lunedì 29 febbraio 2016

Poveri cattolici e cattolici poveri...

Camera - UDC - conferenza stampa Casini


CommunityLa Croce

Cara Amica, Gentile Amico,
mentre ci rammarichiamo profondamente per lo scempio che ha avuto luogo ieri in Senato, riteniamo opportuno ed importante informarTi di come hanno votato i Senatori italiani sulla mozione di fiducia al maxiemendamento Renzi n. 1.10000, che sostituisce completamente il ddl Cirinnà.
Di seguito troverai l’elenco dei Senatori che hanno votato sì e no alla fiducia, con indicato il Gruppo Parlamentare di appartenenza.
Ti invitiamo caldamente a tenere buona nota di come i Senatori si sono espressi, in modo da tenerne conto in occasione delle future consultazioni elettorali, a partire dalle prossime amministrative e fino al referendum costituzionale previsto in autunno.

Spotlight e la propaganda anticattolica

di Giuliano Ferrara (Il Foglio)
Spotlight”, da stasera nelle sale italiane, è un film ben fatto di violenta propaganda anticattolica e anticlericale. Racconta l’inchiesta giornalistica del team investigativo (Spotlight) del Boston Globe, che diede il via quindici anni fa alla grande campagna mondiale sulla pedofilia del clero, e mise in ginocchio la chiesa e il papato di Benedetto XVI di fronte ai fedeli e al mondo, fino all’abdicazione.
Il film travolge, commuove, convince con la grande tecnica emozionale del cinema, con il ritmo, con la verità indiscutibile delle maschere che si esprime nei dialoghi, nella recitazione e nel montaggio. La verità sulla pedofilia dei preti però non c’entra. E non c’entrano la giustizia e la misericordia. Nel mirino di sceneggiatori, regista, produttore è la chiesa come istituzione, il suo clero consacrato, la sua gerarchia: sapevano della diffusione in diocesi dell’abuso sessuale di minori da parte di centinaia di pastori, lo hanno tollerato e coperto per il buon nome della ditta, hanno ignorato con cinismo il dolore e il silenzio delle vittime, che vale più di qualunque grido. Chi vedrà il film con occhi lucidi si accorgerà che è una favola edificante, che non coglie la tragedia e il peccato, e nemmeno il profilo di reato criminale incollato giustamente a comportamenti abusivi su minori. Nella storia raccontata, e in parte anche nella realtà, non ci sono giudici che eseguono i dettami del diritto e impongono il governo della legge, non c’è nemmeno il circo mediatico-giudiziario: ci sono giornalisti semidei, che rovesciano la logica dell’insabbiamento delle notizie, procedono eroicamente e svergognano una trama di patteggiamenti tra vittime e diocesi gestita da avvocati che sopra il dolore privato e le violenze private di molti preti fanno un monte di soldi. Uno strano modo di fare giustizia.
Il cardinale Bernard Law, arcivescovo di Boston che si dimetterà alcuni mesi dopo la pubblicazione degli articoli incriminanti, compare in un incontro con il direttore del Boston Globe, ha il tratto ambiguo di chi vuole proteggere una situazione di malaffare, punto. Nel film, due ore e passa, non c’è nemmeno uno straccio di prete, né di quelli coinvolti né di quelli (e ce ne sono) estranei a comportamenti abusivi, che faccia vedere l’altra faccia del vero, e il vero, lo sappiamo, ha sempre facce diverse: puoi e in certi casi devi concludere in modo univoco, ma la procedura per arrivarci non può mai escludere il dubbio, il tormento, le alternative di cuore e di ragionamento che ti portano al dunque. Non è obbligatorio aver letto Bernanos, essersi immersi nella profondità umana e teologica della cura d’anime, nella opaca natura del peccato e della grazia a fronte della fede e della pastorale cattolica, ma se non lo fai, se la cultura del pamphlet hollywoodiano non lo prevede, il risultato è appunto la favola degli spettri, degli agenti del male assoluto. Il film evita rigorosamente di indagare sui perché e sul come di un fenomeno, si limita alla evocazione di una banda di orchi ispirati dal più banale e pervertito desiderio di possesso sui corpi dei ragazzi,  ma gli orchi non si vedono, sono fantasmi, sono traditori di Dio che assassinano anime innocenti. Si vedono soltanto le loro vittime e i liberatori a mezzo stampa. L’istituzione ecclesiastica difende e protegge i predatori senza volto, senza coscienza, senza anima, è complice del loro spirito predatorio, e perde alla fine la battaglia di verità e di giustizia, contro l’omertà, dei valorosi investigative reporters.
La chiesa ha deciso di farselo piacere, questo film che la dipinge e spiega come una mafia. Si mette sulla sua scia. Rivendica al vecchio e malato san Giovanni Paolo II, e al suo successore allora responsabile della procedura contro gli abusi, la svolta di espiazione e di denuncia fondata su giustizia e verità. Il procuratore della Congregazione per la dottrina della fede, il tribunale all’epoca presieduto da Ratzinger (l’inchiesta di cui si parla è del 2001 e gli articoli che portano alle dimissioni dell’arcivescovo di Boston in dicembre escono nel gennaio del 2002), monsignor Charles Scicluna, affida a Paolo Rodari di Repubblica giudizi definitivi: i vescovi devono vedere il film, impararne la morale, che è contro l’omertà comunque giustificata. Il cardinale Law fu trasferito dopo le dimissioni nella funzione romana di arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, poi fu emeritato, ma secondo monsignor Scicluna dovrebbe andarsi a rivedere nei foschi panni che gli ha disegnato addosso il film, e applaudire. Dare un giudizio diverso da quello della stessa chiesa è una follia, un paradosso, un sofisma sulfureo, dunque: ma è la mia convinzione da sempre. Mi sarà consentito di inoltrarmi nella follia, che procede per argomentazione razionale e un tentativo di comprensione storica e morale.
Io dico che solo nella storia della Shoah, come volle giustamente Claude Lanzmann, la domanda sul perché non ha senso, devi limitarti a descrivere i fatti e il come. Sterminare secondo un programma di razzismo biologico il popolo degli ebrei in quanto ebrei non ha un perché, è il culmine inindagabile di una nozione nichilista e antiumanista della storia moderna, appunto il male assoluto. La pedofilia è un’altra cosa. Lo è come mito letterario o artistico nella storia dell’occidente pagano e poi cristiano, dai greci a Nabokov, da Matzneff a Montherlant a Pasolini a Balthus; lo è come fenomeno sociale diffuso nelle famiglie stesse, nella scuola, nello sport e in altre decisive attività sociali. La pedofilia si intreccia con la paideia, il modello di educazione e formazione del fanciullo aperto a tutte le sfumature dell’ethos e dell’eros.
L’esercizio di un’autorità educativa e formativa del fanciullo, una delle attività principali del clero monosessuale maschio nella chiesa cattolica, è esposto a un massimo di libertà e di autonomia e armonia morale dell’individuo in formazione come al suo pervertimento in modi schiavistici e abusivi: la linea di demarcazione esiste, ma è una linea d’ombra affidata alla responsabilità, alla libertà dal peccato e dalla concupiscenza dei maestri e degli allievi, con una decisiva responsabilità etica dei maestri. Non sto divagando, e agli effetti della legge i reati sono reati e vanno perseguiti. Sto cercando di discernere, discriminare, sceverare il grano dal loglio, capire quel che probabilmente, anzi certamente, è da capire se si voglia davvero realizzare “la giustizia nella verità e nella carità”, come dice monsignor Scicluna, come esortò Benedetto XVI nella lettera al clero irlandese dopo l’analogo scandalo.
Il film “Spotlight” non accenna minimamente a questa parte del problema, la favola edificante e demonizzante non prevede sfumature, gradi di conoscenza diversi nell’accertamento sommario di una verità così intricata, così inestricabilmente legata all’impasto di bene e male che si ritrova nei comportamenti soggettivi e nei sistemi di sanzione delle devianze. Il “buon nome della ditta” è una cosa se la Volkswagen produce i diesel contestati per la manipolazione dei software ambientali; è una cosa se richiami l’omertà di una gang che fonda la sua autorità sul forte profilo sociale dell’accolita: ma è un’altra cosa se riguarda una chiesa, una comunità vivente di anime in cura d’altre anime in cui la legge suprema è la salvezza delle anime e la redenzione del peccato. E’ così difficile da capire che il disastro nel sistema sanzionatorio e nel coraggio della denuncia è espressione di una debolezza della chiesa, condivisa da altre istituzioni tra le quali la stessa stampa, non del suo avere venduto l’anima al diavolo? Ci dobbiamo rassegnare a metterci in fila al botteghino, magari dietro a legioni di preti e di vescovi, e a imparare la morale della favola come ce la dipinge Hollywood? Dobbiamo pensare che verità e carità si esauriscano nella blacklist dei preti pedofili e dei loro complici gerarchici, soltanto capaci di dare dei gala di beneficenza allo scopo di meglio dissimulare la natura demoniaca dell’istituzione chiusa, la chiesa intera come un manicomio psichiatrico o un carcere desiderante e degradante alla maniera del marchese de Sade?
Noi europei che abbiamo letto di don Abbondio e del curato di campagna, noi che conosciamo la leggenda del santo Inquisitore, e che sappiamo quanto il delitto, la sovversione dei valori, sia intrinseco anche alla storia della chiesa e del suo clero, perfino dei suoi papi, abbiamo una visione non demonizzabile, perché più intelligente e più ambivalente, della figura del pastore, del prete, dell’educatore. Nell’edificazione a sfondo protestante anche del cattolicesimo mediatico e bostoniano rappresentato nel film emerge altro: il prete lo manda Dio e il suo tradimento di fiducia e di condotta è un tradimento della fedeltà a Dio, senza mediazioni. Noi invece sappiamo, ed è famosa la battuta umanista di un Montanelli sulla messa mattutina di De Gasperi e Andreotti, in cui il primo parlava con Dio e il secondo parlava col prete, quanto importi la distinzione tra i peccatori della chiesa in cammino e la funzione sacramentale dell’istituzione che bada alla salus animarum. Se tu fai un film in cui campeggiano soltanto gli orchi, le vittime,  le colpe morali di un’istituzione e i semidei mediatici che ce ne liberano, puoi farmi piangere di compassione, puoi appunto edificarmi in forma di favola, ma non puoi farmi capire quel che è effettivamente successo, così, senza nemmeno sentire la ratio di un sistema che metti sotto accusa, senza rappresentarne il dramma o la tragedia. Fatta l’inchiesta, il Boston Globe chiede all’arcivescovo Law, poche ore prima della pubblicazione, una dichiarazione “a copertura”, la famosa altra campana o altra fonte del buon giornalismo si riduce a squillare come una toppa per parare il buco: e Law giustamente risponde, sconfitto, che non vuole nemmeno sentire le domande, chiudendosi anche lui nel silenzio di una vittima. Seguire questa logica che vittimizza la chiesa e deifica la stampa, caro monsignor Scicluna, può essere un rimedio tattico a circostanze avverse ma non è un servizio alla carità, e nemmeno alla verità di noi laici. Buona visione.
fonte: Il Foglio

