lunedì 16 gennaio 2017

Testa, cuore e mani



Visita pastorale alla Parrocchia romana di Santa Maria a Setteville. Trascrizioni ufficiali degli interventi di Papa Francesco nel corso della visita di ieri

Sala stampa della Santa Sede 
- Omelia del Santo Padre
- Incontro con i malati
- Parole del Papa nell’incontro con i giovani
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Nel pomeriggio di ieri, II Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Francesco si è recato in visita pastorale alla Parrocchia di Santa Maria a Setteville, a Setteville di Guidonia (Roma).
Al suo arrivo, intorno alle ore 15.40, il Papa ha salutato il Viceparroco, don Giuseppe Berardino, 50 anni, gravemente malato di sclerosi laterale amiotrofica da più di due anni. Durante l’incontro, durato circa 10 minuti, il Santo Padre ha rivolto sottovoce al sacerdote – immobilizzato al letto ed impossibilitato a parlare - parole di conforto. Dopo una preghiera silenziosa, il Papa ha quindi amministrato al Viceparroco il Sacramento dell’unzione degli infermi.

Poi, il Pontefice ha incontrato le varie realtà pastorali della parrocchia e in particolare: trenta anziani ed ammalati, tra cui tre bambini affetti da Sindrome di Down; i ragazzi della catechesi, inclusi molti giovani del percorso post-cresima ed un gruppo di Scout, con i quali si è intrattenuto per più di mezz’ora, rispondendo a diverse domande.
Successivamente, il Santo Padre ha salutato 45 bimbi, tutti battezzati nel corso del 2016, ed ha ricordato ai loro genitori l’importanza della famiglia. Quindi, si è svolto l’incontro con un centinaio di fedeli che aiutano il Parroco, don Luigi Tedoldi, nell’opera pastorale. A loro, il Pontefice ha dato diversi consigli, soffermandosi sul valore della missione.
Poi, dopo aver salutato i sacerdoti ed i cinque seminaristi della Parrocchia, il Santo Padre Francesco si è spostato in sagrestia per confessare quattro penitenti: una giovane coppia, che accudisce il Viceparroco, un giovane del percorso post-cresima ed il padre di un bambino ammalato.
Alle 17.40 circa, il Papa ha presieduto la celebrazione della Santa Messa nella chiesa parrocchiale. Dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato la sua omelia a braccio.
Intorno alle ore 19.00, prima di lasciare la Parrocchia, il Papa ha salutato i numerosi fedeli radunati davanti alla chiesa sin da mezzogiorno e che hanno seguito la visita attraverso i maxi-schermi allestiti per l’occasione.
Alle ore 19.40, il Santo Padre ha fatto rientro in Vaticano.

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Omelia del Santo Padre
Il Vangelo ci presenta Giovanni [il Battista] nel momento in cui dà testimonianza di Gesù. Vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è Colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”» (Gv 1,29-30). Questo è il Messia. Dà testimonianza. E alcuni discepoli, sentendo questa testimonianza – discepoli di Giovanni – seguirono Gesù; andarono dietro a Lui e sono rimasti contenti: «Abbiamo trovato il Messia!» (Gv 1,41). Hanno sentito la presenza di Gesù. Ma perché hanno incontrato Gesù? Perché c’è stato un testimone, perché c’è stato un uomo che ha dato testimonianza di Gesù.
