domenica 30 ottobre 2016

Per dormire tranquilli...

Vuoi dormire tranquillo? Recita questa preghiera serale


Padre mio,
ora che le voci tacciono e i rumori si sono smorzati,
qui nel letto la mia anima si eleva a Te, per dire:
Credo in Te, spero in Te e ti amo con tutte le mie forze,
gloria a Te, Signore!
Depongo nelle tue mani la fatica e le lotte,
le gioie e le delusioni
di questa giornata trascorsa.
Se i nervi mi hanno tradito,
se gli impulsi egoisti mi hanno dominato,
se ho dato luogo a rancore o a tristezza,
perdono, Signore!
Abbi pietà di me.
Se sono stato infedele,
se ho pronunciato parole invano,
se mi sono lasciato trasportare dall’impazienza,
se sono stato un problema per qualcuno,
perdono, Signore!
In questa notte
non voglio consegnarmi al sonno
senza sentire nell’anima
la sicurezza della tua misericordia,
la tua dolce misericordia
completamente gratuita.
Ti ringrazio, Padre mio,
perché sei stato l’ombra fresca
che mi ha coperto durante tutta questa giornata.
Ti ringrazio perché,
invisibile, affettuoso e avvolgente,
ti sei preso cura di me come una madre
in tutte queste ore.
Signore! Intorno a me
tutto è già silenzio e calma.
Manda l’angelo della pace in questa casa.
Rilassa i miei nervi,
tranquillizza il mio spirito,
sciogli le mie tensioni,
inonda il mio essere di silenzio e di serenità.
Veglia su di me, Padre amato,
mentre mi consegno fiducioso al sonno,
come un bambino che dorme felice tra le tue braccia.
Nel tuo Nome, Signore, riposerò tranquillo.
Amen.
(Fra’ Ignacio Larrañaga, manuale di preghiera “Encontro”)
[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

Il santo patrono d'Europa non abita a Norcia

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Ma pensate che sia un caso???

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Norcia, colpo al cuore dell'Europa cristiana
Basilica distrutta, la preghiera dei benedettini


di Padre Cassian Folsom O.S.B.*

La terra trema ancora. Questa mattina alle 7.40una nuova fortissima scossa di magnitudo 6.5 è stata avvertita in Umbria, con epicentro tra Norcia, Preci e Castel Sant'Angelo sul Nera. Il terremoto è stato a 10 chilometri di profondità. Secondo quanto ha riferito l'Ansa nei primissimi minuti seguenti il terremoto la scossa è stata avvertita fortissima in tutto il centro Italia ma anche lungo tutto lo stivale, da Bolzano alla Puglia. Al momento ci sono diversi feriti, ma non abbiamo notizie di vittime, ha detto il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio.  I feriti sarebbero una decina, di lieve entità, tranne una persona che viene segnalata di qualche gravità. Inoltre, tre persone sono state estratte vive dalle macerie a Tolentino, dove si sono avuti diversi crolli a seguito dell'ultima scossa. "Ci sono problemi di viabilità dappertutto,  a cominciare dalla Salaria chiusa, ha spiegato ancora il capo della Protezione civile. 
La parte alta della frazione di Castelluccio di Norcia è stata praticamente rasa al suolo dal forte terremoto di stamani, lo si apprende al Centro operativo comunale alle porte della città. "E' cambiato per sempre il panorama di quella zona sull'altopiano di Norcia", ha sottolineato uno di quelli che sono riusciti a verificare la situazione sul posto. 
Ma il simbolo di questa nuova scossa è la Basilica di San Benedetto a Norcia, che è stata completamente rasa al suolo, è rimasta in piedi soltanto la facciata. I Padri Benedettini sono stati soccorsi, alcuni  di loro riportano ferite di lieve entità. Subito dopo il sisma si sono mess in prefghiera davanti alla Basilica distrutta, simbolo dell'Europa cristiana dato che Norcia è il centro della spiritualità di San Benedetto, patrono d'Europa. 
Mentre prosegue la conta dei danni di questo ennesimo evento tellurico la Nuova BQ ripropone ai lettori la riflessione che Padre Cassian Folsom, superiore del convento, fece proprio per il nostro giornale in occasione del terremoto del 24 agosto scorso che danneggiò la chiesa constringendo i padri a chiuderla. Una riflessione di dolore e di speranza che ci sembra quanto mai attuale oggi, in un tempo in cui il Creato ci ricorda verità profonde ed ineluttabili della nostra esistenza. 
"Mercoledì 24 agosto era la festa di San Bartolomeo, giorno in cui il Mattutino doveva iniziare alle 3.45. Intorno alle 3.30, quando eravamo già tutti in piedi, ringraziamo Dio, la terra ha iniziato a tremare. Abbiamo altre esperienze di terremoti nei sedici anni passati qua a Norcia, ma mai niente di simile. Fa una gran paura sentire la terra ruggire e vedere l’edificio dondolare di qua e di là quasi fosse ubriaco. Istintivamente siamo tutti usciti e ci siamo assembrati fuori, nella piazza davanti al monastero. Ci siamo stretti l’uno all’altro per via del freddo, mentre nuove scosse facevano scricchiolare la terra sotto i nostri piedi. I monaci e i cittadini si sono tutti ritrovati spontaneamente sotto la statua di San Benedetto che si trova al centro della piazza. I monaci hanno iniziato a pregare il Rosario e molti cittadini si sono uniti a loro. Quindi abbiamo ringraziato Dio con tutto il cuore per averci risparmiato la vita.
Dall’altro lato della montagna, ad Amatrice e ad Accumoli, il terremoto ha livellato le città, lasciandosi appresso morte e distruzione. Ci sentiamo in lutto per la tragica morte di queste persone e siamo addolorati per i parenti e gli amici. Infatti, come dicono le Scritture: “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi" (Sap 1,13). La morte improvvisa è particolarmente dolorosa, perché non ti dà il tempo di prepararti. Ecco perché San Benedetto prescrive ai suoi monaci di “prospettarsi sempre la possibilità della morte”, in modo che siano sempre pronti, anche di fronte ad una morte violenta e improvvisa che arriva inaspettata nel mezzo della notte.
L’entità dei danni a Norcia è grave. Non si tratta di un solo terremoto, ma di molti terremoti, con scosse continue, perfino ora che scrivo (48 ore dopo). Nel monastero abbiamo avuto molti danni superficiali, abbastanza facili da riparare, ma sono presenti anche danni strutturali molto più gravi. L’ufficiale della Protezione Civile venuto a fare un’ispezione nel pomeriggio del primo giorno, ci ha esortati a lasciare l’edificio, in quanto alcune parti di esso non erano sicure. Le scosse successive hanno aggiunto danni ai danni. La basilica di San Benedetto è stata gravemente colpita. Il muro dietro l’altare di San Benedetto si è crepato e gli stucchi sono crollati. Se un monaco si fosse trovato a celebrare la messa davanti a quell’altare (come spesso capita la mattina presto) sarebbe morto. La facciata si è separata dal corpo della chiesa. Non sappiamo ancora in che condizione siano i nostri lavori di restauro, sui quali abbiamo investito tanto lavoro e tante risorse! La chiesa è chiusa e ci vorranno mesi, forse un anno, per ripararla.
Naturalmente la realtà dei fatti è che viviamo in una zona sismica. Alcune persone subiscono uragani, altre cicloni o tifoni; noi abbiamo terremoti. Ci sono due tipi di comportamenti rispetto a fatti di questo tipo. Uno, è una specie di rassegnazione. L’altro, è affidare tutto alla provvidenza divina. I monaci fanno un voto di stabilità. Uno dei frutti di questo voto è quello che chiamiamo “amore del luogo”. Noi amiamo questo luogo. E lo ricostruiremo.
C’è un’interpretazione spirituale che possiamo dare al terremoto di San Bartolomeo del 2016. Mi viene in mente un’antifona pasquale: “Ecce terraemotus factus est magnus...”(Ed ecco avvenne un grande terremoto…). L’antifona fa riferimento alla reazione della creazione di fronte alla resurrezione di Cristo. Anche noi risorgeremo di nuovo alla fine dei giorni, quando il Signore verrà a giudicare i vivi e i morti. Un tempo era normale meditare sui Novissimi (morte, giudizio, paradiso, inferno). Sarebbe bello riprendere questa consuetudine.
Ci sono due simboli che possiamo trarre da questa storia e che ci invitano a fare riflessioni importanti. Innanzitutto, la Basilica di San Benedetto e l’altare del santo sono gravemente danneggiati. La cultura cattolica della civiltà occidentale sta crollando. Ce l’abbiamo davanti agli occhi. Il secondo simbolo è l’assembramento di persone attorno alla statua di San Benedetto in piazza, unite nella preghiera. Questo è l’unico modo di ricostruire.
*Priore del monastero di Norcia

