro terre di origine. 
Ma anche in un passato molto recente questa terra ha saputo essere terra di accoglienza per quelle genti che fuggivano da paesi totalitari, in cui non era possibile essere discepoli di Cristo. Nonostante le difficoltà che tutto questo comporta, gli inevitabili problemi che possono sorgere, questa terra non ha mai chiuso le sue porte, non è mai rimasta indifferente al grido di aiuto di tanti fratelli e sorelle nel bisogno. Oggi, purtroppo, il mare Mediterraneo, mare di cultura, mare di solidarietà, mare di collaborazione, è divenuto mare di ondate di profughi e migranti da ogni dove. Come cristiani non restiamo indifferenti a questo grido di dolore, ma allo stesso tempo non possiamo tacere davanti allo scandalo della mercificazione dell’essere umano, del fondamentalismo religioso che pretende di agire nel nome di Dio, dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e del depauperamento delle risorse naturali a vantaggio di pochi e a svantaggio di molti, soprattutto dei più poveri. La casa comune, l’ambiente naturale appartiene a Dio e non siamo solo i suoi economi, non siamo nuovi dei senza Dio. Per questo abbiamo alzato il grido assieme al nostro amato fratello, Papa Francesco, dall’isola di Lesbo verso tutti i potenti della terra, verso coloro che hanno in mano le sorti dell’umanità, e continuiamo a farlo nel nome di Dio.
Come cristiani, tuttavia, abbiamo un’arma forte, un’arma di pace, un’arma invincibile, che è la preghiera, e noi siamo qui per pregare insieme il nostro santo dell’unità, che continui a essere nostro amico e nostro compagno sulla via della salvezza e dell’unità. Pregando infatti i santi, noi preghiamo Cristo per mezzo delle membra del suo corpo. La Chiesa, secondo san Paolo, è “Casa di Dio” e “Famiglia”. 
I santi continuano a essere membra viventi della Chiesa, con la loro preghiera sono un legame tra le cose di lassù e le cose di quaggiù. Così noi tributiamo il giusto onore e la venerazione alle sante reliquie dei santi per la grazia del legame incorruttibile del corpo con lo Spirito divino e secondo la tradizione della Chiesa antica. Nicola è il testimone di questa santità, ma egli è anche il santo di tutti, il santo che non conosce confini di nazionalità, di cultura, di confessione religiosa. 
Dopo l’icona di Cristo e della Vergine, l’icona di san Nicola è quella più conosciuta, più onorata. Ma perché questo santo è così amato, nonostante non ci siano scritti teologici o documenti rilevanti sulla sua opera? Crediamo perché san Nicola è stato un vescovo amato dal suo popolo, un vescovo che ha vissuto per la verità della fede, nella sua battaglia contro l’eresia ariana del suo tempo, ma anche il vescovo giusto nella sua Chiesa. Difensore dei poveri, giudice implacabile di fronte alle ingiustizie dei potenti e ferreo combattente del peccato. Ma anche uomo mite, pieno di continenza, pronto al perdono, pieno di compassione per la debolezza dei fedeli, ma fermo aiutante nella difesa dei costumi e della rettitudine. Per questo la sua fama si è diffusa al di là dei confini della sua Chiesa a Mira di Licia. La provvidenza di Dio ha fatto sì che il suo corpo giungesse a Bari, dove ancor oggi noi possiamo venerarlo con fede. 
Permetteteci di concludere questo nostro saluto con le parole della liturgia bizantina per il nostro Santo Padre: «Pastori e maestri, conveniamo insieme per lodare il pastore, emulo del buon pastore; i malati facendo l’elogio del medico; quelli che sono nei pericoli, del liberatore; i peccatori, dell’avvocato; il poveri, del tesoro; gli afflitti, del conforto; i viaggiatori, del compagno di viaggio; quelli che sono in mare, del nocchiero: tutti, facendo l’elogio del grandissimo pontefice che ovunque a noi fervido accorre, così diciamo: santissimo Nicola, affrettati a liberarci dall’angustia presente, e con le tue suppliche, salva il tuo gregge». (Doxastikon delle Lodi).

L'Osservatore Romano