Così succede nella nostra vita. Ci sono tanti cristiani che professano che Gesù è Dio; ci sono tanti preti che professano che Gesù è Dio, tanti vescovi… Ma tutti danno testimonianza di Gesù? O essere cristiano è come… un modo di vivere come un altro, come essere tifoso di una squadra? “Ma sì, sono cristiano…”. O come avere una filosofia: “Io osservo questi comandamenti, sono cristiano, devo fare questo…”. Essere cristiano, prima di tutto, è dare testimonianza di Gesù. La prima cosa. E questo è quello che hanno fatto gli Apostoli: gli Apostoli hanno dato testimonianza di Gesù, e per questo il cristianesimo si è diffuso in tutto il mondo. Testimonianza e martirio: la stessa cosa. Si dà testimonianza nel piccolo, e alcuni arrivano al grande, a dare la vita nel martirio, come gli Apostoli. Ma gli Apostoli non avevano fatto un corso per diventare testimoni di Gesù; non avevano studiato, non sono andati all’università. Avevano sentito lo Spirito dentro e hanno seguito l’ispirazione dello Spirito Santo; sono stati fedeli a questo. Ma erano peccatori, tutti! I Dodici erano peccatori. “No, Padre, Giuda soltanto!”. No, poveraccio… Noi non sappiamo cosa è accaduto dopo la sua morte, perché la misericordia di Dio c’è anche in quel momento. Ma tutti erano peccatori, tutti. Invidiosi, avevano gelosia tra loro: “No, io devo occupare il primo posto e tu il secondo”; e due di loro parlano alla mamma perché vada a parlare a Gesù che dia il primo posto ai loro figli… Erano così, con tutti i peccati. Erano anche traditori, perché quando Gesù è stato catturato, tutti sono scappati, pieni di paura; si sono nascosti: avevano paura. E Pietro, che sapeva di essere il capo, sentì il bisogno di avvicinarsi un po’ per vedere cosa accadeva; e quando la domestica del sacerdote disse: “Ma anche tu eri…”, disse: “No, no, no!”. Rinnegò Gesù, tradì Gesù. Pietro! Il primo Papa. Tradì Gesù. E questi sono i testimoni! Sì, perché erano testimoni della salvezza che Gesù porta, e tutti, per questa salvezza si sono convertiti, si sono lasciati salvare. È bello quando, sulla riva del lago, Gesù fa quel miracolo [la pesca miracolosa] e Pietro dice: «Allontanati da me, Signore, perché sono peccatore» (Lc 5,8). Essere testimone non significa essere santo, ma essere un povero uomo, una povera donna che dice: “Sì, sono peccatore, ma Gesù è il Signore e io do testimonianza di Lui, e io cerco di fare il bene tutti i giorni, di correggere la mia vita, di andare per la giusta strada”.
Soltanto io vorrei lasciarvi un messaggio. Questo lo capiamo tutti, quello che ho detto: testimoni peccatori. Ma, leggendo il Vangelo, io non trovo un [certo tipo di] peccato negli Apostoli. Alcuni violenti c’erano, che volevano incendiare un villaggio che non li aveva accolti… Avevano tanti peccati: traditori, codardi… Ma non ne trovo uno [particolare]: non erano chiacchieroni, non parlavano male degli altri, non parlavano male uno dell’altro. In questo erano bravi. Non si “spennavano”. Io penso alle nostre comunità: quante volte, questo peccato, di “togliersi la pelle l’uno all’altro”, di sparlare, di credersi superiore all’altro e parlare male di nascosto! Questo, nel Vangelo, loro non l’hanno fatto. Hanno fatto cose brutte, hanno tradito il Signore, ma questo no. Anche in una parrocchia, in una comunità dove si sa… questo ha truffato, questo ha fatto quella cosa…, ma poi si confessa, si converte… Siamo tutti peccatori. Ma una comunità dove ci sono le chiacchierone e i chiacchieroni, è una comunità che è incapace di dare testimonianza.
Io dirò soltanto questo: volete una parrocchia perfetta? Niente chiacchiere. Niente. Se tu hai qualcosa contro uno, vai a dirglielo in faccia, o dillo al parroco; ma non fra voi. Questo è il segno che lo Spirito Santo è in una parrocchia. Gli altri peccati, tutti li abbiamo. C’è una collezione di peccati: uno prende questo, uno prende quell’altro, ma tutti siamo peccatori. Ma quello che distrugge, come il tarlo, una comunità sono le chiacchiere, dietro le spalle.
Io vorrei che in questo giorno della mia visita questa comunità facesse il proposito di non chiacchierare. E quando ti viene voglia di dire una chiacchiera, morditi la lingua: si gonfierà, ma vi farà tanto bene, perché nel Vangelo questi testimoni di Gesù – peccatori: anche hanno tradito il Signore! – mai hanno chiacchierato uno dell’altro. E questo è bello. Una parrocchia dove non ci sono le chiacchiere è una parrocchia perfetta, è una parrocchia di peccatori, sì, ma di testimoni. E questa è la testimonianza che davano i primi cristiani: “Come si amano, come si amano!”. Amarsi almeno in questo. Incominciate con questo. Il Signore vi dia questo regalo, questa grazia: mai, mai sparlare uno dell’altro. Grazie.
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Incontro con i malatiSanto Padre:
Vi saluto e vi prometto di pregare per voi. Ognuno ha il proprio problema, o una malattia, o una preoccupazione… Anche i bambini con problemi… Ci sono cose che non si possono spiegare, ma succedono, la vita è così… la vita è così. Gesù ha voluto essere vicino a noi anche col suo dolore, con la sua passione, con le proprie sofferenze, e Gesù è vicino a tutti voi. Lui stesso lo ha detto: “Se tu vai a trovare un malato, vai a trovare me” (cfr Mt 25,36.40). Gesù è con i malati, con quelli che hanno problemi. E questo è vero. Io so che quando si soffre, quando ci sono problemi, è difficile capire, ma non si tratta di capire, si tratta di sentire, sentire le carezze di Gesù. Soltanto questo. E questo consola.