“Gratia facit fidem”.

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Nuovo tweet del Papa: “Vi chiedo di pregare per il mio viaggio in Svezia, perché possa contribuire all’unità di tutti i cristiani.”  (30 ottobre 2016)

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Francesco, Lutero e il valore condiviso della riforma
La Repubblica 
(Eugenio Scalfari) Il 31 ottobre del 1517 Martin Lutero affisse sulla porta della cattedrale di Wittenberg le sue 95 tesi che inaugurarono ufficialmente la religione luterana, ma già l’anno prima il contenuto di quelle tesi era stato elaborato e reso pubblico nelle riunioni dei monaci agostiniani dei quali Lutero era stato nominato vicario generale. (...)


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Vatican Insider
(Gianni Valente) La partecipazione di Papa Francesco alla commemorazione dei cinquecento anni della Riforma luterana può aiutare a riconoscere che l’operare della Grazia di Cristo è ogni giorno la sorgente di ogni palpito della vita cristiana. E che fuori da questo dinamismo – rimosso anche oggi dagli apparati clericali - del cristianesimo rimangono solo «infami parodie». L’ex Primate anglicano Rowan Williams diceva che «non accade niente di interessante nella Chiesa se non per opera di Gesù». E Paolo VI, nel Credo del Popolo di Dio, ha scritto che la Chiesa «non possiede altra vita se non quella della grazia». 

venerdì 28 ottobre 2016

L’uomo non è il cancro del pianeta

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di Ettore Gotti Tedeschi
L’agenzia meteo delle Nazioni Unite, Wmo, ha lanciato l’ultimo appello sul record di concentrazione di CO2 (vulgo, anidride carbonica) nell’atmosfera. Sta agli scienziati verificare la realtà e dimensioni dell’allarme. lo vorrei solo parlare della responsabilità di questo fenomeno che si è accelerato negli ultimi 50 anni e che di fatto implica , come soluzione, decrescita economica e decrescita della popolazione, ritenendo che l’uomo sia il «cancro della natura». Questo record di CO2 nell’atmosfera è dovuto alle conseguenze di dottrine neo malthusiane-ambientaliste che dagli anni Settanta sono riuscite, da una parte, a convincere il mondo occidentale ad azzerare le nascite e, conseguentemente, ad avviare un’epoca cosiddetta consumistica per sostenere la crescita del Pil, e dall’altra parte, per poter consumare sempre più, a delocalizzare in Paesi a basso costo le produzioni per aver prodotti a basso costo, accrescendo così il potere di acquisto e consumando sempre di più.
In pratica sono riusciti a spaccare il mondo in due: un mondo «occidentale» consumatore e non più produttore e un mondo «orientale» produttore ma non ancora consumatore. Ma è stato l’iperconsumismo nel mondo occidentale e la delocalizzazione produttiva accelerata in Asia, continente poco sensibile al problema ambientale e alle emissioni di CO2, a provocare questo allarme anidride carbonica. Queste due decisioni sono state prese al fine di ridurre il numero delle creature sul pianeta. Se ne traggano conseguenze.
Alla luce di tutto questo, assume un significato particolare un mio appello che rivolsi a papa Francesco pri-ma che uscisse la sua enciclica Laudato siie  che fu pubblicato sul magazine Catholic Herald Tribune l’11 giu-gno 2015, in cui cercavo di spiegare al Pontefice che cosa stava realmente accadendo.
Lo riporto integralmente.