Cambiano i matrimoni, le emozioni no



E se fosse il Tempo di #boicottare?

Martedì della III settimana del Tempo di Quaresima



Ma Dio non si arrende: 
Dio trova un nuovo modo per arrivare ad un amore libero,
irrevocabile, al frutto di tale amore...
Non siamo noi che dobbiamo produrre il grande frutto;
il cristianesimo non è un moralismo,
non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo,
ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico:
Dio si dà Egli stesso.
Il suo essere, il suo amare, precede il nostro agire
e, nel contesto del suo Corpo,
nel contesto dello stare in Lui,
identificati con Lui,
nobilitati con il suo Sangue,
possiamo anche noi agire con Cristo.

Benedetto XVI, Incontro con i seminaristi di Roma, 12 febbraio 2011

***

Dal Vangelo secondo Matteo 18,21-35.

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A questo proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».

***

Pensaci bene: ti senti in debito con qualcuno? Anche questo è vivere intensamente la Quaresima. Con tuo marito o tua moglie, con tuo figlio, con tua suocera, con il collega, ti sei sempre comportato con amore, pazienza misericordia? Hai un peso sulla coscienza che cerchi di dimenticare, un peccato nascosto che tenti di seppellire? Un giudizio, un rancore, un tradimento. Non aver paura di lasciare che venga alla luce, anzi tiralo fuori tu, magari sono vent'anni che ti comprime il cuore e ti impedisce la libertà e la pace. Fallo oggi, confessalo, perché il nostro debito è condonato. Forse, come il servo malvagio siamo così presi da noi stessi che riteniamo di aver ottenuto solo una dilazione e tutti i nostri sforzi sono nervosamente diretti a raccattare in qualsiasi modo quel che dobbiamo rifondere. Abbiamo implorato clemenza e un po' di pazienza per restituire, e sorprendentemente il Signore ci ha condonato il debito, nulla più da restituire. Cancellato. E' questa l'esperienza che cambia radicalmente la vita. E' il cristianesimo. Un condannato a morte al quale gli si sono spalancate le porte della cella ed è ormai libero. Chi non ha questa esperienza vive il proprio cristianesimo senza gioia, e quindi una vita senza frutto, sciapa e immersa nella mormorazione, tutta regole, e sforzi per compierle. Leggi, e sacrifici per rispettarle. La vita come una corsa ad ostacoli, senza amore, esigendo da se stessi e dagli altri, tutti strapazzati perché non scappino dai nostri rigidi schemi, ogni "prossimo" imprigionato perché paghi ciò che crediamo ci debbano dare, così che anche noi possiamo pagare il dovuto a Dio. Sì, viviamo nello stravolgimento della relazione con Lui, non abbiamo conosciuto la gratuità del suo amore e crediamo che, per stare in pace, dobbiamo dargli quello che non abbiamo esigendolo dagli altri. Guarda le relazioni nella tua famiglia, e capirai. Accettiamolo, siamo nemici della Croce di Cristo perché scandalizzati del suo amore così umanamente "ingiusto" da giustificare ciò che noi non giustificheremmo. Ma il documento della nostra condanna è stato distrutto proprio sulla Croce del Signore. Il Suo amore ci ha graziati, senza merito. Oggi, e ogni giorno. Allora convertiamoci e lasciamoci amare sino ad accogliere il perdono per lo stesso peccato settanta volte sette, cioè infinite volte; e così saremo trasformati in misericordia che accoglie e perdona sempre, rompendo volta per volta la spirale di odio che avvelena il mondo, a casa come ovunque, per schiudere il Cielo su questa generazione. 