E perché tutti voi siate capaci di sentire queste carezze di Gesù, vi darò la benedizione. Ma prima di questo, Gesù lo porta la mamma, sempre; preghiamo la Madonna, tutti insieme, perché Gesù ci benedica.
Ave o Maria, …
[Benedizione]
Ecco. E pregate per me, non dimenticatevi, per favore. E coraggio, coraggio: non lasciarti prendere dalla tristezza! Su, non giù. Su! Il Signore è con noi, sempre! Grazie. Dio vi benedica e pregate per me.

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Parole del Papa nell’incontro con i giovani
Santo Padre:
Grazie. Grazie per la vostra gioia, per i vostri disegni… Bellissimi, quelli che mi avete dato. Siete bravi. E grazie per le cose che avete detto. Post-Cresima, Cresima… Ma io ho sentito che qui a Roma la Cresima è il “sacramento dell’addio”: dopo la Cresima, non ci vediamo più… È vero questo? Non è vero? Ah, no? E voi siete tutti i giovani di Roma? Tutti? E gli altri? Non sono tornati, dopo la Cresima?… Il dopo-Cresima è un problema. E il fatto che voi siate qui è una grazia del Signore. Il Signore vi ha dato questa grazia, di non fare della Cresima il sacramento dell’“arrivederci” fino al giorno delle nozze. Tanti anni senza una comunità… E voi siete stati scelti dal Signore per fare comunità. E questo è grande. Credo che Maria [una ragazza della parrocchia] ha detto: “Noi siamo qui perché il Signore ci ama”. Ma, dimmi, e gli altri, quelli che non sono qui adesso, il Signore li ama?... Non sapete se il Signore li ama o no?... Li ama? E perché non sono qui? Se voi vi sentite amati dal Signore e per questo il Signore vi ha portati qui, perché quegli altri non sono qui? Cosa succede?... Qualcuno intelligente che mi dica una parola… Parlate, parlate, che voglio sentirvi.
[Un bambino parla ma non si capisce]
Santo Padre:
Sei bravo tu! Quanti anni hai?
[Bambino]
ÈOtto.
Santo Padre:
Questi ne hanno più di 18 e nessuno di loro è riuscito a parlare, e tu sei [riuscito]… Bravo, continua così! Fai bene, fai bene. È coraggioso! Senza vergogna. Sii coraggioso, continua! Vieni, vieni… Senti, non tutti ti hanno sentito. Sei capace di ripetere quello che mi hai detto? Dillo…
[Bambino]
In pratica, ci sono delle persone che non sono insieme a noi, facendo un’unione, perché non sono qui con noi condividendo gioia e ogni giorno il Signore ci dona qualcosa, e noi non lo possiamo
condividere; quindi, delle persone se ne vanno, lasciandoci da soli o non ascoltando le parole del Signore.
Santo Padre:
Questo ha coraggio! È coraggioso. Ha detto due cose: ascoltare la Parola del Signore e trovare gioia. Due cose che io prendo da quello che lui ha detto. Quei giovani ascoltano la Parola del Signore, ma come noi diciamo le parole del Signore? Quando io sento parlare un giovane o una giovane del Signore, o un catechista, una catechista, non so, uno qualsiasi, io mi annoio. Parliamo del Signore con una certa tristezza. Lui ha detto gioia: è questo il segreto. Parlare del Signore con gioia, e questo si chiama testimonianza cristiana. Capite? La testimonianza cristiana è parlare del Signore con gioia, ma anche con la gioia della propria vita, cioè fare con la mia vita quello che dico del Signore. E voi, che siete i più grandi, chi di voi sa dirmi com’è la testimonianza cristiana? Sapete cosa significa, testimonianza? Sapete o no? Sì… Tu sei?… Spiegatemi cos’è la testimonianza cristiana, come si fa… Dite, dite, parlate…
[Ragazzo]
Dando un esempio di vita.
Santo Padre:
Dando un esempio di vita. Eccone uno. Così. Se io dico: “Io sono molto cattolico, vado tutte le domeniche a Messa”, ma poi con i miei genitori non parlo, gli anziani non mi interessano, non assisto i poveri, non vado a trovare i malati… questa è testimonianza di vita? No! Io posso parlare del Signore, ma se io con la mia vita non parlo dando testimonianza, come tu hai detto, con la propria vita, non serve! “Ma, Padre, io sono cristiano, e parlo del Signore!”. Sì, ma tu sei un cristiano-pappagallo! Soltanto da qui [indica la bocca]: parole, parole, parole… Ti ricordi quella canzone? No, voi no, siete giovani. Sì? “Parole, parole, parole…”, e niente di più. La testimonianza cristiana si fa con la parola, con il cuore e con le mani. Ripetiamo insieme: con la parola, con il cuore e con le mani. Benissimo. Adesso, io vi domando – vediamo chi risponde, perché sto parlando io, e questo non va – come si fa la testimonianza cristiana con la parola? Uno… Tu hai già parlato, un altro… Ma dimmi, tu che sei catechista, sono muti, questi? Come si fa? [qualcuno interviene] Ecco, raccontando le proprie esperienze, il rapporto con il Signore, con la parola. Bravo! Come si fa la testimonianza cristiana con il cuore?
