venerdì 13 gennaio 2017

Nella stanza del buco

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La Bbc entra in una stanza del buco a Copenhagen, dove si permette ai «consumatori» di assumere legalmente droghe illegali «per salvarli». Ma la faccia di Elliot racconta un’altra storia


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di Leone Grotti

Droghe come cocaina, eroina, marijuana sono illegali in Danimarca. Ma c’è un posto nella capitale Copenhagen dove chiunque può assumere queste sostanze senza temere ripercussioni: è la “stanza del buco” Skyen, aperta proprio dal governo nel 2012 e considerata da Elliot come «la mia seconda casa». Finora è costata tre milioni di sterline.

«BUONA COCAINA, MOLTA EROINA». Le telecamere della Bbc sono entrate insieme a Elliot nella “struttura sanitaria” per vedere come funziona. Il ragazzo, con occhio spento e voce stentata, spiega all’emittente inglese che cosa sta per iniettarsi in vena: «Ho qui della buona cocaina, molta eroina, diazepam e benzos. Queste ultime le aggiungo solo per rendere più forte l’effetto dell’eroina».
«NOI SALVIAMO VITE». Circa 500 persone al giorno visitano Skyen per consumare legalmente droghe illegali e dannose. Ida Bro è l’infermiera pagata per aiutarli a farlo «in totale sicurezza»: «Tutto quello che i consumatori devono fare quando entrano», spiega sorridendo alla telecamera, «è portare con sé la droga. Tutto il resto lo forniamo noi gratis». Continua poi aprendo uno sportello pieno di materiale sanitario: «Ad esempio, qui abbiamo guanti, siringhe, tutto il necessario per “cucinare” le droghe. Abbiamo anche preservativi, tutto l’occorrente insomma». L’obiettivo principale, ovviamente, è «salvare delle vite», dichiara Bro con voce entusiasta. «Noi impediamo la diffusione di moltissime malattie».
SECONDA CASA. La faccia di Elliot devastata dalla droga racconta un’altra storia. Il ragazzo sulla ventina visita la stanza Skyen diverse volte al giorno per farsi “salvare la vita”. «È la mia seconda casa. È un posto salubre per assumere droghe». Le stanze del buco non aiutano i giovani a uscire dal tunnel della tossicodipendenza e non propongono nemmeno un percorso di riabilitazione. Però «da quando abbiamo aperto», spiega il direttore di Skyen, Rasmus Koberg Christiansen, «il consumo di droga in pubblico in questa zona è diminuito del 90 per cento».
NASCONDERE IL PROBLEMA. Il cinico entusiasmo di Christiansen è comprensibile. Vedere per le strade di una capitale evoluta come Copenhagen facce distrutte dalla droga come quella di Elliot non è bello. Molto meglio, quindi, nasconderle in una stanza costruita apposta, per dimenticarle. Come dichiarato a tempi.it da Yannick Moreau, parlamentare francese che si è opposto all’apertura di una Skyen in Francia, «le stanze del buco servono solo per lavarsi la coscienza fornendo una risposta falsa a un problema vero. Invece che considerare il problema alla radice e adottare politiche ambiziose per spingere le persone dipendenti alla guarigione, cioè a smettere di drogarsi, si accontenta di nascondere queste persone nelle “stanze del buco”, con gran sperpero di denaro pubblico. Legalizzandole, il governo dà ai drogati un’idea di fatalismo e al resto della società di lassismo. È possibile uscire dalla dipendenza dalla droga ma le stanze del buco non portano a questo risultato. Molti me ne hanno parlato come di “stanze della morte”».
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