Lettera aperta a Sua Santità Papa Francesco.

Beatissimo Santo Padre,
la vera responsabilità degli squilibri socioeconomici che hanno prodotto povertà diffusa e la conclamata crisi ambientale, si trova nelle tesi dei cosiddetti neomalthusiani e affini, che oggi sembrano venir proposti per contribuire persino a dare indirizzi morali per affrontare il problema ambientale ed economico. Poiché sappiamo bene che se una diagnosi è sbagliata o falsata, la prognosi sarà altrettanto sbagliata.
La crisi economica in corso e gli squilibri ambientali verificatisi negli ultimi decenni, sono stati originati dalla applicazione delle teorie neomalthusiane (divulgate all’inizio in più università americane negli anni 1970-80) che hanno ispirato e “forzato” il crollo delle nascite nel mondo occidentale.
Ma come può crescere realmente e sostenibilmente il Pil (Prodotto interno lordo), se la popolazione non cresce? In realtà (illusioni a parte) può accadere solo facendo crescere i consumi individuali. Perciò per correggere e compensare i rischi del conseguente crollo della crescita del Pil, fu adottato il cosiddetto “modello consumistico”. In una società matura e con morale relativizzata (nichilista) non è stato difficile proporre all’uomo occidentale, quale vera e principale soddisfazione, quella materiale–consumistica. Ma per soddisfare l’esigenza di consumismo diffuso, si sono anche creati i presupposti di povertà e di sfruttamento dell’ambiente. Ciò è avvenuto deindustrializzando i paesi occidentali, troppo costosi produttivamente, e delocalizzando: trasferendo cioè produzioni in paesi a basso costo di mano d’opera, ancora impreparati alla tecnologia protettiva dell’ambiente.
Per far consumare di più si è anche stimolata la trasformazione del risparmio in consumo, sottraendo al sistema bancario una base monetaria per il credito e soprattutto privando le famiglie di autoprotezione. La crescita zero della popolazione, auspicata dai neomalthusiani (due figli a coppia) ha poi determinato il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione, con conseguente crescita dei costi fissi (sanità e pensioni) compensati da equivalente crescita delle tasse, che han prodotto riduzione dei redditi, degli investimenti e crescita del debito.
Per evitare il collasso conseguente nella crescita economica si è forzata sempre di più la crescita dei consumi, e sempre più a debito. Ma si è forzata anche la crescita della produzione delocalizzata, meno attenta allo sfruttamento dell’ambiente. L’origine della crisi economica, della povertà incombente e degli squilibri ambientali, sono conseguenza di questa dottrina neomalthusiana.
Come potrebbe essere ora questa stessa dottrina a risolvere i problemi che ha creato? Il rischio è che questa si preoccupi invece di far mancare il sostegno alla vera crescita economica: quello alla famiglia e alla crescita equilibrata e consapevole del numero di figli. Così mancheranno ancor più le risorse per riequilibrare le strategie produttive globali e investire in tecnologia pro-ambiente. Mancheranno sempre più le risorse per mantenere i vecchi, creare lavoro per i giovani e proteggere i più deboli.
Ma come si può pensare che una cultura neomalthusiana e abortista che nega la sacralità della vita umana e considera l’uomo animale intelligente, frutto dell’evoluzione di un bacillo, ma cancro della natura e orientato solo a consumare, possa elaborare progetti per l’ambiente e per l’uomo? Come si può pensare di riferirsi a soluzioni per l’ambiente proposte da chi vede una pseudo soluzione ambientale-economica prioritaria verso la vera soluzione di consapevolizzazione morale dell’uomo attraverso una maturazione spirituale ed intellettuale?
Ciò che in più stiamo rischiando, tollerando soluzioni malthusiano-ambientaliste, è permettere all’ambientalismo di affermarsi quale religione universale nel mondo globale dove coesistono diverse culture religiose. Questo ambientalismo malthusiano rischierà di creare maggiore povertà, maggiori squilibri socioeconomici e minor tutela vera dell’ambiente.
San Francesco amava le creature e l’ambiente, quali opere del suo amato Creatore, secondo il fine da Lui previsto.
Perciò confido in Lei, Beatissimo Padre, con filiale devozione.
Ettore Gotti Tedeschi

fonte: La Verità

Un Bacio Experience

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(di Rodolfo de Mattei su Osservatoriogender.it) Cinema e scuola uniscono le forze per promuovere la “bellezza” e la “normalità” gay tra gli adolescenti con il progetto rivolto alle scuole, Un Bacio Experience.
L’iniziativa fa seguito al recente film politically correct, Un Bacio, del super-impegnato regista Ivan Cotroneo. Il lungometraggio, presentato come un lodevole film-denuncia del bullismo e dell’omofobia che racconta in maniera “toccante” la storia della ricerca della felicità di tre adolescenti, è in realtà un vero e proprio spot a favore dell’omosessualità e di ogni tendenza sessuale.

INIZIATIVA TRASVERSALE

A sostenere il progetto numerose ed importanti istituzioni tra le quali il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza:
Un Bacio Experience  si legge infatti sul sito ufficiale –  è un’iniziativa promossa dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Indigo Film, in collaborazione con Lucky Red, Titanus, Rai Cinema, Agiscuola, con le associazioni che hanno sostenuto il film fin dalla sua uscita, quali ilGarante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Telefono Azzurro, Arcigay, AdolescenDay, MaBasta, Agedo e con le più importanti realtà che promuovono la didattica del cinema sul territorio nazionale, quali Alice nella Città, Giffoni, Museo del Cinema, Aiace, Mobydick.

DALLE AULE AI CINEMA

Gli studenti delle scuole italiane saranno portati direttamente al cinema per assistere alla proiezione del film “educativo” e per poi discutere con degli “esperti” della materia, individuati dagli organizzatori del progetto:
Fino al 31 gennaio 2017, attraverso diverse matinée organizzate nei cinema di tutta Italia, 30.000 studenti potranno vedere Un Bacio. Al termine della proiezione seguirà un incontro moderato da un esperto, individuato attraverso le associazioni partner. Studenti e insegnanti potranno così confrontarsi sulla visione, sui temi trattati dal film e in particolare su tre parole chiave del progetto:#bullismo, #amicizia, #futuro. Dove possibile saranno presenti anche il regista e il cast artistico (sceneggiatrice e attori)“.