[Una ragazza]
Donandosi.
Santo Padre
Donandosi. Spiegaci un po’, hai ragione, ma spiega un po’ cosa vuoi dire con quella parola: donandosi.
[Ragazza]
Aprirsi all’altro…
Santo Padre
Aprirsi all’altro, bene…
[Ragazza]
Accettare l’altro come è…
Santo Padre
Accettare l’altro come è, non come io voglio che sia, bene! Di’, di’ ancora…
[Ragazza]
Ascoltare l’altro
Santo Padre
Ascoltare l’altro. È interessante, questo. Un cristiano è un uomo, è una donna, è un giovane, è un bambino, è una bambina dell’ascolto, che sa ascoltare. Sa ascoltare la Parola di Dio e sa ascoltare l’altro. Soltanto con le orecchie?... Con il cuore, pure. Si sa commuovere. Brava, brava! E come si fa la testimonianza cristiana con le mani?
[Ragazza]
Facendosi umili
Santo Padre
Facendosi umili… E com’è l’umiltà?
[Ragazza]
Andare incontro alle persone.
Santo Padre
Andare incontro alle persone… E se qualcuno si è arrabbiato con te e ha sparlato di te, la testimonianza cristiana dice: “No, con quello non andare”?
[Ragazza]
No. È difficile mettere l’orgoglio da parte, però la Parola ci insegna a farsi umili e a chiedere perdono, andare per primi e chiedere perdono alla persona con la quale hai litigato.
Santo Padre:
Chiedere perdono, perdonare… Sei brava! Con il cuore, con le mani… Anche, testimonianza cristiana con le mani…
[Ragazza]
Agire…
Santo Padre:
Agire. Come, per esempio?
[Ragazza]
Rendendosi utile per gli altri.
Santo Padre:
Ecco. Le opere di misericordia: andare a trovare gli ammalati, i carcerati, aiutare il compagno a fare i compiti… tutte queste cose. Aiutare sempre! Testimonianza: con la lingua, con la bocca, confessare il Signore; con il cuore, sempre aprire all’amore; e con le mani: le opere di misericordia. Questa è la testimonianza cristiana. Adesso avete capito? Ma dovete parlare fra voi di queste cose! Va bene. Qualche domanda? Parla, parla forte!
[Ragazza]
Come spiegare a chi non crede perché la fede è importante?
Santo Padre:
Come potete spiegare a qualcuno che non crede perché o come la fede è importante? Questa è la domanda? Non si deve spiegare. Sentite bene questo: se tu hai un amico, un’amica che non crede, tu non devi dire: “Tu devi credere per questo, per questo, per questo…”, e spiegargli tutte le cose. Questo non si deve fare! Questo si chiama proselitismo, e noi cristiani non dobbiamo fare proselitismo. Cosa si deve fare? Se io non posso spiegare, cosa devo fare? Vivere in modo tale che sia lui o lei a chiedermi: “Perché tu vivi così? Perché tu hai fatto questo?”, e allora sì, spiegare. Capito? Ma mai per primo spiegare, per convincere. La fede è una grazia di Dio e ci vuole l’inquietudine [la ricerca interiore] dello Spirito Santo per avere la fede, e l’inquietudine dello Spirito Santo viene anche dalla nostra testimonianza. “Ma guarda, questo è pazzo! Invece di venire con noi a divertirsi, è andato a fare la veglia a un malato, ad accompagnare un malato. Ma è pazzo! Domani gli domanderò…”. “Dimmi: perché hai fatto questo?”. È così. È l’inquietudine che è nel cuore ti fa domandare. Prima, fare; dopo, spiegare. Capito? E lo Spirito Santo entra nel cuore, rende il cuore inquieto con la testimonianza dei cristiani. Per questo Gesù diceva alla gente, riguardo ai dottori della legge di quei tempi: “Fate tutto quello che loro dicono, ma non quello che fanno”. Non davano testimonianza. E la testimonianza cristiana – questo che voi avete detto su come vivere, come essere testimone – è quello che provoca l’inquietudine nell’altro, e ti fa la domanda, e tu spieghi. Hai capito la risposta? Ma mai prima incominciare a spiegare. Fare che sia lui o lei a fare la domanda, e provocare la domanda con la propria testimonianza. Capito? Ecco. Un’altra cosa, un’altra domanda?