Riconciliazione al centro



Nel palazzo della CancelleriaCon una «lectio magistralis» sul sacramento della riconciliazione» — di cui pubblichiamo in questa pagina la parte introduttiva — il cardinale penitenziere maggiore apre nel pomeriggio di oggi, 29 febbraio, nel Palazzo della Cancelleria, il ventisettesimo corso sul foro interno, organizzato dalla Penitenzieria apostolica, che si concluderà il 4 marzo. 
L’intervento del porporato è seguito da quello del vescovo reggente Krzysztof Nykiel, che tratta della struttura, delle competenze e della prassi della Penitenzieria. Diversi i temi che saranno affrontati nelle giornate dell’incontro: tra questi, i doveri e i diritti dei penitenti; il rapporto tra misericordia, verità e giustizia; la formazione della coscienza morale; la figura del confessore come testimone privilegiato dell’amore misericordioso di Dio; la direzione spirituale; la sfida antropologica ed etica della teoria del gender. Nella giornata conclusiva è prevista, in mattinata, l’udienza del Pontefice e, nel pomeriggio, la celebrazione penitenziale che sarà presieduta dal Papa nella basilica vaticana

(Mauro Piacenza) Il nostro percorso si colloca all’interno del grande anno giubilare della misericordia, indetto da Papa Francesco, un anno tutto incentrato sul mistero di Dio che dischiude a noi la propria intimità divina, per mezzo del suo Figlio fatto uomo, morto, risorto e asceso al cielo, che vive e opera nella sua Chiesa, salvando l’uomo per mezzo dei sacramenti: radicalmente per mezzo del battesimo e, in modo particolare, attraverso il Sacramento della riconciliazione.
Desidero introdurre questo corso, anzitutto riascoltando con voi l’invito accorato, che il Santo Padre ha rivolto a tutta la Chiesa — in particolare a noi ministri — al n. 17 della bolla di indizione dell’anno giubilare Misericordiae vultus: «Poniamo al centro con convinzione il sacramento della riconciliazione». Questo “grido” — del Papa, che porta nel cuore la sollecitudine per tutta la Chiesa, è rivelatore di un pensiero, di un giudizio su questo mondo e sulla missione della Chiesa, la quale guarda permanentemente a Cristo nell’esercizio del proprio ministero. Vorrei condividere con voi alcune considerazioni sui pericoli e le prospettive di questo momento storico, su come la Chiesa, in comunione effettiva ed affettiva con Pietro, sia chiamata a rispondervi e sulla centralità del sacramento della riconciliazione nella vita della Chiesa e di ciascun sacerdote. Anzitutto vi è una considerazione “primordiale”, dalla quale ogni altra considerazione della Chiesa riceve continuamente luce e forza, ed è tutta contenuta nelle parole del Battista, che riecheggiano in ogni celebrazione eucaristica: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo» (Giovanni, 1, 29). È questo l’annuncio che la Chiesa ripete davanti al mondo, invitandolo a convertirsi; è questo l’annuncio che, ogni giorno, attesta a noi stessi la novità, continua ed assoluta, che da duemila anni abita la storia e che ha conquistato, per sempre, le nostre vite: Dio è divenuto per noi l’Agnello immolato, ha portato su di sè il nostro peccato e, morto, regna ora vivo per sempre. Questo annuncio della Chiesa, che indica presente nel mondo l’Agnello di Dio, costituisce il più potente “antidoto” al veleno del serpente antico, il menzognero. Ben sappiamo come questa azione demoniaca, che Papa Francesco non ha tralasciato di segnalare apertamente, fin dal principio del pontificato, si compie però nell’orizzonte, per il demonio, di una inesorabile disfatta. Come il demonio esercita oggi questo potere? Dove maggiormente si è concentrata e si concentra questa azione? Su cosa egli principalmente insinua il falso? Il potere della menzogna non agisce mai, anzitutto, al livello dell’agire, a un livello cioè immediatamente etico, o morale. La menzogna tenta la sua azione, prima di tutto, al livello della conoscenza. Nel giardino dell’Eden si sviluppa, prima, l’ottenebramento dell’intelletto e della volontà, che presentano come buono ciò che buono non è e, quindi, il peccato della disobbedienza: «prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò» (Genesi, 3, 6b). Oggi come si concentra questa menzogna, che Cristo ha smascherato e sconfitto? La menzogna del principe di questo mondo tenta di rovesciare questo annuncio in ogni sua parte: l’Agnello, il mondo ed il peccato.
L'Osservatore Romano

SELècomprato...


di Francesco Ognibene
Mettiamo in fila i fatti, così com’è dato conoscerli, limitandosi ai dati della realtà, e dunque facendo lo sforzo di andare oltre il consueto fumo delle rivendicazioni e delle polemiche strumentali. Sabato è nato in California un bambino che all’anagrafe dello Stato è stato registrato col nome di Tobia Antonio. 

Di lui si sa che il padre è Ed Testa, 38enne italo-canadese, e la madre una donna statunitense di cui non si conosce l’identità e che gli ha ceduto i propri ovociti prelevati con un intervento in anestesia totale. Sì, perché Tobia – al quale va tutto il più affettuoso benvenuto – è stato concepito in provetta con i gameti di Ed e della donna che li ha messi a disposizione. 

La procedura è stata effettuata da una delle numerosissime strutture californiane specializzate non solo in procreazione artificiale ma anche in maternità surrogata, e che dunque ha messo a disposizione anche un’altra donna – di passaporto americano ma di origini indonesiane, a quanto è dato di apprendere – che in cambio di una somma di denaro (consistente, secondo gli standard del mercato americano) ha firmato un contratto col quale si è impegnata a farsi impiantare nell’utero l’embrione e a condurre tutta la gravidanza rispettando stringenti clausole: è prassi, ad esempio, che la madre in affitto garantisca di abortire se il feto rivela qualche anomalia. 

L’impegno principale, ovviamente, è di cedere al momento del parto il bambino a chi glielo ha commissionato e che per questo ha pagato la clinica, la fornitrice di gameti e la madre surrogata, oltre all’avvocato che ha steso il contratto tra le parti. Ma in tutto questo cosa c’entra Vendola? Il presidente nazionale di Sinistra ecologia e libertà, fino al 2015 e per dieci anni governatore della Puglia, è compagno di Testa e convive con lui da tempo a Terlizzi. Sebbene i resoconti mediatici lo descrivano come "padre" di Tobia, dal punto di vista genetico col bambino non ha nulla a che fare. Certo, col compagno Vendola ha voluto l’intera operazione e ha pagato quel che è stato pattuito con le sue varie controparti americane, ma per farlo è andato dove la pratica dell’utero in affitto – perché, al di là di definizioni edulcoranti ed elusive come "gestazione per altri", di questo si tratta – è considerata lecita ed è regolamentata dalla legge. 

In Italia invece vige una norma – la 40/2004, la stessa che detta regole sulla fecondazione assistita – che vieta la maternità surrogata e, anzi, la sottopone a pene severe. Dunque un uomo delle istituzioni, nonché leader di un partito presente in Parlamento e per sua missione è schierato a difesa della legalità e delle voci più deboli della società, ha violato una legge dello Stato. 