TEST DI APPRENDIMENTO

Non è finita qui. Una volta tornati in classe, gli alunni dovranno infatti dimostrare, concretamente, di aver appreso la lezione e produrre un contenuto video o testuale in cui raccontare la propria esperienza riguardo le tre parole chiave del progetto:
«A seguito della proiezione e dibattito, ciascuna classe sarà invitata a produrre un contenuto video o testuale in cui saranno i ragazzi stessi a raccontarsi in relazione alle tre parole chiave. Tutti i contenuti prodotti verranno raccolti su un social media wall, presentato alla fine del progetto, a febbraio 2017. A supporto del percorso in classe, i docenti riceveranno un kit didattico».
Il regista Ivan Cotroneo, ovviamente soddisfatto dell’iniziativa che vede rilanciare il proprio film, ha dichiarato:
«Avere la possibilità di raccontare a così tanti ragazzi la storia di tre coetanei, parlare con loro, dopo il film e attraverso il film, di discriminazione e bullismo, di omofobia e inclusione, del pericolo della violenza e soprattutto dell’importanza di non avere paura, di non provare mai vergogna, mi rende felice e mi emoziona. Passo dopo passo, Un bacio è diventato un viaggio, un’esperienza di conoscenza e di confronto, un terreno comune di incontro fra adulti e adolescenti su temi così importanti, e questo è tutto quello che un autore di storie può desiderare.»
A marzo 2016, in occasione del tour promozionale di “Un Bacio”, Cotroneo era stato ancora più esplicito rispetto agli obiettivi del suo film:
«Magari, rispetto a una volta, l’accettazione sociale di un “diverso” è più diffusa. Però, quando non c’è, il rifiuto raggiunge punte di integralismo e violenza mai viste. Vogliamo parlare dei cartelli al Family Day, con coppie gay e la scritta “sbagliato”? La sessualità non si sviluppa secondo un modello unico, è complessa e sfaccettata, soprattutto nell’adolescenza».

RIFLESSIONI

Il lancio del progetto per le scuole, Un Bacio Experience, induce alcune riflessioni rispetto a tre temi: educazionelinguaggio e “gender” a scuola.

EDUCAZIONE

Riguardo l’educazione, è evidente come il progetto sia stato pensato dai suoi promotori come una vera e propria iniziativa di indottrinamento dei giovani alunni al diktat omosessualistacontemporaneo.
Secondo quanto scritto sullo stesso sito di Un Bacio Experience, ben 30.000 studentisaranno infatti costretti ad abbandonare i propri banchi di scuola per andarsi a “sorbire” il filmato “educativo”, per poi, se il messaggio non fosse arrivato sufficientemente chiaro, doversi ascoltare anche il parere dell’ “esperto”, rigorosamente “individuato attraverso le associazioni partner“.
Una volta tornati a scuola, gli alunni dovranno poi dare prova di aver assimilato bene i concetti, superando una sorta di “test” con il supporto dei propri docenti equipaggiati per l’occasione con uno speciale “gender kit” didattico.
L’obiettivo primario del progetto è chiaramente spiegato dallo stesso regista Cotroneo quando afferma che “La sessualità non si sviluppa secondo un modello unico, è complessa e sfaccettata”. Un’affermazione perfettamente in linea con la tendenza “gender fluid” odierna, sempre più diffusa soprattutto tra gli adolescenti. Una repentina e drammatica escalationdovuta al martellante clima culturale odierno di cui il film “Un Bacio” ne costituisce un esempio da manuale. La scuola si sostituisce alla famiglia e si arroga il diritto di impartire arbitrariamente agli studenti l’insegnamento alla nuova “morale pubblica” di Stato.

LINGUAGGIO

Il secondo aspetto riguarda la capziosa neolingua adottata dai sostenitori del progetto per mischiare le carte. Un Bacio viene infatti presentato, subdolamente, come un lungometraggio di denuncia sociale, dall’alto valore educativo, invitando i giovani a riflettere sulle 3 parole chiave del film: #bullismo, #amicizia, #futuro.
Il copione è sempre lo stesso, ci si nasconde dietro vocaboli ambigui e anchecondivisibili, per promuovere il proprio sovversivo programma ideologico attraverso una sapiente operazione di ingegneria sociale che pretende di trasformare una “normalità” (imposta e indotta) di tipo sociologico in una normalità di tipo antropologico morale.
Obiettivo dichiarato del film è insegnare ai ragazzi che possono amare come e chi vogliono, indipendentemente da quello che è il proprio sesso biologico di nascita e dai modelli (stereotipi) che vorrebbero imporre la famiglia o la società. Una folle filosofia di vita, completamente capovolta, che istiga i giovani ad “essere quello che sentono o percepiscono di essere” invece di quello che “realmente sono”.

GENDER A SCUOLA ?

Per ultimo, non si può non evidenziare come Un Bacio Experience sia un’iniziativa che gode di un ampio appoggio trasversale che va dalle potenti case cinematografiche ad importanti realtà didattiche fino al MIUR e l’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Al di là della impressionante “armata” pro gender che scende in campo a favore della “normalizzazione” gay, è infatti importante sottolineare come ancora una volta il MIUR,guidato dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, dia il proprio avvallo istituzionale ad un’iniziativa palesemente pro gender, frugando ogni dubbio (per chi ancora ne avesse…) in merito alla posizione del Governo Renzi in materia di “educazione sessuale”.

MA COSA E’ IL GENDER ?

A chi ancora si domanda, per ignoranza o malafede, “che cosa è il gender ?” rispondiamo che il progetto Un Bacio Experience ne rappresenta un esempio magistrale.
L’ideologia “gender” è infatti quel sistema di idee che pretende di distinguere tra sesso biologico e sesso socio-culturale o psicologico. Secondo i teorici del gender occorre infatti distinguere tra il sesso che ci è dato alla nascita e il sesso che ci assegniamo noi stessi, in un secondo momento, sulle base delle nostre soggettive e mutevoli percezioni.