[Ragazza]
Perdonare. Nel cristianesimo è importante perdonare… Ma Lei riesce sempre a perdonare?
Santo Padre:
È difficile. Io ho conosciuto una vecchietta che era brava! Credo che questa picchiava anche il marito… [ride, ridono], ma era brava. Era una donna brava, forte. E questa donna diceva: “Perdonare sempre. Dimenticare è difficile”. Quando tu sei in “guerra”, diciamo così, sei in inimicizia con una persona, il tuo cuore e il cuore di quella persona sono feriti… D’accordo? La ferita dell’odio, dell’inimicizia, della gelosia…, tante ferite. E se una persona fa male all’altra, la ferita diventa più grande. Perdonare è difficile, ma si può. Pensiamo a Gesù, all’esempio che ci dà, quando ha detto al Padre: “Perdonali, Padre: non sanno quello che fanno” (cfr Lc 23,34). Perdonare si può. La ferita può guarire, essere guarita; la ferita si chiude. Ma rimane tante volte la cicatrice. E questo significa: “Io non posso dimenticare, ma ho perdonato”. Sempre, il perdono. Ma non andare da quella persona a dare il perdono come se io dessi un’elemosina, no. Il perdono nasce nel cuore e io incomincio a trattare quella persona come se niente fosse successo… Un sorriso, e lentamente il perdono viene. Il perdono non si fa per decreto: ci vuole un cammino interiore nostro, per perdonare. Non è facile… Ma si può arrivare, a questo. Va bene così? Sei d’accordo?
Un’altra domanda, da quella parte… Sono più bravi quelli di voi! [ride, ridono]
[Ragazzo]
Secondo Lei, qual è il dono più grande che ci ha fatto Dio?
Santo Padre:
Grazie. Mah, non so cosa dirvi… Perché in teoria io potrei dire: il dono più grande è la fede. Sì, è vero. Questo in teoria. Ma quello che io sento come un grande dono di Dio è la mia famiglia: il papà, la mamma, cinque fratelli, tutta la famiglia… Per me, questo è un grande dono, vivere in famiglia. Per questo è importante la famiglia... E la famiglia è papà, mamma, i fratelli… e finisce lì? No…, i nonni! Che cosa pensate voi dei nonni?... Chi risponde?...
[Ragazza]
Che sono dei secondi genitori.
Santo Padre:
Che sono i secondi genitori. Va bene questo. Sono quelli che custodiscono la famiglia “dietro” i genitori. È bene. Un po’ di più, un’altra cosa…
[Ragazzo]
Molte volte, più che secondi genitori, possono essere anche amici, i nonni…
Santo Padre:
Ecco, anche i nonni possono essere amici. Io conosco ragazzi e ragazze che sono più capaci di parlare con i nonni che con i genitori. Perché si sentono più amici, più capiti, dai nonni… Ma ho sentito qualcuno dire: “Parlare con i nonni è noioso! I nonni sono roba vecchia, non servono”. È vero, questo?
[Ragazzi]
No!
Santo Padre:
No! Io vi do un consiglio: parlate con i nonni; fate domande ai nonni. I nonni sono la memoria della vita, sono la saggezza della vita. Parlate con i nonni. Capito? Benissimo.
Io non so… possiamo continuare? Un’altra domanda. Io vorrei guardare qui, ma sono tutti muti…
[Ragazza]
Come ha fatto a non perdere mai la fede tra gli alti e bassi della vita?
[Ragazza]
Come ha fatto a non perdere mai la fede tra gli alti e bassi della vita?
Santo Padre:
Ma la fede si perde… Io, alcune volte, pensando adesso ad alcuni momenti,… la fede si è abbassata tanto che io non la trovavo e vivevo come se non avessi fede… Poi, si ritrova. Gli alti e bassi della vita hanno anche un primo momento, una scossa che ti muove e ti fa perdere un po’ la fede, ma poi con il tempo la ritrovi. C’è una parola, nel Vangelo, quando Gesù dice: “Tutto è possibile a quello che ha fede”. Tutto. E il papà di quel bambino ammalato – il papà aveva portato il bambino perché fosse guarito da Gesù – cosa ha detto, a Gesù? “Signore, io ho fede, ma aiuta la mia poca fede” (cfr Mc 9,23-24). La fede non è sempre così [grande]… Ci sono giorni bui, tutto scuro… Anch’io ho camminato nella mia vita per giorni così. Ma non [bisogna] spaventarsi: pregare e avere pazienza, e poi il Signore si fa vedere, ci fa crescere la fede e ti fa andare avanti. Ho risposto alla tua domanda?
[Ragazza]
Sì, sì, grazie.