Non corrisponde al vero quel che si è sentito dire, cioè che, "in assenza di una legge" in Italia, Vendola e Testa hanno dovuto andare all’estero per soddisfare il loro desiderio di duplice paternità. La legge c’è, e al comma 6 dell’articolo 12 dice testualmente che «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600mila a un milione di euro». 

Il problema è che non viene fatta rispettare dai tribunali, che in modo ormai sistematico legalizzano la maternità surrogata assolvendo le coppie che tornano in Italia col bimbo in braccio, a condizione che venga praticata all’estero, nei Paesi dov’è lecita. Va ricordato che, pur tartassata dai ricorsi e dagli interventi della Corte Costituzionale, la legittimità della legge 40 su questo punto è stata appena confermata dai giudici costituzionali nella sentenza con la quale nell’aprile 2015 aprirono alla fecondazione eterologa. 

Ricapitolando, nel caso del bambino venuto al mondo in California ci sono una mamma biologica (quella che ha venduto gli ovociti), una mamma gestazionale (quella che ha condotto la gravidanza), un padre genetico e infine un altro uomo che per la legge di qualche Stato (ad esempio il Canada, al quale si dice che la coppia italiana si potrebbe rivolgere perché Vendola possa adottare il figlio del compagno, per poi aprire la partita con lo stato civile italiano) potrebbe diventare padre legale. Quattro "genitori" per un bambino. L’anomalia di una pratica che rende possibili situazioni come queste – e altre ancora più estreme – non viene notata solo in Italia. È di un mese fa il forum al Parlamento di Parigi per il bando internazionale della maternità surrogata, da considerare al pari della schiavitù e da perseguire con strumenti giuridici adeguati. I proponenti di quella che è stata ribattezzata «Carta di Parigi»? Collettivi femministi e l’associazione delle lesbiche francesi. 

>>> LA CARTA DI PARIGI

Perché il figlio di madre surrogata sa chi chiamare "mamma", a prescindere da leggi, contratti e bonifici bancari. Ed esserle strappato appena dopo la nascita resta una violazione del suo diritto naturale ad avere una mamma e un papà. A meno che solo per il fatto che appartiene alla parte più fragile della partita non lo si consideri un diritto meno degno di altri, veri o presunti che siano.
Avvenire

Suscipe, Domine, universam meam libertatem


Man Closed His Eyes To Pray © Anelina / Shutterstock

***
Prendi, o Signore, e accetta
tutta la mia libertà, la mia memoria,
la mia intelligenza, la mia volontà,
tutto quello che ho e possiedo.
Tu me lo hai dato;
a te, Signore, lo ridono.
Tutto è tuo:
di tutto disponi,
secondo la tua piena volontà.
Dammi solo il tuo amore e la tua grazia,
e questo solo mi basta!
S. IGNAZIO DI LOYOLA )


***

Qualche notte fa, mentre aspettavo le mie figlie all’uscite della palestra, stavo leggendo il nuovo libro di Dawn Eden, Remembering God’s Mercy: Redeem the Past and Free Yourself from Painful Memories. Ho notato che usava “Suscipe”, la preghiera di Sant’Ignazio, per iniziare i suoi capitoli. Se c’è una preghiera che non sono mai riuscita a pregare con sincerità, è quella. Voi? Se rispondete sì, siete ben più santi di me. Suscipe è una preghiera profonda, toccante, ma ogni volta che ho provato a recitarla o a cantare una famosa canzone ad essa ispirata, ecco cosa è successo nella mia mente.
“Prendi, o Signore, e accetta tutta la mia libertà”
Tutta, Signore? Non ne basta solo un pochino? Voglio dire, è la mia libertà, il che vuol dire che è la mia libertà e, francamente, non penso di potertela dare tutta, perlomeno non ora. E, tra l’altro, cosa vuol dire? Perdonami, ma mi spaventa troppo. Forse quando sarò più che vecchia? Ma andando avanti…
La mia memoria, la mia comprensione.
Va bene, puoi prendere i ricordi dolorosi, grandioso, e sono contenta di condividere con te quelli belli, anche se già li conosci. Ma intendi proprio la mia memoria? Non sembra una cosa buona. Sembra quasi che avrò la demenza. Dovrei forse chiederti di dimorare nella mia memoria, di infondervi la tua grazia? Beh, perché Sant’Ignazio non l’ha semplicemente detto? Non voglio che ti prenda la mia memoria, già non è buona per conto suo. E riguardo alla “mia comprensione”, per favore, no. Davvero, mi piace comprendere, ne ho bisogno. Non comprendo neanche cosa questo voglia dire. Ma non è che per caso hai già iniziato a prenderla via da me?
E la mia intera volontà.
Mamma mia, questa preghiera sta andando proprio male, forse dovrei fermarmi qui.
Tutto quello che ho e possiedo. Tu me lo hai dato; a te, Signore, lo ridono.
Beh, penso di poter darti indietro alcune delle cose che mi hai dato. Forse. Sì, forse qualcosina. So che tutto è venuto da te, e ti sono davvero grata. Lo sono. Ma perché dovresti addirittura volere che io ti dia tutto indietro? A cosa stava pensando Sant’Ignazio?
Tutto è tuo: tutto disponi secondo la tua piena volontà.
Sì, so che fondamentalmente ogni cosa ti appartiene e che tu puoi farne ciò che vuoi, perché io sono troppo misera da poterla trattenere se tu dovessi insistere. Ma per favore, non fare nulla di terribile. Voglio dire, nulla che io consideri terribile. Perché quello sì che lo sarebbe.
Dammi il tuo amore e la tua grazia, e questo solo mi basta.
Voglio veramente che questo sia vero. Voglio il tuo amore e la tua grazia, chiedo questo in continuazione. Ma la verità è che non so se davvero mi basta. So che dovrebbe farlo, ma sembra che io voglia sempre di più. Ecco, ora mi sento quasi depressa.

Comunque, non penso che è così che Sant’Ignazio, o qualsiasi altro santo, abbiamo recitato questa preghiera. Ma in queste parole riconosco che ho bisogno di arrendermi per poter andare avanti. Almeno sono in buona compagnia; in Remembering God’s Mercy, Eden dice che per molto tempo ha posto resistenza alla “Preghiera di Gesù”, e che successivamente, in un periodo di estremo bisogno, le ha donato tanta di quella grazia una volta che lei ebbe trovato il coraggio di recitarla. Per ora, mi aggrappo alla “Preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano” di San Francesco:
O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio.
Dammi una fede retta,
speranza certa, carità perfetta.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

Andate a vedere "Il caso Spotlight"



“Papa Francesco: è ora di proteggere i bambini e restaurare la fede”. Si è espresso così Michael Sugar, produttore di “Il caso Spotlight”, vincitore del premio Oscar come miglior film 2016, ritirando la statuetta sul palco degli Academy Awards. La pellicola è dedicata ai giornalisti del Boston Globe, che 14 anni fa svelarono la copertura di numerosi casi di abusi commessi da sacerdoti su minori. Su questo appello Fabio Colagrande ha intervistato il gesuita padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori e presidente del Centro per la protezione dei minori della Gregoriana.