APPRODO PANSESSUALE

Dunque, si nasce di sesso maschile o femminile ma si diventa del genere (gender) che vogliamo.
In questa senso, l’odierna tendenza “gender fluid” , negando l’esistenza di una natura umana, esorta i ragazzi a liberarsi dalle obsolete e bigotte “etichette” sessuali di maschile e femminile per abbracciare la pansessualità e far sì che la propria sessualità, in perenne divenire, fluttui liberamente senza alcun limite morale e naturale. (di Rodolfo de Mattei su Osservatoriogender.it)

The young (boring) pope

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di Andrea Tornielli
Cari amici, sono rientrato da alcuni giorni all’estero e così ho visto soltanto ora le prime due puntate di«The youg Pope», la serie di Sorrentino con Jude Law nei panni di Pio XIII, al secolo l’americano Lenny Belardo. Pontefice ieraticissimo e alquanto antipatico, eletto – come peraltro già accaduto nella storia – da chi pensava o sperava di «manovrarlo», e rivelatosi invece una sorpresa.
Devo dire che ho trovato le prime due puntate piuttosto noiose, lente. Guardando al protagonista, cioè al Papa deciso a ripristinare il triregno, viene da chiedersi se, al di là della sua ieraticità e dell’impeccabilità formale, creda davvero in Dio. Enorme, per questo Pontefice che confessa di non avere peccati, è il peccato che commette violando il sigillo sacramentale, inducendo un frate a confidargli tutte le magagne dei cardinali della Curia passati per il suo confessionale (detto per inciso: penso che i porporati siano tutti, a prescindere dalle tendenze teologiche, politiche e sessuali, un po’ più intelligenti e che difficilmente scelgano un confessore comune. E continuo a credere che anche l’ecclesiastico più carrierista e politicante abbia il sacrosanto diritto di non vedere violata la sua confessione).
Ho trovato invece geniale – l’unica cosa geniale delle prime due puntate – la decisione di Pio XIII di non farsi fotografare, di non volere la sua immagine riprodotta. E di apparire alla loggia centrale della Basilica di San Pietro nella penombra, così da risultare per i fedeli soltanto una siluette e una voce. Certo, risulta incredibile che l’arcivescovo e cardinale di New York sia riuscito a guidare la diocesi della Grande Mela senza che di lui venisse pubblicata o riprodotta una foto… Nei giorni scorsi, quando Francesco ha annunciato i nomi dei nuovi cardinali che riceveranno la porpora il 19 novembre, giornali e siti web hanno faticato non poco a rintracciare in rete una qualsiasi immagine dell’anziano Sebastian Koto Khoarai, vescovo Emerito di Mohale’s Hoek, in Lesotho. Non ce n’erano sul web, ma alla fine una è saltata fuori. Che un miracolo simile possa essere riuscito a un giovane e aitante cardinale statunitense, arcivescovo di New York, una città dove anche gli scoiattoli hanno lo smartphone, risulta davvero difficile da credere.
Detto questo, l’idea di una decongestione mediatica del papato, di un essere meno protagonista con la sua persona, è buona, anzi ottima. Forse l’unico elemento autenticamente cristiano delle prime due puntate della serie.
PS
Qualcuno ha paragonato “The young Pope” ad “House of cards”, la serie sugli intrighi di potere alla Casa Bianca con l’inarrivabile Kevin Spacey. Ecco, per favore, visto che siamo in tema, non bestemmiate. Da quella serie, che mette in scena la spietatezza del potere fine a se stesso, se cominci, non riesci a staccarti. Il giovane Papa Lenny Belardo, con le sue pose un po’ troppo studiate, è soltanto un’ombra sbiadita, che nello staff di Frank Underwood avrebbe un ruolo secondario. Speriamo che le prossime puntate di “The young Pope” ci sorprendano…

“Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”