Santo Padre:
Ho risposto?
[Ragazza]
Sì, perché io certe volte perdo la fede, però… cerco di ritrovarla…
Santo Padre:
Sì, tu hai ragione, perché la fede in alcuni giorni non si vede: è tutto bui … E quando uno vede delle calamità… Ieri, per esempio, quando ho fatto il battesimo a 13 bambini dei terremotati: il papà di uno aveva perso la moglie. “Ho perso il mio amore”, mi ha detto. Uno pensa: quest’uomo può avere fede, dopo questa tragedia? E si capisce che lì c’è il buio… “E se io non ci credo…”. Stai zitto. Accompagnalo. Rispetta quel buio dell’anima. Poi sarà il Signore a risvegliare la fede. La fede è un dono del Signore. A noi [spetta] soltanto custodirlo… Non si studia per avere fede, la fede si riceve come un regalo. Grazie.
Mi dicono che devo dare la benedizione, e Gesù dava la benedizione sempre. E io darò a tutti voi la benedizione, ma specialmente ai muti, a quelli che non sono riusciti a parlare… Ma guarda, trovare giovani che non parlino… è una tragedia!
Adesso preghiamo la Madonna: Ave o Maria,…
[Benedizione]
Prima di andarmene, una domanda: cosa si deve fare con i nonni?
[Ragazzi]
Parlarci!
Santo Padre:
E ascoltarli! Parlare e ascoltarli. Pregate per me! Grazie.


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(Maurizio Fontana) Costruire «insieme» un «quartiere di pace» pregando «gli uni per gli altri». È questo il mandato lasciato, domenica 15 gennaio, da Papa Francesco agli abitanti di Setteville di Guidonia. Al termine della visita alla parrocchia di Santa Maria, nel buio della sera rischiarato dalle luminarie installate sulla via che dalla piazza centrale porta alla chiesa, il Pontefice ha salutato i tanti fedeli che da ore lo attendevano in strada sfidando i rigori di queste giornate invernali: «Avete preso tanto freddo!». A loro ha chiesto di pregare per lui e «pregare perché la parrocchia vada avanti, il quartiere vada avanti, per gli ammalati, perché guariscano, per i bambini, perché crescano sani, e pregare per tutti, gli uni per gli altri», perché «quando la gente prega uno per l’altro, vengono cose buone: non costa niente, ma fa tanto bene». Questa testimonianza da vivere nella quotidianità è stata, del resto, la parola che ha attraversato come un leit motiv l’intero pomeriggio trascorso dal vescovo di Roma nell’estrema periferia orientale della sua diocesi.Papa Francesco è arrivato a Setteville alle 15.40 e, prima di entrare nel piazzale della chiesa, ha fatto fermare l’automobile per salutare le tante persone che erano ad attenderlo dietro le transenne e affacciate ai balconi. Il tempo di dare un bacio a due neonati che gli uomini della sicurezza gli hanno avvicinato al finestrino, e il Pontefice ha raggiunto la canonica dove lo aspettavano il cardinale vicario Agostino Vallini, il vescovo ausiliare del settore nord Guerino Di Tora, il parroco don Luigi Tedoldi, il viceparroco don Leonel Alejandro Torres Lara — che in seguito hanno concelebrato con lui la messa domenicale — e il reggente della Casa pontificia, monsignor Leonardo Sapienza.
La prima visita a una parrocchia della sua diocesi dopo l’interruzione dovuta agli impegni del giubileo, aveva per il Papa una motivazione speciale: andare a trovare un sacerdote gravemente malato. Così, appena giunto, è subito salito all’appartamento dove vive don Giuseppe Berardino, da due anni colpito da una grave forma di sclerosi laterale amiotrofica. «Sono il tuo vescovo» ha detto al sacerdote prima di rivolgergli alcune parole di conforto e di amministrargli il sacramento dell’unzione degli infermi.
Dopo tanti anni di testimonianza attiva, durante i quali don Giuseppe ha conquistato l’affetto e la riconoscenza di tutti i parrocchiani, quella di oggi è fatta col cuore e con la preghiera, silenziosa, ma chiaramente percepita da una comunità che lo sente ancora vicino. Chiunque venga interpellato parla di lui con un senso di infinita gratitudine. Al sacerdote è stato intitolato l’oratorio dove si riuniscono quei ragazzi che ha seguito con tanto amore. «Ricordo ancora — ci racconta una mamma — quando veniva di pomeriggio a casa per vedere i cartoni animati con i miei figli più piccoli, o le chiacchierate che si faceva con i più grandi...».