R. – Si vede certamente che sia il produttore, sia tutti quelli che sono stati coinvolti nella produzione del film stesso, hanno lavorato per trasmettere questo messaggio ed è un messaggio connesso con quello che il film racconta, un richiamo affinché la Chiesa faccia quello che dal 2002, proprio contemporaneamente a questi eventi che il film racconta, è stato già avviato. Fin dalla fine degli anni ’90, il  cardinale Ratzinger, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, si era infatti reso conto che la Chiesa non poteva più né tollerare questi abusi né la loro copertura da parte di vescovi. E così Joseph Ratzinger, poi come Papa Benedetto, ha fatto grandi passi per rendere la Chiesa un’istituzione trasparente e impegnata nella lotta contro gli abusi. Poi, Papa Francesco ha continuato sulla linea di Papa Benedetto, rafforzando ancora la legislazione della Chiesa, istituendo la Pontificia Commissione per la tutela dei minori. Il Papa ha già messo in pratica alcune misure e attendiamo ulteriori sviluppi su questa stessa linea, che daranno certamente il messaggio chiaro che la Chiesa cattolica nella sua leadership si rende conto della gravità della situazione e  vuole e deve continuare la lotta per la giustizia e perché non ci siano più vittime di abuso.
D. – Quindi, possiamo dire che dalle vicende che sono raccontate da questo film a oggi, molto è stato fatto proprio per la protezione dei minori, dalla Santa Sede e dalle Chiese locali in tutto il mondo?
R. – Sì, ciò che ha fatto la Santa Sede è molto evidente: abbiamo altre norme, abbiamo leggi più severe, abbiamo le lettere circolari della Congregazione per la Dottrina della fede che chiedono a tutte le Conferenze episcopali di inviare le bozze per le loro linee-guida su come incontrare le vittime, cosa fare con gli abusatori, come lavorare per la prevenzione degli abusi. Molto è stato fatto, da parte della Santa Sede, e poi anche da alcune Chiese locali. Per cui, un film come questo e anche le parole dette alla premiazione, certamente danno un ulteriore slancio a questo nostro lavoro che, ad esempio, abbiamo iniziato dal 2012 qui alla Gregoriana con un convegno internazionale, il Simposio “Verso la guarigione e il rinnovamento”, che ha visto partecipare 110 vescovi di tutte le Conferenze episcopali del mondo e che è stato un primo passo anche per le aree dell’Africa e dell’America Latina, dove il tema a quell’epoca non era ancora arrivato. Con l’istituzione del nostro “Centre for Child Protection”, il Centro per la protezione dei minori, vogliamo lavorare per costruire pian piano una competenza locale, cioè persone che sappiano come reagire, come creare spazi sicuri per i bambini e gli adolescenti…
D. – Qual è stata l’accoglienza che questo film ha ricevuto da parte di uomini di Chiesa che sono stati – e sono – impegnati nel contrastare gli abusi sessuali?
R. – Una voce molto autorevole che si è pronunciata è quella dell’arcivescovo di Malta, mons. Charles Scicluna, che per dieci anni è stato il promotore di giustizia ed è stata la persona impegnata nella persecuzione di questi crimini commessi da sacerdoti. Lui, qualche giorno fa, ha detto pubblicamente che raccomanderebbe a tutti, anche ai vescovi, di guardare questo film. Lo stesso ha detto anche un vescovo australiano… C’è quindi un grande apprezzamento per il film e ovviamente anche un apprezzamento per il messaggio e il modo in cui viene trasmesso il messaggio. Questi vescovi raccomandano ai loro confratelli di vedere questo film, quindi è un forte invito a riflettere e a prendere sul serio il messaggio centrale, cioè che la Chiesa cattolica può e deve essere trasparente, giusta e impegnata nella lotta contro gli abusi e che deve impegnarsi affinché non si verifichino più. E’ importante capire che dobbiamo cambiare quel nostro atteggiamento che in italiano si può esprimere con quella famosa parola: “omertà”. Non parlare, voler risolvere tutto spazzando via tutto sotto il tappeto, nascondersi e pensare che tutto passerà. Bisogna capire che non passerà: ormai dobbiamo renderci conto che o con molto coraggio e la capacità di affrontare le cose guardandole in faccia ci pensiamo noi, oppure un giorno, prima o poi, saremo obbligati a farlo. E questo penso sia uno dei messaggi centrali di questo film. RV

Non è un film anticattolico
 L'Osservatore Romano 
(Lucetta Scaraffia) Spotlight, che ha vinto l’Oscar, ha una trama avvincente. E non è un film anticattolico, come anche è stato scritto, perché riesce a dare voce allo sgomento e al dolore profondo dei fedeli davanti alla scoperta di queste orribili realtà. Certo, nel racconto non viene dato spazio alla lotta lunga e tenace che Joseph Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e come Papa, ha intrapreso contro la pedofilia nella Chiesa.


Perché con Spotlight vince anche il giornalismo d’inchiesta 
 Formiche 
(Maria Antonietta Calabrò) E sì, è la rivincita del giornalismo, l’Oscar come miglior film a “Il caso Spotlight”. Ma direi del “ vecchio” giornalismo d’inchiesta. Quello che non si basa sui “Big data” o sui “leaks” consegnate in pacchi, scatoloni, o dossier, da più o meno interessate gole profonde. Tutte interne a giochi di potere di cordate interne all’Istituzione (in questo caso la Chiesa di Boston) oggetto dell’inchiesta. (...)

Michela Marzano..., ma anche no.



La filosofa Michela Marzano, oggi a Ferrara per il TAG Festival di cultura Lgbt, ci ha regalato questa 'perla' sul tema della maternità. Lascio a voi i commenti.
«Che cos'è la maternità? La maternità è un ruolo e può essere esercitato da un uomo o da una donna. La maternità è raccogliere la vita, evitare che la vita scivoli nel vuoto del non senso, accompagnare, coccolare, assecondare, evitare che ci sia questo slittamento nel vuoto. Questo ruolo può essere esercitato da una donna, ma anche no. Può essere esercitato da un uomo, ma anche no. Ci sono donne che sono capaci di raccogliere la vita, ma ci sono anche donne che non ne sono capaci. E ci sono uomini che sono capaci di farlo e uomini che non ne sono capaci. Se dico questo è perché bisogna stare estremamente attenti a non scivolare in uno stereotipo della femminiltà e della maschilità» (Michela Marzano)

In nome di quale progresso?

nichi-vendola

Nichi Vendola, in nome di quale progresso hai tolto quel bambino a sua madre?