Brendan Fernandes, The end, installazione, 2014


30 ottobre 2016
XXXI domenica del tempo Ordinario anno C

di ENZO BIANCHI
Lc  19,1-10
In quel tempo Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Oggi il vangelo ci narra l’incontro tra Gesù e Zaccheo. È un testo che raccoglie in sé nel frammento numerosi fili che attraversano la trama complessiva del vangelo secondo Luca. Gesù è sulla via che dalla Galilea sale verso Gerusalemme, la meta del viaggio da lui intrapreso con grande decisione (cf. Lc 9,51). Una tappa di questo viaggio è la città di Gerico, zona di confine della provincia romana della Giudea. Mentre Gesù sta attraversando Gerico, entra in scena un altro personaggio. Egli è “un uomo”, questa la sua qualità primaria: l’evangelista la evidenzia subito, per chiarire ciò che il protagonista principale del racconto, Gesù, vede in lui. Gesù sa andare oltre l’opinione comune, è capace di sentire in grande, di vedere in profondità: vede un uomo dove gli altri vedono solo un delinquente, coglie in ogni suo interlocutore la condizione di essere umano, senza alcuna prevenzione. Il suo nome è Zakkaj, che significa “puro, innocente”: ironia della sorte oppure un altro particolare che ci dice tra le righe ciò che solo Gesù sa vedere in lui? Quanto al suo mestiere, non è solo un pubblicano, ma un “capo dei pubblicani”, l’emblema per eccellenza del pubblico peccatore, arricchitosi grazie a un’ingiusta condotta.
Zaccheo è consapevole di essere peccatore, di non avere meriti da vantare. Non può affermare, come un altro ricco: “Ho osservato i comandamenti fin dalla giovinezza” (cf. Lc 18,21). Umiliato da questa condizione di disprezzato da tutti, ha nel cuore un grande desiderio di conoscere il profeta e maestro Gesù, nella speranza che l’incontro con lui possa cambiare qualcosa nella sua vita. Lo mostra il suo comportamento: “Cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura”. Anche noi, come lui, andiamo a Gesù e lo cerchiamo non in un’inesistente perfezione, in uno splendore candido e luccicante, ma con i nostri propri limiti, le nostre particolarissime tare e oscurità. O accettiamo di andarci in questo modo, oppure, mentre sogniamo di farci belli per accoglierlo, la vita ci scorre alle spalle senza che ce ne rendiamo conto e così manchiamo inesorabilmente l’ora decisiva dell’incontro con il Signore!
Certo, occorrono desiderio, passione per Gesù, in modo da assumere con intelligenza questi limiti e poter portare anche quelli a lui. Tale passione traspare dal comportamento di Zaccheo: “Corse avanti precedendo Gesù e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché stava per passare di là”. Quest’uomo passa avanti a Gesù: è un unicum nei vangeli, dove il discepolo sta sempre dietro a Gesù (cf. Lc 7,38; 9,23; 14,27), alla sua sequela. Tale gesto apparentemente sfrontato narra in modo icastico la verità di una parola paradossale di Gesù: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21,31). Per raggiungere il suo scopo, inoltre, Zaccheo non esita a rendersi ridicolo agli occhi altrui. Si immagini la scena: un uomo noto, che ha un certo potere, il quale si arrampica su un albero… Ed ecco un improvviso ribaltamento: “Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo, lo vide e gli parlò”. Zaccheo desidera vedere e scopre di essere visto da Gesù: in questo incrocio c’è tutto il senso della vita cristiana. Noi vogliamo vedere Gesù, ma è lui che ci vede, ci ama in anticipo, ci chiama e ci offre la vita in abbondanza. D’altra parte, se è vero che l’iniziativa è di Gesù ed è gratuita, si innesta però su una disponibilità dell’uomo, a cui spetta la responsabilità di predisporre tutto all’entrata di Gesù nella sua vita: se Zaccheo quel giorno non fosse salito sull’albero, per Gesù sarebbe rimasto un anonimo in mezzo alla folla!
Qui è necessario sostare pazientemente sulle parole di Gesù. Certo, nella realtà la scena deve essersi svolta con una fretta dettata dall’urgenza del momento. Ma nel narrare questo episodio Luca dosa sapientemente le parole, per permettere al lettore di ogni tempo di comprendere il valore paradigmatico di questo incontro: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo rimanere, dimorare a casa tua”.
“Zaccheo”: Gesù lo chiama con il suo nome proprio.
“Scendi”. È come se gli dicesse: “Torna a terra, aderisci alla terra: lo straordinario ti è servito per un momento, ma ora fa ritorno alla tua condizione quotidiana!”.
“Subito, in fretta”: non c’è tempo da perdere, l’occasione è da afferrare senza indugio!
“Oggi”: non ieri né domani. Parola chiave in Luca, dalla nascita di Gesù quando gli angeli annunciano ai pastori: “Oggi, nella città di David, è nato per voi un Salvatore” (Lc 2,11); all’inizio della sua attività pubblica, quando nella sinagoga di Nazaret pronuncia quella brevissima omelia: “Oggi questa Scrittura si compie nei vostri orecchi” (Lc 4,21); poi alcune altre volte, fino all’ora della croce, quando Gesù dice al “buon ladrone”: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Sempre noi incontriamo Gesù oggi!
“Devo, è necessario”: altra parola chiave (deî, che compare per ben 18 volte in questo vangelo, da Lc 2,49 fino a Lc 24,44). Esprime il modo in cui Gesù, nella sua piena libertà, va incontro alla necessitas umana e divina della passione, compiendo la volontà di salvezza di Dio per tutti gli uomini.
“Rimanere, dimorare” (non semplicemente “fermarmi”), come avviene per il Risorto con i discepoli di Emmuas (cf. Lc 24,29).
“A casa tua”: entrare nella casa di un altro significa condividere con lui l’intimità; nello specifico, essendo Zaccheo un peccatore pubblico, questo auto-invito di Gesù significa compromettersi in modo scandaloso con il suo peccato.
Esaminate nel loro insieme, queste parole di Gesù mostrano anche una grande delicatezza. Gesù non dice: “Scendi subito perché voglio convertirti”, oppure, come forse avrebbe fatto il Battista: “Convertiti, fai frutti degni di conversione (cf. Lc 3,8), poi scendi e vedremo il da farsi”. No, chiede a Zaccheo di essere suo ospite. Ovvero, si fa bisognoso, si “spoglia” per entrare in dialogo con lui, parla il suo linguaggio, quello di chi era abituato a dare banchetti e ad accogliere persone in casa propria per fare affari. E qui sta per compiere l’affare della sua vita!
E così siamo giunti non solo al centro del nostro testo, ma al cuore di una verità che, se ci crediamo davvero, può cambiare la nostra vita: non è la conversione che causa il perdono da parte di Dio, di Gesù, ma è il perdono che può suscitare la conversione! Si pensi alla parabola del Padre prodigo d’amore (cf. Lc 15,11-32): il figlio minore, trovandosi in difficoltà, si era preparato il discorso di circostanza, ma le sue parole gli muoiono in bocca quando vede il padre che, “mentre è ancora lontano, lo vede, è preso da viscerale compassione, gli corre incontro, gli si getta al collo e lo bacia” (cf.Lc 15,20). È in questo momento che è convertito, non in base a un suo programma di conversione! Con il suo comportamento Gesù rivela un volto di Dio che ci offre gratuitamente il suo perdono: se lo accogliamo, potremo anche convertirci, non viceversa!
Lo dimostra la reazione di Zaccheo, che “scende in fretta e lo accoglie pieno di gioia”, gioia che è un tratto caratteristico della vita del discepolo di Gesù (cf. Lc 6,23; 8,13, ecc.). Con questa annotazione il testo potrebbe concludersi: nel mistero del faccia a faccia tra Gesù e Zaccheo si compirà la salvezza per la vita di quest’uomo. Ma ecco che, come spesso è accaduto a Gesù, i benpensanti non sopportano la sua libertà e non tollerano che egli si rivolga di preferenza ai peccatori manifesti, narrando così il desiderio di Dio di “salvare tutti gli umani” (cf. 1Tm 2,4), a partire da quelli additati come “perduti” (cf. Lc 15,6.9.24.32). Più volte nel vangelo secondo Luca Gesù è disprezzato dagli uomini religiosi, che mormorano per il suo sedere a tavola con i peccatori (cf. Lc 5,30; 15,1-2). Nel nostro brano si registra addirittura una condanna generalizzata: “Tutti mormoravano: ‘È entrato in casa di un peccatore!’”. Resta sempre la possibilità di uno sguardo cattivo, che continua a vedere in Zaccheo solo il peccatore e in Gesù solo un falso maestro…
La prima reazione a queste voci di condanna è di Zaccheo, che sta in piedi, nella sua bassa statura, e parla con risolutezza. Gesù non ha detto nulla a Zaccheo sulla sua ingiusta condotta di capo dei pubblicani, ma la fiducia accordatagli da questo rabbi gli è sufficiente per comprendere che deve cambiare radicalmente. Zaccheo allora, restituito alla sua soggettività, parla rivolto a Gesù, che chiama “Signore” (grande confessione di fede!), senza curarsi dei falsi giusti che li accusano. Costoro peccano nel loro cuore e con il loro occhio cattivo; lui si impegna a compiere un gesto concreto che riguarda le sue ricchezze, e soprattutto riguarda gli altri, i destinatari del suo peccato: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”, ben oltre il dovuto secondo la Legge. Il gesto di quest’uomo è all’insegna della giustizia e della condivisione: questo il modo di impiegare le ricchezze per un discepolo di Gesù.
A questo punto Gesù, rivolto al solo Zaccheo, fa un commento articolato in due momenti. Prima dice: “Oggi la salvezza è avvenuta in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo”, cioè non solo un uomo, ma anche un membro della comunità di fede, un figlio suscitato dalle pietre del peccato (cf. Lc 3,8). E come si manifesta la salvezza, come avviene lastoria di salvezza? Nella salvezza delle storie di coloro che Gesù incontra. Sì, l’accoglienza della salvezza è ormai direttamente accoglienza di Cristo stesso, è esperienza di chi incontra Gesù, mette in lui la sua fiducia e si lascia da lui salvare.
Lo esprime bene il commento finale: “Il Figlio dell’uomo” – ossia Gesù stesso che parla di sé in terza persona, prendendo una misteriosa distanza da sé – “è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. È una parola che ne ricorda altre di Gesù: “Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori” (Lc 5,32); o la conclusione della parabola già citata: “Bisognava fare festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,32). Di più, è un detto straordinario, che ricapitola e rilancia in avanti questo brano, illuminando la nostra vita quotidiana. Ci dice infatti che, come è entrata quel giorno nella vita e nella casa di Zaccheo, così la salvezza portata dal Signore Gesù può entrare ogni giorno, ogni oggi, nelle nostre vite. Il Signore ci chiede solo di aprire il nostro cuore all’annuncio che ha la forza di convertire le nostre vite: egli “è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”, è venuto a offrirci di vivere con lui, anzi di venire lui a dimorare in noi. Davvero ciascuno di noi dovrebbe confessare: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io” (1Tm 1,15)!
Il suo cercarci e il suo salvarci sono la nostra indicibile gioia, la fonte della nostra possibile conversione. Anche quando ci sentiamo perduti, mai dobbiamo disperare dell’amore misericordioso del Signore Gesù, più tenace di ogni nostro peccato, più profondo di ogni nostro abisso: con lui la salvezza è la possibilità di ricominciare a camminare veramente liberi sulle strade della vita. Ciò che è accaduto quel giorno a Zaccheo, può accadere anche a noi, oggi, grazie all’incontro con Gesù. Questo oggi è sempre di nuovo possibile: niente e nessuno può opporsi al perdono di Dio in Gesù Cristo, che ci consente di ricominciare ogni giorno.