Ridisceso al piano terra, il Pontefice ha iniziato un percorso attraverso le sale parrocchiali nelle quali ha incontrato le varie realtà pastorali. A cominciare da un gruppo di malati, una trentina, fra i quali anche alcuni bambini piccoli. «Come ti chiami?» ha chiesto a uno di loro. «Francesco, come lei» ha risposto la mamma che cercava di calmare il piccolo. «Non piangere, sei bravo tu» ha continuato il Papa accarezzandolo. Per ognuno una parola, un bacio, una carezza. Per i più piccoli sempre una tenerezza in più: da una di loro si è lasciato mordicchiare il dito, con un altro si è fermato a giocare con le manine, da un altro ancora ha ricevuto un foglio con impresse le impronte delle mani: «È bello! Grazie!», e lo ha baciato sulla guancia. Ha quindi detto a tutti parlando a braccio: «Ci sono cose che non si possono spiegare, ma succedono, la vita è così»; anche per questo «Gesù ha voluto essere vicino a noi anche col suo dolore, con la sua passione, con le proprie sofferenze, e Gesù è vicino a tutti voi». Quindi ha aggiunto: «Io so che quando si soffre, quando ci sono problemi, è difficile capire, ma non si tratta di capire, si tratta di sentire, sentire le carezze di Gesù. Soltanto questo. E questo consola».
Un bagno di entusiasmo, fatto di canti e fazzoletti roteanti, è stato poi l’ingresso nel salone, dove ad attendere il Pontefice c’erano i 160 ragazzi del post-cresima e una sessantina di rappresentanti del gruppo scout Setteville 1. Vincendo le loro timidezze e spronandoli a più riprese a intervenire e a fare domande, il Papa ha intavolato con loro una sorta di catechesi botta e risposta, intercalata da battute e risate generali.
In una parrocchia che conta tante famiglie numerose, alcune anche con sei o sette figli, Francesco si è fermato a salutare quelle che hanno avuto la gioia di celebrare un battesimo nel corso dell’anno. Erano quarantacinque. Dopo aver salutato ognuno di loro, il Pontefice, come ama fare in queste circostanze, ha dispensato un paio di consigli per la vita quotidiana. Il primo: «Mai i vostri bimbi vi sentano o vi vedano litigare. Se voi volete dirvi delle cose, andate in camera, chiudete la porta e dite tutto, litigate. È sano, perché anche sfogarsi è sano. Ma che loro non vedano, perché i bambini soffrono, si sentono abbandonati, quando i genitori litigano». Il secondo: «Se voi avete litigato, non finire la giornata senza fare la pace». Quindi ha recitato con i presenti un’avemaria e impartito loro una benedizione.
L’incontro finale è stato con gli operatori pastorali, un centinaio tra i più stretti collaboratori del parroco, dai catechisti a quanti si occupano della cucina e delle pulizie. «Aiutano in tutti i modi» ha spiegato don Gino, e il Papa ha per loro ripreso un concetto poco prima spiegato ai ragazzi: si è testimoni, «con la testa, con il cuore e con le mani». Anche in quest’occasione il Pontefice ha sollecitato qualche domanda ai presenti. E la prima ha suscitato una fragorosa risata: «Il Papa, quando non fa il Papa, che fa?». «Devo fare il vescovo di Roma tutto il giorno» ha risposto. E poi una battuta: «Non trovo un momento nel quale io possa andare a giocare a golf, per esempio, no, no». Quindi ha confidato che quando ha tempo a disposizione legge, scrive e ascolta musica: «Rock?», «No, tango!».
Francesco — ha spiegato — non ha la possibilità di vedere film, ma su questo tema ha speso qualche parola in più: «Quando ero a Buenos Aires, alcune catechesi le facevo con un film, e poi facevo riflettere su questo film, e alla fine veniva la catechesi, la settimana dopo, così avevano una settimana per pensare al film. Ci sono film buoni buoni buoni, e adesso con la tecnica che si possono trovare vecchi film buoni, o anche nuovi». Ha suggerito, ad esempio, Rapsodia in agosto di Akira Kurosawa (buono «per spiegare il dialogo tra i nonni e i bambini») e Il pranzo di Babette di Gabriel Axel (che aiuta a capire «come è la gratuità cristiana»).
Rispondendo, quindi, a un missionario laico inviato in Austria, ha continuato a parlare di testimonianza: «Andare in missione non è facile. Ci vuole coraggio, ma ci vuole la chiamata del Signore. La Chiesa è cresciuta con le missioni».