«La guida di un movimento che, se ricordo bene, si autoproclama comunista cede alla pratica ultraclassista dell’adozione di un bambino mediante la mercificazioneintegrale della donna resa possibile dall’utero in affitto». Queste le parole del giovane filosofo marxista Diego Fusaro a commento della notizia che il leader di Sinistra Ecologia e Libertà (SEL), Nichi Vendola, assieme al compagno gay, avrebbe acquistato un bambino in California, chiamato Tobia Antonio.
«Non può essere vero», scrive Fusaro, «sarebbe la dissoluzione immediata e irreversibile di Vendola e del suo partito; sarebbe la prova che si tratta di un partito al servizio del capitale e della mercificazione, dellosfruttamento dei corpi e dell’umiliazionepermanente delle donne. No, Vendola non può legittimare quest’orrore. È sicuramente una montatura, un vile attacco ai danni suoi e del suo partito: che presto smentirà, immagino. Vendola, del resto, è uomo colto e sicuramente si ricorda di questo passaggio storico: “si lacerano per il proletario tutti i vincoli familiari, e i figli sono trasformati in semplici articoli di commercio e strumenti di lavoro”. Questa citazione non è tratta da un’Enciclica o da qualche manifesto cattolico in difesa della famiglia tradizionale. È, invece, desunta dal “Manifesto del partito comunista” del 1848 di Carlo Marx e Federico Engels. Due comunisti, di quelli veri». Lo stesso pensa anche Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista.
Purtroppo, pare proprio sia vero. Notizia che ha sconvolto perfino i feticisti di Twitter che, mentre ieri difendevano il senatore gay Sergio Lo Giudice, anche lui dichiarato ed orgoglioso acquirente di bambini, oggi massacrano di insulti e ironia l’ex governatore pugliese. Critiche arrivate anche da molti esponenti omosessuali, coscienti che si tratta di un fatto controproducente per le loro istanze. Alcuni, tuttavia, hanno preso le difese di Vendola, sostenendo che in California è una pratica legale e la madre è una “donna generosa” e non viene sfruttata. Come se regalare i bambini, mercificandoli come fossero pacchi natalizi, fosse una cosa meno orribile e meno violatrice della dignità umana. C’è chi intima di “non giudicare” (gli stessi che ti giudicano se sei contro le nozze gay) e chi fa notare che sarebbero più le coppie eterosessuali a compiere queste pratiche, leggenda confutata proprio pochi giorni fa.
Molti ci hanno segnalato anche le terribili parole pronunciateda Vendola nel 1985 in un’intervista per Repubblica (ripreseanche in un libro): «Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti – tema ancora più scabroso – e trattarne con chi la sessualità l’ ha vista sempre in funzione della famiglia e dalla procreazione». Nel 2010 l’ex governatore della Puglia ha condannato la pedofilia ma sembra aver mai smentito o ritrattato quelle precise parole.
Nichi Vendola ha risposto parlando di “bellissima storia d’amore”. L’amore viene sempre tirato in ballo per coprire e giustificare le nefandezze umane. Ma quale amore? Un bambino reso appositamente orfano di madre, che un ricco omosessuale occidentale ha acquistato -o si è fatto regalare, è lo stesso- da una donna che per nove mesi lo ha cullato, creando con lui un legame inscindibile, illudendolo di essere la persona che lo avrebbe poi abbracciato e amato fin dalla nascita. Ed invece, Tobia Antonio è l’esperimento del progresso in cui crede l’Occidente, simbolo dellamostruosità e disumanità dei nuovi diritti.
E’ stato profetico lo psichiatra Paolo Crepet, quando proprio pochi mesi fa parlò di chi torna dalla California con un bambino figlio dell’utero in affitto: «Se due gay che stanno insieme e decidono di andare in Usa o in Canada, ovvero dove si può andare, e si affitta un utero – perché è di questo che si tratta – e si torna in Italia dopo nove mesi con un bambino, io lo trovo nazista. C’è un’enorme quantità di studi sulla relazione emotiva che c’è tra il feto e la mamma durante i nove mesi di gravidanza. Non è un oggetto che hai nella pancia; è un essere umano vivente che ha delle relazioni con te. Parlo di nazismo perché se due signori gay andassero in California o in Canada ad affittare un utero, non cercherebbero una signora grassa, ma troverebbero qualcosa che si addice alla loro razza.Questo si chiama “eugenetica”, una prassi molto amata dai nazisti».

Paola Concia: l'editoriale di oggi



"BASTA FEDELTA' E BASTA CON L'ISTITUTO DELLA SEPARAZIONE: LA LEGGE RENDE DESUETO IL MATRIMONIO ETEROSESSUALE. NON RESTA CHE SPINGERE PER ADOZIONI E STEPCHILD"
LEGGETE PAOLA CONCIA CHE, MEGLIO DI TUTTI NOI, SPIEGA A CHI NON LO AVESSE ANCORA CAPITO COME LA LEGGE VOTATA ANCHE DAI CATTOLICI DELLA MAGGIORANZA ABBIA IRRIMEDIABILMENTE ROTTO L'ARGINE E COME LA FAMIGLIA NATURALE SIA ORMAI SOTTO SCACCO LEGISLATIVO.
FATTO A PEZZI IL DIRITTO DI FAMIGLIA, SPALANCATA LA PORTA ALL'ADOZIONE, ALLA STEPCHILD E AL MERCIMONIO DELLE PERSONE, FERITA LA COSTITUZIONE, SOTTRATTO UN BEL PEZZO DEL FUTURO DELLE NUOVE GENERAZIONI.
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"A mente fredda dico che...""
1) Per mesi ho detto che l’avere identificato questa legge con la stepchild adoption (e averle dato questo maledetto nome che ciascuno ha potuto interpretate a modo suo) senza parlare mai di tutte le cose che conteneva e che sono una rivoluzione per chi è senza diritti è stato un gravissimo errore politico e di comunicazione. Alcuni e alcune lo hanno fatto coscientemente avvelenando i pozzi con la storia della “maternità surrogata” (gli integralisti cattolici, alcune femministe, i cattodem, la stampa italiana), con il risultato che ovviamente tanta gente pensa che non ci sia nulla nella legge. Non è così. È come la legge tedesca (di cui usufruisco da quasi cinque anni), solo che i tedeschi per avere quello che abbiamo oggi noi italiani ci hanno impiegato 15 anni ed è avvenuto solo grazie alla mitica Corte costituzionale tedesca. Noi lo abbiamo fatto per legge, ristabilendo la regola che il parlamento fa le leggi e i giudici le applicano.
2) La legge è la stessa del testo Cirinnà senza la stepchild, perché vi indignate tanto adesso quando prima non aspettavate altro che vederla approvata? Perché ora non vedete quello che vedevate e condividevate prima?
3) Non c’è la stepchild, e questo è il problema. I deputati e senatori invece di piangersi addosso si sbrigassero a reintrodurla con una norma a parte. Forza, veloci e poche chiacchiere!
Nel frattempo le famiglie arcobaleno si unissero civilmente e facessero subito richiesta di adozione, esiste il comma 20 della legge che vi aiuterà. Andrà in porto. Ma la norma ci vuole, ovviamente.
4) Ci sono due aspetti che rendono questa legge migliore del matrimonio eterosessuale, che paradossalmente rende quest’ultimo desueto, non più al passo con i tempi. A) “l’obbligo di fedeltà” una norma ridicola che per fortuna non è contenuta in questa legge e questo permetterà di toglierla anche dal matrimonio etero. B) Non c’è l’istituto della separazione: e vivaddio, a sinistra abbiamo lottato molto per toglierlo, non ci siamo riusciti (infatti gli etero ce l’hanno). In tre mesi si può sciogliere l’unione civile, come nei paesi civili, con grande invidia degli eterosessuali.
Questa legge modificherà molte cose del diritto di famiglia, statene certi. Gli omosessuali hanno portato il paese avanti. Ci ringrazierete.
Questo è quello che è. A mente fredda se ne accorgeranno tutti. Adesso è il tempo della protesta (legittima per carità), tra un po’ arriverà il tempo della vita vera quella che ci/vi metterà di fronte alla realtà che è cambiata. E molti e molte diranno: “però, in effetti!”.
L'UNITA' ONLINE DEL 27 FEBBRAIO 2016

