mercoledì 25 gennaio 2017

Celebrazione dei Secondi Vespri della Festa della Conversione di San Paolo Apostolo. Omelia del Papa



Celebrazione dei Secondi Vespri della Festa della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. Omelia del Santo Padre

Sala stampa della Santa Sede 

Il nostro programma di vita... Non vivere più per noi stessi, per i nostri interessi e ritorni di immagine, ma ad immagine di Cristo, per Lui e secondo Lui, col suo amore e nel suo amore.Per la Chiesa, per ogni confessione cristiana è un invito a non basarsi sui programmi, sui calcoli e sui vantaggi, a non affidarsi alle opportunità e alle mode del momento, ma a cercare la via guardando sempre alla croce del Signore. 

Alle ore 17.30 di oggi, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Francesco presiede la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della 50.ma Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema: L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione (cfr. 2 Corinzi, 5, 14-20). Prendono parte alla celebrazione i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma. Al termine dei Vespri, prima della benedizione apostolica, l’Em.mo Card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, indirizzerà un Saluto al Santo Padre un indirizzo di saluto. 
Omelia del Santo Padre
L’incontro con Gesù sulla strada verso Damasco trasforma radicalmente la vita di san Paolo. Da quel momento in poi, per lui il significato dell’esistenza non sta più nell’affidarsi alle proprie forze per osservare scrupolosamente la Legge, ma nell’aderire con tutto sé stesso all’amore gratuito e immeritato di Dio, a Gesù Cristo crocifisso e risorto. Così egli conosce l’irrompere di una nuova vita, la vita secondo lo Spirito, nella quale, per la potenza del Signore Risorto, sperimenta perdono, confidenza e conforto. E Paolo non può tenere per sé questa novità: è spinto dalla grazia a proclamare la lieta notizia dell’amore e della riconciliazione che Dio offre pienamente in Cristo all’umanità.

Per l’Apostolo delle genti la riconciliazione dell’uomo con Dio, di cui egli è divenuto ambasciatore (cfr 2 Cor 5,20), è un dono che viene da Cristo. Ciò appare con chiarezza nel testo della Seconda Lettera ai Corinzi, dal quale è tratto quest’anno il tema della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani: “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” (cfr 2 Cor 5,14-20). “L’amore di Cristo”: non si tratta del nostro amore per Cristo, ma dell’amore che Cristo ha per noi. Allo stesso modo, la riconciliazione verso cui siamo spinti non è semplicemente nostra iniziativa: è in primo luogo la riconciliazione che Dio ci offre in Cristo. Prima di essere uno sforzo umano di credenti che cercano di superare le loro divisioni, è un dono gratuito di Dio. Come effetto di questo dono la persona, perdonata e amata, è chiamata a sua volta a proclamare il vangelo della riconciliazione in parole e opere, a vivere e testimoniare un’esistenza riconciliata.
In questa prospettiva, possiamo oggi chiederci: come proclamare questo vangelo di riconciliazione dopo secoli di divisioni? È lo stesso Paolo ad aiutarci a trovare la via. Egli sottolinea che la riconciliazione in Cristo non può avvenire senza sacrificio. Gesù ha dato la sua vita, morendo per tutti. Similmente, gli ambasciatori di riconciliazione sono chiamati, nel suo nome, a dare la vita, a non vivere più per sé stessi, ma per Colui che è morto e risorto per loro (cfr 2 Cor 5,14-15). Come Gesù insegna, è solo quando perdiamo la vita per amore suo che la guadagniamo davvero (cfr Lc 9,24). È la rivoluzione che Paolo ha vissuto, ma è la rivoluzione cristiana di sempre: non vivere più per noi stessi, per i nostri interessi e ritorni di immagine, ma ad immagine di Cristo, per Lui e secondo Lui, col suo amore e nel suo amore.
Per la Chiesa, per ogni confessione cristiana è un invito a non basarsi sui programmi, sui calcoli e sui vantaggi, a non affidarsi alle opportunità e alle mode del momento, ma a cercare la via guardando sempre alla croce del Signore: sta lì il nostro programma di vita. È un invito anche ad uscire da ogni isolamento, a superare la tentazione dell’autoreferenzialità, che impedisce di cogliere ciò che lo Spirito Santo opera al di fuori dei propri spazi. Un’autentica riconciliazione tra i cristiani potrà realizzarsi quando sapremo riconoscere i doni gli uni degli altri e saremo capaci, con umiltà e docilità, di imparare gli uni dagli altri, senza attendere che siano gli altri a imparare prima da noi.
Se viviamo questo morire a noi stessi per Gesù, il nostro vecchio stile di vita viene relegato al passato e, come è accaduto a san Paolo, entriamo in una nuova forma di esistenza e di comunione. Con Paolo potremo dire: «Le cose vecchie sono passate» (2 Cor 5,17). Guardare indietro è d’aiuto e quanto mai necessario per purificare la memoria, ma fissarsi sul passato, attardandosi a ricordare i torti subiti e fatti e giudicando con parametri solo umani, può paralizzare e impedire di vivere il presente. La Parola di Dio ci incoraggia a trarre forza dalla memoria, a ricordare il bene ricevuto dal Signore; ma ci chiede anche di lasciarci alle spalle il passato per seguire Gesù nell’oggi e vivere una vita nuova in Lui. Permettiamo a Colui che fa nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5) di orientarci a un avvenire nuovo, aperto alla speranza che non delude, un avvenire in cui le divisioni si potranno superare e i credenti, rinnovati nell’amore, saranno pienamente e visibilmente uniti.
Mentre camminiamo sulla via dell’unità, quest’anno ricordiamo in modo particolare il quinto centenario della Riforma protestante. Il fatto che oggi cattolici e luterani possano ricordare insieme un evento che ha diviso i cristiani, e lo facciano con speranza, ponendo l’accento su Gesù e sulla sua opera di riconciliazione, è un traguardo notevole, raggiunto grazie a Dio e alla preghiera, attraverso cinquant’anni di conoscenza reciproca e di dialogo ecumenico.
Nell’invocare da Dio il dono della riconciliazione con Lui e tra di noi, rivolgo i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo diCanterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali qui convenuti. Mi è particolarmente gradito salutare i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, ai quali auguro un fruttuoso lavoro per la sessione plenaria che si sta svolgendo in questi giorni. Saluto anche gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa cattolica, e i giovani ortodossi e ortodossi orientali che studiano a Roma grazie alle borse di studio del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese ortodosse, che opera presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Ai Superiori e a tutti i Collaboratori di questo Dicastero esprimo la mia stima e la mia gratitudine.
Cari fratelli e sorelle, la nostra preghiera per l’unità dei cristiani è partecipazione alla preghiera che Gesù ha rivolto al Padre prima della passione «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Non stanchiamoci mai di chiedere a Dio questo dono. Nella paziente e fiduciosa attesa che il Padre conceda a tutti i credenti il bene della piena comunione visibile, andiamo avanti nel nostro cammino di riconciliazione e di dialogo, incoraggiati dalla testimonianza eroica di tanti fratelli e sorelle, uniti ieri e oggi nel soffrire per il nome di Gesù. Approfittiamo di ogni occasione che la Provvidenza ci offre per pregare insieme, per annunciare insieme, per amare e servire insieme, soprattutto chi è più povero e trascurato.