Dopo aver salutato cinque sacerdoti della prefettura che poi hanno concelebrato con lui e i ministranti (fra questi, quattro dei seminaristi della parrocchia; il quinto, non vedente, è stato accompagnato da lui durante l’offertorio), il Papa si è spostato in sagrestia per confessare quattro fedeli: due sposi che insieme ad altre coppie accudiscono don Giuseppe, un giovane del post-cresima e il papà di un bimbo malato. Quindi ha celebrato la messa per tutta la comunità. Al termine del rito — diretto dal maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Guido Marini, coadiuvato dal cerimoniere Ján Dubina — il parroco, don Tedoldi, ha rivolto un breve saluto al Pontefice. Negli anni settanta, ha raccontato, «c’era in paese una fontanella chiamata la “fontana dei poveri”, per le case che non avevano acqua». Oggi, ha detto nel presentare tutte le realtà che operano nel territorio, «quella fontanella non c’è più» ma «c’è la parrocchia, divenuta una vera fontana spirituale per tutto il quartiere». Insieme al viceparroco, ha quindi donato al Papa un cero pasquale dipinto dalle suore benedettine del monastero di San Magno ad Amelia.
Al termine della messa, Francesco ha salutato i presenti in Chiesa per poi dirigersi sul sagrato dove ha impartito la benedizione anche ai fedeli che avevano seguito il rito attraverso i maxischermi.

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A tu per tu con Francesco
«Cristiani-pappagallo» o autentici testimoni «con la propria vita»? Diretto ed efficace, Francesco ha coinvolto i ragazzi del post-cresima e gli scout, in un vivace botta e risposta. Ascoltati i saluti di uno dei catechisti e di tre ragazzi che hanno spiegato come il gruppo li abbia aiutati nelle loro difficoltà adolescenziali, il Papa ha sottolineato l’importanza di questa scelta: «Il Signore vi ha dato questa grazia, di non fare della Cresima il sacramento dell’“arrivederci”». Poi ha iniziato a interpellare il suo fin troppo timido uditorio: «Parlate, parlate, che voglio sentirvi!». Dopo le iniziali titubanze rotte da un bambino di otto anni — «bravo, continua così», «sii coraggioso» — il Papa ha cercato di sintetizzare ai ragazzi il significato e l’importanza della «testimonianza cristiana», il cui segreto, ha detto, «è la gioia».
Non è stata una lezione, ma un dialogo fatto di domande e risposte. In coro i ragazzi hanno ripetuto: «La testimonianza cristiana si fa con la parola, con il cuore e con le mani!». I giovani e i bambini hanno aggiunto dettagli: «Donandosi», e lui: «Ma cosa vuoi dire con quella parola?»: «Aprirsi all’altro», «accettare l’altro», «ascoltare l’altro». E, ha chiesto di nuovo il Pontefice, «come si fa la testimonianza con le mani?». Dai ragazzi accovacciati a terra si sono alternate le risposte: «Facendosi umili», «andando incontro alle persone». Però, ha aggiunto una voce, «è difficile mettere l’orgoglio da parte».
Una ragazza ha chiesto: «Come spiegare a chi non crede perché la fede è importante?». Qui la risposta è stata netta: «Non si deve spiegare». Niente proselitismo, ha detto il Papa, che ha aggiunto: «Se io non posso spiegare, cosa devo fare? Vivere in modo tale che sia lui o lei a chiedermi: “Perché tu vivi così? Perché hai fatto questo?”, e allora sì, spiegare. Capito?».
Rotto il ghiaccio, i giovani hanno provato a sollecitare Francesco anche su alcuni aspetti personali: «Lei riesce sempre a perdonare?», («Perdonare è difficile, ma si può», «il perdono non si fa per decreto, ci vuole un cammino interiore nostro, per perdonare. Non è facile»). Alla domanda: «Secondo lei, qual è il dono più grande che ci ha fatto Dio?», il Papa ha condiviso un ricordo affettuoso: «Quello che io sento come un grande dono di Dio è la mia famiglia: il papà, la mamma, cinque fratelli, tutta la famiglia...». E ha approfittato per ribadire l’importanza di ascoltare e parlare con i nonni: «sono la memoria della vita, sono la saggezza della vita».
Ancor più toccante l’ultima domanda di una ragazza: «Come ha fatto a non perdere mai la fede tra gli alti e bassi della vita?». Il Pontefice non si è sottratto e ha richiamato alcuni momenti in cui «la fede si è abbassata tanto che io non la trovavo e vivevo come se non avessi fede». Quindi ha aggiunto: «Ci sono giorni bui, tutto scuro... Anch’io ho camminato nella mia vita per giorni così». Ma non bisogna «spaventarsi: pregare e avere pazienza, e poi il Signore si fa vedere, ci fa crescere la fede e ti fa andare avanti». E quando incontri una persona che per una grande sofferenza vacilla nella fede, ha suggerito alla ragazza, «rispetta quel buio nell’anima. Poi sarà il Signore a risvegliare la fede. La fede è un dono del Signore. A noi soltanto custodirlo».

L'Osservatore Romano