UCAM: Kiko Arguello - Incontro di preparazione alla GMG di Cracovia

Gandolfini: «Il popolo delle famiglie non si ferma E chi lo ha tradito ne pagherà le conseguenze»

Gandolfini al Family Day
Gandolfini: «Il popolo delle famiglie non si ferma E chi lo ha tradito ne pagherà le conseguenze»
di Lorenzo Bertocchi


Massimo Gandolfini è stato, insieme a tutti i membri delComitato Difendiamo i Nostri Figli, protagonista indiscusso della battaglia sul ddl Cirinnà. Con una grande capacità di coinvolgimento dal basso per ben due volte, lo scorso 20 giugno e sabato 30 gennaio, Gandolfini si è fatto portavoce di un popolo che ha riempito prima piazza San Giovanni e poi il Circo Massimo. Adesso, dopo che il Senato che ha approvato il maxiemendamento al ddl Cirinnà, molti guardano a lui, e a tutti i suoi compagni di ventura, per cercare la rappresentanza di un popolo che sembra intenzionato a  voler continuare a dire la sua.
Gandolfini, cosa dire di questo ddl sulle unioni civili che ha avuto il via libera al Senato?Siamo profondamente delusi, perché se da una parte bisogna considerare la vittoria che il popolo del Family Day ha registrato ottenendo che venisse stralciato l'articolo 5 relativo alla cosiddetta stepchild adoption, d'altra parte tutto quello che noi abbiamo invocato è stato brutalmente dimenticato e non considerato. Per cui siamo contrari praticamente in toto a questo maxiemendamento che è stato approvato, oltretutto con quell'ignobile stratagemma del voto di fiducia.
Sappiamo che il maxiemendamento è stato approvato con il voto di tanti senatori che si dicono cattolici. Si è consumato un tradimento da parte di questi senatori rispetto al popolo del Circo Massimo?
Io ho già detto, anche prima del voto, che se fosse passato un ddl così, dove ci sono tantissimi punti di contatto tra il nuovo istituto e il matrimonio ex art. 29 della Costituzione, sarebbe stato un vero e proprio tradimento dell'anima e della tradizione cattolica. Perché un ddl che propone modelli diversi di famiglia, rispetto a quello fondato su di un padre, una madre e i figli, nell'ottica del Magistero, ma anche della cultura e della tradizione cattolica, è uno sfregio. Per cui, in questo senso, è un vero e proprio tradimento da parte di tutti i parlamentari cattolici che hanno votato a favore, indipendentemente dal partito nel quale militano. 
Proprio la mattina del Family Day lei aveva incontrato il ministro Alfano. Forse avevate riposto in lui troppa fiducia?
Intanto bisogna chiarire una cosa: quella mattina sono andato dal ministro Alfano, perché il ministro mi ha chiamato per dirmi che sarebbe voluto venire in piazza, ma non poteva per ragioni istituzionali. Mi disse anche che voleva rappresentarmi la sua condivisione per le nostre ragioni e la nostra battaglia. In effetti, quando lo ho incontrato ho registrato questa sua condivisione verso il popolo del Family Day. Nulla più, non è stato fatto nessun patto, di nessun genere, tutto quello che qualcuno ci ha costruito sopra è pura fantasia. 
Quindi non avevate riposto alcuna particolare attesa sul ministro Alfano e su NCD?
No, anche se è innegabile che ci si sarebbe aspettati qualcosa di più. Perché quello che io avevo chiesto a tutti, ivi compreso il ministro Alfano, era quello di giocare il tutto per tutto al fine di fermare questo disegno di legge. È sotto gli occhi di tutti che alcuni parlamentari lo hanno fatto, giocandosi e sacrificandosi di persona, ed altri non lo hanno fatto. Con l'occasione mi sento di ringraziare quei politici che si sono impegnati per portare avanti le nostre istanze non votando la fiducia.
A questo punto diciamo che sono molte le voci che parlano di un vostro prossimo impegno diretto in politica. Vero o falso?
Falso, nel senso che non ne abbiamo mai parlato in maniera organica. Si tratta di una scelta che va ben ponderata e che richiede un lavoro profondo di tipo culturale e strategico, da farsi con estrema cautela. Colgo l'occasione per dire che, siccome ci sarà un incontro nei prossimi giorni a Roma [Dal Family day al Family Italia?, NdA], quell'incontro non è un incontro di fondazione di alcunché. Certamente devo dire che vi sono decine di spinte per un nostro impegno diretto in politica, decine di proposte. Per il momento le stiamo considerando, ma la decisione non spetta a me: dovremo riunirci insieme e poi decidere cosa fare. Per il momento non c'è nessuna chiara decisione.
Vi accusano di fare minacce al Governo quando dite di voler far boicottare il prossimo referendum sulle riforme di ottobre. Cosa rispondete?
La nostra non è una minaccia, ma è un ragionamento. Il premier Renzi si è portato a casa una legge con quel maxiemendamento che tutti conosciamo; ciò è stato fatto evitando che questa legge delicatissima e divisiva venisse discussa in Commissione giustizia, poi con il tentativo del cosiddetto canguro, infine ponendo la fiducia. Perciò, di fatto, qualsiasi tipo di discussione, di confronto democratico, è stato sfregiato e abolito. La domanda viene da sé: che cosa succederà domani, quando, invece, di esserci due Camere ce ne sarà soltanto una? E magari quando in questa unica Camera il partito di maggioranza avrà dominio bulgaro, e potrà farvi passare qualsiasi cosa gli venga in mente? Aver messo la fiducia sul ddl Cirinnà, nelle modalità che tutti conosciamo, è stato come dire ai senatori: “Guarda che di quello che pensi tu non me ne importa niente”. Ma questo è il metodo democratico? Ecco perché al prossimo referendum sulle riforme diciamo che se la Camera decisionale rimane una rischiamo un ulteriore riduzione di democrazia. E questo non è un vantaggio per nessuno.
Quindi rimane valido quello striscione #Renziciricorderemo che campeggiava al Circo Massimo?
Nessuno vuol minacciare nessuno, però di fronte a chi si è presa una responsabilità così grande di non tenere minimamente in considerazione le istanze che sono sorte dal popolo del Family Day, e che dice di giocarsi la carriera politica sul referendum dell'ottobre prossimo, io mi permetto di dire alle persone che erano in piazza di ricordarsi. Di ricordarsi se quella persona vi ha considerato o meno su tematiche così importanti come sono quelle della famiglia e dei bambini.