Brendan Fernandes, Homecoming, video di pochi secondi a proiezione continua.

Brendan Fernandes ha origini keniote e Indiane, ma vive e lavora in Canada. Il video che stiamo vedendo può essere letto sotto diversi punti di vista. Cercheremo di sottolinearne alcuni. Dopo pochi secondi che lo vediamo diventiamo quasi consapevoli del fatto che i leoni stiano parlando e dicendo davvero "go home" (trad. Vai a casa!). Questo ci mette di fronte ad un cortocircuito comunicativo e percettivo. I leoni e il testo presi da soli non hanno nulla in comune, ma metterli assieme come se le parole fossero i sottotitoli del video ci mette in difficoltà.
A chi stanno parlando questi leoni? Chi stanno minacciando ruggendo intimandogli di tornare a casa? Allargo lo sguardo al contesto di questo video che è stato presentato nella mostra "Where Do We Migrate To?" (trad. Verso dove stiamo migrando?), che cercava di presentare il tema del nomadismo da vari punti di vista attraverso le espressioni contemporanee. Ecco svelato uno dei livelli di lettura del video: i leoni sono coloro che si oppongono con parole e gesti "ruggenti" all'accoglienza dei migranti. "Tornate a casa!, Che ci venite a fare qui?", detto ruggendo non è una domanda, ma una esplicita minaccia. Sono le parole opposte a quelle di Gesù nel vangelo di questa domenica: "Oggi devo fermarmi a casa tua". Gesù si fa accogliere da Zaccheo, ma in realtà le parole del capo dei pubblicani ci dicono che è lui che si sente accolto da Gesù. 
In questo momento storico di movimento di popoli il video ci ricorda di non trasformarci in animali, ma di restare uomini e donne capaci di cogliere l'umanità dell'altro, anche se si trova su un albero, anche se tanto diverso da noi.
Il secondo cortocircuito di questo video è relativo al soggetto che vediamo: i leoni portano subito la nostra mente all'africa, uno dei continenti di provenienza dei migranti. Quindi il rappresentante stesso della "casa" dei migranti non li tratta con favore, ma li scaccia. E' una condizione terribile: non essere più a casa nemmeno nei luoghi che sembrerebbero più familiari e quotidiani. Andare via diviene una condizione irreversibile. A questo si lega anche il titolo del lavoro "Homecoming" (trad. Ritorno a casa). Quale casa? Oggi Gesù ci ricorda che lui è venuto "a cercare e a salvare ciò che era perduto", siamo chiamati anche noi discepoli e discepole a fare lo stesso? O preferiamo ruggire?