Oltre la malattia


Qual è il senso della vita ben oltre la malattia
Repubblica.it


(Vito Mancuso) Una tavoletta cuneiforme dell' antica Babilonia racconta di un padre che ricevendo tra le braccia il figlio per dargli il nome, dopo averne osservato il corpo lo chiama Mîna-arni, cioè: «Qual è il mio peccato?». L' aspetto di quel neonato è facilmente immaginabile. Oggi qui non parliamo di malattie comuni, del fatto cioè che se prendo freddo mi viene il raffreddore. (…) A tema qui oggi vi sono le malattie rare, ovvero quelle disposizioni illogiche della natura da cui provengono malattie spesso inguaribili senza nessuna motivazione nel comportamento precedente.
Sto parlando in particolare delle malattie genetiche, che rappresentano l' 80% delle malattie rare e che sorgono nel periodo che va dal concepimento alla nascita.(…) Quello che le malattie genetiche portano alla luce è la falsità delle visioni tradizionali e l' indicazione della prospettiva evolutiva quale unica sostenibile rappresentazione della vita. Esse ci liberano definitivamente dalla metafisica e dal corrispondente teismo, e insieme, se attentamente considerate, ci salvano dal nichilismo e dalla disperazione. Questa è la tesi che intendo sostenere e che ora argomento mostrando dapprima le idee che vengono abbattute dalla riflessione sulle malattie rare e poi il messaggio da loro trasmesso. Ho ricordato quel padre di 4000 anni fa per sottolineare come da sempre la mente abbia cercato di indagare il motivo del comportamento illogico della natura che da madre generosa si trasforma in crudele matrigna. «Perché nascono così? »: è questa la domanda cui le religioni e le filosofie hanno cercato di rispondere. Le risposte si possono ricondurre a quattro: perché Dio castiga; perché Dio intende rivelare qualcosa; perché esiste una libertà della natura (di cui però Dio si serve per il suo piano); perché Dio non esiste e la vita è affidata al cieco caso. La prima prospettiva è stata la più diffusa nel passato e penso lo sia ancora oggi, se non in Occidente, di certo a livello mondiale. Secondo essa Dio governa ogni cosa con onnipotenza, quindi non può accadere nulla contro il suo volere. Dio inoltre governa con giustizia, quindi da lui non può arrivare nulla di ingiusto. Ne viene che se c' è una malattia, prima c' è stata una colpa: la colpa è la causa, la malattia l' effetto. (…) Dall' antica Roma fino alla prima metà del Novecento (e qui siamo alla seconda risposta) i malati più visibilmente colpiti a livello genetico venivano chiamati mostri. Cicerone spiega perché: «Sono chiamati mostri poiché mostrano». La natura segue un corso regolare, ma talora gli uccelli volano in modo diverso, la terra trema, il cielo si oscura o vi appaiono oggetti più luminosi del solito. La nascita di corpi anomali rientra in questi segnali particolari. (…) Mentre le prime due risposte riconducono le malattie direttamente a Dio, la terza le riconduce a una causa diversa (la natura, gli uomini, il diavolo), aggiungendo però che Dio, che di per sé potrebbe impedirle, le permette per trarre da esse un bene maggiore. È quanto insegna il Catechismo attuale della Chiesa cattolica citando san Tommaso d' Aquino: «Dio permette che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande ». Qual è questo bene più grande? Le varie risposte sono riassumibili in una sola: la salvezza. Queste malattie, che Dio di per sé non vuole ma che sapientemente utilizza, rappresentano così una specie di pedagogia del dolore innocente (per riprendere il titolo di un libro di don Carlo Gnocchi del 1953). (…) L' insostenibilità logica ed etica delle risposte tradizionali ha finito per generare la ribellione di molti, portando a porre il caso e talora persino l' assurdo quale sigla complessiva del tutto. In questa prospettiva la presenza del male in natura risulta così priva di giustificazioni plausibili da condurre al nichilismo, cioè alla considerazione della vita nel suo insieme come priva di ragione e di speranza. Nell' uomo cioè si può anche dare un desiderio di bene e di giustizia, ma non c' è nessun principio o senso complessivo cui legarlo, perché il male e la morte comunque vincono manifestando il nulla da cui veniamo e verso cui andiamo. Chi fa sua questa visione del mondo o vive nell' angoscia permanente o cerca di non pensare in alcun modo al negativo rifugiandosi in evasioni e consolazioni di ogni tipo. (…) Le malattie genetiche manifestano nel modo più chiaro l' aporia del pensiero occidentale, sia credente sia no, per lo più incapace di integrare il dolore in una sostenibile visione del mondo che dia conto di tutti gli aspetti della vita, di quelli sensati e di quelli insensati, di quelli logici e di quelli assurdi. Le malattie genetiche infatti hanno a che fare con il senso della vita di ognuno, secondo il principio formulato da pensatori di forte spessore quali Kierkegaard, Florenskij, Wittgenstein. (…) Alla verità ci si avvicina solo pensando l' intero, cioè regola + eccezioni. Non è vero che le eccezioni confermano la regola, né è vero che distruggono ogni regola. È vero piuttosto che la regola è data da tutto ciò che avviene: casi normali + eccezioni, fisiologia + patologia. Il che significa che la regola si muove, diviene, evolve. Per questo l' unica prospettiva in grado di offrire qualche raggio di luce è la visione evolutiva del mondo. (…) Perché ci sono le malattie? Perché la vita è un processo che scaturisce dal basso, un delicato equilibrio tra sistemi fisici, chimici, biologici. Nessuna delle parti che compongono un essere vivente è vivente: non lo sono gli atomi, né le molecole, né le macromolecole delle proteine, degli zuccheri, dei lipidi, degli acidi nucleici. Però dall' aggregazione delle componenti fondamentali la vita emerge. I credenti vedranno questa scaturigine come frutto di una natura orientata verso la vita e l' intelligenza, secondo la modalità più adeguata di intendere la creazione che la pensa come creatio continua. I non credenti giudicheranno in altro modo: chi rimandando a una fortunata combinazione, chi ipotizzando una pluralità di universi all' interno della quale era quasi normale che nel nostro si sviluppasse la vita, chi altro ancora. In ogni caso per chiunque voglia prendere atto della conoscenza contemporanea, non è possibile prescindere dalla prospettiva evolutiva e processuale. È in questa prospettiva che vanno comprese le malattie. Esse ci dicono che l' uomo è natura, fragile natura come ogni altra parte del cosmo, esposto alle ferite del caso. Esse però ci dicono anche altro: che l' uomo è più della semplice natura, è volontà di guarire, e, se non è possibile, comunque di curare. L' umanità sa prendersi cura e in questo si dà la luce più intensa che da essa possa scaturire. In conclusione che dire a chi si trova a convivere con una malattia rara, o in prima persona o sulla carne dei propri cari? Alcuni interpretano questa situazione come un castigo e una penitenza. Altri come un privilegio, perché la pensano come l' occasione di una rivelazione divina o di una ravvicinata partecipazione alla passione redentrice di Cristo. Altri l' interpretano come una disgrazia assoluta, la più abissale delle ingiustizie, una nera tragedia senza speranza. Io penso che la prospettiva più saggia consista nel viverla in unione con la costruzione del mondo, pensando la natura come un immenso laboratorio e ogni esistenza come un esperimento, e sapendo che perché un esperimento possa riuscire, altri sono destinati a fallire. Ma è solo grazie a questi fallimenti, che quel successo è possibile. Di fronte a questa situazione gli esseri umani sanno reagire, creando senso laddove il senso naturale ha fallito. Curano anche laddove la guarigione risulta impossibile e producono solidarietà e gratuità. Superano così la prospettiva che guarda alla vita solo all' insegna dell' utilitarismo e dell' edonismo. Siamo al cospetto del bene, l' evento più nobile cui la vita possa partecipare