Un milione di volte NO

Risultati immagini per MUM, DAD&KIDSUna petizione contro la risoluzione Ue sfascia-famiglia
di Robi Ronza(lanuovabq)

Un milione di firme entro il 9 dicembre prossimo per dire “no” al tentativo della Commissione Europea di sgretolare il concetto di famiglia aggirando per questo i trattati dell’Unione. In valore assoluto non sembra un traguardo impossibile in un’Europa che ha circa 508 milioni di abitanti, ma in effetti è la sfida di Davide contro Golia se si considerano le risorse che ha potuto raccogliere il Comitato di cittadini di diversi Stati membri che sta promuovendo la petizione (materiali informativi e aggiornamenti in lingua italiana al riguardo li trovate qui).
Perché la Commissione europea sia tenuta a prenderla in esame, la petizione, oltre al numero minimo complessivo di firme, fissato appunto in un milione, deve anche superare una soglia minima in un certo numero di Stati membri. Mentre scriviamo le firme già raccolte on line, cui si devono poi aggiungere quella raccolte su carta, ammontano a 212 mila, mentre i Paesi che hanno già raggiunto la loro quota minima rispettiva sono quattro: Polonia, Grecia, Finlandia e Slovacchia. Nel caso dell’Italia, dove le firme raccolte on line sono attualmente 6955, per raggiungere la quota minima ne occorrono altre 54750. Siamo insomma di fronte a un’ardua sfida, che però sarebbe meglio non perdere. L’effetto controproducente di un fallimento dell’iniziativa non è infatti difficile da immaginare.
“Mamma, papà e bimbi” (in inglese Mum, Dad & Kids) è il nome ufficiale della petizione:  tecnicamente si tratta di un’«iniziativa di cittadini europei», ICE/ECI, con cui si mira a mettere un punto fermo sulla definizione di famiglia e di matrimonio. L’iniziativa gode tra l’altro dell’esplicito sostegno del cardinale Sarah, del cardinale Schönborn e degli arcivescovi presidenti delle conferenze episcopali della Lituania e della Slovacchia.
Anche se l’Unione non ha competenza in tema i diritto di famiglia, osservano i promotori dell’iniziativa, “la crescente frammentazione dei concetti di famiglia e di matrimonio sta diventando un problema in sede di Unione Europea”. In diversi provvedimenti presi in tale sede ci si riferisce sia all’una che all’altro, ma il significato delle due parole diviene sempre meno chiaro, e in diverse direttive dell’Ue se ne ritrovano al riguardo definizioni diverse. Con l’iniziativa “Mamma, Papà e Bimbi” si intende “porre rimedio a tale situazione stabilendo una definizione di entrambi i termini valida per l’intera Unione e compatibile con la legislazione di tutti gli Stati membri” senza pregiudizio per l’art. 9 della Carta dei Diritti fondamentali che fissa l’esclusiva competenza degli Stati membri a legiferare in tema di matrimonio e di famiglia.  
Ciò che rende urgente questa presa di posizione è il fatto che ormai da tempo, malgrado l’Unione non abbia (come si diceva) competenza alcuna in materia di diritto di famiglia, la Commissione sta ugualmente cercando di demolire l’idea di famiglia e di matrimonio. E’ molto significativo al riguardo quanto nel giugno 2015 il primo vicepresidente della Commissione, Frans Tinnemans, disse tra l’altro in un discorso che pronunciò a Bruxelles durante un ricevimento offerto da una “lobby” LGBT: “(…) Penso inoltre che la Commissione dovrebbe andare avanti e spingere tutti gli Stati membri ad accettare incondizionatamente il matrimonio tra persone dello stesso sesso come gli altri tipi di matrimonio. (…) Anche se non vogliono il matrimonio tra persone dello stesso sesso nel loro Paese abbiano almeno la decenza di rispettare la decisione di altri Paesi di averlo”. Dal che si deduce che secondo Tinnemans non riconoscere il “matrimonio fra persone dello stesso sesso” è una cosa indecente. 
Nel medesimo spirito la Commissione fa leva sul principio della libertà di movimento delle persone dentro il territorio dell’Unione per premere sugli Stati membri ove non vige lo pseudo-matrimonio omosessuale a riconoscerlo anche se nel loro diritto non esiste. Nel dicembre 2015 ha poi pubblicato un documento programmatico dal titolo “Elenco di azioni a favore dell’uguaglianza delle persone LGBT” nel quale si legge  che la Commissione stessa sta dalla parte del “crescente movimento degli Stati membri che sostengono i diritti degli LGBT” e suggerirà tra l’altro a tali Stati membri di fare pressione su quegli altri Stati membri che invece vi sono contrari”. E persino quando dà aiuti a Paesi in via di sviluppo li vincola a riconoscimenti dei “diritti degli LGBT”. 
Non solo: la Commissione finanzia pure la International Lesbian and Gay Association Europe, ILGA Europe, coprendo ben il 70 per cento del suo bilancio di esercizio.  Oggi insomma le istituzioni europee, e la Commissione in particolar modo, sono divenuti un motore primario di quel processo subdolo e neo-autoritario di demolizione, al di fuori di qualsiasi aperto dibattito e confronto, del proprium della famiglia e del matrimonio. Un processo tra l’altro – osserviamo per inciso – che viene ben descritto da Roberto Marchesini in Uomo, donna, famiglia e “gender” n.4 della nostra collana “I Libri della Bussola”. “Mamma, Papà e Bimbi” (“Mum, Dad & Kids”) è perciò un’occasione da non perdere per dare un segno forte di opposizione popolare a questo sviluppo tra l’altro tanto più assurdo in un’Unione in piena crisi demografica che di tutto ha bisogno meno che di uno scardinamento della famiglia e del matrimonio.